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Autore: fri rapace    16/03/2011    7 recensioni
Remus prende in braccio il figlio nato da poco per la prima volta.
Storia classificatasi penultima al contest: "Le Petit Prince", indetto da Only_Me
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Teddy Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Carezze Dora, infilata nel suo pigiama a stampe buffe con i capelli corti e spinosi sparati da tutte le parti, sembrava una ragazzina.
Senza un motivo particolare alzò lo sguardo su di lui con un sorriso raggiante, i seni pieni, da donna, grandi come non lo erano mai stati che gonfiavano la stoffa colorata della sua casacca.
Per Remus era bellissima: non vedeva la stanchezza sul suo viso, ma gli occhi scuri scintillanti, il petto accogliente e pieno da traboccare di liquida dolcezza. Avrebbe voluto riempirsi le mani e sentire contro le labbra tutta quella maternità, perdersi in essa… ma il posto era già occupato. E da quale gioia, da quanta gioia!
Guardava la sua piccola Dora con fame, mangiandosela con gli occhi.
Remus non aveva mai smesso di guardare le altre persone; anche se la sua gentilezza si era scontrata regolarmente con un muro di disprezzo, non aveva mai perso la speranza.
Era malato da sempre e aveva imparato che non era la malattia ad uccidere, era la resa.
Non si era mai rassegnato a chinare il capo, a ridurre il proprio orizzonte a una striscia rasoterra: un nastro che non avvolgeva regali e con null’altro da osservare se non i suoi piedi mai fermi, mossi dalla necessità di trovare lavoro, di scaldare il corpo denutrito.
Di andare avanti.
Senza dar noia a nessuno, cercava qualcosa sui volti degli sconosciuti che lo scansavano schifati: un sorriso, nulla di più di un sorriso buono in cui ritrovarsi, perché anche lui aveva bisogno di qualche carezza, ogni tanto, anche se non sapeva chiedere.
Ma aveva dovuto aspettare di conoscere una stravagante giovane donna dai capelli rosa, per scoprire che la tenerezza non esisteva solo tra le braccia di quella madre che tanto lo aveva amato.
Dora si mise in piedi e camminò con una cautela quasi comica fino a lui, sedendosi scomposta sul bracciolo della sua sedia. Remus si irrigidì, incapace di muoversi mentre lei gli posava lo splendore che teneva tra le braccia in grembo.
Era accanto a lui per prenderlo per mano, come sempre.
“Piazzagli il palmo dietro la testolina, così… bravo, Remus, così…” gli insegnò con premura quello che Andromeda aveva spiegato a lei, guidandolo sotto al minuscolo capo di quel neonato che aveva dato alla luce solo poche ore prima, nel loro letto. Il San Mungo era diventato l’anticamera di Azkaban, per quelli come loro.
“Scusa…” le mormorò impacciato, lasciandosi accompagnare dai suoi gesti sicuri.
Era cresciuta di parecchie spanne in un pugno di tempo, la sua piccola, e lui si affidò totalmente a lei, terrorizzato da quel fagottino caldo, dalle emozioni travolgenti che gli provocava l’averlo con sé.
“È tutto ok, Remie, non gli fai male, non è delicato come sembra… è una fortuna, con la mamma disastrata che si ritrova!” rise, simulando una caduta e affondando il viso nell’incavo del suo collo.
Il bimbo, sentendo mancare le mani della mamma, accartocciò i lineamenti buttando fuori dalla morbida bocca tutta gengive un vagito tenero, il suono di una paperella di gomma premuta.
Era rosso fino alle punte dei capelli soffici come zucchero filato.
Remus non sapeva bene cosa dirgli, si sentiva molto maldestro. Non sapeva come toccarlo, come raggiungerlo… il paese delle lacrime era così misterioso.
“Scusa, scusa…”  si affannò, pensando di restituirlo a Dora. Ma lei scosse il capo, indicando il figlio.
Aveva già smesso di piangere, quietato da coccole che Remus non sapeva di saper dare, a cui si era abbandonato senza accorgersene.
Piegato sul suo bimbo, come la volta del cielo su un mondo piccolo, scoprì chinando il capo il regalo stretto nel nastro d’orizzonte rasoterra.
Le carezze si trovavano ovunque, anche in basso, anche per lui.






Ho provato a essere poetica in questa ff, evidentemente non mi è riuscito XD!
Copio il giudizio di Only_Me, la giudiciA:
(Ho tolto il "prima" di troppo)

• Grammatica e forma: 14.925/15
• Caratterizzazione dei personaggi: 9.5/10
• Originalità della trama: 5/5
• Attinenza al tema assegnato: 8/10
• Gradimento personale: 2.5/5
Totale: 39.925/45.

Commento: non mi è piaciuta molto, sarò sincera. L’ho trovata pesante e lenta, un po’ pomposa, forse, con un registro troppo alto per la situazione descritta.
La penalizzazione nella grammatica è dovuta a un “prima” di troppo, nella seconda frase. Personalmente, ho trovato di difficile comprensione un paio di frasi nella parte centrale, ma rileggendole non ho trovato errori veri e propri, quindi prendi questa affermazione così com’è: un’impressione mia.
I personaggi sono ben caratterizzati, niente da dire, ma mi sono parsi troppo costruiti; troppo rigidi i loro movimenti, troppo rigide le loro azioni, troppo contorto – posso dire così? – il filo dei loro pensieri. Spero di essermi spiegata.
La trama è originale e qui non ho davvero nulla da commentare; Remus, Tonks e Teddy sono un perfetto quadretto, in questa fic. Un quadretto pesante e allo stesso tempo delicato, una famiglia appena costruita; da questo punto di vista è una fic molto tenera.
L’attinenza al tema. La citazione è stata inserita, sì, ma mi pare in modo troppo superficiale.
“Non sapevo bene che cosa dirgli. Mi sentivo molto maldestro. Non sapevo come toccarlo, come raggiungerlo... il paese delle lacrime è così misterioso.”
Utilizzare questa citazione per descrivere il pianto di un neonato e l’“ignoranza” di Remus in questo campo mi è sembrata una cosa molto azzardata. Troppo poco approfondita, in ogni caso. Sembra inserita un po’ a caso, tanto per farlo.
Come si sarà capito dal commento, questa fic non mi è piaciuta molto. Troppo pesante, l’ho trovata persino un po’ pomposa. In ogni caso, hai un bel punteggio, complimenti!
   
 
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