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Autore: Vivien L    19/03/2011    21 recensioni
SEGUITO DE "I GIORNI DELL'ABBANDONO".
Edward e Bella hanno una vita perfetta: insieme sono ormai felici, il loro amore sembra intramontabile, ma...il passato tornerà a fargli visita, distruggendo tutte le loro certezze e sgretolando lentamente il loro rapporto, finchè un nuovo dolore si abbatterà sulle loro esistenze.
DALL'OTTAVO CAPITOLO:
Libidine, desiderio, lacerante parossismo che si insinua nel mio corpo, incendia le mie vene, sconvolge ogni equilibrio, ogni certezza, ogni convinzione.
-Sono tua...lo sono sempre stata. Sempre-
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Emmett Cullen, Isabella Swan, Rosalie Hale
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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- Questa storia fa parte della serie 'I GIORNI DELL'ABBANDONO'
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 Parole d'amore
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Capitolo 18
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La gente torna a casa per tante ragioni: torna per ricordare, torna perché non ha un altro posto dove andare, torna quando è in crisi, torna quando è fiera di sé, torna a casa per cercare una finestra sul proprio passato, o una strada per il futuro; la gente torna a casa per tanti motivi, ma torna sempre per dare un addio

- Allyson Clarke (Taken)-

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I suoi occhi erano chiari e cristallini, lucide gemme preziose incastonate nel suo volto dalla bellezza eterea e irraggiungibile, i lineamenti fini, delicati, segnati dalla profonda sofferenza che in tutti quegli anni l'aveva silenziosamente attanagliata, perseguitandola e riducendola ad un essere privo di alcuna umanità.

I boccoli biondi le ricadevano dolcemente lungo le esili spalle, fasciate da un anonimo pigiama a striscie bianche e grigie,le labbra rosse e carnose distese in un sorriso quasi intimorito.

-Alla fine ci sei riuscita- la sua voce era calda, suadente, priva di quella sadica vena crudele con cui negli ultimi mesi mi si era rivolta.

Mi strinsi le braccia intorno al busto in un involontario gesto di protezione; il mio sguardo rimaneva però fiero ed altero, perchè di quella donna dall'avvenenza straordinaria che aveva così tenacemente tentato di rovinarmi la vita non c'era più nulla, ormai.

Il destino prima o poi ci chiama per rispondere delle nostre colpe; tutti i nodi vengono al pettine, e nel momento in cui tutte le silenziose atrocità che commettiamo risalgono in superficie, esposte al biasimo e al disgusto del mondo, il dolore che procuriamo agli altri torna sempre indietro.

Sempre.

Era successo a me, quando avevo finalmente avuto il coraggio di rispondere delle colpe che mi vedevano coinvolta nella distruzione del rapporto che mi legava a mio marito; i silenzi, le incomprensioni, il mio carattere schivo e disilluso, il mio desiderio di non essere più ferita da coloro che mi stavano accanto mi avevano temprata, riconducendomi lungo una strada in cui l'unica via d'uscita da quell'incubo fatto di inganni e sofferenze sarebbe stata fuggire.

Ed era successo anche a Rosalie, che aveva riposto la sua più incondizionata fiducia nelle persone sbagliate, che si era concessa con tutta se stessa ad un uomo che non era mai stato in grado di ricambiare il suo amore, che si era persa nei meandri dell'odio e della sete di vendetta, per poi non ritrovarsi mai più.

Un sospiro dismesso abbandonò le mie labbra.

-Buon giorno anche a te, Rosalie-

L'andavo a trovare quasi ogni giorno, ormai.

Quando avevo saputo che l'ex moglie di mio marito era stata internata in una clinica per debilitati mentali, e presa in cura da uno staff di psicologi e educatori che stavano lottando giorno dopo giorno per ricostruire, almeno in parte, le cause che avevano trascinato Rosalie in quell'inferno che era la malattia e l'incapacità di fuggire dal proprio istinto e di ricollegarsi alla ragione, il mio primo, atroce pensiero era stato che, finalmente,era stata fatta giustizia per tutto il dolore che quella donna così altera ed egoista mi aveva procurato.

