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Autore: Keiko    16/03/2011    3 recensioni
Fu la musica a farmi incontrare Josh.
A farmi diventare – senza che lo volessi – la troietta di Franklin, ma quando hai quattordici anni e di punto in bianco un tizio ti si siede accanto e non ti si scolla di dosso per mesi, la gente finisce inevitabilmente per mormorare.
La gente non si stanca proprio mai di parlare, come se non sapesse fare altro che osservare e dare aria alla bocca con parole che stanno bene l’una accanto all’altra solo per la fonetica che le lega le une alle altre, senza una logica apparente.
Io, che non ero nessuno, di punto in bianco ero diventata la stronza che fotteva il ragazzo delle altre.
Perché?
Perché Josh Farro aveva deciso di complicarmi la vita: lui, e quel cretino di suo fratello.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hayley Williams, Josh Farro, Zac Farro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Sweet Revenge © [03/12/2008]
Disclaimer: I Paramore (Hayley Williams, Joshua Farro, Jeremy Davis e Zachary Farro nella loro attuale formazione) e Chad Gilbert (chitarrista dei New Found Glory) sono persone realmente esistenti. La storia è frutto di una narrazione di PURA FANTASIA che mescola la mia visione di fan a eventi storicamente accaduti e rumors spulciati in rete, destinata al diletto e all'intrattenimento di altri fans. Non si persegue alcun intento diffamatorio o finalità lucrativa.
Nessuna violazione dei diritti legalmente tutelati in merito alla musica ed alla personalità degli artisti succitati si ritiene dunque intesa.




“In the process of getting passed,
metamorphosis from first to last”


(“Wolves in Wolves’ clothing”, NOFX)



Sola.
A pensarci bene non mi sono mai sentita fuori luogo nelle vesti del lupacchiotto solitario ma d’altra parte me l’ero cercata io, non me l’avevano imposto gli altri.
O quasi.
Quando i miei genitori avevano deciso di trattarmi un po’ come un pacco regalo e mi avevano scaricata in un paesino anonimo del Tennessee che portava il nome di un presidente americano, potevo solo sperare che la gente mi lasciasse in pace.
Non ce l’ho mai avuta davvero con mamma e papà per aver divorziato ma con me stessa per aver causato decine di problemi e preoccupazioni a entrambi.
A tredici anni sei una ragazzina problematica se non hai amici, se a scuola vieni isolata da chiunque e allontani quei pochi che tentano di avvicinarti.
Avessi avuto sei anni probabilmente avrebbero iniziato a pensare che fossi autistica ma in realtà avevo solo una maledetta paura delle persone.
Quando sei davvero sola – e non trovi nessuno che possa condividere con te anche solo la quotidianità di una fottuta giornata scolastica – ti rifugi in un mondo immaginario, nella lettura, nella scrittura, nella musica.
Avevo solo la musica, forte e violenta e disperata che mi scorreva dentro e che mi faceva sputare fuori tutto quello che pensavo, alleggerendomi un po’ il cuore da quel peso costante che sembrava schiacciarlo contro la cassa toracica.
Fu la musica a farmi incontrare Josh.
A farmi diventare – senza che lo volessi – la troietta di Franklin, ma quando hai quattordici anni e di punto in bianco un tizio ti si siede accanto e non ti si scolla di dosso per mesi, la gente finisce inevitabilmente per mormorare.
La gente non si stanca proprio mai di parlare, come se non sapesse fare altro che osservare e dare aria alla bocca con parole che stanno bene l’una accanto all’altra solo per la fonetica che le lega le une alle altre, senza una logica apparente.
Io, che non ero nessuno, di punto in bianco ero diventata la stronza che fotteva il ragazzo delle altre.
Perché?
Perché Josh Farro aveva deciso di complicarmi la vita: lui, e quel cretino di suo fratello.


