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Autore: Jurime    17/03/2011    2 recensioni
Stringevo la sua mano che stringeva cautamente la mia, sentendo il suo calore, ed a volte ancora alcuni singhiozzi. Sapere che, anche se per una sola settimana, quel ragazzo idiota poteva essere mio, mi faceva salire drasticamente l'umore alle stelle.
[ Attenzione: Il raiting potrà variare durante il corso della Fan Fiction. ]
[ UkUs/UsUk ]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A magic love potion.
il teinomane, la pozione, e l'americanotto
 




La sostanza violetta all’interno del calderone, reso logoro dal tempo, emanava un dolce aroma alle rose: ciò significava che la pozione stava per giungere alla conclusione, pronta per esser consumata.
Mi ero stufato di restar a guardare, mi ero stufato di restar in silenzio ogni volta che avrei voluto urlare, e mi ero stufato di trattenere quelle dannatissime lacrime soltanto perché quell’altrettanto dannata presenza avrebbe potuto vedermi, e probabilmente anche deridermi.
Non riuscii proprio a spiegarmi come Britt, una delle mie fatine, mi avesse convinto nel fare una cosa simile.
La tinta di quell’intruglio violaceo cominciò a mutarsi rapidamente, sfumandosi gradualmente dal color viola ad un cobalto, emanando una fine nebbiolina del medesimo colore, per poi finire in una piccola esplosione, accompagnata da un leggero boato.
Sorrisi, soddisfatto: la pozione d’amore era pronta.
Imbevetti la boccetta in vetro nell’intruglio diventato nuovamente viola, anche se molto più su un rosato, fin che non si riempì completamente. La osservai sorridente, orgoglioso del mio lavoro: mancava soltanto la parte finale, quella di farla bere al suo destinatario.
Sistemai al meglio il seminterrato adoperato per i miei esperimenti ed uscii con la pozione nella tasca del pantalone, per prepararmi al meeting fra gli Alleati. Mancavano solo poche ore al suo inizio, e fortunatamente per quell’occasione, la sede destinata per la riunione si trovava in Inghilterra, nei pressi di Londra, non troppo lontano in fin dei conti.
Con tutta la dovuta calma mi preparai i documenti e mi diressi con la macchina all’edificio assegnato con una buona mezzora d’anticipo, portando con me la boccetta. Come di consuetudine arrivai per primo, ma non mi preoccupai di disegnare alla lavagna i volti dei nostri nemici in battaglia, ero troppo occupato a pensare un piano efficace per far ingurgitare quella miscela di ingredienti all'americanotto ingenuo. Probabilmente sarebbe bastato dirgli che quella era una nuova bevanda piena di zuccheri, dal gusto improponibile al mio "fine" palato inglese, e che sarebbe stata di sicuro all'altezza di quell'altra brodaglia scura, frizzante e disgustosa. Dargliela in un modo tanto diretto, però, non sarebbe stato molto intelligente, nonostante il basso quoziente intellettivo del ragazzo in questione, non potevo permettermi di essere così superficiale. In ogni caso, il tempo passò più in fretta di quel che mi aspettai, ed il resto dell’alleanza giunse nell’aula. Rimisi velocemente la mano, che avvolgeva la boccetta, nella tasca, nascondendola. Borbottai un "buon giorno", seguendo indistintamente America con lo sguardo, fin che non si sedette, ovviamente a capotavola, il suo posto prediletto, dove si sentiva... Il "Capo".
Restai in silenzio per praticamente la maggior parte del tempo, mormorando qualche monosillabo quando mi interpellavano: non riuscivo a pensare al lavoro in quel momento, dovevo assolutamente trovare una maniera per fargli bere quella stramaledetta pozione, ma ogni sistema sembrava non essere ben funzionante, poiché i contatti tra me e la mia ex colonia erano praticamente nulli per quella sua stupida decisione; avremmo potuto parlarne, ma no, ovviamente lui desiderava la libertà da qualcuno che lo amava come un fratello! Voleva sentirsi libero da chi lo aveva cresciuto, ed accudito come un figlio. Strinsi i pugni, pensare a quegli avvenimenti in un momento come quello non era proficuo, e mi stava facendo perder la voglia di farlo innamorare artificialmente di me, anche se pur per una misera settimana. Stavo per lasciar perdere. Avevo una gran voglia di gettare la pozione, e ritornare ad osservare da lontano, quando le parole del diciannovenne mi fecero venire un'idea.
« Ahh... Ho sete, mi vado a prendere una Coca Cola. »
Detto quello si alzò, intento ad uscire, ma lo interruppi, alzandomi a mia volta.
« No! Ci... Vado io! »
Mi guardò stranito, in silenzio per qualche secondo, dietro quelle lenti che nascondevano un blu così intenso e penetrante, che ogni singola notte mi faceva visita in un sogno.