Ciò che però non mi sarei mai aspettata era il fatto che, con il passare del tempo, e dopo aver elaborato razionalmente il trauma delle innumerevoli scoperte che erano risalite a galla grazie alla collaborazione di Emmett con il Dottor King per smascherare Rosalie, per guarire davvero dalla mia malattia -la consapevolezza di aver rischiato di perdere la mia bambina, il dolore dell'aver donato il mio corpo ad un altro senza rendermi davvero conto di star tradendo non soltanto l'uomo che amavo, ma soprattutto il mio cuore e la mia coscienza;e poi, ancora, la sofferenza che avevo inflitto in tutti quegli anni ad Emmett, costretto a reprimere nei miei confronti un sentimento che non è mai stato in grado di soffocare- dovevo cercare di risalire alla fonte primaria dello sconvolgimento della mia esistenza: Rosalie Hale.

E, per riuscirci davvero, dovevo tentare di conoscere meglio le sue ragioni e la sua sofferenza; soltanto condividendola e rendendola mia sarei riuscita a riempire quel vuoto che la fitta tela di segreti ed inganni che aveva tessuto era riuscita a scavare nel mio petto.

Erano passati quasi tre mesi dal giorno in cui Rosalie fu internata; di comune accordo con Edward, decidemmo di non contattare le autorità pubbliche, ma la polizia stillò comunque un indagine e condannò la donna a sei anni reclusione in un centro d'igiene mentale, sotto stretta sorveglianza di una scorta di agenti e di una fornita equipe di psicologi che l'avrebbero aiutata a prendere coscienza della sua malattia e delle manovre che aveva attuato per distruggere le nostre vite.

Disturbo di personalità multipla.

Così il Dottor King aveva chiamato il male che affliggeva Rosalie da quasi sei anni, ormai, prima in forma più lieve, e via via sempre più evidente e accentuata, alternandola ad improvvisi slanci di consapevolezza e lucidità che la distruggevano nel profondo.

In quei tre mesi i miei progressi nel tentare di ristabilire le priorità della mia vita non erano sempre andati a buon fine, ma ciò che più contava era il fatto che, finalmente, la spessa barriera in cui mi ero rinchiusa lontana da Edward si era infranta, perchè soppiantata dalla presa di coscienza che, almeno in parte, ero stata io stessa la causa del lento sgretolamento del nostro matrimonio.

Mi ero sempre rifiutata di ascoltarlo, di parlare con lui, di confidargli i miei timori, le mie incertezze, le insicurezze che mi attanagliavano dal profondo, ma adesso era venuto il momento di dire basta: dovevo, volevo ricominciare, costruirmi un futuro lontano da tutto questo dolore, per poter guardare al domani con la spensieratezza di una madre e di una moglie felice e soddisfatta della propria vita.

Sospirai, avvicinandomi lentamente alla poltrona in cui giaceva Rosalie e accomodandomi al suo fianco.

Mi voltai verso di lei, scostandole una ciocca di capelli dalla fronte e rivolgendole un sorriso pallido e tirato; nulla mi impediva di nutrire una viscerale compassione nei confronti di quella donna così bella e sfortunata, ma l'odio che avevo covato in quei mesi lontani era difficile da cancellare, così come tutto il dolore che Rosalie mi aveva così ingiustamente procurato.

-Come stai oggi?- sussurrai, la voce ridotta ad un sussurro flebile e spaurito, e Rosalie sorrise, stringendo una mia mano fra il tiepido calore delle sue.

-Questa notte ho rivisto mia madre- i suoi occhi brillarono, luminosi e splendenti -Era così bella...e dice che è molto fiera di me-

-Anche io lo sarei- sospirai, gli occhi ricolmi di lacrime per quella giovane vita che era andata persa, e di cui Rosalie non era ancora riuscita ad accettare la prematura morte -Stai facendo grandi progressi-

-Oh sì!- mi interruppe, entusiasta -Il lavoro procede alla grande...- il suo sguardo si offuscò -Però Edward è sempre più distante- la fronte aggrottata in una smorfia impenetrabile.