“Perché continui a seguirmi? Guarda che chiamo la polizia se non la smetti.”
“Ehi, mordi anche?”
Hayley l’aveva fissato infastidita, sistemandosi la tracolla sulla spalla con fare deciso.
“Senti, stai diventando il mio incubo. Dimmi che vuoi e basta. Mi hai chiesto in prestito il mio ultimo fumetto di Batman, te l’ho concesso perché evidentemente avevo la febbre e ora ti incrocio ovunque! Sei un vampiro per caso? Hai il dono dell’ubiquità?”
“Ti va di suonare con noi?”
Si era sporta un poco, fissando Zachary Farro nascosto dietro il fratello maggiore.
“Con voi due?”
Aveva indicato con indice e medio entrambi i ragazzi, l’aria di chi palesemente credeva il tutto una grandissima stronzata.
“Sai suonare la chitarra, no? Ti abbiamo vista con la tracolla e…”
“Anche guardoni?”
“Dai, Williams… proviamo almeno.”
“A me non interessa provare. Io non ho mai visto una band senza cantante.”
“Be’, pensaci.”
“E vi vedrò rotolare come imbecilli davanti a me ogni volta che cammino per strada?”
“Si, sino a quando non vorrai provare. Io ho una pazienza infinita.”
E l’avrebbe imparato con lo scorrere degli anni, dei pomeriggi e delle ore, che con Hayley Williams occorreva avere la pazienza di un santo.
O di un padre alle prese con la propria figlia di tre anni e mezzo.
Un mese dopo quell’incontro, Hayley Williams si era avvicinata ai fratelli Farro, la frangetta scompigliata dal gelido vento che spirava alla soglia di quel Natale.
“Sono dei vostri. Per una prova soltanto, però. Ed ora, ridammi il mio Batman Joshua!”
Si era presentata così, mentre Josh stava chiacchierando con alcuni compagni di classe e Linda Fergsun che l’aveva squadrata con disprezzo.
“E tu che vorresti?”
“Oh Linda, l’abbiamo chiesto a lei di suonare con noi. Che te ne pare?”
“Oh, si. Fantastico Josh. Io non voglio una mocciosa sfigata nella mia band, chiaro?”
“Guarda che me l’ha chiesto lui.” – e aveva puntato il dito contro Josh come una bambina – “La prossima volta perché non ne parlate prima tra di voi di certe scelte? Neutroni atrofizzati? Ammesso che ne abbiate di funzionanti, ovvio.”
“Ehi Williams sei lo zimbello dell’intera scuola, perdi l’occasione per riscattarti così?”
“Guarda che io non devo dimostrare proprio niente a nessuno, Fergsun. E tu, Farro, riportami il mio Batman.”
L’uscita di scena di gran classe di Hayley, aveva provocato l’ilarità degli amici di Joshua, ma forse quella scema aveva volutamente menzionato il fumetto, per stemperare la tensione.
In compenso aveva lasciato il posto alle esasperanti domande di Linda, la fidanzatina del maggiore dei Farro.
“Josh ma seriamente avete chiesto a lei?”
“A me sembra una tipa a posto. A te no?”
“No. A me sembra che le manchi qualche rotella. Sta sempre da sola, anche in classe non fa altro che scrivere e guardare fuori dalla finestra le foglie che cadono. O gli uccellini che cantano. O chissà che altro. Quella è fuori di testa, vive in un mondo tutto suo. Da quando è arrivata non ha mai rivolto la parola per prima a nessuno.”
“Magari è solo timida.”
“O semplicemente toccata. Dico Josh, ti sei ammattito a parlare con una come quella? E la storia di Batman?”
Joshua aveva alzato le spalle, posandole un bacio sulla fronte.
“Nulla. L’ho vista leggere quel fumetto in cortile e pensavo di attaccare bottone in qualche modo. E’ stato quando Zac mi ha fatto notare che il mercoledì aveva sempre la chitarra con sé, che ho pensato potesse tornarci utile.”
“Fratellino attento, Zachy. Non è che dovrò preoccuparmi di una ritardata vero?”
“Certo che di fantasia ne hai, eh?”
Ovviamente Joshua non conosceva affatto Hayley Nichole Williams, o avrebbe saputo che in quel momento si stava dando della stupida e della sfigata da sola.
Perché gli aveva parlato di Batman? E soprattutto… neutroni? Che c’entravano i neutroni in quel momento? Doveva dire neuroni invece aveva confuso le due parole, tutta colpa del professore di chimica.
Certo, a fare la figura dell’imbecille ero davvero brava.


