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Autore: Will P    18/03/2011    1 recensioni
Future!fic in cui Warren non diventa un supereroe. (Vagamente Will/Warren)
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Josie Stronghold/Jetstream, Layla, Warren Peace, Will Stronghold
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Disssssssney.
Note: Angst @ COW-T di maridichallenge, quinta settimana, riesumando il mio claim a 3songfic (Will/Warren - Three Days Grace, Life Starts Now) con la canzone Bitter Taste. Go #teamangeli!


As your world disassembles, better keep your head up

Your name, your face
Is all you have left now
Betrayed, disgraced
You've been erased

La tazza tintinna con insolita delicatezza quando Will la appoggia sul ripiano della cucina, senza dire nulla, senza guardare le foto della tragedia che scorrono una dopo l’altra in televisione, senza ascoltare la voce del cronista. È come se si fosse fulminato, e Josie Stronghold non sa cosa fare; ha un cassetto pieno di telefoni, un armadietto colmo di tazze, ma non ha idea di come sostituire qualcosa di rotto così in profondità.
«Tesoro?»
«Posso passare più tardi a prendere il bucato, mamma? Non faccio in tempo a portarlo a casa, devo correre in Accademia.»
«Bambino mio…» e vorrebbe dire tante cose, che gli vuole bene e lo capisce, ma guardando come si sforza di tenere la schiena dritta e di muoversi con quella calma mai vista si rende conto che niente di quello che potrebbe dire ha la minima utilità. «Certo.»
Will sorride e se ne va con la tracolla in spalla, salutando, tutto allegria e tranquillità. Josie resta nella cucina vuota, mentre il notiziario rimbomba contro le pareti tirate a lucido, e si sente un fallimento come madre e come supereroe.

«Hai…?» Zach lo guarda in faccia e non serve che Magenta gli pesti un piede per stare zitto.
Sì, ha sentito la notizia. Sì, ha visto i manifesti. Sì, quella mattina è morto un po’ davanti a quella tazza di caffè.
Will fa un sorrisone rassicurante (che sa di dolore e senso di colpa) e si siede sulla panca accanto ad Ethan, appoggiando la borsa a terra ed iniziando a slacciarsi le scarpe. «Cosa dobbiamo andare a pattugliare questa settimana?»
«Ci toccano i bassifondi fino a giovedì, ma la professoressa Flora ha chiesto che accompagnassi Layla a farle da assistente in Borneo,» risponde Ethan «Solo che il direttore ha chiesto di, ehm… vederti, prima.»
Will annuisce, gli occhi fissi sulle scarpe e i lacci che sta sistemando con meticolosità maniacale, e dopo poco Ethan e Magenta escono, portandosi via Zach, lasciando Layla con Will.
Layla lo guarda con gli occhi dolci e preoccupati di un’amica e una sorella, e vede segni che agli altri erano sfuggiti - il tremore alle mani che Will si affanna a nascondere trafficando con la borsa, ora, i segni duri ai lati della bocca. «Will…» sospira, triste, e Will smette di far finta che non sia nella stanza, si ferma e resta a guardare il pavimento senza muovere un muscolo.
Layla si avvicina piano, come con uno degli animali selvatici di sua madre, gli si siede accanto e fa per stringergli delicatamente una mano. Will scatta in piedi come una furia ed esce dal salottino, lasciando dietro di sé borsa e giacca e Layla, con una mano ancora sospesa a mezz’aria e gli occhi pieni di lacrime.

«Confidiamo che comprenda la situazione.»
Un breve cenno del capo, e lo congedano. Mentre attraversa i corridoi per salire al tetto del quartier generale sente su di sé gli occhi di chi lo incrocia, i sussurri di chi si ferma a parlare di lui nei corridoi, ma ad un certo livello è come se non li percepisse.
Il suo mondo è ridotto ad un unico pensiero da quel notiziario quella mattina, e l’unica cosa che lo asfissia nel suo cammino sono i poster alle pareti, nomi e foto e taglie di ricercati e lui, lui, sempre lui, stampato di fresco ed appeso ad ogni angolo e ad ogni scala, che lo guarda con quei suoi occhi di fuoco che sembrano ridergli in faccia.
Non gli importa sapere cosa ha fatto Warren. Non gli importa sapere di quante strade abbia distrutto, di quante persone abbiano perso la casa o un figlio o la vita nell’incendio, non gli interessa sentire ci dispiace per Warren.
Quello non è più Warren. Non per lui.
Quello non è il ragazzo dei suoi ricordi, il migliore amico e il compagno e la persona più importante della sua vita, il Warren che gli portava i biscotti della fortuna dal lavoro e si addormentava con lui sul divano dopo una missione; quel ragazzo è svanito in una nuvola di fumo e tutto quello che ne rimane sono una faccia che non riconosce e un nome - Peace, il nome del criminale, il nome di suo padre, sei contento adesso Warren? - che in bocca sa di cenere e tradimento.
Spalanca la porta del tetto con un calcio e corre verso il bordo del palazzo gettando via i vestiti da civile, si lancia di sotto a tutta velocità e mentre si perde nell’aria e i suoi occhi s’appannano (per il vento, sì, è il vento) pensa solo che vuole vederlo, un’ultima volta.
Vuole trovarlo prima di tutti gli altri. Vuole cancellare lui tutto quello che rimane di Warren Peace.

   
 
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