La sua stretta sulle mie mani si accentuò -Ieri mi ha presentato la sua nuova segretaria. Una certa Isabella...non ricordo bene il suo nome. Sembra una ragazza molto riservata- le sue labbra si piegarono in una smorfia; le mie, di labbra, divennero una sottile linea retta nello sforzo di trattenere un gemito di compassione mista a sadico dolore -La cosa più strana è che sono più di tre mesi che lavora per mio marito, ma Edward non me ne ha mai parlato, e inoltre è sempre così scorbutico quando faccio domande su di lei...-

Feci per parlare, ma lei me lo impedì, esplodendo in una risatina dolce e civettuola.

-Beh, sai cosa ti dico? Questa sera gli preparo una di quelle mie cenette che gli piacciono tanto. Sono certa che il suo è solo stress dovuto al troppo lavoro, poverino. E la vuoi sapere una novità?- le sue labbra si piegarono in una smorfia incuriosita.

Si diede un piccolo schiaffetto sulla nuca, sorridendomi dolcemente.

-Scusa, ho di nuovo dimenticato il tuo nome!-

Le sfiorai i capelli in una carezza delicata - Non è molto importante- sussurrai, ma lei non sembrava neanche aver ascoltato le mie parole, perchè continuò:

-Comunque, stavamo dicendo: io e Edward stiamo meditando di avere un bambino!- il mio volto in quel momento dovette trasformarsi in una cinerea maschera di orrore, perchè lei arrossì, abbassando lo sguardo.

-Beh, veramente sono io che lo desidero tanto...ma sono certa che appena glie ne parlerò lui ne sarà felicissimo-

Sospirai, tentando di trattenere le lacrime.

-E' una notizia bellissima- pigolai, tremante.

La nostra conversazione durò all'incirca mezz'ora. Rosalie mi parlò dei suoi progressi lavorativi, alternando stati di nebulosa incoscienza a momenti di improvvisa consapevolezza che mi destabilizzavano.

In quegli istanti la donna si ammutoliva, e il suo sguardo diveniva vuoto, assente, ma bastavano poche parole da parte mia per farle riacquistare la sua consueta e inconsapevole vivacità.

Verso le quattro un infermiere venne ad annunciarmi che l'orario delle visite era finito, ed io mi apprestai a recuperare la mia borsa, non prima di averle lasciato un dolce bacio sulla guancia.

Era più forte di me: non riuscivo a non provare compassione per quella donna così bella ma al tempo stesso afflitta da un così triste destino, il cui male era stato causato soltanto dalle infinite sofferenze che la vita le aveva così ingiustamente procurato, e che si erano a loro volta ripercosse nelle esistenze di coloro che la circondavano, trascinandoci nell'oscuro limbo del dolore e delle incertezze.

-Tornerai?- sussurrò Rosalie con voce speranzosa, ed io mi immobilizzai, le mani saldamente ancorate al pomello della porta d'uscita, voltando il capo verso di lei e immergendomi in quelle gemme preziose dal fascino oscuro e malinconico.

-Non credo, Rosalie-

-Mi hai causato tanto dolore, Isabella- all'improvviso, il suo sguardo divenne ancora una volta lucido e penetrante, la coscienza dei giorni passati ad offuscare quegli occhi così belli ed espressivi.

La donna fredda e divorata dalla sofferenza che conoscevo era tornata.

-Lo so, Rosalie- pallide lacrime che lambivano dolcemente le mie gote.

Le asciugai con le dita della mano; era ora di smettere di crogiolarsi nei propri tormenti.