Joshua Farro continuava a domandarsi perché volesse una come Hayley Williams nella sua band senza nome. Linda in fatto di voce era davvero carente, ma era una scusa come un’altra per stare insieme e utilizzare ogni scomparsa misteriosa di Zac per baciarsi e scambiarsi sorrisi.
Josh era una persona di poche pretese, uno che a quindici anni aveva il sogno di diventare famoso con la musica - come buona parte degli adolescenti - e che aveva bisogno di scoprire che le fiabe possono diventare realtà con un pizzico di fortuna.
O la mano abile di un grandissimo giocatore d’azzardo, dipendeva da quanto si era cinici ma quindici anni non lo sei mai abbastanza e tendi sempre con il credere ai sogni anziché al destino.
Era passato il Natale e si era chiuso l’anno in corso con un niente di fatto, poi Zachary si era presentato con Hayley al seguito a casa loro.
Nel loro garage-palcoscenico.
“E lei che ci fa qui?”
“Abbiamo una chitarrista.”
Chiaramente i maschi hanno la percezione del mondo identica a quella dei bambini: tutti sono felici, tutti si vogliono bene, tutti ridono con tutti.
E di tutti, magari.
Hayley si era seriamente chiesta se fosse lei a soffrire di manie di persecuzione – o di protagonismo, come le etichettava Linda quando, alla prima occasione utile, tentava di farla sentire l’indesiderata o la patetica o la sfigata del branco-classe – o se invece non fossero gli altri due dei muli con i paraocchi.
Era chiaro infatti che lì dentro gli unici a essere felici della cosa fossero i due Farro, nemmeno Hayley fosse stata costretta sotto tortura a presenziare alle prove di una band che aveva considerato – dopo l’esecuzione del primo brano – a dir poco inascoltabile.
“Allora, che te ne pare?”
“Non è esattamente il mio genere.”
Musicalmente non erano male ma Linda era uno strazio: cantava con la cadenza lagnosa di una reginetta del pop di serie Z.
“Vuoi vedere gli spartiti?”
Hayley odiava le persone insistenti, odiava abbastanza anche gli sguardi carichi di disprezzo e sufficienza di Linda e odiava trovarsi in situazioni di merda come quella: perché lei era un disastro a uscirne indenne.
“Joshua non credo sia il caso che mi metta strimpellare con voi. Io ho un concetto di musica un po’ diverso dal vostro, ecco.”
Miss So Tutto vuole onorarci?”
Linda le aveva sbattuto in faccia il microfono, tant’è che Hayley per poco non era stata colpita sui denti dal medesimo – a dimostrazione che non si era affatto sbagliata e i due Farro erano realmente due totali cretini, anzi, due cretini che credevano che le femmine si volessero bene esattamente come i maschi. Beata innocenza -, mentre la fissava con l’aria di chi seriamente, non capiva un cazzo di quel che stava succedendo.
“E cosa dovrei farci con questo?”
“Visto che non siamo alla tua altezza, provaci tu.”
“Io non canto, io suono.”
Bugia.
Hayley suonava, ma la voce per cantare a squarciagola l’aveva eccome. Mentre suonava, cantava sempre. Aveva iniziato a cantare perché udire una voce le teneva compagnia, facendola sentire meno sola.
Anche se era la propria – conosciuta e a volte odiata – era pur sempre un suono familiare che riusciva a renderle le giornate meno vuote e riempirle di melodie e poesie o grida di rabbia, poco importava: era il suo mezzo di comunicazione quotidiano con il mondo.
“Sicura?”
“Hayley prova, non ti costa nulla.”
Le costava doversi mettere in gioco con degli sconosciuti che stavano forzando la porta d’ingresso della sua vita: perché?
Perché tenevano tanto ad averla con loro? A Franklin c’erano decine di individui che sapevano suonare la chitarra meglio di lei, perché ostinarsi a cercare in quell’espressione dispettosa da discola la loro chitarra?
“Sentite: io sono qui perché a voi serve una chitarra, ma non sono la persona adatta. Io non saprei seguire la voce di Linda. Un musicista deve riuscire a innalzare la voce del proprio cantante, non affossarla. Io non so farlo, mi dispiace.”
Non si era nemmeno presa il disturbo di salutarli, aveva recuperato la propria capiente borsa e si era eclissata fuori da quel bunker soffocante, dove l’aria puzzava di malevolenza e schifo.
Ad Hayley non piacevano le persone come Linda, un po’ perché le facevano provare un qualcosa che poteva definire invidia – a cui mai avrebbe dato un nome simile – e un po’ perché era al contempo, una di quelle persone che tendeva a disprezzare di rimando, facendo si che si sentisse davvero una merda.
Disprezzava e invidiava Linda praticamente per gli stessi motivi e ciò peggiorava inevitabilmente la situazione.
Linda era una tipa abbastanza superficiale ma non stupida, scaltra a sufficienza per trarsi d’impaccio con un sarcasmo venefico che lei non possedeva. E Hayley avrebbe pagato tutto l’oro del mondo per avere una testa che rimuginasse meno, che si facesse meno film mentali e le concedesse un minimo di tregua da ciò che saggiamente sua madre definiva “riflessione” e che lei liquidava con “paranoie inutili”.
Le sarebbe piaciuto, ogni tanto, chiudere gli occhi e smettere di pensare e invece aveva perennemente la testa impallata di immagini, suoni, odori, ricordi e persone.
Era come essere bombardati eternamente da una pubblicità occulta che ti faceva uscire di senno.
A Linda non invidiava affatto la bellezza – d’altra parte, Linda era anche una di quelle che abbondava con il trucco volendo essere pignoli – ma Hayley aveva la decenza di non odiare Madre Natura e limitarsi a concentrarsi sulle ben più problematiche “dinamiche interne”, perché su quelle si poteva sempre lavorare.
Bastava un po’ di sforzo e tanta forza di volontà e lei, pur utilizzandole entrambe, peggiorava inevitabilmente la situazione.
Perché pensava il doppio della gente normale come prassi ordinaria, e sforzarsi di pensare meno implicava chiaramente aumentare la dose di pensieri.
Fantastico.
Un labirinto cerebralmente leso, ecco cos’era la sua testa di cazzo.
Evidente, bellissima, fulva testa di cazzo.


