Anya smettila di dire
sciocchezze, è solo la tua ansia che parla
– disse tranquillamente mia nonna, sorseggiando il suo
thè, dopo aver ascoltato con attenzione il mio racconto
della sera prima.
Cercava di rassicurarmi, è ovvio, però io non ero
convinta che il tutto era dovuto al semplice stress o a quella
maledetta ansia che mi caratterizzava fin da piccola.
Ok, Adrienne,
cercherò di non pensarci – dissi
stizzita, tenendo tra le mani la mia tazza fumante, un po’
per riscaldarmi, un po’ perché non avevo tanta
voglia di thè e biscotti quel pomeriggio.
L’avevo chiamata col suo nome di battesimo, e questo avveniva
solo per due motivi: o perché ero triste, o
perché non ero d’accordo con ciò che
affermava la mia amata nonna materna.
Adrienne mi osservò, con i suoi occhi color ghiaccio, da
dietro gli occhiali dalle spesse lenti, che portava.
Era una donna minuta, dai lunghi capelli grigio piombo raccolti in un
morbido chignon e dalle mani rugose e ben curate, sembrava fragile, ma
non lo era affatto.
Il terribile conflitto avvenuto nel 1961 tra le due fazioni nemiche di
Salem, aveva portato via mio nonno, e lei, ancora così
giovane, aveva cresciuto tutta da sola mia madre di appena un anno.
Era una donna forte, e ancora estremamente bella nonostante
l’età.
E adesso badava anche a me, non che avessi bisogno di una balia a
vent’anni, però era un conforto abitare
nell’appartamento accanto a quello della mia adorata nonna,
ed evitare due ore di treno al giorno.
Si perché, ormai da un anno, lavoravo nella libreria di
South Salem, però la mia casa natale era a 200 chilometri di
distanza,a North Salem!
Perciò avevo lasciato i boschi e le montagne
dov’ero cresciuta, trasferendomi tra spiagge e baie dove era
nata mia madre.
Tesoro
– disse piano, levandosi gli occhiali – non puoi essere sicura di
ciò che hai visto. Potrebbe essere stata la stanchezza che
ti ha giocato un brutto scherzo o semplicemente l’ombra di un
passante che ritornava a casa come stavi facendo tu.
Mi guardava con estrema dolcezza e aspettava pazientemente la mia
risposta, che però non arrivava.
Non sapevo cosa dire, le parole di mia nonna erano ragionevoli, e
poteva essere stata davvero solo la mia immaginazione.
Perciò era inutile continuare ad insistere su un argomento
che non aveva senso.
Si hai ragione, nonna –
bisbigliai, posando la tazza ancora piena sul tavolino che stava ai
miei piedi – adesso
è meglio che vada se non voglio fare tardi alavoro –
detto questo, diedi un buffetto sulla guancia di Adrienne e
uscì nell’aria gelida di quel pomeriggio
invernale.
Dopo aver preso la mia auto dal meccanico, sollevata dal fatto di non
dover prendere più il tram la sera tardi, parcheggiai sotto
l’insegna che riportava scritto “Books&Books”.
Ero arrivata a lavoro.
Salve Tim –
dissi sorridendo al mio capo, un uomo alto, di
mezz’età, con i baffi e l’aria buffa. Anya, eccoti!-
esclamò tutto eccitato, ricambiando il sorriso – è arrivato questo per
te – disse infine tendendo un pacco nella mia
direzione.
Era uno scatolo di cartone di medie dimensioni, quelli usati
tipicamente dalle poste cittadine.
Sul lato superiore un’elegante scrittura informava che era
indirizzato a me.
Solo Anastasia Moore.
Niente di più.
Non
c’è il mittente, chi l’ha portato?
– chiesi, osservando confusa Tim, che mi sorrideva affabile. Non lo so cara, ho
sentito bussare alla porta sul retro e quando ho aperto, sul tappetino,
c’ho trovato questo – rispose
lui- Ma che
fai, non lo apri? – mi chiese infine.
La curiosità stava prendendo il sopravvento anche su di me,
così accantonai la mia confusione e alla fine mi decisi ad
aprire lo scatolone.
Mi ritrovai davanti agli occhi tanto, tantissimo cotone e dopo aver
affondato le mani all’interno, alla ricerca di qualcosa,
sentii sotto la pelle una superficie fredda e liscia, sembrava avere la
consistenza del marmo.
Con trepidazione tirai fuori ciò che il cotone nascondeva, e
mi ritrovai tra le mani un enorme libro dalla copertina viola scuro.
Accarezzai leggermente la superficie gelida, pareva fatta di pietra.
Ma mi resi presto conto che non era semplice roccia, quel colore mi
ricordava la gemma preziosa incastonata nel medaglione regalatomi da
mia nonna il giorno del mio diciottesimo compleanno. Si, la copertina era
fatta di ametista!