Era venuto il momento di tornare a vivere

-E il male che facciamo torna sempre indietro- un sorriso amaro prese lentamente forma sul mio volto. Sospirai -L'ho provato sulla mia stessa pelle cosa significhi pagare per le proprie colpe, ma adesso è venuto il momento di lasciarsi il passato alle spalle. Non ti abbandonerò, ma tu non fai più parte della mia vita. Della nostra vita-

Socchiusi la porta dell'uscio con delicatezza, voltandole le spalle, prima che un suo sussurro smorzato risuonasse prepotentemente nel vortice confuso dei miei pensieri.

-Il passato torna sempre a tormentarti-

Aveva ragione, ancora una volta. Ma adesso non sarei più stata sola ad affrontare i fantasmi della mia vita precendente. Non avrei più costruito intorno a me quel muro solido e infrangibile che mai nessuno era riuscito a valicare.

Avrei affrontato le conseguenze delle mie azioni insieme all'unico uomo che in quegli anni mi era stato accanto, accudendomi e regalandomi quell'amore puro e viscerale che nessun altro era mai stato in grado di nutrire nei miei confronti.

Edward.

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Ludovico Einaudi -Nuvole Bianche

 

 

-Mamma, quanto manca ancora?!- strillò Emy, irritata, stringendo i pugnetti lungo i fianchi e lanciandomi un'occhiata torrida ed esasperata.

Nello stesso istante, un vagito infastidito abbandonò le labbra di Mark, ed io sbirciai distrattamente dallo specchietto retrovisore dell'auto, osservando mia figlia giocherellare con i suoi riccioli scuri e flessuosi.

-Emily, lascia stare tuo fratello- sussurrai, autoritaria, e lei sbuffò, incrociando le braccine al petto e distendendo la bocca in un broncetto delizioso.

Ridacchiai.

-Tieni- continuai, afferrando dal cruscotto una barretta al cioccolato e porgendogliela, un sorriso furbo celato dietro la maschera di madre severa e irreprensibile che ero spesso costretta ad indossare, con lei.

-Ti voglio bene, mami!- urlò di rimando, ed io ridacchiai, scuotendo il capo e concentrandomi ancora una volta sulla guida, mentre le note soavi di un pianoforte a coda riempivano l'abitacolo.

Sospirai.

Una ventina di minuti dopo ci trovavamo lungo uno stretto viale che riconduceva ad una stradina poco più ampia al cui margine capeggiava, al centro di un ampio piazzale sterrato da un cancelletto in ferro battuto, un piccolo edificio tinteggiato di bianco, la luce delle candele che filtrava dolcemente dalle tende rosso scuro che adornavano le ampie vetrate dell' Hotel Lexington, quello stesso albergo in cui, quasi sette anni prima, decisi di divenire la moglie di Edward, e in cui la nostra travagliata storia d'amore ebbe inizio.

Un sorriso malinconico piegò le mie labbra quando scorsi una massa di capelli indomiti e leonini scintillare dolcemente alla luce dei fari che squarciavano l'oscurità della notte, le mani a coprire il suo volto dalla bellezza sbiadita, la schiena appoggiata alla ringhiera della stessa panchina in cui, molti anni prima, accettai l'anello che aveva suggellato le nostre promesse di amore eterno e indissolubile.

Sorrisi; era bellissimo, ed era mio.

Lo sarebbe sempre stato, nonostante tutto.

Ed era venuta l'ora di riprendermelo, di provare a ricucire il nostro rapporto, di rinsaldare i sentimenti che ci legavano e che nessuna insicurezza o incomprensione avrebbe mai potuto realmente cancellare.

-Ecco papà!- pigolò Emy, ed io ridacchiai, districandomi dalle cinture di sicurezza e socchiudendo la portiera dell'auto.

Edward non si era ancora accorto della nostra presenza, ma anche da lontano il suo viso riusciva ad esternare la confusione che in quel momento lo stava divorando.

Ero stata io a chiedergli di incontrarci in quel posto, dopo tre mesi di ostentato silenzio e lontananza, in cui ci eravamo visti soltanto quando lui decideva di trascorrere un po' del suo tempo con i bambini.