Quando guardo Hayley mi sembra che da sempre dovesse finire così: lei a cantare ciò che io metto in musica. Non so perché l’ho voluta tanto disperatamente con noi, ma so che non ho mai vinto un trofeo tanto importante come questo. Lei, sorridendo, direbbe che è stato per pietà e compassione ma nonostante fosse quella che passeggiava per i corridoi della scuola quasi sempre da sola - scambiando parole di circostanza con i compagni di classe soltanto – non aveva mai l’aria triste o di chi si stesse annoiando.
Hayl è sempre stata una persona solare e vivacissima, un piccolo giullare riservato che non dava confidenza agli estranei e non permetteva a nessuno di oltrepassare la linea di confine aveva posto tra sé stessa e il resto del mondo: nero su bianco, tracciava una linea che teneva chiunque a debita distanza, uno scudo protettivo che le permettesse di non essere sfiorata mai.
Né ferita.
So che l’averla costretta a cantare con noi un giorno in cui Linda era in gita con il club di crickett è stato abbastanza stronzo, ma volevo sentirla.
Quando è scappata poco dopo l’inizio dell’anno nuovo, aveva abbassato il capo mentre pronunciava quella scusa totalmente idiota: non sa mentire, perché chi lo fa guarda fisso negli occhi chi gli sta dinnanzi.
O è davvero sincero.
Hayley si era nascosta e io volevo sentirla cantare.
Lo volevo per me anche solo per darmi del perdente, ma lo volevo.
Fosse curiosità, sesto senso o un grandissimo egoismo non saprei dirlo.
Ma avevo puntato tutto sul brutto anatroccolo: e ho vinto.


