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Autore: Falling_Thalia    20/03/2011    3 recensioni
Josephine Lacroix ama il suo lavoro più di qualunque cosa. Dedica le sue giornate ai suoi scrittori e ai loro manoscritti. Giovane talento e punta di diamante della Casa Editrice, le viene affidato un progetto di un autore molto influente. Vorrebbe rifiutare ma le condizioni del lavoro glielo impediscono.
Una volta venuta a contatto con il suo nuovo Scrittore si pente amaramente di aver accettato ma, ormai intrappolata in quella enorme villa dai mille segreti, dovrà seguirlo in ogni passo.
Alec Sougrènt e i sui modi di fare metteranno la vita di Josephine in subbuglio, sopratutto nel momento in cui il suo più grande segreto verrà svelato.
Benvenuti a Villa Sougrènt, la Villa del Vampiro.
Genere: Commedia, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era già passato un mese da quando Alec le aveva cancellato la memoria.
Lei non ricordava assolutamente nulla su chi lui fosse realmente e lui non aveva più commesso errori che le permettessero di capire.
Più o meno ogni giorno, dopo aver finito di lavorare uscivano entrambi: Josephine si incontrava con Adriàn e Alec andava a rinchiudersi nell’hotel di fiducia insieme alla “cena” del giorno.
Tutto filava liscio, la routine si era ora mai instaurata e filava liscia giorno dopo giorno, indisturbata. Una sera arrivò a Villa Sougrént un invito. Si trattava di un ricevimento in onore dell’ultima importante pubblicazione di un noto giornalista parigino. Alec era stato invitato come ospite d’onore in quanto amico stretto dell’uomo e gli era stato richiesto di accompagnarsi ad una presenza femminile.
Ovviamente avrebbe obbligato Josy ad andare con lui.
- Domani mi accompagnerai a un ricevimento. –
Aveva esordito lui nel pieno della correzione di un nuovo capitolo. Lei aveva alzato lo sguardo dai fogli e lo aveva squadrato interamente, diffidente.
- è un ordine o un’offerta che posso declinare? –
- Indovina. –
- Ok. No grazie. Domani è sabato e vado con Adriàn in Costa Azzurra. –
Alec inarcò un sopracciglio.
“Appena un mese e già la Costa Azzurra?”
Ci sapeva fare. Ma quella era una sfida che non avrebbe perso.
- E se ti dicessi che dobbiamo andare a Versailles? –
Gli occhi della donna cominciarono a scintillare. Per qualche secondo parve combattuta e lui ne approfittò per assestare il colpo decisivo.
- Se dici di no ti trascino con la forza. Ho anche già mandato Chloe a prenderti un vestito adeguato. –
L’indecisione che la dominava scomparve in un nano secondo.
- Un vestito? Per me? –
Alec sorrise, vincitore
- Certo, infondo sarai la mia Dama. –
- In questo caso credo non si possa fare altro. Rimanderemo la partenza. –
Disse lei lasciando lo studio con il cellulare già alla mano. Rientrò dopo qualche secondo.
- Ma sia chiaro, questa è un’eccezione! –
- Va bene, va bene. –
 
La sera seguente Josephine si ritrovò a combattere contro il senso d colpa per aver dato buca ad Adriàn e contro i lacci del corsetto del suo vestito. Quando l’aveva indossato si era stupita della facilità con cui le aderiva, le entrava alla perfezione. Il corsetto era della giusta dimensione: ne troppo largo ne troppo stretto, l’orlo arrivava a sfiorare il pavimento. Persino le scarpe le calzavano a pennello.
In quel momento l’unico problema consisteva nell’allacciare i lacci che chiudevano il corsetto.
Sporgendosi leggermene dalla porta del bagno chiese aiuto a Chloe che era rimasta ad aspettare lì fuori.
Con una semplicità inaspettata sistemò il suo abito e Josy si abbandonò a lei lasciandosi truccare e sistemare i capelli come avrebbe fatto una bambina.
Venti minuti, un make-up e un’acconciatura dopo era pronta. Ringraziò la donna per il suo essenziale aiuto e si preparò a scendere di sotto. Fece appena in tempo a discendere i primi gradini che Alec si materializzò ai piedi della scalinata. Rimasero a guardarsi per interminabili e silenziosi minuti.
Lei, nel suo vestito blu come la notte, tempestato di pietre come fossero stelle che brillavano, appariva a suoi occhi come la più bella reincarnazione della notte stessa.
