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Autore: Martilla92    20/03/2011    3 recensioni
Romolo a un bivio. La sua scelta fra l'amato gemello e la città che dovrà fondare.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Il sogno


Remo, sei uccelli. Romolo, dodici. Sei tu il nostro re, Romolo.”
Le parole del sacerdote risuonavano ancora nella mente del ragazzo, impedendogli il sonno. Ma era lo sguardo che gli aveva rivolto Remo a turbare ancora di più il suo animo. Nei suoi occhi aveva letto incredulità, delusione, e, soprattutto, odio.
Romolo si mise a sedere, le mani stringevano il capo. Per la prima volta, si rifiutava di credere agli avvenimenti accaduti nei giorni appena trascorsi.
Da semplici pastori, lui e Remo erano diventati figli di un dio e legittimi eredi al trono di Alba Longa.
Eppure in quel momento avrebbe voluto ritornare alla sua infanzia, a quando lui e suo fratello non conoscevano rivalità, cullati dal caldo affetto che Faustolo e Larentia non avevano mai fatto mancare loro.
Istintivamente maledisse Marte. Poco gli importava che fosse il suo vero padre. Era dal momento in cui lui e Remo avevano scoperto la verità che il suo gemello era cambiato.
L'essere figlio di un dio aveva annebbiato la sua mente, come un fuoco che brucia lento e distrugge tutto ciò che è sulla sua scìa.
Romolo si distese nuovamente sul suo giaciglio. I suoi occhi erano stanchi, elemosinavano un sonno che tardava ad arrivare.
Fissò un punto indefinito del soffitto, finché le sue gemme verdi si chiusero, concedendogli il riposo tanto agognato.

