Angeli e Demoni
di Beren
tradotto da madjoker
Beta: Sanzina
Rinuncia:
Questa storia è basata su caratteri e situazioni create e possedute da JK Rowling e i vari editori, inclusi ma non limitati a Scholastic Books, Raincoast Books e Warner Bros Inc. Non c’è guadagno e non è intesa nessuna infrazione
della proprietà letteraria riservata o del marchio.
Avvertimenti:
Questa storia è intesa come post OOTP, perciò contiene SPOILERS. Se non volete
sapere nulla del 5° libro non leggete questa storia.
Le Note d’autore:
Questa fic contiene Veela!Draco e molte altre cose che
sembrano essere un cliché in molte fandom. Ho provato
un gran divertimento nello scrivere questa fic,
tentando di esplorare le possibilità in un modo lievemente diverso da ciò che ho
visto in precedenza. Può esserci Veela!Draco, ma è tutto basato sul POV di Harry, in caso che qualcuno se lo chiedesse.
cap.2
Scoperte-2°parte
Harry camminava nella stanza comune di Gryffindor,
sentendosi dolente e un po’ depresso, anche se non come si era sentito la sera
precedente. Le ferite attraverso le quali erano fuoriuscite le protuberanze
delle ali erano guarite a velocità prodigiosa e anche se erano un po’ doloranti
non gli provocavano più spasmi dolorosi ogni volta che si muoveva. Poppy aveva
preso uno specchio in modo tale che potesse esaminare
la sua schiena. Non sembrava così male, certamente non come aveva temuto. Le
protuberanze erano due creste iridescenti, larghe un pollice, appena quattro o
cinque pollici sotto le scapole. Se non avesse saputo che cosa erano, non
avrebbe mai indovinato cosa fossero.
Era sabato, ed era presto, ancora non c’era
nessuno a osservare Harry che, faticosamente,
attraversava la camera comune con i suoi jeans ed una camicia regolamentare
dell’ala dell’infermeria. Non era riuscito a riposare bene, dato che la pozione
di Poppy era diventata inefficace dopo un’ora o poco
più; l’indolenzimento delle ferite che guarivano l’aveva tenuto sveglio. Da lì
veniva il fatto che Harry si sentisse molto stanco. Si
era sorpreso quando la guaritrice l’aveva rilasciato
dopo la prima colazione. Teneva un vasetto d’unguento in una mano, la t-shirt
rovinata nell’altra e solamente un pensiero nella sua mente: lasciarsi cadere
nel suo bel letto confortevole e dormire per tutto il resto del
giorno.
Riuscì solo a posare il viso sul cuscino, quando
tutto il suo bel piano si sbriciolò.
“Harry è tornato.”
Dichiarò la voce di Neville, il suo compagno di dormitorio, emozionato.
Ci furono repliche sonnolente dal resto della
stanza e Harry gemette al suono dell’alzarsi dei suoi
compagni dai loro letti. Quando la tenda accanto alla sua testa si mosse
lasciando entrare la luce del sole d’inizio mattina, Harry portò una mano sugli occhi, considerando l’idea di
seppellire la testa sotto il suo cuscino.
“Andate via” disse petulante “sto tentando di
dormire.”
“Bene, sembra che tu sia stato investito da un
branco di Ippogrifi, amico” gli rispose Ron, non molto
cooperativo.
“Hai ragione” fu la rumorosa asserzione di
Seamus.
Sapendo quando aveva a che fare con una battaglia
persa Harry aprì lentamente gli occhi, sbirciando i
suoi amici. Dopo un’ispezione rapida, Harry si rese
conto che tutti i suoi compagni di stanza si trovavano attorno al suo letto. Si
sarebbe girato, così da poterli vedere meglio, ma non aveva voglia di mettersi a
sedere e voltarsi sulla schiena non era qualcosa di fattibile al
momento.
“Divertente” disse sericamente Harry per poi posare di nuovo la testa sul letto
“forse è colpa dell’unica mezz’ora di sonno che ho avuto in tutta la scorsa
notte.”
