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Autore: PhoenixIntoFlames    20/03/2011    1 recensioni
"Ripetè più volte il suo nome, sperando che lei riprendesse coscienza. Con lenta pesantezza il braccio destro di Elena si abbandonò alla gravità e scivolò pesantemente verso terra, rimanendo sospeso a qualche centimetro dal pavimento e lasciando a Damon la possibilità di vedere quel taglio netto da cui era fuoriuscito troppo sangue. Il vampiro alzò gli occhi al cielo e gli scese una lacrima."
BUONA LETTURA :) ... spero vi piaccia ^^
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Compatti e ovattati nuvoloni grigi ricoprivano Mystic Falls e  il cielo prometteva pioggia da due giorni.
L’umore di Elena bene accoglieva la percezione di un imminente temporale, convinta che ad esso si sarebbe accompagnato qualcos’altro. Qualcosa di inaspettato.
Era agitata quella sera. No, era frenetica. Numerose volte si era spostata dal divano del soggiorno alla finestra e viceversa, in un continuo via via interrotto da pochi sguardi al display del telefono. Suo fratello la fissava stupito e spazientito, ma senza far domande. Cercava di tenerle la mente occupata e di farla ragionare sul perché del gesto della sua amica Bonnie.
“E’ tutta colpa di Damon! E’ sempre colpa sua!” pensò Elena e, stringendo rabbiosamente un pugno, si colpì con foga al ginocchio. Poi, nuovamente si alzò e si diresse verso la finestra. Aveva voglia di andare fuori, di andare a liberare Stefan dalla cripta ma Damon aveva chiesto a Bonnie di proteggerla. In qualsiasi maniera. Come farlo se non impedendole di mettere piede fuori a causa di un incantesimo che la costringeva a rimanere tra quelle quattro mura? A volte Elena si chiedeva perché quella voltafaccia di una strega non avesse continuato a odiare i vampiri, soprattutto lui, così come aveva sempre predicato.
Stefan cercava di costringersi in un angolo, ignorando l’opprimente presenza della vampira centenaria in quell’umido e muffoso inferno. Più di un secolo prima era riuscito a tenersi fuori della cripta, ma stavolta la situazione era peggiore di quanto potesse aspettarsi. Un’eternità di sofferenza e solitudine gli avrebbero fatto espiare i suoi sensi di colpa probabilmente. Ma stare lì con una vampira affamata di…te, era davvero troppo anche per lui. Doveva fare qualcosa per uscire, prima che Katherine cominciasse a torturarlo con i suoi scherzetti mentali. Prima che Katherine potesse offrirsi nuovamente a lui. Prima che lui potesse alla fine cedere a lei.
Chiuse, allora, gli occhi e cercò di trovare quel silenzio e quella particolare concentrazione che lo avrebbero tenuto lontano dai tentativi di soggiogazione della sua predatrice. Sentiva addosso lo sguardo insistente e malizioso della vampira, ma stavolta Stefan non le offriva più riverenza e un corpo caldo con cui lei potesse divertirsi così come era successo tempo addietro. E questo malauguratamente rendeva a Katherine il gioco più interessante e la posta in gioco più meritevole.
Al vecchio pensionato, Damon cercava di rifornirsi quanto più poteva di sangue per racimolare energie. Aveva svuotato diverse sacche ma immaginava che non gli sarebbero bastate per uccidere Elijah. Oh..sì. Lui avrebbe liberato Stefan, costretto Bonnie a sigillare la cripta per l’eternità, ovviamente lasciandovi marcire Katherine, e poi, avrebbe concluso in bellezza, ammazzando Elijah. O quantomeno ci avrebbe provato. Ancora. Le “buone” intenzioni c’erano, ma Damon sapeva bene che non bastavano a mettere in atto il piano. Serviva attenzione, preparazione. E servivano delle armi. Quelle di Alaric, ovviamente.  – Hey Ric, passo da te.- chiuse la telefonata, si infilò il giubbotto e mise in moto la sua auto sportiva. Il rombo del motore fu accompagnato da un tuono in lontananza, poi l’auto nera divenne rapidamente un puntino invisibile e fu inghiottita dall’oscurità di quella notte.
