3. Happy strange nineteen!
Sorry, did
I wake your dream?
We only, only wake up when we sleep
Led by the lunar light, trouble's all we'd find
Lost our way tonight.
[Save me, Avenged Sevenfold]
Brian
accompagnò il delinquente all’interno del
commissariato. Quando lo vide entrare
Jessica gli sorrise, facendogli un cenno con la mano per salutarlo.
Quell’uomo
era incredibile, era già il terzo maniaco che assicurava
alla legge quella
settimana. Si assicurò che il tipaccio venisse ammanettato,
per poi tornar fuori
a recuperare la testimone oculare.
«Visto,
è già tornato!» esclamò
Akane sorridendo amabilmente alla donna al suo fianco.
Lei non disse nulla, attendendo che il cacciatore di taglie aprisse la
portiera
dell’auto e portasse via la ragazzina, che le fece ciao ciao
con la mano mentre
si allontanava. Aurora rimase immobile e silenziosa, mentre guardava le
due
figure allontanarsi, Brian cingere con un braccio le spalle sottili
della
figuretta vestita di rosso per infonderle coraggio.
“Attento,
potrebbe mangiarti vivo.”, pensò la donna tra
sé, mentre finalmente la tensione
che aveva accumulato si allentava e cominciava a mollare la presa dal
volante,
massaggiandosi le dita bianche per far circolare il sangue. Come poteva
essere
così inquietata da una ragazza con quelle sembianze
così delicate? La donna
scosse la testa, accendendosi la seconda sigaretta della serata.
Quand’era
nervosa non poteva fare a meno di inalare fumo e nicotina, il tutto la
rilassava. Abbassò il finestrino, in modo da fare circolare
l’aria e godersi il
tepore della notte estiva. Appena gettò il mozzicone per
terra, vide il
cacciatore di taglie venirle incontro con un gran sorriso incoraggiante.
«Bene,
ora tocca alla polizia.» disse mentre saliva al posto del
passeggero con un
sorriso soddisfatto.
«E
per farmi perdonare ti offrirò da bere!»
Aurora
lo guardò con aria scettica, ma non ribatté.
«Dove
andiamo?» domandò dopo una pausa di silenzio.
Brian ridacchiò.
«Sorpresa.
Prima però dobbiamo passare da casa mia, devo prendere
qualche spicciolo.»
La
ragazza mise in moto, dirigendosi dove le veniva indicato dal giovane
uomo
seduto al suo fianco. Parcheggiò dinanzi ad una villetta
dalle mura beige e il
giardinetto ben curato.
«Puoi
aspettare qui giusto due minuti?»
Lei
fece spallucce, scendendo dall’auto per sgranchirsi le gambe.
Si fermò davanti
a un’altra casa, nel giardino della quale vi erano sette
nanetti di gesso.
Aurora li guardò con attenzione, notando come avessero
qualcosa di strano… Le
sembrava, ma poteva sbagliarsi, che fossero vestiti da donna. Nah,
probabilmente era un gioco di luci.
«Perché
sto dando retta a un perfetto sconosciuto?»
“Perché
sei una stupida.”, parve sentire rispondere Dotto, con quella
sua aria di
superiorità.
«Probabile.»,
ammise lei. «Potrebbe essere lui il maniaco assassino ed io
qui a dargli
retta.»
“Non
essere così pessimista.” la rimproverò
Mammolo, scuotendo il capellino rosso.
«Ma
davvero non so chi sia! Cosa mi è saltato in mente nel
seguirlo?» chiese a se
stessa.
“Se
non lo sai tu…” affermò Eolo, con uno
sbadiglio delle labbra ricoperte da
rossetto.
«E
adesso quanto ci mette a recuperare qualche banconota? Si
starà armando per
uccidermi e nascondere il mio corpo.» sospirò.
“Lo
penso anch’io. E smettila di lamentarti.”
brontolò Brontolo incrociando le braccia
ricoperte di braccialetti al petto.
«Senti
chi parla di lamentarsi.» ironizzò la ragazza,
scuotendo la testa.
“Lascialo
perdere Aurora, è invidia la sua. Vorrebbe essere al posto
tuo per uscire con
quel bel ragazzone.” squittì Cucciolo ammiccando
vistosamente.
«Parli
spesso da sola?»
Aurora
trattenne il respiro mentre si voltava. Opporcamiseria.
«Ehn…
Solo quando sono nervosa.» mormorò, mentre cercava
di non arrossire per
l’imbarazzo. Da dove le era saltato in mente di mettersi a
parlare con degli ambigui
nani da giardino?
Brian
le sorrise in maniera accondiscendente. Doveva averla presa per pazza.
«Ho
preso il portafogli, possiamo andare. Ti porto in un bel locale e ti
offro un
boccale di birra. Ah, aspetta. Devi guidare.»
«Non
importa.» esclamò lei, che non sapeva dire di no
alla birra e alla guida in
stato di ebrezza.
«Oh,
okay, se lo dici tu.»
*
La
donna smise di guardare fuori dalla finestra, chiudendo le tende. I
suoi lunghi
capelli neri erano legati in una coda di cavallo, mentre i suoi occhi
blu si
muovevano nervosamente attraverso tutta la stanza. Le era parso di
sentire un
rumore. Eppure
nessuno le apparve al
fianco brandendo un’arma, così trasse un sospiro
di sollievo, sedendosi in
poltrona e accendendo la televisione. Il canale trasmetteva uno stupido
film
strappalacrime con finale a lieto fine, mentre lei pensava a cosa aveva
appena
visto nel suo giardino. C’era una ragazza dai lunghi capelli
biondi che parlava
con i suoi nani da giardino e si comportava come se essi le
rispondessero. Al
mondo esisteva chi stava peggio di lei! Il telefono squillò,
facendole
impugnare la lampada a mò di mazza da baseball per
proteggersi. Ma poi si
accorse di ciò che stava accadendo e corse a rispondere.