“Grezzo” fu l’utile contributo di Dean alla
conversazione.
Appena Ron si spostò
accanto al letto un raggio di sole che prima era schermato dal suo amico trovò
il modo di colpirlo, diritto in faccia. A quel punto, Harry riconsiderò l’idea
di nascondere la testa sotto il cuscino. Un pensiero che stava trovando sempre
più attraente.
“Com’è la schiena?” Chiese Ron con interessamento. “Nulla di serio,
spero.”
“Se fosse stato qualcosa di
serio, Madama Pomfrey mi avrebbe legato a un
letto dell’infermeria” disse Harry con umore
certamente meno che lieto, specialmente con le immagini che erano appena
balenate nella sua mente.
La sua evidente irritabilità non sembrò
incoraggiare i suoi amici a lasciarlo in pace, e da una parte era grato di tale
espressione d’amicizia, ma per il resto desiderava solo poter
dormire.
“Quindi, cos’era?” Chiese Ron, in maniera un po’ importuna.
Harry non desiderava realmente spiegare tutto ai suoi
amici; se possibile avrebbe preferito non doverlo mai spiegare, perciò scelse
una bugia innocente.
“Ali” disse lui, cosa che in un certo qual modo
era la verità “qualcuno mi ha fatto una fattura con delle ali” disse elaborando
la bugia. “Madama Pomfrey mi ha rimesso in sesto, ma
ha fatto un male d’inferno nei punti in cui erano spuntate.”
“Davvero avevi le ali?” Chiese Neville, sembrando
davvero intrigato dall’idea. “Non ho mai sentito di un maleficio che fa crescere
le ali.”
Il sonno stava reclamando l’attenzione di Harry a
gran forza, e l’unico suo desiderio era, onestamente, di poter chiudere gli
occhi.
“Probabilmente si trattava dell’idea di Snape per quanto riguarda uno scherzo” borbottò nel suo
cuscino, lasciando che le palpebre si abbassassero.
Qualcuno gli fece altre domande, ma le sue
risposte non ebbero molto senso. La crescita delle ali aveva esaurito Harry, più
che per non avergli permesso di dormire per una notte, e andò alla deriva con gratitudine, congedando il mondo attivo. Non
notò neppure che stava ancora tenendo in mano il piccolo vaso
d’unguento.
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Quando ritornò nel mondo dei viventi, Harry si sentiva meno dolorante e con questo progresso della
sua salute il suo umore migliorò parecchio. Appena si sedette scoprì che Ron
sedeva sul suo letto, leggendo un giornale sul Quidditch; era evidente che lo
stava tenendo d’occhio.
“Bentornato” disse Ron, con un allegro sorriso “ti
senti bene?”
Harry annuì col capo
mentre si alzava lentamente, flettendo la schiena in modo sperimentale.
Ci fu un piccolo dolore lancinante non appena spostò le scapole, ma anche con
quello la mattina era in ogni caso migliore.
“Che ora è?” Chiese, strofinando via il sonno dai
suoi occhi e prendendo gli occhiali da dove li aveva
gettati.
“Quasi le due penso, amico” rispose Ron, alzandosi
anche lui. “Ho tentato di risvegliarti per pranzo, ma non c’è stato modo.”
Come se volesse indicare quanto pessima fosse
stata tale idea lo stomaco di Harry iniziò a borbottare piuttosto
rumorosamente.
“Indovino che dovrò fare un viaggio alle cucine”
disse Harry con un mezzo sorriso. “Scusami per questa
mattina, ma è stata una nottata infernale. Una volta
ripulito, saziato e in grado di mettere insieme due pensieri tu, io e
Hermione dobbiamo avere una lunga chiaccherata.”
A quelle notizie Ron si
avvicinò all’amico, non sapendo se essere preoccupato o no.
“Quindi quello che hai detto ai ragazzi non era
vero?” Chiese l’amico serio.