- Vado io! – Jeremy lasciò il possesso del telecomando a sua sorella, per andare ad aprire la porta. Ne ricevette una forte folata di vento che gli scompigliò i capelli, ma fuori non c’era nessuno ad attendere. Richiuse e passò alla finestra per dare un’ultima occhiata. Nemmeno da lì si poteva vedere anima viva fuori della casa. Ancora una volta, però, percepì una sensazione di freddo che sfiorargli le spalle per un secondo. La porta era chiusa e lo era anche la finestra. Si voltò verso Elena e gli parve di vedere un’ombra nera girarle attorno. I capelli di sua sorella danzavano a quel passaggio e si appoggiavano a spifferi impercettibili di ignota provenienza.
Elena, ancora seduta sul divano, fremette, scossa da un brivido. Si girò di scatto verso Jeremy, riconoscendogli un’aria terrorizzata e impotente. Capì il perché. Decine di fitte la trafissero nello stesso momento. Aveva tagli ovunque, di diverse profondità e misure. La fiamma nera che la lambiva le stava lasciando evidenti segni sul corpo e non si rassegnava a indietreggiare. I jeans strappati lasciavano intravedere i marchi di quella follia e goccioline di sangue cominciarono a scorrere sul pavimento. Il maglioncino rosa che aveva addosso aveva assunto una dolorosa tonalità ruggine e i tagli su polsi, braccia, viso e cosce sembravano tante piccole bocche che urlavano pietà.
D’istinto Elena si portò una mano al viso per proteggersi e con il braccio libero assestò qualche colpo cieco alla minaccia nera, inconsistente aria, che stava cercando di ucciderla.
Jeremy assistette passivamente alla scena per pochi momenti. Forte dell’indifferenza di quell’ombra nei suoi confronti, fece una telefonata, sperando che arrivassero presto in aiuto della sorella. Poi, con un gesto disperato, si gettò su Elena per proteggerla, offrendo la schiena a quello strano essere. Nulla sarebbe stato più inutile. Immediatamente Jeremy venne respinto via e sbattuto contro la finestra, che si ruppe in mille pezzi, ferendo il ragazzo e lasciandolo tramortito per qualche minuto.
- Jeremy, no!! – Aveva urlato Elena con quanta più disperazione poteva e lo vide cadere, poi una fitta più profonda. Si guardò il polso destro, l’ultimo taglio le aveva reciso la vena. Poi, sempre più debole, si accasciò sul divano.
In meno di venti secondi, era arrivato a casa Gilbert. Le auto, a volte, erano così.. lente per lui. Aveva preferito fare affidamento sui suoi piedi, la situazione richiedeva il massimo tempismo. Storcere la maniglia della porta per entrare subito, fu altrettanto facile. E poi, quel giorno, era particolarmente forte vista la sua ricca colazione. Lo scenario che lo attendeva era uno di quelli a cui mai avrebbe voluto assistere. Centinaia di tagli mutilavano l’aggraziato corpo di Elena, che giaceva priva di sensi tra i gonfi cuscini di un divano non più color crema. E poi quella strana forma nera che ondeggiava su di lei. Cosa poteva mai essere?  Damon non potè resistere oltre a quella vista, e fece quanto di più strano ci si potesse aspettare. Anche lui prese a vorticare attorno ad Elena e, quindi, attorno a quella forma. Più girava e più si avvicinava alla minaccia. E più si avvicinava più l’ombra si diradava, per poi sparire definitivamente e rifuggire dalla porta da cui poco prima era entrata. La ..cosa…aveva avuto paura di lui. “Buono a sapersi per le prossime volte” riuscì ironicamente a pensare Damon. Poi, abbandonata la sua velocità sovrumana, si inginocchiò vicino al divano. Gettò un rapido sguardo a Jeremy che, aveva deciso, non aveva bisogno del suo aiuto e si sarebbe ripreso nel giro di poco. Poi tornò ad occuparsi di Elena. Ripetè più volte il suo nome, sperando che lei riprendesse coscienza. Con lenta pesantezza il braccio destro di Elena si abbandonò alla gravità e scivolò pesantemente verso terra, rimanendo sospeso a qualche centimetro dal pavimento e lasciando a Damon la possibilità di vedere quel taglio netto da cui era fuoriuscito troppo sangue. Il vampiro alzò gli occhi al cielo e gli scese una lacrima. Un solo secondo dopo il suo sguardo era nuovamente acceso della determinazione che lo aveva sempre contraddistinto. Si morse in profondità e lasciò che il suo sangue gocciolasse sulle livide labbra della ragazza. Ci vollero molte gocce e molte lacrime per far capire a Damon che per Elena non era troppo tardi. 