Liberai anche Amy dalla costrizione della cintura, aiutandola a scendere dall'auto e dedicandomi a Mark, che si rifugiò subito fra le mie braccia quando lo ebbi estratto dal seggiolino.

-Pa...pà- cincischiò, ed io sorrisi.

-E lì, amore mio. Lo vedi?- indicandogli Edward con un cenno della mano, e lui emise un mugolio eccitato, battendo freneticamente le manine e iniziando a scalciare per liberarsi dalla mia stretta.

-Posso andare, mamma?-mi implorò Emily, ed io annuii, lasciando un delicato bacio sulla sua fronte e rafforzando la presa intorno alla vita di Mark.

Mia figlia rilasciò un urletto strozzato, e fu in quel momento che lo sguardo di Edward lampeggiò nel mio.

I suoi occhi, dapprima vergati da quella consueta ombra malinconica che li caratterizzava da quando lo avevo abbandonato, si riempirono all'improvviso di un calore talmente cocente da destabilizzarmi.

In quelle lucide gemme preziose dal colore indefinito governavano una giungla di emozioni così intense, talmente feroci da farmi salire un impercettibile brivido lungo la spina dorsale.

Quello stesso brivido che mi aveva pervasa ogni volta che lui mi sfiorava, assuefandomi del suo profumo e stordendomi con il suo tocco appassionato, e che in quei mesi mi era mancato quasi quanto la sua stessa presenza nella mia quotidianità.

Una presenza a cui non ero disposta a rinunciare...mai più.

-Papà!- strillò ancora mia figlia, nostra figlia, zampettando allegramente verso di lui; lui, che le stava correndo incontro, felice, nonostante il suo sguardo, così lucido e penetrante, fosse incatenato al mio in una danza in cui l'amore era il sentimento più sconvolgente fra tutti.

Edward la prese in braccio, iniziando a riempire il suo visino di baci e stringendola a se con veemenza, immergendo il volto nei suoi capelli e continuando a cullarla dolcemente, e in quel momento anche Mark iniziò a dibattersi, impaziente di riabbracciare suo padre.

Sorrisi, incamminandomi lentamente verso di loro, fino a che non potei sentire il profumo familiare di Edward invadere ancora una volta le mie narici, e regalarmi quella strana sensazione di pace che soltanto lui era in grado di diffondere nel mio cuore e nella mia razionalità.

-Papà papà!-iniziò ad urlacchiare mio figlio, ed Edward gli rivolse uno sguardo colmo d'amore, facendo scendere Amy dalla sua schiena e afferrando Mark per la vita, per poi soffocarlo di teneri baci.

Io mi limitavo semplicemente a starmene in disparte, gustandomi quegli istanti di quiete che soltanto allora ricordai quanto mi fossero mancati, nutrendomi della gioia che vedevo permeare i lineamenti del mio uomo, quello stesso uomo che in quel momento alzò lo sguardo, incatenando i suoi occhi ai miei e facendomi quasi perdere il senso della realtà, per l'intensità con cui quelle gemme preziose scandagliavano ogni centimetro del mio volto, rilucenti di un adorazione che ancora oggi non mi riuscivo razionalmente a spiegare.

Fece sedere Mark sulla panchina, per poi voltarsi ancora una volta verso di me. La sua espressione era tesa ed insicura ma, quando le mie labbra si piegarono in un sorriso dolce e rassicurante, Edward rilasciò un sospiro quasi sollevato, avvicinandosi a me e posando una sua mano su una mia gota arrossata.

-Bella...- sospirò, e fece per continuare, ma io lo interruppi.

-Non dire niente, Edward. Non ce n'è bisogno. Non più-

La sua fronte si aggrottò in una smorfia impenetrabile; sembrava confuso.

-Io...-

Fu allora che le mie dita si intrecciarono alle sue in una stretta ferrea e indissolubile, come indissolubile era l'amore che ci legava, e che niente e nessuno sarebbe più riuscito a ostacolare.

Un sorriso dolce e emozionato piegò la mia bocca quando sentii la mia pelle ardere al contatto con la sua.