Joshua aveva cercato di intercettare Hayley per i corridoi del liceo per almeno due settimane di fila, e il risultato era stato lo scoprire un folletto che riusciva a sparire nel nulla non appena avvertiva la sua presenza minacciare il proprio spazio vitale.
Aveva cercato di chiedere a Linda – supplicare sarebbe stato un termine più appropriato, ma era chiaro che l’orgoglio maschile non gli concedeva di ricavare i termini esatti di una proporzione decisamente svantaggiosa – di parlare con la Williams, ma la sua prima donna si era rifiutata informandolo che se voleva essere un fallito lei sarebbe stata a guardare.
E non l’avrebbe rivoluto indietro se avesse perso, aveva aggiunto sbattendogli il telefono in faccia la sera precedente.
La gelosia di Linda era un qualcosa che si misurava di pari passo con il suo ego, e quindi Josh aveva scelto il giorno successivo come ultima occasione utile per scusarsi con Hayley e convincerla a cantare una sola canzone con loro, ovvero quando Linda sarebbe stata messa fuori gioco dalla scuola.
Si era chiesto spesso poi – negli anni successivi – se già all’epoca la curiosità verso Hayl non fosse già qualcosa che presagiva tutto ciò che sarebbe avvenuto in seguito, lo sbocciare di un fiore meraviglioso tra le sue stesse mani.
“Una sola canzone. Questo è il testo, spero tu capisca la scrittura… ah, è l’unica coppia che ho, non perderlo eh.”
Lei l’aveva fissato sorpresa per poi scoppiare a ridere abbassando il viso, nel modo tipico che aveva quando qualcosa la metteva a disagio.
“Be’?”
“Linda mi ammazza, lo sai?”
“Sarà il nostro piccolo segreto, promesso.”
“Guarda che io nella merda per colpa tua non ci voglio finire. Davvero. Linda è la vostra cantante, per me un pomeriggio a cantare con voi è automaticamente perso. Quel posto è suo.”
“Se tu sei più adatta anche lei capirà.”
“Tu sei scemo, vero?”
Era palese che quello fosse un totale imbecille: non arrivare a comprendere l’entità dell’orgoglio ferito di una fidanzata surclassata in bravura da una sfigata e convincersi che il soggetto in questione fosse oggettivo in merito a una scelta simile, era da folli.
O da totali capre, dipendeva dai punti di vista.
“Cos’ho fatto?”
“Tu non sei il ragazzo di Linda?”
“Perché?”
Chiunque avrebbe risposti “si”, Joshua Farro invece aveva optato per rispondere a una domanda con un’altra domanda: tipico di un maschio in procinto di cambiare orizzonti.
“Questo lo dovresti sapere tu, non io. Se non sai perché ci stai insieme vedi di scantarti o rischi di invecchiare solo. Nessuna donna vuole un fidanzato che la rinnega davanti alla prima venuta.”
Aveva esagerato come al solito, con il risultato che aveva parlato a sproposito a causa di quella maledettissima voglia di dire sempre tutto ciò che le attraversava la mente.
Così almeno, scaricava un po’ di pensieri.
Era stata la volta di Josh di ridere, e lei era rimasta a fissarlo inebetita.
“Sei buffa, lo sai? Affare fatto, alle tre dopo le lezioni a casa nostra.”
“Ehi, aspetta! Io non ho…”
“Ci conto!”
Josh si era unito al resto della sua classe e si era allontanato per i corridoi sventolando un braccio alzato in segno di saluto, lasciandola sola con in mano una canzone d’amore dedicata a un’altra.
Certo che era davvero stupida a farsi fregare così dalla vita.
Insomma, a lei non piaceva Farro né l’aveva mai visto sotto l’ottica di essere umano: perché lei era una che agli altri non prestava attenzione se non quando finiva per sbattergli contro.
O quando loro finivano per travolgerla.
“Questo sarà un grandissimo e fottutissimo casino.”
Dirlo a mezza voce non le era servito a esorcizzare proprio un bel niente.
Quel pomeriggio si era diretta controvoglia a casa dei Farro, convinta di andare là, dirgli addio e tanti saluti invece aveva cantato, e Josh e Zac erano rimasti entusiasti di lei. Linda era stata liquidata e con la sua dipartita Josh era ritornato a essere senza una fidanzata da accudire durante le prove, ma la band – con Hayley – aveva assunto le tinte vivacissime di un’eterna estate, e la voglia di tubare era passata in secondo piano.
