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Autore: sakura_hikaru    19/03/2011    1 recensioni
Ambientata prima della serie, contemporanea alla Notte degli Inganni.
Mu e Aldebaran si incontrano poco prima che il giovane tibetano lasci il Santuario. Accenni shonen-ai. Ideale continuum de "Le lacrime dell'ariete celeste" di PerseoeAndromeda.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aries Mu, Taurus Aldebaran
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Quando giungeva l'autunno al Santuario, avvertivi cambiamenti sin dal primo mattino: quando le nuvole stagnavano pesanti e lente in cielo, colorandosi di un plumbeo grigio sempre più simile al freddo acciaio. Il sole, pallido ed emaciato, pareva intimidito da tanto ardire che ne percepivi il calore solo se accostavi la mano ai tetti dei templi: sulla pelle nuda rimaneva la rigidità delle fredde brezze che da nord soffiavano sempre più forte.
Quegli sprazzi di azzurro, soprattutto dopo un temporale, erano come insozzati da quelle enormi, cineree ed indefinite forme.
Era l'autunno, e non ci potevi far nulla.
Quell'anno, però, l'autunno giunse con più forza e significato per lui: quella piccola rondine, che aveva accompagnato le sue lunghe giornate calde che da Marzo si estendono fin quasi ad Ottobre nei paesi del Sud, se ne era andata.
Un mattino, il ragazzo s'era svegliato, aveva volto lo sguardo a sud e non l'aveva più veduta.
Era solita appollaiarsi con aria pensosa sul tetto e, quando scorgeva i suoi scarmigliati capelli fare capolino dall'entrata, cinguettava un buongiorno così dolce e vivace che lui non riusciva a trattenere un sorriso sincero.
Il giorno che la rondine se ne andò, così fece il suo sorriso.


§§§


Il vento sta cambiando ...”.
E' solo l'autunno che sta arrivando ...”.
Gli occhi chiari l'avevano scrutato, una punta di curiosità mista a quel guizzo un po' ironico che, di tanto in tanto, gli adombrava gli iridi.

Credo che l'inverno sarà lungo ... e freddo”.
Nel tuo paese fa molto freddo?” gli aveva chiesto, pensando che il ragazzo provasse nostalgia.
Era rimasto in silenzio per qualche istante, prima di rispondere.

Abbastanza ... ma il cielo è molto diverso da qui”.
Non ti piace qui?” L'aveva detto con tale ansia e trasporto ...
E' solo diverso ... nel mio paese non passa giorno senza che si possa vedere anche un solo sprazzo di azzurro. Persino quando nevica”.
E' un paese magico il tuo?”. Abbozzò un sorriso al quale l'altro, sorprendendolo, rispose.
Un poco lo è ...”.
Poi, l'aveva notata.

Temi il freddo, nonostante tutto?”.
Le sue dita pallide avevano sfiorato la sciarpa candida che gli avvolgeva il collo.

E' solo un ricordo ...”.
Nel suo tono c'era una nota che stonava, come una goccia di malinconia in quel mare liscio e calmo.

Nel mio paese è raro che faccia freddo ...” cambiare argomento gli era sembrato così giusto, in quel momento. “Nessuno di noi ha mai portato una sciarpa ... solo l'anziana Selina, quando pioveva, si avvolgeva cheta in questo enorme scialle nero e si dondolava in silenzio sulla sedia”.
La sua mente lo spinse lontano coi ricordi, oltre un enorme oceano, oltre spiagge bianche, sulle strade polverose che accompagnarono la sua infanzia: il naso puntato in una direzione indefinita, gli occhi socchiusi, il ricordo del profumo di sole e anguria, la terra umida solleticata dal sole ...

E il tuo, è un paese magico?” chiese l'altro con voce tenere, interrompendo così il corso di ricordi troppo lontani.
L'amico ridacchiò, strofinandosi il naso con espressione decisamente imbarazzata.