Lui, nel suo completo scuro le sembrava ancora più seducente. Le appariva come una fantastica creatura delle tenebre avvolta dal più denso dei misteri.
Fu Alec per primo ad interrompere quel contatto visivo sospeso nell’aria girandosi e andando verso un punto indefinito dell’ingresso a prendere un altrettanto oggetto indefinito. Josephine scese le scale e si fermò un po’ imbarazzata davanti a lui.
- Sei bellissima. –
Quelle parole inattese la colpirono alla sprovvista facendola arrossire violentemente. Era il primo complimento senza alcuno sfondo sessuale che riceveva in un mese e mezzo di collaborazione e convivenza.
Josy sorrise e si rallegrò ulteriormente constatando che anche il viso dell’atro si era aperto in un sorriso gentile e sincero.
- Grazie. –
Fu la sua risposta sussurrata. Aveva quasi paura di rompere quel momento parlando a voce alta.
Lui le rispose con un ulteriore sorriso e un’alzata di spalle. Poi, posandole lo scialle sulla schiena, la prese sotto braccio e uscirono entrambi dalla villa. Fuori Claude li stava aspettando a bordo della Mercedes. Una volta saliti la macchina partì alla volta di Versailles.
La reggia splendeva di luce propria. Agli occhi di Josephine era come un sogno. Non era la prima volta che la visitava ma ogni visita era carica di emozione. Quel posto era capace di trasmetterle le sensazioni e i ricordi di tutti coloro che vi erano vissuti.
Il ricevimento di quella sera si teneva nel giardino interno, il luogo più maestoso e poetico di tutti. L’uomo che li aveva invitati doveva avere un certo peso per essere riuscito ad utilizzare quel luogo per il suo ricevimento. Quando vi arrivarono Josy riuscì a riconoscere molti volti noti dell’alta società parigina e si limitò a sorridere cortesemente quando un po’ alla volta cominciarono a salutare e a scambiare due parole con Alec.
Lei fu ben felice di congedarsi per un po’ lasciandolo ai suoi conoscenti e cominciò a esplorare quel luogo carico di storia. Ad un certo punto mentre stava esaminando con interesse i disegni di una fontana scorse in lontananza Adriàn e poi Clementine.
“Dio, Dio, Dio! “
Presa alla sprovvista cercò con lo sguardo il suo accompagnatore e lo vide occupato a discutere con quello che le sembrò di riconoscere come il direttore di una delle case di moda più prestigiosa del paese.
Gli si avvicinò rapida, cercando di non attirare l’attenzione. Gli posò una mano sull’avambraccio e si sforzò per parlargli all’orecchio.
- Posso andarmene?! –
Alec rimase interdetto per qualche secondo prima di congedarsi dall’uomo e dare piena attenzione a lei.
- Perché te ne vuoi già andare? –
Josephine si guardò introno circospetta.
- Perché Adriàn è qui! –
Lui fece roteare gli occhi, visibilmente scocciato.
- E che problema c’è? –
- C’è che io gli ho detto che avevo da fare con il mio lavoro! Non che non sarei potuta partire perché dovevo partecipare a un evento mondano! –
Si fermò per riprendere fiato. Aveva esposto quel concetto velocemente e senza pause.
- Prima di tutto calmati. Secondo, se il tuo uomo ha qualcosa da ridire gli faremo notare che IO SONO il tuo lavoro. Terzo abbiamo un contratto secondo il quale sei alle mie “dipendenze”. O te ne sei già scordata? –
Le prese il viso tra le mani e incollò i suoi occhi a quelli di lei. Nel suo sguardo molte più parole andavano a completare il concetto che aveva appena espresso.
Era talmente vicino che poteva sentire il suo respiro sulla pelle.
All’improvviso una serie di immagini le si affollarono nella mente. Il suo corpo in balia di quello dell’uomo, sangue, due canini conficcati alla base del collo.
Velocemente interruppe il contatto e, spaventata fece un passo indietro.
- No…non me lo sono…dimenticata… -
Abbassò lo sguardo e cercò di dare un senso a quello che aveva appena visto nella sua mente. Non ne trovò alcuno. Diede la colpa alla suggestione e lasciò perdere.