Con lei c’era solo la musica.
Almeno sino a quando quell’estate non gli entrata nei polmoni e non gli aveva inciso la pelle seguendolo ovunque, una chiazza di colore violento che ti abbagliava non appena una luce si infrangeva contro di lei per frantumarsi in mille schegge dal sapore di sole.
“Ancora problemi?”
“I soliti. Guarda che ormai ci sono abituata a sentirmi dare della troia eh.”
“Eddai Hayl, lo sanno tutti che Josh è una checca. Fregatene.”
“Già, ascolta il nostro saggio qui. Fregatene.”
“Ma guardate che non sono minimamente preoccupata.”
A parte il fatto che le sue compagne di corso non le rivolgevano più la parola, non si sentiva sola perché aveva il sorriso di Josh ad accoglierla e accompagnarla ovunque.
Hayley era una tipa sincera, una che alla fine le cose le metteva sempre in chiaro: per quello si disinteressava di quelle voci perché dopo la fine della scuola, Josh era diventato quel Josh, e tutti avevano semplicemente precorso i tempi.
Quello che le faceva battere il cuore a mille, che inseguiva con lo sguardo lungo i corridoi e che attendeva di vedere durante il pranzo per poter parlare delle prove, per scrivere qualche nuova strofa insieme strappandosi a vicenda di mano tovaglioli di carta che divenivano spartiti improvvisati e ridere per niente.
Aveva la musica e aveva Josh, con quelli sarebbe andata in capo al mondo.
Non voleva rubarlo a Linda ma non poteva nemmeno biasimarla per aver diffuso quelle voci: a lei Josh piaceva e dunque era legittimo gli altri pensassero di lei quello che si diceva in giro.
Che vestisse in un modo decisamente infantile o che assumesse quell’espressione estasiata da bambina ogni volta che qualcosa la sorprendeva davvero, non era un’attenuante.
Aveva iniziato a guardare Josh in modo diverso molto tempo dopo, quando l’afa estiva impediva loro di provare a causa dell’arsura.
Estate dentro e fuori, nel loro microcosmo e sulla terra intera.
Se ne accorse proprio uno di quei pomeriggi, mentre sedevano sulle altalene del parco e Zac era corso a comprare al chiosco dei gelati granite per tutti: aveva perso la gara di corsa dalla fermata dell’autobus al chiosco, per cui era ovvio offrisse lui.
“Dovremmo trovare un nome.”
“A cosa Josh?”
“Alla band. Hai qualche idea?”
“Gli amici di Spongeebob? The Villains?”
“Vedo che sono tutti sullo stesso genere… che ne dici di Paramore?”
Hayley l’aveva fissato scettica, facendo scoppiare il palloncino dal sapore di frangola che le usciva dalle labbra socchiuse.
“Guarda che una parola del genere non significa niente. Volevi dire Paramount?”
Josh era scoppiato a ridere, nascondendo il viso dall’altro lato dell’altalena, nascosto da Hayley.
“Ehi, smettila di prendermi in giro. Non è colpa mia se sei ignorante come una talpa, Josh.”
“Ti dico cosa significa se te ne stai brava cinque minuti.”
“Non sono un cagnolino.”
“Zitta. Due minuti soltanto.”
Josh non era serio, aveva ancora quel guizzo spensierato nello sguardo, era semplicemente più imbecille del solito.
“Okay, ti ascolto.”
Si era sistemata sull’altalena, immobile come una statua, intenta a fissarlo.
“Allora?”
“E’ una cosa imbarazzante con te che stai a fissarmi con gli occhi sgranati da triglia. Girati dall’altra parte per favore.”
“Hai dato fondo alla tua vena romantica per caso?”
“Sei assurda.”
“Grazie del complimento. Chiudo gli occhi comunque, va bene? Non ho voglia di farmi venire il vomito per causa delle tue lagne da checca. Non potremo più smentire le voci, sappilo.”
“Senti ma da che parte stai?”
“Da quella che mi fa più comodo, come sempre.”
Gli aveva mostrato la lingua, chiudendo poi gli occhi in attesa che parlasse.
“E’ la storpiatura del francese paramour. Significa amore segreto.”
Hayley aveva stretto con un più forza le palpebre, nel disperato tentativo di far durare il più a lungo possibile quel sogno strampalato o svegliarsi definitivamente per lasciarlo rilegato in un angolo buio del suo cuore.

