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Autore: miss_independent    18/03/2011    0 recensioni
Un amore scappato, una sorella non di sangue sparita chissà dove. Una ragazza rimasta sola che aspetta l'alba per riempirsi di un po' di luce: le sue scorte le ha esaurite da un po'. Qua, in questo mondo, si va avanti solo a furia di gomitate, spintoni, sgambetti vigliacchi. E come fai se hai diciassette anni, i sogni impigliati nei capelli e il cuore gonfio di troppe lacrime nascoste? Questa è la storia di Aria, soldato di se stessa.
Dal prologo.
«La mia sbornia è ancora evidente. Ho vomitato l'anima, dormito per diciassette vite, ma quella sbornia non mi è passata e forse non mi passerà mai. Sono ubriaca da te e di quei sogni che non si avvereranno mai. Dei lieto fine mancati e di litigi con il cielo.
Mi serve una bella doccia fredda e un letto comodo. Un buon libro e una cioccolata calda. E un abbraccio magari.
»
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caro tu.
La verità è che era tutta una favola, un "c'era una volta" intriso dei nostri sorrisi, di lacrime d'inchiostro e pensieri grigi di polvere. La verità è che non siamo mai finiti, proprio perchè non siamo mai iniziati.

Ci siamo sciolti come neve al sole, e io piango. Perchè il cielo non mi aveva mai avvisato di quel "noi" fasullo di cui mi ero riempita, così tanto da far straripare il cuore di te, tanto da scriverlo sui muri, quell'amore che colorava i miei gesti di blu notte. E ci ho litigato con le stelle. Ho fatto a pugni col cielo. E li rivoglio indietro quei respiri di vita donati a chissà chi. A passanti impazienti, mentre io cercavo la forza per aspettare il tuo ritorno.

Ci ho ballato sulle nostre ceneri. E sono morta, una, cento, mille volte. La verità è che tu non sei mai esistito. Ti ho dipinto io, e sono stata brava. Un'ottima pittrice.E per questo stacco pezzi di nuvola per tamponarmi le ferite, per asciugare quel sangue sporco, malato di te, che non ne vuol sapere di fermarsi. Sono inciampata nei tuoi passi, scorticandomi il cuore ad ogni caduta. E continuavo a morire.Morire di te. Di quella fine scritta con il vetro e lo smalto rosso, rosso come il fuoco che sentivo dentro.

E' il tuo trionfo, questo. Il trionfo delle tenebre e delle storie incompiute. Di tutte le persone e i ricordi persi per strada. Il trionfo delle parole smozzicate e dei pezzi di matita scordati chissà dove. Continuo a scriverti sui vetri appannati, sui pezzi di carta, sul cielo, sulla pelle. Col pennarello nero, quello indelebile, che non va più via. Che resta agganciato ad ogni fibra del corpo. E ho paura. Paura perchè anche quello sbiadirà, prima o poi. Forse anche i miei ricordi inizieranno a sfilacciarsi lasciandosi dietro delle polveri di questo cielo che ci avvolge, assassino. Per ora affogo nella nostra favola mancata e mi riempio gli occhi di questo cratere di sogni che sto per mettere da parte in un cassetto. E forse, fra cento, mille vite, avrò il coraggio di chiuderlo per sempre quel cassetto. Di buttare la chiave nei neri flutti dell'oceano di parole che divide le nostre anime come un solco rosso di rabbia, di vita e di morte, di ciò che se ne è andato per sempre. Per ora conservo quella chiave sotto T-shirt sformate e felpe da uomo. Infilata a una catena che sa di te e dei tuoi sorrisi. Una catena blu cobalto, come la tua maglietta preferita. E a volte, quando fa buio e nella mia stanza brillano i ricordi, quando sono distesa sul letto, le mani incrociate dietro la testa gli occhi puntati sul soffitto nero di storie, spettatore silenzioso di lacrime e singhiozzi soffocati, quasi a volerlo spaccare, quel soffitto, per evadere, volare via, la sento tintinnare la chiave. E allora la tiro fuori con una mano che trema di tutte le paure represse e ammucchiate nell'armadio, sotto una pila disordinata di vestiti che non uso più, ma che non riesco mai a buttare. Paure che devo cancellare, per essere forte, per provare, per prendere in giro il cielo, per camminare, per parlare e respirare. E la guardo quella chiave, l'accarezzo quasi, percorrendo con le dita tutti quegli spigoli che sembrano i tuoi. E lo apro quello scrigno, il portagioie. Il nostro carillon, che gira, gira, gira, alzando un turbine di respiri luccicanti di lacrime di ghiaccio, occultate sotto al cuscino. E m'incanto a guardarla, quella storia, a ripercorrere le nostre battute e assistere ancora una volta al macabro spettacolo che siamo stati.

Un giorno sì che riuscirò a buttarla via, quella chiave. Ma ora no. Ora rimarrà con me, sotto le mie T-shirt sformate, le mie felpe da uomo. E continuerà a raccontarmi di te, ogni notte. Di quel "noi" fasullo di cui mi ero ubriacata. La mia sbornia è ancora evidente. Ho vomitato l'anima, dormito per diciassette vite, ma quella sbornia non mi è passata e forse non mi passerà mai. Sono ubriaca da te e di quei sogni che non si avvereranno mai. Dei lieto fine mancati e di litigi con il cielo. Mi serve una bella doccia fredda e un letto comodo. Un buon libro e una cioccolata calda. E un abbraccio magari. Ma intanto so solo versare sale nella ferita.

Ecco, mi chiamo Aria e nonostante tutto ti sto ancora aspettando.
  
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