Alec invece aveva preso a guardare la folla. Nessuno si era accorto di loro due tranne un uomo che lo stava fissando con insistenza e per lo più in malo modo. Non ci mise troppo a tirare le somme. Si trattava di Adriàn. Alec gli sorrise, sornione. Sapeva che stava rodendo dalla gelosia per quello che aveva appena visto, impotente. Ma, nonostante tutto quello in vantaggio non era lui. Questo perché l’altro poteva fare affidamento sull’amore della donna cosa che lui non avrebbe potuto riavere mai più.
Adriàn fissò il vuoto per qualche secondo prima di cominciare a dirigersi verso di loro a grandi passi.
Alec affiancò Josy sussurrandole due parole:
- Sta arrivando… -
Josephine alzò gli occhi e vide il suo uomo camminare verso di lei con uno sguardo truce dipinto sul volto.
- Cosa ci fai qui?! Non eri impegnata con il lavoro?! –
Il sorriso inespressivo di Alec si allargò, eloquente.
- Adriàn! Bhe…in effetti io…sono qui perché…perché… -
Si guardò intorno in cerca di una possibile scusa o mezza verità da propinare al compagno.
- Josephine è qui su mia personale richiesta. –
Adriàn spostò la sua attenzione dalla donna ad Alec. Senza cambiare la sua espressione, anzi.
- E lei sarebbe?! –
Chiese, visibilmente irato.
- Scusi la scortesia. Mi chiamo Alec Sougrént e bhe SONO il lavoro della sua ragazza. –
L’uomo rimase dubbioso per qualche secondo prima di collegare il suo cognome a ciò che realmente significava.
- Sougrént? Della Sougrént CORP. ? –
- Bhe mio padre. Io sono solo uno scrittore famoso e di bell’aspetto. –
“ Umile come al solito…”
Pensò Josy scuotendo il capo in segno di disapprovazione.
- Comunque sia…Adriàn mi spiace non averti detto come stavano esattamente le cose…ma la mia presenza qui era necessaria, sul serio. –
Alec inarcò un sopracciglio, stupito. Ma nessuno dei due parve accorgersi del suo stupore.
- Non importa. Alla fine non era una bugia, no? –
Lei annuì convinta. Lui la baciò appassionatamente come segno di riappacificazione.
Nel frattempo, sulla fronte di Alec una vena pulsava ritmicamente accentuando la sua espressione leggermente schifata.
- Non fare quella faccia, ti fa sembrare vecchio. –
Clementine, spuntata dal nulla si trovava a fianco a lui e osservava la scena impassibile.
- Grazie… -
- Così è lui il famoso restauratore? –
Proseguì lei ignorando il commento apatico dell’amico.
- Già… -
Alexandre continuava a navigare nell’apatia nonostante la gelosia galoppasse dentro di lui.
Adriàn e Josephine si erano allontanati tenendosi per mano come due solo due sposini novelli avrebbero fatto e quella volta era toccato a lui stare li fermo, impotente.
- Bleah…tutto quello zucchero mi fa venire il diabete… -
- A chi lo dici… -
- Alexandre mi fai pena…se volevi far andare le cose diversamente non avresti dovuto cancellarle la memoria! –
Alec si ridestò in un secondo.
- Sei stata tu a dirmi di farlo! –
- Ma poi ho cambiato idea! –
- Vorresti davvero che quel poveretto finisca nelle sue mani?! –
- Non fare tanto il Buon Samaritano! Di lui non ti importa niente. Tu rivuoi lei. –
- Vuoi davvero che lo dica? –
- Si! –
- E va bene! La rivoglio! Che male c’è?! Infondo lei era mia! –
- Appunto, Era! Per caso hai dimenticato il motivo per cui è scappata?? Tu hai cercato di ucciderla! –
- Dopo che lei…\ -
Alec distolse lo sguardo dagli occhi smeraldo dell’amica senza concludere quella frase.
Entrambi si guardarono introno e capirono di non essere passati del tutto inosservati durante il loro piccolo litigio.
- Scusami. Questa conversazione era senza senso. –
- Niente affatto. Hai ragione tu. Cent’anni fa il nostro non era quello che si può definire un rapporto convenzionale. –
- Tienila al sicuro. Ora mai mi ci sono affezionata. Ok? –
- Certo. –
Un veloce bacio sulla guancia come dopo ogni litigio e la donna scomparve tra la folla degli invitata così come era arrivata.