« ...Perché? »
Restai un poco sorpreso da quella domanda, pensavo che sarebbe stato talmente pigro da darmi il consenso senza una valida giustificazione.
« Perché... Voglio farmi una passeggiata... »
Dissi insicuro, sperando che non si sarebbe insospettito troppo e che mi avrebbe lasciato andare.
- Dimmi di sì... Dimmi di sì... -
Lo supplicai mentalmente, rendendo più quelle suppliche come una preghiera...
Rise, risedendosi, portando lo sguardo ai suoi documenti, interrompendo il nostro contatto visivo.
« Va bene, se proprio ci tieni. »
Mi sentii sollevare, e sorrisi, per un nano secondo, giusto per non farmi notare da nessuno. Mi diressi alla porta, uscendo leggermente agitato dall'aula. Attraversai in fretta il corridoio arrivando al distributore in fondo ad esso, quasi tremante inserii le monete nella fessura apposita, digitando a fatica il codice che permise alla lattina di cadere dalla sua fila, davanti alle altre. Prima di afferrarla mi decisi a calmarmi un attimo. Feci un paio di respiri profondi e mi schiaffeggiai qualche volta. Non era decisamente da me agitarmi in quel modo! Ma... Si trattava di quell'idiota, quell'idiota che non si sa come era riuscito a conquistarmi, e nonostante mi avesse ferito più di chiunque altro, non riuscivo a smettere di amarlo, continuando a rigettare quelle salate lacrime, per poi affogarle nell'alcol, tentando di dimenticare.
Sferrai un calcio alla macchinetta, scaricando parte del nervosismo, per andare poi ad afferrare la lattina ghiacciata. Appoggiai la lattina sul tavolino accanto a me, la aprii, e cautamente versai la pozione al suo interno. Perfetto.
Tenendo in mano la lattina mi diressi verso la stanza dove era riunito il resto delle forze alleate. Varcai la soglia, gettando indifferentemente la boccetta nel pattume, andando poi a posare la lattina davanti al volto americano. Interruppe i suoi discorsi, osservando la lattina, portando in seguito lo sguardo verso le mie pupille, sapendo cosa volesse intendere.
« Ho... Solamente voluto assaggiarla, per verificare ancora una volta il suo disgustoso gusto. Spero non ti dispiaccia. »
Borbottai a bassa voce l’ultima frase, osservando il tavolo, troppo imbarazzato per guardarlo, ma troppo orgoglioso per far notare il mio imbarazzo.
« Ah... No! Non mi dispiace! »
Mi sorrise, portando allegramente la mano alla sua amata lattina, appoggiando le labbra su quella superficie argentata, ingerendo il suo contenuto in pochi secondi. Non c'era da rimaner stupiti, fin da piccolo ingurgitava cibo come se fosse nulla, e maggiormente succedeva con i suoi amati grassi piatti preferiti.
« A...America. »
Lo chiamai, sperando in un qualche effetto immediato. Magari mi sarebbe saltato addosso davanti a tutti, cominciando a piagnucolare, ripetendomi quanto mi amava. Magari.
Si voltò sorridente verso di me, osservandomi con quei suoi occhioni blu, mettendomi irrimediabilmente a disagio.
« Sì? »
Nessuna reazione improvvisa, nessun rossore, nessuna dichiarazione, se pur programmata dalla mia pozione.
Abbassai lo sguardo, senza saper che dire, limitandomi a mugugnare, e ritornare al mio posto a sedere, fissando i documenti.
« Nulla... »
Calò il silenzio per qualche secondo, fin che la voce squillante di quell'idiota non lo spezzò.
« Cos’hai buttato prima nel cestino? »
Mi chiese, curioso. Dannazione pensavo di non esser stato visto! Quanti occhi aveva quello là?
Rimasi senza fiato per qualche infinito secondo, senza riuscire a spostare lo sguardo su quegli occhi tanto agognati, giorno e notte... Per secoli.
« Ah... Ecco... Effetti personali. »
Tagliai corto, sperando che non facesse più domande, e che si limitasse solamente a farsi rapire dall'effetto di quell'intruglio da me creato. Sospirai nervosamente, afferrando i miei documenti sul tavolo.
« Torniamo a lavoro e non facciamo domande inopportune, America. »
Si imbronciò appena, notando il mio cinismo, tornando poi ad osservare i vari fogli scarabocchiati, e macchiati d'olio. A quanto pareva non era cambiato in molto da quando era solo un bambino, non era mai stato un tipo troppo ordinato ed aveva uno strano rapporto con la pulizia; sicuramente se in quel momento fossi entrato nella sua casa, la avrei trovata completamente in soqquadro come la stanza di ogni adolescente, solamente che lui abitava da solo in una casa, sicuramente anche grande. Ma perché dovevo pensare a certe cose? Scossi un poco il capo, cercando di pensare ad altro.
La mia pozione non riuscì nell'intento previsto, questo voleva significare solo una cosa: dovevi arrenderti Arthur.