“This heart, it beats, beats for only you
My heart is yours
(My heart, it beats for you)”


Suonare e comporre canzoni solo per Hayley era diventato vitale: nessuno sarebbe mai riuscito a portarla dove la stava conducendo lui, a brillare più forte di tutte le altre stelle.
Lì, con gli occhi chiusi talmente forte da farle male, Josh non capiva a cosa stesse pensando ma non era mai stato bravo a comprendere la psiche femminile: anzi, era un vero disastro su tutta la linea.
Si era sporto verso di lei, posandole un bacio sulle labbra distese: non un sorriso, non un’espressione particolare se non la concentrazione dettata dallo stringere in modo convulso le palpebre.
Come se non volesse riaprirli mai mentre quella canzone era solo per lei.
Li divideva lo spazio di un’altalena reso nullo dal gesto di Josh, attaccato alla catena di quella su cui sedeva Hayley, in attesa che lei riaprisse gli occhi.
Aprili Hayley, sono qui.
Mi vedi?
Josh, ho paura.
Se è tutto un sogno, la realtà poi farà ancora più schifo.
Il cuore le si era fermato in petto.
Era morta o forse no, visto che poi aveva preso ad accelerare d’improvviso la sua folle corsa come a voler recuperare il tempo perduto.
L’aveva baciata.
Josh aveva baciato lei e le stava cantando una canzone che non avevano mai provato insieme, né tanto meno scritto in una tiepida sera primaverile.
Poi c’era il nome della band: era un regalo per lei anche quello?
Era fottutamente confusa e scettica.
Non voleva riaprire gli occhi, aveva paura che tutto sparisse e tornasse a esistere solo la sua camera tappezzata di poster e invasa da peluche.
Ho paura.
Se tutto cambia, può cambiare di nuovo: sapremo tenere il passo con le metamorfosi della vita?
Cieca, immersa in un buio artificiale che le offriva sicurezza, Hayley aveva stretto la mano di Josh nella propria nel disperato tentativo di afferrare quel sogno e avere la certezza fosse invece una realtà stupefacente.