Mi era mancato il suo calore.

Mi era mancato tutto, di lui.

Sospirai, per poi continuare -Non dire nulla, ti prego. Stringimi soltanto la mano, fammi sentire che ci sei-

-Ci sarò sempre, per te- fu la sua istantanea risposta, mentre sentivo gli schiamazzi dei bambini risuonare nel silenzio, il vento autunnale sferzare i miei capelli, i nostri occhi intrecciati in una danza passionale che rendeva inutile qualsiasi altro gesto o parola.

Fu in quel momento che capii che niente e nessuno avrebbe mai potuto uccidere i sentimenti che ci legavano l'una all'altro in una morsa talmente ferrea e irreversibile da risultare quasi dolorosa, ma di quel dolce dolore che il nostro amore avrebbe lenito con la spensieratezza di un presente e di un futuro che ci vedeva finalmente uniti, e felici come mai lo eravamo stati prima di allora.

Presi un respiro profondo:

sarebbe andato tutto bene.

Soltanto questo contava.

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Fine

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-*Rosalie soffre del cosiddetto "disturbo boderline" della personalità che comporta , per l'appunto, frequentissime oscillazioni di umore, perdita del senso di sé e del senso del tempo, serie difficoltà a trattenere ed inglobare la rabbia, manie ossessive e manipolatrici nei confronti delle persone, costante e immotivata paura dell'abbandono,sessualità promiscua o sregolata. Come potete vedere, nel corso della storia tutti questi aspetti della sua personalità sono mano a mano usciti allo scoperto, in maniera più o meno accentuata.

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E così, siamo arrivati alla conclusione di un'altra storia. Non sono molto convinta del finale, ma non volevo farvi aspettare altri tre mesi per il capitolo conclusivo.Dopo la fine di questa fiction, mi prenderò quello che penso sarà un lungo periodo di pausa. Non cancellerò le mie storie, ma non le continuerò a breve, considerando che questo è un momento molto difficile, per me. Però non potevo, non volevo lasciare incompiuta troppo a lungo questa storia. Non ve lo meritate, essendo stati dei lettori sempre così presenti e affezionati. I giorni dell'abbandono, a mio parere, non è stata una storia qualsiasi, almeno per quanto mi riguarda. E' stata una delle fanfiction che ho più amato scrivere ed immaginare, e metterci la parola fine è stato difficile, quasi doloroso. Sono convita che questa fanfiction abbia segnato un importante svolta nel mio percorso di autrice. Quando pubblicai il primo capitolo, ero molto insicura sull'esito che avrebbe riscontrato fra voi lettori, ma i personaggi, le ambientazioni, i loro pensieri e le loro sofferenze, tutto ciò che li riguarda lottava per risalire in superficie e per essere messo su carta o, in questo caso, su Word. Mi mancheranno questi Edward e Bella, e ho paura di non avergli regalato un finale degno di loro -sì, ho impiegato tutto questo tempo per scrivere e postare soprattutto per questo motivo-, ma se sono riuscita a regalarvi anche anche solo un barlume d'emozione, quella stessa emozione che ho provato io nel raccontarvi le loro vite, i loro drammi, la loro felicità, allora potrò ritenermi soddisfatta. E adesso veniamo ai ringraziamenti, che sono doverosi non soltanto per l'appoggio con cui mi avete sostenuta in questi mesi, ma soprattutto perchè è stato grazie a voi se non ho mollato tutto, reprimendo la mia passione per la scrittura. Tornando a noi, un grazie speciale a:

Martina P.; perchè se questa storia è nata è stato soprattutto per merito tuo, perchè sei stata tu la mia principale fonte di ispirazione, perchè della vita mi hai insegnato molte cose, mi hai fatto provare sulla mia pelle cosa significhi soffrire di una sofferenza così sconvolgente da cambiare profondamente anche le persone che ci circondano.