“Non completamente” fu la risposta di Harry,
decidendo che l’onestà era l’unica scelta possibile “è un po’ più complicato di
così. Nulla di terribile, ma diciamo che potrei vivere benissimo senza.”
Ron gli diede una pacca comprensiva sulla spalla,
provocandogli un dolore lancinante, ma sorrise in ogni
modo.
“Non ti preoccupare Harry” disse il suo migliore amico “sono sicuro che
riusciremo a trovare la soluzione.”
Fin dalla sconfitta di Voldemort Ron era diventato
notevolmente più ottimista su molte cose; la sua fede sul fatto che tutto
avrebbe funzionato era un grande conforto per Harry.
“Sì” si disse d’accordo Harry, sentendosi molto
meglio sull’intera situazione “speriamo.”
E detto quello, si stirò di nuovo, curvandosi poi
per cercare le sue cose da bagno nel baule. La cosa della quale aveva bisogno
ora era una bella doccia calda.
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Dopo un bagno e il cibo che gli elfi fornirono
loro, quasi fino a scoppiare, l’umore di Harry migliorò ulteriormente, facendolo
sentire più felice. Trovarono Hermione e la convinsero
ad abbandonare i suoi compiti e seguirli ad una classe vuota. Non era che Harry fosse felice delle nuove aggiunte alla sua anatomia,
ma aveva affrontato situazioni molto peggiori e non era come se quella fosse una
situazione di vita o morte. Tutto quello che doveva fare era dimenticarsene ed
andare avanti con la sua vita.
“Quindi, cosa c’è?” Chiese Hermione, una volta
chiusa la porta dietro di sé. “Ron ha detto qualcosa
su di una fattura che ti ha fatto crescere le ali.”
“Non era una fattura” disse onestamente Harry “ma
si tratta di ali.”
Anche se non aveva fornito molte spiegazioni
questa risposta sembrò accontentare Hermione.
“Bene, almeno spiegami perchè non ho mai sentito
parlare di un simile maleficio” disse fermamente.
Ron non sembrò condividere la sua
opinione.
“Le fatture sono, di solito,
istantanee” spiegò calma Hermione “Harry stava mostrando sintomi di dolore da giorni, secondo
quello che mi ha detto. “Ora, se fosse stata una maledizione a lunga scadenza
avrei potuto capirlo, ma...”
Hermione si fermò e Harry le
fece un piccolo sorriso per la sua limitazione. Per quanto dire lui, il
chiarimento di Hermione aveva aiutato Ron. C’erano molte fatture che potevano
far spuntare le ali ad una persona; i gemelli le avevano usate più che in
abbondanza, durante il corso degli anni. Harry guardò calmo i
due.
“Che cosa era, allora?” Chiese curioso
Ron.
“Questo” fu la sua risposta, e si girò di spalle
tirando su la maglietta enorme sulla testa.
“Harry” disse quasi
immediatamente Hermione “sembrano dolorose.”
Harry non si mosse quando
entrambi i due ragazzi si avvicinarono per dare uno sguardo più
approfondito.
“Ora non sono così male” disse onestamente “ma mi hanno fatto un male d’inferno per la
maggior parte della notte. Ho dell’unguento in camera e saranno fresche per un
paio di giorni, ma il peggio è passato.”
Ci furono alcuni secondi di silenzio, poi Hermione
fece l’ovvia domanda.
“Hai ricordato ali”, disse curiosamente, “questo è
ciò che è rimasto?”
“Sono quelle” rispose apertamente Harry “ciò che vedi sono le protuberanze delle ali. Sono
magiche, vengono da dentro di me. Te le mostrerei, ma non ho tutte le nozioni e
i dettagli della cosa.”
“Incredibile” fu l’opinione di
Ron.
“Sì Hermione, puoi
toccarle, basta che tu stia attenta” disse Harry, interpretando il silenzio
goffo che era arrivato dopo quelle parole.
Delicate punte di dita toccarono quasi
immediatamente le protuberanze delle ali, e Harry non potè evitarlo: rabbrividì.