Il volto di lei cominciò a riacquistar colore, ancora troppo spento però. Un sussurrato gemito, come quando non ci si vuole svegliare di mattina, e poi si leccò le labbra, facendo la conoscenza di un nuovo e strano sapore. Elena non aveva ancora aperto gli occhi e non era nel pieno delle proprie facoltà. Ora stringeva forte la mano di Damon, che dal primo momento gliel’aveva offerta e poi, prima di voltarsi dall’altra parte per ricadere in un riposo ristoratore, riuscì a dire: - Non voglio.. io..io..devo vederlo per l’ultima volta..devo dirgli tutto. –
Il risveglio di Elena fu intriso di una nuova consapevolezza. Si sentiva diversa, strana. Damon le spiegò che assumere il sangue di un vampiro poteva comportare effetti del genere, ma il tutto sarebbe passato nel giro di poco. La cosa più strana con cui Elena doveva far i conti era che qualcosa le ronzava per la testa, un pensiero insistente, un bisogno impellente che cercava di venire a galla ma non riusciva a capire quale. Aveva solo voglia di mettere a tacere tutto intorno a lei e dare ascolto a quella voce che le rimbombava in testa. 
Fuori aveva iniziato a piovere a dirotto. Dalla finestra rotta entrò il tipico odore di terra bagnata. Quella pioggia avrebbe portato via l’aspro odore del sangue che impregnava quella stanza. Jeremy era andato in cucina a prendersi una borsa con del ghiaccio, tranquillo come era solito essere. Aveva visto sua sorella sana e salva, e senza chiedere, aveva intuito che Damon aveva dovuto darle il suo sangue per rimarginarle le ferite, dal momento che lei era totalmente intatta. Se non fosse stato per i numerosi tagli sui vestiti e le chiazze di sangue sparse qua e là, non avrebbe mai detto che sua sorella era stata sul punto di far visita ai loro genitori.
Approfittando di quella piccola parentesi di intimità, Elena ringraziò Damon di averla salvata da quella strana creatura, chiedendogli spiegazioni su cosa lui pensava che fosse.
- Non devi ringraziare me.. ma tuo fratello. E’ stato lui a chiamarmi. – rispose il vampiro.
- Non lo avrebbe fatto se non avesse saputo che tu saresti corso immediatamente. Ti ringrazio per..questa veste di angelo custode che hai nei nostri confronti. Certo, fa strano associare un’immagine del genere a te ma.. grazie. – cercò di scherzare Elena. Ottenne un sorriso di rimando.
- Ne parleremo con Alaric. Magari lui ne sa di più grazie alle ricerche di Isobel. – continuò lei.
- Gliene parlerò io. Tu pensa a rimanere al sicuro. Oggi te la sei vista davvero brutta. –
- Oh, no. Non mi escluderai ancora una volta. Questa è la mia vita, Damon. E che ti piaccia o meno, io devo sapere cosa può rappresentare una minaccia per me e perché mi accadono cose del genere. – sbottò lei.
Damon la scrutò per qualche secondo con aria seria. Poi, fece per andarsene e si girò verso di lei per dirle:
-         Ti porterò da Stefan. So che devi dirgli qualcosa. –
Elena non capì a cosa il giovane facesse riferimento, ma decise di assecondarlo e seguirlo.
L’abitacolo dell’auto di Damon sembrava troppo piccolo, li costringeva a una vicinanza troppo carica di elettricità. Perlomeno questo era quanto riteneva lui. “Probabilmente lei, invece, non ci aveva fatto nemmeno caso, intenta com’è a contare i minuti che la separano dal suo Stefan. Patetici. Anzi, io sono patetico.” Concluse Damon.