«P-pronto?»
«Gwen,
ma quanto tempo ci metti per rispondere al telefono?»
La
sua matrigna aveva il brutto vizio di urlare quando tardava ad alzare
la
cornetta.
«Scusa,
stavo guardando la tv e non ho sentito subito gli squilli.»
si giustificò con
un sospiro.
«Sì
sì va bene. Volevo chiederti…»
Gwen
però si perse il resto della frase, poiché le
parve di sentire uno strano
rumore provenire dalla cucina. Si voltò di scatto, guardando
in quella
direzione con aria terrorizzata. Aveva per caso i ladri in casa? Fu
presa dal
panico, mentre con una mano teneva la cornetta e l’altra
afferrava la mazza da
baseball che teneva sempre vicino a sé per ogni evenienza.
«…Mi
stai ascoltando, Gwen?»
L’irritante
e stridula voce della sua matrigna la riportò alla
realtà, e lei si affrettò a
rispondere:
«Sì,
certo!»
«Allora
venerdì prossimo ci sarai?»
«Puoi
contarci! Scusa ma adesso devo proprio andare, è arrivato il
fattorino con la
pizza.», disse chiudendo brutalmente la conversazione. In
realtà non ci sarebbe
andata. Come se non sapesse quale fosse il vero intento di Molly.
Voleva
brutalmente ucciderla perché non sopportava il fatto che la
sua figliastra non
si fosse laureata e facesse la modella. E quindi per non doverla
presentare
nelle occasioni ufficiali la voleva far fuori. Povera Gwen.
Serrò la presa
sulla sua arma improvvisata, avviandosi verso la cucina con aria
preoccupata.
Sentì ulteriore rumore ed entrò, intimando
l’alt. Il suo gatto la guardò con
aria preoccupata. Cosa voleva da lui quella psicotica, stava soltanto
cercando
qualcosa da mangiare! La ragazza lo guardò con aria stupita.
«Sei
tu Pallino!»
Il
micio la osservò sconcertato e se ne andò con
aria oltraggiata. Non solo non gli
dava da mangiare, gli faceva anche domande stupide!
Rimasta
sola, Gwen prese a guardarsi intorno. Nessuno stava tentando di entrare
in casa
sua e ucciderla, al momento, ma è sempre meglio prevenire
che curare. Sprangò
porte e finestre e si disse che era arrivato il momento di andare a
dormire.
Nel
cuore della notte si svegliò di soprassalto, sicura di aver
sentito qualcuno
abbattere la porta principale. Si avventurò in salotto
brandendo un coltello da
cucina, ma la porta era al suo posto sui cardini e non c’era
nessuno in giro.
Trasse un profondo respiro di sollievo. Evidentemente non era ancora
giunto il
suo momento. Eppure era sicura di aver udito qualcosa…
Controllò in ogni
stanza, ma nessuno pareva aver invaso la sua abitazione.
Fissò sconcertata la
televisione quando si accorse che era accesa. Lei era certa di averla
spenta.
Aspetta, ne era certa? Non era poi così sicura. Le parve
giusto ricontrollare
un’altra volta l’intera casa, gli armadi, sotto i
letti. No, non c’era davvero
anima viva tranne lei e il suo gatto. Spense le luci e tornò
a letto, sperando
di riuscire ad addormentarsi.
*
«Alla
salute!» esclamò Aurora facendo tintinnare il suo
bicchiere contro quello di Brian.
Era già la terza vodka della serata e la testa cominciava a
girarle
leggermente. Si era anche bevuta due boccali di birra…
Mandò giù la bevanda d’un
sorso, sorridendo al cacciatore di taglie che aveva appena fatto lo
stesso con
la sua.
«Un
altro giro?» domandò lei con un sorriso ampio.
«Ancora?»
si stupì lui.
«Guarda
che reggo molto più di quanto tu creda.»
Eppure
il locale cominciava a girarle intorno.
«Come
vuoi tu.» si arrese lui, ordinando altri due bicchieri.
«Quindi
oggi è il tuo compleanno?»
Lei
annuì, facendo una smorfia.
«Non
che ne sia molto contenta.»
«Perché,
scusa? È una bella cosa compiere diciannove anni.»
Lei
fece un gesto della mano come a dire di lasciare correre e
domandò:
«E
tu Brian quanti anni hai?»
«Venti.»
Aurora
spalancò la bocca. Pensava che il cacciatore fosse molto
più grande. Cioè, si
vedeva che era giovane, il suo viso abbronzato era bello e con appena
un
accenno di barba, ma la ragazza pensava che si avvicinasse
più ai trenta che ai
venti.
«E
perché a vent’anni fai il cacciatore di
taglie?», chiese curiosa.
«È
una lunga storia.»
«Abbiamo tutta la notte davanti.» sorrise lei, buttando giù un altro bicchierino come nulla fosse.
*************
Nda
Eccoci qui
giunti al terzo capitolo. So di non aver dato spiegazioni riguardo
Brian, ma arriveranno nel prossimo capitolo, non disperate! Dedico il
tutto a Macch e Mocch, e suggerisco a chi legge i capitoli di ascoltare
le canzoni che metto all'inzio durante la lettura. Sono lì
apposta! So che Akane sembra sparita, ma tornerà a breve. ;D Un grazie a chi legge e chi recensisce, al prossimo
capitolo! :D