Giulia B.; Forse in questo momento non starai leggendo questa storia. Forse mi starai odiando, o forse no. Forse sto solo sparando un mucchio di stronzate e tu sei davanti allo schermo del pc a sorridere della mia idiozia. Non potrò mai saperlo, finchè non smetterai tu stessa di essere così adorabilmente idiota. E sai che il mio è un complimento. Ma tu, in tutti questi mesi ci sei stata, per me, nel bene e nel male, e mi hai incoraggiata nel perseverare e nel continuare a sognare anche quando, intorno a me, vedevo tutto buio. Ti voglio bene.

Ad Andrea, che non fa che ripetermi che quello che scrivo sono solo un mucchio di stronzate degne del peggior romanzo rosa, ma che segretamente non vede l'ora di leggere i nuovi capitoli delle mie storie, soltanto per vedere se in queste fanfiction ci ho inserito anche un po' di noi. Ho sempre adorato la tua ipocrisia.Voglio tanto bene anche a te.

All' "innominato"; lui/lei sa chi è, e sa anche il perchè l'ho citato/a. Grazie, davvero.

Alla mia vecchia professoressa di Italiano, che se leggesse ciò che scrivo morirebbe di dolore e molto probabilmente si sentirebbe una fallita. Grazie per avermi fatto scorprire quanto sia importante il profumo dei libri, e ciò che essi sono in grado di trasmetterci.

A tutti i miei lettori, per avermi sostenuta, per avermi imprecato contro quando la situazione dei protagonisti precipitava, per aver espresso il vostro parere e per aver semplicemente letto. Un ringraziamento speciale a: Rosalie91, per esserci stata, sempre e comunque, e per aver chiuso un occhio di fronte ai miei strafalcioni. A Nick81 perchè, con il suo adorabile cinismo, -molto simile al mio- sembra quasi che mi legga nel pensiero.A piemme, per essere sempre stata sincera, nonostante tutto. A samy90, per essere una lettrice così assidua e appassionata, per le sue meravigliose recensioni e per la spiccata empatia che ha sempre dimostrato nei confronti di questi personaggi così contraddittori e tormentati.A maria50, lettrice perlopiù silenziosa, ma che con poche parole mi ha scaldato il cuore e mi ha resa fiera di ciò che scrivo.A Lady Sile, perchè i suoi commenti sono così adorabilmente caustici che ogni volta mi strappano un sorriso. A Snow_White, o meglio conosciuta come Meredith89, perchè si sta rivelando giorno dopo giorno una ragazza altruista e con i piedi per terra. E' una qualità che io apprezzo molto nelle persone. Mi ha aiutata tantissimo, in questo periodo della mia vita, nonostante forse non se ne sia ancora resa conto, e di questo non posso che essergliene grata.

Un altro grazie speciale va a Yara89, la mia beta, ma anche una preziosa amica che sopporta sempre i miei scleri e le mie lamentele. Grazie, tesoro, per esserci sempre e comunque. Di persone come te il mondo dovrebbe esserne pieno, ma purtroppo non sempre è così.

E, per finire, un grazie grande grande alle 237 meravigliose persone che mi hanno inserita fra gli autori preferiti.

Perdonatemi se non ho ancora risposto agli scorsi commenti; la verità è che lo studio in questo periodo mi ruba moltissimo tempo (Lunedì ho un esame), ma ci tenevo a ribadire che li leggo sempre tutti, e che li apprezzo oltre ogni dire. Grazie, grazie, grazie.

Bene, è tutto. Adesso è davvero finita. *Si inchina*. Un bacio, Elisa.

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IMPORTANTE:Sul Blog di Laura Manni è stata indetta una nuova iniziativa che vede coinvolte le più o meno note scrittrici del web per aiutare la popolazione locale a superare lo stato di allerta che vige in Giappone in seguito allo tsunami dell'11 marzo. Se volete partecipare e dare il vostro contributo, questo è il link: http://laramanni.wordpress.com/2011/03/18/scrittori-per-il-giappone-e-noi/

 

 

 
 

 
   
 
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