Katherine non ebbe la sfrontatezza di farsi vedere e Stefan potè accarezzare le dita e il volto di Elena, che si manteneva fuori della cripta a debita distanza dalla minaccia rappresentata dalla vampira apparentemente innocua. Non era il momento adatto per raccontargli cosa era successo nel pomeriggio, decise Elena salutandolo con la promessa che sarebbe tornata con una soluzione che lo avrebbe portato fuori di lì.
Damon era rimasto fuori ad aspettarla. Un fidato cocchiere in attesa della sua dama. Il viaggio del ritorno, come quello dell’andata, fu silenzioso. A fare da sottofondo la pioggia che si era preannunciata giorni prima. Poi, Damon frenò bruscamente e scese dall’auto. Si diresse verso il centro del prato che costeggiava la strada. Elena restò attonita a guardarlo allargare le braccia e  lasciare uscire un urlo prolungato verso il cielo. Poi, Damon tornò in posizione naturale, le braccia lungo i fianchi e la testa rivolta verso le punte dei piedi, bagnato fradicio dalla pioggia che non smetteva di cadere.
Anche lei scese dall’auto e lo raggiunse.
- Damon!? Ti senti.. bene? –
Silenzio. Lei provò a scuoterlo. Ancora silenzio. Incurante della presenza di Elena, Damon ritornò sui suoi passi e prese la direzione dell’auto che aveva abbandonato, marciando a ritmo ferrato e lasciandosi indietro Elena, a distanza pronunciata.
- Sei impazzito!? Che ti ha preso?! – gli urlò dietro lei.
Damon si girò: - Porta il tuo culo fortunato in macchina! –
- Se pensi che sia fortunata perché la giornata più bella che mi può capitare è quella in cui nessuno cerca di farmi fuori…. allora.. si, grazie. Lo sono –
Damon la guardò bieco e riprese la sua marcia ancora per qualche metro. Poi una nuova sosta. Lasciò che lei lo raggiungesse, manifestando fremente impazienza.
-         Ti ha dato di volta il cervello? – esordì lei. – Cosa c’è?? –
-         Vuoi sapere cosa c’è? – le urlò contro lui. – C’è che…. Questo! –  la attirò veemente verso sé e la baciò. – Ecco cosa c’è.- riuscì a dirle quando tornarono alla realtà dopo quel rapido volo.
“Ti amo..ed è proprio perché ti amo che non posso essere egoista con te.” La verità nascosta dentro di lei tornò a galla ed Elena seppe dare nome a quel suo strano tormento che l’aveva accompagnata in quelle ore. La voce dentro di lei le stava urlando che Damon era lì e l’amava. Le parve di vivere un flash back ma non era in grado, ancora, di capire se quello che la sua mente le stava proponendo in quel momento fosse un suo desiderio o qualcosa che aveva già vissuto. Quando ebbe chiara avanti a sé l’immagine di una lacrima che bagnava Damon mentre la privava di quel ricordo per non causarle dolore, fu la luce di un nuovo giorno.
Ancora tra le braccia di Damon, Elena in un sottile bisbiglio si lasciò scappare: - Ricordo.. io ricordo. –
Ci volle qualche istante a Damon per capire a cosa alludesse Elena. Aveva immaginato più volte quella situazione, l’eventualità che lei avesse potuto ricordare. Ed ogni volta aveva lasciato che anche le sue fantasie fossero un fallimento dopo l’altro, terminando tutte con l’immagine di Elena che lo guardava delusa o disgustata per essersi spinto troppo oltre il limite che lei e Stefan imponevano. Invece la realtà poteva essere migliore per lui e lo capì dalla stretta possessiva di Elena che stentava a lasciarlo andare. La sentì sollevarsi sulle punte dei piedi per raggiungere finalmente le sue labbra. – C’è che…questo. – disse lei, e lo baciò ancora una volta.      
La pioggia aveva finalmente smesso di cadere e un raggio di sole si affacciava timido dietro le nuvole su Mystic Falls.
 
  
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