Il meeting passò come ogni altro, ed arrivò finalmente il momento di andarsene ognuno a casa propria, cosa che desiderai intensamente per tutta la durata di quel dannatissimo incontro, nella sua sgradevole compagnia. Purtroppo però ci misi un po' a riordinare i documenti, così rimasi da solo fra quelle mura per un quarto d'ora abbondante. Uscii esausto da quella stanza, ritrovandomi però Alfred davanti, che mi sorrideva come un ebete. Alzai un sopracciglio, interrompendo il mio cammino per poco, prima di ricominciare a camminare, superandolo, peccato che mi fermò, afferrandomi da un braccio.
« Inghilterra aspetta! »
Mi incitò, e seccato mi voltai verso di lui, strattonando il braccio, osservandolo con sguardo impaziente, attendendo una spiegazione più che plausibile.
« Cosa dovrei aspettare? America. »
Mi sorrise, avvicinandosi a me, forse un po' troppo. Avvampai furiosamente nel momento in cui le nostre labbra si sfiorarono e si rincontrarono pochi attimi dopo in un bacio semplice e casto, ma soprattutto per sua volontà, mentre avvolgeva le braccia al mio bacino, stringendomi a lui.
Restai alquanto interdetto, non me lo aspettavo! Ma era comunque una sorpresa ben gradita, che la pozione avesse avuto uno scoppio ritardato. Così cinsi le braccia al suo collo, posando il mio peso corporeo unicamente sulle punte dei piedi, aumentando la mia statura, ricambiando meglio i baci che mi donava, divenuti sempre più peccaminosi e impuri. Le nostre lingue umide che si accarezzavano dolcemente mi donavano emozioni intense, bramate per così tante notti, tante... Troppe, quasi infinite.
« God... Finalmente ce l'hai fatta. »
Borbottai imbronciato quando il bacio terminò, fissando ancora una volta quei suoi occhi cristallini, pieni di gioia e di risate, tutte quelle che a me mancavano.
« A fare cosa? »
Mi chiese, ridendo, continuando a baciarmi le labbra, ripetutamente. Era così bello...
« Nulla, lascia perdere, sei troppo stupido per capire. »
Abbozzai un sorriso, facendolo sparire subito dopo. Non sia mai.
« Ora sarebbe meglio se tornassimo a casa però. »
Consigliai, allontanandomi leggermente da lui, ritornando sul mio passo precedente, prima che l'idiota mi fermasse, baciandomi.
Gli diedi le spalle, attendendo che mi raggiungesse, camminando al mio fianco.
« No... »
Mi fermò ancora, facendomi voltare verso di lui. Osservai la sua espressione, dispiaciuta, come quella di un bambino. Come quella che mi proponeva da piccino ogni volta che io dovevo lasciarlo da solo, con quelle piccole lacrime agli occhi, pronte a sgorgare da un momento all'altro.
« Non voglio tornare a casa... Non ora... Voglio restare con te... »
Abbassò lo sguardo, cominciando a singhiozzare, portandosi la mano libera al volto, asciugandosi le piccole lacrime che si facevano strada per il suo volto.
Era restato bambino, non era mai cresciuto, e quelle sue azioni lo dimostravano palesemente.
Mi avvicinai a lui, alzandogli il volto, baciandogli cautamente e vergognosamente le labbra, tentando di tranquillizzarlo almeno un minimo.
« Non piangere idiota, andremo a casa mia. »
Cercai di fargli il sorriso migliore che potessi disegnare sul mio volto, mentre lui mi sorrise a sua volta, facendo cenno di "sì" con il capo. Sembrava in tutto e per tutto un bambino troppo cresciuto, cosa che gli dava una caratteristica così... Adorabile.
Gli presi la mano, ricominciando a camminare, mentre lui continuava ad asciugarsi le lacrime sotto quegli occhiali leggermente appannati.
Stringevo la sua mano che stringeva cautamente la mia, sentendo il suo calore, ed a volte ancora alcuni singhiozzi. Sapere che, anche se per una sola settimana, quel ragazzo idiota poteva essere mio, mi faceva salire drasticamente l'umore alle stelle.





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Ed eccola finita~
Bhe, lettori, grazie per aver letto il primo capitolo di questa Fan Fiction UsUk, che probabilmente durerà sui 7 o 8 capitoli - sperando di riuscirci D: -, purtroppo però non sono esattamente una scheggia in quanto riguarda aggiornare, anche se poi dipende dall'ispirazione che ho al giorno xD e... Bhe, spero proprio che vi sia piaciuta, al prossimo capitolo‎~! :3
Ah, e non dimenticate di recensire! Avere più idee, se pur banali, non dispiace mai! Quindi: Recensite~!

P.S. Riguardo il carattere forse un po' troppo da Uke di Al, vi ricordo che è sotto l'effetto di una pozione‎~
  
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