Diciamo colorato e burrascoso, ma magico non direi”.
Affascinante ...”.
Più che altro, originale”.
Gli occhi chiari, dai riflessi violetti, passarono su di lui curiosi, per poi riverberare di una luce divertita.
Quell'atteggiamento che tradiva imbarazzo su quella figura imponente, eppure timidamente dolce, era qualcosa che fin dal primo momento l'aveva attirato. Ma come si poteva non essere attratti dai teneri raggi del sole?

Aldebaran”.
Sì?”.
Il giovane tibetano si sedette raccolto ai piedi del compagno, le ginocchia strette al corpo, il viso affondato in esse: Mu, il giovane e temibile Mu, pareva la fragile ombra di se stesso.

Questo vento ... non so se passerà...” e, come a comprovare le proprie parole, afferrò le estremità della sciarpa e vi si coprì il volto, a metà.
Aldebaran, fu sorpreso da quell'inconsulta reazione, lo sguardo spalancato, confuso. Piegò il volto da un lato, stringendo gli occhi a fessure, come a voler sondare anima e mente di quel piccolo folletto per natura vivace e bizzarro, ma ora ...

Mu ...” inginocchiarsi di fronte a lui fu così facile ... e ancora, nella sua immensa statura, doveva abbassare lo sguardo per scorgere solo le lunga ciglia nere da sotto la frangia.
Mu ...” ripeté e, solo allora, le iridi violette tornarono a guardarlo. “Cosa succede?”.
Per tutta risposta, una folata improvvisa di vento - un misto di brezza tiepida e sferzate umide e penetranti - li investì in pieno: ciuffi biondi sfuggiti al nastro attorniarono il viso del tibetano che, scosso dalla sorpresa, sobbalzò. Allo stesso momento, un'altra raffica li colpì da sotto a sopra, strappando dal suo posto la sciarpa che, con un veloce colpo di coda, si innalzò sopra le loro teste, sospesa per un attimo nell'etere.
Poi, così come si era innalzata, leggera e inconsistente, scese languida ma decisa sul capo dell'altro ragazzo. Quando si posò su di lui, scivolando appena lungo il naso, Aldebaran si sentì sommerso improvvisamente da una pioggerella di profumi, sandalo e arancia che giocavano a solleticare vivacemente i suoi istinti.
Gli occhi dell'ariete si richiusero, per poi riaprirsi sorridenti e la sua mano pallida lisciò la sciarpa sul capo del compagno, con fare tenero e protettivo.

Forse vuole rimanere con te ... che ne dici?”.
Gli occhi nocciola, stregati da quel gesto intimo e delicato assieme, si socchiusero in contemplazione del viso pallido, ma dal cipiglio deciso e volitivo. Premuroso e forte, delicato ed incrollabile, misterioso eppure luminoso come una calda giornata di primavera. Mu, il piccolo Mu, era la sintesi perfetta di un'imperfetta ma equilibrata dualità: egli era l'essere che più ti donava sorpresa, confondendoti con la tenerezza dei suoi occhi e l'incrollabilità delle sue parole.
Era una certezza, la sua certezza.

Perché vorrebbe lasciarti?” si ritrovò a rispondere come un bambino in cerca di sicurezza.
Forse perché lei è più coraggiosa di me ...”.
La decisione nei suoi occhi sembrò vacillare ... li richiuse, tremando appena e, quando essi si riaprirono, erano fissi più giù, là dove si trovava il primo tempio.

Aldebaran, la terresti per me?”.
Il ragazzino moro ingollò ogni altra inutile domanda e annuì, sconfitto da timore e tristezza.
Il capo chino, non si accorse delle mani che sollevarono la sciarpa sopra di lui, per poi riabbassarsi e sfiorare le sue gote, più e più volte, delicato come il bacio di un fiore, mentre la annodava attorno al suo collo.
Mu tornò a guardarlo ed inclinò la testa, prima di alzarsi e camminare verso il fondo delle scale.
Aldebaran, chino nella sua timidezza, si voltò solo quando le spalle d'uccellino scomparirono nel buio del tempio. Il calore dei suoi lievi tocchi rimase a lungo, anche quando non vi era più ricordo del suo ultimo sorriso.


