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Autore: MrEvilside    18/03/2011    0 recensioni
[ Replica ]
Sogna qualcos’altro, adesso.
[ SPOILER! dell'ultimo volume di Replica ]
[ partecipante alla Clash Of The Writing Titans con prompt "death character" ]
[ AAA/Zenri/Alice♥ ]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Zenri/AAA è il bene, ma neppure un po' di Zenri/Alice one-sided mi dispiace ♥
Attenzione: SPOILER! del quarto e ultimo volume di Replica; "AAA" si legge "Tre A". Un ultimo particolare, poi vi lascio: 300 parole esatte per paragrafo, eccetto l'ultimo, che è composto di 100 precise.
Buona lettura ♥

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La storia del sogno più bello
 
AAA amava Zenri, ma non nel modo paterno in cui amava ogni propria creazione.
Zenri era stato il suo primo tentativo di automa antropomorfo e si era appassionato al suo progetto più di qualsiasi altro toy – mud, wood, tin o doll che fosse – che avrebbe mai creato.
Quando aveva inserito il nucleo del piccolo schiaccianoci nel corpo umanoide del fantoccio di metallo ed esso si era mosso per la prima volta, dapprima incespicando e reggendosi a un suo braccio e in seguito con maggior dimestichezza, si era sentito davvero realizzato. Zenri era divenuto il suo migliore amico: trascorreva più tempo con lui di quanto ne passasse con Alice e lo schiaccianoci era al suo fianco in ogni sua singola decisione – quando lavorava sino a tardi, quando uccideva le persone per procurare nuovi organi ad Alice, quando piangeva nel rendersi conto di quanto fossero peggiorate le condizioni della sua debole sorellina.
Nel proprio intimo, AAA aveva preso a nutrire nei suoi confronti una sorta di gelosia distorta, persino quando Zenri era in compagnia di sua sorella: non tollerava di vederli sfiorarsi, né che si scambiassero sorrisi complici o restassero chiusi da soli in quella stanza d’ospedale così a lungo.
E poi Zenri se n’era andato per fuggire con Cal e le altre due doll.
L’aveva lasciato solo, dopo trent’anni di fedeltà e indissolubile amicizia, e si era chiuso alle spalle una porta che non avrebbe mai più riaperto.
«Mi chiedo dov’è… che tutto ha cominciato ad andare storto».
Zenri non rispose; forse dall’inizio, forse mai.
«Gli ultimi momenti passiamoli insieme, amico mio».
Infine era tornato indietro; non sui propri passi: indietro. Era tornato da lui per tenergli compagnia. AAA avrebbe voluto pronunciare il suo nome, in quell’istante, ma la ragione tradì il cuore.
«Alice… Avrei voluto vivere felice assieme a te».
 
Alice amava Zenri.
Lo schiaccianoci le era accanto da quando la malattia l’aveva costretta a letto e ogni giorno aveva ascoltato la storia di Alice in Wonderland, senza mai lamentarsi perché Alice voleva leggere sempre e soltanto quella.
Zenri era estremamente paziente, dolce e disponibile nei suoi confronti, sebbene Alice si rendesse conto che probabilmente lo schiaccianoci avrebbe preferito un altro genere di vita, uno di cui lei non avrebbe mai potuto fregiarsi, poiché sarebbe stata bloccata per l’eternità – o almeno finché il suo fisico avesse retto – in quel letto.
«Mi odi, Zenri?» gli aveva chiesto una volta. «Mi odi perché non posso camminare?»
«A me piace stare qui con te» aveva replicato lo schiaccianoci, asciutto.
Il timore di Alice era aumentato quando AAA aveva dato a Zenri un corpo, malgrado fosse stata lei stessa a esprimere il desiderio che lo schiaccianoci potesse muoversi: nel vederlo agire come un qualsiasi essere umano – come lei non avrebbe mai potuto fare – aveva compreso che adesso erano ancora più lontani ed era terrorizzata dall’idea che prima o dopo Zenri avrebbe potuto davvero decidere di abbandonarla.
Eppure lo schiaccianoci era rimasto ed era sempre venuto a trovarla per leggerle Alice’s Adventures in Wonderland o per portarla a giocare nei campi, all’insaputa del fratello e dei medici.
Alice sapeva che presto sarebbe morta, tuttavia la presenza di Zenri accanto a sé la confortava e a un tempo la faceva sentire colpevole: suo fratello aveva rinunciato a un occhio e alla propria vita per trovarle una cura e lei preferiva la compagnia dello schiaccianoci alla sua.
Non c’era nessuno che potesse insegnarle le insidie delle infatuazioni, nessuno che potesse spiegarle perché vedere AAA che baciava Zenri la fece sentire così male.
«Mi odi, ora, Zenri?!» aveva gridato.
Poi la tosse aveva soffocato le sue lacrime.
 
Zenri non aveva ancora imparato che cosa significasse amare.
Viveva da sempre insieme ad Alice e ad AAA, eppure ancora non era del tutto certo di avere compreso cosa fosse l’amore.
Alice e AAA si volevano bene, era indubbio, tuttavia a Zenri non sfuggiva la piega tesa nel labbro inferiore di AAA quando vedeva insieme lo schiaccianoci e sua sorella, né gli occhi tristi di Alice quando guardava lui e suo fratello andarsene per ritirarsi in laboratorio, oppure a compiere l’ennesimo omicidio.
Inoltre, non era neppure convinto, Zenri, che si potesse definire amore l’impulso che spingeva AAA a uccidere gli altri – forse disperazione, follia; non amore.
Quando Alice morì, l’automa la vide spirare con un sorriso profondamente triste sulla bella bocca sottile, così simile a quella del fratello; un sorriso che, ne fu totalmente certo, non aveva nulla a che vedere con la sua malattia, bensì con il bacio che lui e AAA si erano scambiati.
«Alice è stata sempre ad aspettarti!»
Era una menzogna: malgrado l’assenza di suo fratello, la gioia di Alice era stata inconfondibile nella sua espressione, nel tempo che avevano trascorso insieme prima di quel bacio.
«Se non le stai vicino tu, chi lo deve fare?»
Ma Zenri avrebbe soltanto voluto che Alice non fosse morta maledicendo AAA per averle sottratto colui che amava, che AAA non fosse morto nel cuore molto tempo prima a causa della disperazione e che loro avessero potuto vivere insieme, sempre insieme, felici.
«Ormai è tardi, stupido».
Da allora, AAA non aveva fatto altro che pensare alle ultime parole di sua sorella: “Vorrei che questo mondo sparisse”, senza mai davvero accorgersi che lei avrebbe voluto comprendere anche AAA e Zenri in quel disegno funesto. Era sempre troppo perso nei meandri di quella mente che lo schiaccianoci avrebbe voluto capire un po’ meglio.
 
«Avrei voluto… non avere sbagliato tutto… e che tu potessi essere felice… con Zenri» soggiunse AAA, oramai anziano e sfinito, con quel poco di fiato che ancora gli rimaneva.
Non aveva avuto alcun senso la competizione implicita tra lui e Alice: era con entrambi che avrebbe dovuto prendersela sin dall’inizio; ambedue avevano peccato di arroganza a pensare di poter ergersi al di sopra del mondo intero ed essere migliore di esso.
«Io sarei stato realmente felice soltanto se avessi potuto vivere con tutti e due».
«Davvero, Zenri?»
«Sono qui, giusto? Sogna qualcos’altro, adesso: qualcosa che sia più bello di questo».

  
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