“This heart, it beats, beats for only you
(Please don't go now, please don't fade away)
My heart, my heart is yours
(Please don't go now, please don't fade away)”


Con un filo di voce, le erano uscite altre strofe di un ritornello che Josh doveva aver scritto e provato miliardi di volte nella sua testa e che, lentamente, prendeva la forma di un duetto dal sapore di fragola.
Il duetto dell’adolescenza, quel pas-de-deux che ti accompagna per qualche mese, a volte anni, in casi molto più rari per tutta la vita e che ti fa sentire bellissima, importante, speciale.
Innamorata se si vuole essere un po’ poetici e un po’ scontati.
E’ quel qualcosa che insegui con lo sguardo ovunque, che ti costringe ad ascoltare sempre la stessa nota di una voce conosciuta, che cerca disperatamente uno sguardo che si fissi nel proprio e una mano – forte e conosciuta, rassicurante – che stringe la tua per accompagnarti un poco lungo la strada della vita.
Dovevano essere passati millemila anni da quando aveva riaperto gli occhi: millemila anni da quando era la persona più felice dell’universo.
Josh non se n’era andato.
Josh era ancora lì e teneva la sua mano e le sorrideva.
E lei, era felice.
Innamorata e fottutamente felice.


“Sei pronta?”
Stringo la mano di Josh nel backstage del Warped Tour.
Il primo esplosivo, grande concerto che teniamo negli Stati Uniti.
“Ne abbiamo fatta di strada, eh?”
Par amour: questa volta significa per amore.
Là fuori ci sono migliaia di persone che ci attendono a braccia alzate tra grida e canzoni urlate al vento. Molti magari nemmeno sono qui per noi e non so se sarò in grado di dargli tutto quello che vorrei.
Ho paura di non farcela.
“Josh… non credo di riuscirci. Ho paura, mi sento le gambe molli e…”
“Non guardare là fuori, guarda me. Mi vedi, Hayl?”
Vicinissimi, naso contro naso, Josh mi posa un bacio sulla nuca accarezzandomi i capelli.
“E’ il momento di vincere. Coraggio, ci sono io con te.”
Mi stringe la mano nella propria, sino a non sentire più il sangue circolare liberamente, come se questa stretta potesse essere salda come marmo per sempre.
Josh mi strizza l’occhio prima di fare il proprio ingresso sul palco lasciandomi sola nel backstage.
Le stelle scivolano via dal cielo sempre per ultime.


I primi accordi si liberano nell’aria incerti poi si trasformano in un’esplosione violenta con l’arrivo di Hayley sul palco.
Eccola lì, la mia estate dai mille colori.
Dai mille profumi ed emozioni.
La guardo ma in realtà vedo molto oltre: al nostro primo incontro, alla prima volta che l’ho vista ridere e quando l’ho vista piangere a causa di Linda, quando si era commossa per la sua festa di compleanno a sorpresa, quando l’ho baciata per la prima volta, quando l’ho stretta per una notte intera mentre tutta Franklin pareva chiusa in una bolla di sapone, lontanissima da noi anni luce.
Il brutto anatroccolo è diventato un bellissimo cigno che non ha nulla da invidiare a nessuno: d’altra parte non è la bellezza esteriore a rendere meraviglioso l’essere umano, ma la luminosità che sprigiona dalla felicità conquistata.
Sono stato il principe che ha spezzato la maledizione: saprò davvero renderla felice per sempre?
Non lo so: Hayley è un concentrato di energia pura, non la puoi contenere né trattenere, puoi solo sperare che scelga di rimanere con te sino alla fine.
“Buongiorno Camden!”
Il giro di batteria surclassa le voci e le grida, la chioma arancio di Hayley rispecchia le luci multicolori dei riflettori e si muove al ritmo della chitarra.
Lei mi guarda e sorride, da’ un colpo secco con la testa verso il palco e intona le prime note di “Misery Business”.
E’ ora Hayl.
Canta ancora una volta per me.
E un’altra ancora.
All’infinito.






Note dell’autrice. La canzone contenuta nel testo è “My Heart” dei Paramore.







   
 
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