§§§


La notte è grande e immensa.
La notte brilla di mille stelle e gela di freddezza e ustiona d'intensità.
La notte fa paura.
La polvere di stelle tra le dita scivola a terra, sfiorando silenziosamente la superficie d'acqua ai suoi piedi. La luna si è già coricata, eppure non vi è traccia del tenue barlume del sole nascente.
La notte è greve di mistero ed è silenziosa come una tomba che risuona a vuoto.
Gli occhi violetti distolgono lo sguardo dal cielo - è una vista insopportabile, quella - e quando osserva il fondo del lago, silenzioso ai suoi piedi, sobbalza alla vista di un grande manto dall'indefinibile colore salire in superficie, sotto di lui.
Pare dotato di vita propria quando, giunto in superficie, si distende come un tappeto reale ai suoi piedi.
Un'incipiente inquietudine comincia a penetrare silenziosa nella carne, pietrificando pian piano ogni angolo del suo essere: lo sente scorrere dalle dita di mani e piedi, su verso il suo cuore ... l'angolo ora più debole e intaccabile, rifugio di tanta tristezza e solitudine, eppure in balia di essi.
Ed è così che, silenziosamente, non combatte quella battaglia che crede persa in partenza ... ed è così che quel nobile manto, quello stesso innocente elemento, ora si innalza tutto attorno, come un enorme sacco nero: rende la vista del cielo stellato solo una piccola fetta d'orizzonte che, di fronte ai suoi occhi sbigottiti, si fa sempre più sottile.
Solo l'istinto, quello di sopravvivenza, lo scuote come una scossa elettrica e la sua mano sinistra si leva verso quell'ultimo spiraglio di cielo: le pareti oscure si bloccano, i movimenti gelati in pose innaturali, come di nude rocce in agonia.
Uno sbattere d'ali, maestoso e severo, fende l'aria e avverte il giovane ariete dell'imminente arrivo della sua salvezza: la sua mano, ora libera nei movimenti, si innalza ancora più desiderosa d'incontrare quell'insolita presenza, ed è allora ...
Solo allora che si accorge del cambiamento: egli è e non è più.
Creatura d'aria e non più di fuoco è diventato, dal lucente piumaggio d'ebano e dal ventre di candido bianco.
Ed innalza un'ala e poi l'altra e il cielo si apre chiaro, ormai l'alba è vicina. Sopra di lui volteggia pacifica e maestosa una civetta bianca che, solcando il cielo in ampie volute, attende il suo arrivo.
Occhi cerulei in quella tempesta di piume lo chiamano a sé e, sfruttando le correnti ascensionali, fende il vento e s'innalza libero, lui come una rondine.
E, come una rondine d'autunno, egli lo sente: è il richiamo irresistibile, dolce e struggente come un richiamo d'amore.
È lei. Lei che chiama. Lei che è la sua salvezza, la sua guida, il suo istinto, la sua primavera. È con lei che deve fuggire, lasciando alle spalle il freddo autunno, preludio di un inverno di cui non si vede fine.
Un ultimo sguardo è tutto ciò che può permettersi: lungo e doloroso sarà l'inverno, tanto vile sarà l'autunno. Scuoterà le fronde più alte, getterà a terra le foglie dorate e non avrà pietà per chi non avrà forze o riparo. Egli scuoterà ogni cosa e lascerà ben poco di buono in questo mondo.
Eppure egli tornerà, come ogni rondine torna al suo nido, alla sua primavera.


§§§


E' l'alba ormai e l'aria gelida soffia schiantandosi sul marmo dei templi, unico ostacolo inamovibile alla sua furia. Il bambino incappucciato volge lo sguardo verso nord: è un attimo e un'aura dorata brilla, solo per lui.
È un saluto, l'ultimo.
Il viso dalle morbide forme si alza con cipiglio, negli occhi vi è una nuova e incrollabile decisione, ma la bocca non riesce a non trattenere una parola, l'ultima.

Addio ...”.
E lo sguardo è di nuovo volto ad Est, sua prossima dimora, ove, d'ora in avanti, sola regnerà la Speranza.

  
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