Le sensazioni che il tocco leggero trasmise attraverso il suo corpo non erano
quelle che si sarebbe aspettato, e si riprese rapidamente.
“Scusa” si scusò in fretta “mi hai fatto il
solletico.”
Cosa che era vera, ma si appuntò mentalmente di
ricordarsi che le protuberanze erano una zona erogena, dopodiché fece ricadere
la maglietta.
“Sembrano un incrocio tra seta e cuoio” commentò
Hermione, quando lui si voltò di nuovo. “Per quanto le
avrai?”
“Per sempre” fu la risposta di Harry, accompagnata
da una piccola alzata di spalle vedendo la sorpresa sui volti dei suoi
amici.
Era ovvio che, anche se sapevano che non si
trattava di un maleficio, avevano presunto che vi fosse un metodo magico che
potesse rimuovere le ali.
“Ma se qualcuno ti ha fatto questo, Madama Pomfrey non può curarlo?” Chiese Ron, preoccupato. Era
giunto il tempo dei chiarimenti e Harry scelse di
accoccolarsi su di una scrivania vicina.
“Nessuno mi ha fatto qualcosa, a meno che tu non
voglia considerare uno dei miei antenati che si è sposato con un Seraphim” gli disse Harry, con calma. “Sono nato con
vestigia d’ali che furono prontamente rimosse, ma
quando ho assorbito il potere di Voldemort il processo
si è riattivato.”
Hermione sedeva a bocca aperta; anche Ron sembrava incapace di trovare qualsiasi cosa da
dire.
“Seraphim” disse
lentamente la ragazza “non sono molto rari?”
“Non sono sicuro che siano rari” fu l’onesta
risposta di Harry “ma considerando l’ammontare di energia magica che occorre
per far nascere uno di loro, probabilmente lo sono. So che a loro non piace
mescolarsi con creature umane; peggio dei centauri, secondo Dumbledore.”
Harry poteva quasi vedere ogni informazione che
entrava nella mente di Hermione, in attesa di poter
esser catalogata nella sua testa insieme a tutto ciò che conosceva dei Seraphim. Era certo che alla prima opportunità si sarebbe
recata in biblioteca. Ron lo fissava stupito, ma la sua espressione si stava
rilassando man mano che accettava i fatti.
“Che nessuno si chieda perché eri così di cattivo
umore stamattina, amico” disse Ron comprensivo. “Puoi
volare?”
Era tipico di Ron andare
dritto al punto e Harry si ritrovò a sorridere
all’ottusità del suo compagno.
“Dumbledore afferma che dovrei esserne capace”
rispose “ma non ho intenzione di provarlo molto presto
saltando dalla Torre d’Astronomia. Dovrò prima capire come funzionano, non
desidero che la gente sappia che sono più strano di quel che pensano.”
“Tu non sei strano, Harry” fu la decisa affermazione di Hermione “sei solo terribilmente dotato in quanto a magia, e
hai avuto un matto alla calcagna per la maggior parte
della tua vita; questo non è strano, è solo una combinazione di buona e cattiva
sorte e dato ciò che è accaduto è normale che tu sia diventato
un’icona.”
Il suo tono era così risoluto, e la sua testa così
impegnata nell’annuire, che Harry non riuscì a non
ridere. Dalla sera precedente, anche se alcune delle sue paure erano svanite,
era stato così preoccupato che lo show d’appoggio di Hermione l’aveva commosso e
gli aveva fatto il solletico alla stessa maniera. Era quello di cui aveva
bisogno per rompere la tensione ed una volta iniziato a
ridacchiare non riuscì più a fermarsi. Per un momento Hermione lo guardò, poi
lentamente sorrise e iniziò a ridere anche lei. Ron si aggiunse poco
dopo.
L’intera situazione era ridicola: aveva delle ali;
era legato a creature magiche di cui si sapeva poco o nulla; e sembrava che
tutto dovesse accadere sempre a lui. Harry continuò a ridere, e, da quanto si era
calmato, riusciva appena a stare in piedi.