-Romolo-
-Chi..chi parla?- il ragazzo guardò intorno a sé, confuso. Il luogo in cui si trovava riportava alla sua mente dei ricordi confusi. Una grotta.
-Romolo-
La voce che chiamava il suo nome si faceva più insistente e ora poteva anche distinguerne chiaramente il suono. Pacato, ma allo stesso tempo solenne.
Si voltò. L'uomo che aveva davanti era rivestito da un'armatura lucente, riccamente decorata. L'elmo gli copriva il volto, impedendo a Romolo di distinguerne i tratti.
Vedendo lo sconforto negli occhi del giovane, l'uomo decise di liberare il suo viso dal bronzo.
Romolo rimase sorpreso dalla bellezza di quei lineamenti. Così lungi dall'essere di natura umana, ma anche così simili ai suoi.
-Padre-pronunciò questa parola senza neanche accorgersene, come se fosse scontato, ovvio.
-Sì, figlio.- Marte si avvicinò al ragazzo-Perché indietreggi? Il mio aspetto non è forse un bello spettacolo per i tuoi occhi?- chiese, notando che Romolo si era scostato dalla posizione precedente.
-No- rispose laconico, come se le parole gli fossero morte in gola.-Dove siamo? Certamente questo è un sogno- aggiunse, ritrovando padronanza di sé
-Dici il vero, figlio. Ma ho reputato fosse il modo migliore per incontrarti. Questo è il posto in cui la lupa, animale a me sacro, ti allattò insieme a tuo fratello. Ecco il motivo dei tuoi ricordi confusi-Marte si avvicinò di nuovo e, questa volta, Romolo non si mosse.
Il ragazzo lo fissò attentamente negli occhi. Verdi, spietati. Lo sguardo di Marte, il dio della guerra, il distruttore di uomini. Suo padre.
-Perché sei venuto?- gli chiese, pochi istanti dopo
-Il tuo animo è turbato, figlio. Mi hai maledetto poco fa. Credi che sia io il motivo dei tuoi contrasti con Remo-
-E' così. Quasi rimpiango la mia vita da semplice figlio di un pastore. Ma, certo, chi nasce divino, come te, non potrà mai capire cosa si nasconde nel cuore di noi mortali- la voce di Romolo era ferma e a Marte sembrò di ascoltare la propria. Il suo ragazzo gli aveva gettato addosso tutto l'odio che provava senza un minimo di vergogna. Dovette ammettere, se non altro a sé stesso, che era orgoglioso dell'atteggiamento privo di riverenza del figlio.
-Romolo- la sua voce ora era ferma, senza possibilità di replica-Credi che odiandomi potrai cambiare ciò che il Fato ha scelto per te? E' scritto che tu sei destinato a diventare il fondatore di una città immortale. Così come è scritto che lo dovrai fare da solo, senza Remo- un groppo alla gola gli si formò nel pronunciare il nome dell'altro figlio, ma il suo divino autocontrollo gli permise di non mostrare nessun cedimento agli occhi di Romolo.
-Senza Remo. E' proprio questo che mi turba. Non accetterà mai di essere messo da parte. Cosa dovrei fare? Ucciderlo, pur di salvaguardare il titolo regale che il Fato mi ha assegnato?-
Marte non rispose.
Un'espressione sconvolta si dipinse sul volto di Romolo-No, non può essere così! Non deve! Come posso uccidere mio fratello? Come puoi rimanere impassibile alla morte di tuo figlio?-
-La vita è fatta di scelte, figlio. Spetta a te decidere. Remo o la tua città.- Marte gli appoggiò le mani sulle spalle, in segno paterno.
-Come puoi mettermi di fronte a una simile condizione?- lacrime calde solcavano le guance del ragazzo. Delle cascate impetuose che non conoscevano sosta.
-Romolo... è pur sempre mio figlio...- anche questa volta Marte non diede segno del minimo cedimento-Ho imparato da tempo a controllare il dolore. Fin dal momento in cui possedetti tua madre, sapevo che avrei generato figli mortali. Tuttavia mi rassicurava il fatto che i vostri nomi, soprattutto il tuo, non sarebbero mai periti. E tutto ciò è strettamente legato alla città che tu fonderai. Domani, figlio. E' scritto.-
-Vorrei aver ereditato da te la forza di non cedere al dolore- sussurrò Romolo, gli occhi a terra
-No, figlio. I miei occhi sono asciutti, ma sangue sgorga dal mio cuore. Il dolore è un compagno costante, perfino per noi dei. Credi che Apollo non avesse sofferto per la morte di Orfeo? O Mercurio, per quella di Abdero? Abbiamo solo imparato ad accettare il corso degli eventi che neanche noi possiamo cambiare-
Romolo si asciugò in fretta le ultime lacrime. Il discorso del padre gli aveva colpito il cuore. E in un attimo, gli comparvero nella mente tutte le persone che lo avevano seguito. Gli avevano affidato il loro futuro, e lui aveva promesso di non deluderli. Volevano una città, e lui l'avrebbe fondata. A qualsiasi prezzo.
-Padre, perdonami.- fu tutto quello che riuscì a dirgli, alzando di nuovo gli occhi in direzione di quelli del dio. Una luce solenne ora li illuminava.
Marte ricambiò lo sguardo e si voltò, rimettendosi l'elmo sul viso.
-Padre- lo chiamò ancora Romolo-Ci rivedremo?- assaporò queste parole, ansioso di una risposta
-- rispose il dio-Ma solo fra molto tempo.- Marte avrebbe voluto aggiungere altro. Dirgli che, una volta ritrovati, l'avrebbe reso una divinità e niente li avrebbe più divisi. Ma si fermò, non sarebbe stato saggio rivelare troppi particolari sul futuro.
-Il mio cuore si rallegra per questo, padre- Romolo lo osservò mentre la sua figura stava lentamente svanendo dal suo sogno.

Romolo si svegliò di scatto, trovando una certa difficoltà a riprendere i contatti con la realtà.
Una volta alzato, si rinfrescò e cambiò velocemente tunica. Immediatamente dopo, mandò a chiamare Celere, un suo fedelissimo, che non si fece attendere troppo.
-Come posso aiutarti, Romolo?- gli chiese, stupito dall'atteggiamento del suo superiore, che negli ultimi tempi si era dimostrato molto sfuggente.
Romolo gli si accostò e gli sorrise-E' venuto il momento di accantonare i dubbi e le paure, mio buon amico. Ho promesso alla nostra gente una nuova patria. E oggi, il solco che la proteggerà, sarà tracciato.-


Note: Un mio modesto omaggio a Romolo, il leggendario fondatore di Roma. Per scelta non sarà una storia lunga, infatti il prossimo capitolo sarà l'ultimo anche se non so bene quando aggiornerò.
Spero che piaccia e di meritarmi qualche vostra recensione :)
Marti

  
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