Di nuovo solo Alec si sentì improvvisamente provato. Aveva fame ma non poteva di certo andarsene nel bel mezzo del ricevimento. Men che meno poteva abbordare una donna e nutrirsene in un bagno della reggia. Decise di resistere. Si sedette su una panchina e cercò di concentrare la sua attenzione su qualcos’altro. Ma, più passava il tempo, più il respiro gli si faceva irregolare e la vista appannata.
Josephine, che in quel momento lo stava cercando con lo sguardo, lo vide sdraiato su una panca e pensando che si fosse addormentato fece per andare a rimproverarlo. A qualche metro da lui si accorse che non era come sembrava. Prontamente estrasse il cellulare dalla pochette e digitò il numero delle emergenze che Claude le aveva fornito.
<< Pronto? Signorina Josephine?? >>
<< Claude, sono io! Alec sta male fai in fretta! >>
<< Arrivo subito! >>
Con fatica gli sollevò il busto per agevolare la respirazione e gli toccò la fronte.
- Scotta! Maledizione, come diavolo hai fatto ad ammalarti? –
Al suono della sua voce Alec socchiuse gli occhi. Constato che si  trattava di lei li richiuse senza dire una parola.
Josy invece rimase pietrificata alla vista di quegli occhi rossi come il sangue.
“ Com’è possibile?! Sono sicura al cento per cento che i suoi occhi sono blu! “
D’improvviso, com’era successo qualche ora prima, la mente le si riempì di immagini raccapriccianti raffiguranti sangue, sesso e morte. Immagini spaventose che le misero addosso un profondo senso d’inquietudine. Aveva l’impulso di mollare lì l’uomo e scappare il più lontano possibile. Fortunatamente tornò presto a ragionare e si sentì sollevata quando vide arrivare Claude. L’uomo a dispetto delle apparenze dimostrò di avere una forza fisica smisurata sollevando senza alcuna fatica Alec e portandolo fuori dalla Reggia in braccio. Velocemente lo fece salire in macchina e formò Josy quando tentò di salire dietro insieme a lui. Le diede invece le chiavi di un’altra auto dicendole che si trovava nel parcheggio adiacente e di tornare in Villa con quella. Non fece obbiezioni e obbedì.
Una volta tornata a casa rimase sveglia fino a che poté tenere gli occhi aperti, poi crollò addormentata sul letto.
Quando si fu svegliata il senso d’agitazione non l’aveva ancora lasciata. Era preoccupata per lo stato di salute dell’uomo ma anche per quelle immagini che la sera precedente le erano apparse più volte.
Uscì dalla stanza e fece un giro per la casa. Non c’era anima viva. Scostò la grande tenda dell’ingresso e constatò che oltre alla sua piccola Peugeot c’era solo l’auto con cui era tornata da Versailles. Un sospiro preoccupato spezzò il silenzio per una frazione di secondo.
Cercando di calmarsi tornò al piano superiore, prese dalla scrivania gli occhiali da vista che usava solo in mancanza delle lenti, tornò di sotto e prese un libro a caso dalla libreria. Nonostante la lettura fosse di rilevante interesse non riusciva a non pensare a che fine avessero fatto tutti.
Qualche ora più tardi, mentre armeggiava con i fornelli della cucina, un rumore assordante la fece spaventare. Chiuse il gas e uscì nel salotto. Davanti a lei, nell’ingresso, vi erano tre uomini imponenti vestiti di blu con gli occhiali scuri.
- Che diavolo?! –
I tre energumeni si voltarono a guardarla.
- Chi è lei? –
Chiese quello di mezzo con tono autorevole.
- Chi siete voi! –
- Risponda alla mia domanda. –
Josephine, intuendo che la sua posizione non era delle migliori decise di rispondere.
- Mi chiamo Josephine Lacroix. Sono l’Editor del Signor Sougrént. –
- Dov’è il Signor Alec? –
- Non ne ho idea. Non è tornato a casa la notte scorsa. –
- Bene. –
Disse toccandosi l’auricolare nell’orecchio e cominciando a parlare.
- Signore. Suo figlio non è in casa. –
Silenzio.
- Bene. Sì, c’è solo la sua Editor. –
Silenzio.
- Non lo so. Non penso. Ah, ok, certamente. –
Tolse la mano dall’auricolare e si rivolse all’uomo alla sua destra.
- Vai a prendere il Direttore. –
- Certamente. –
Il tizio uscì e l’altro riprese a rivolgersi a lei.
- Lei. –
- Si? –
- Il Signor Sougrént desidera parlarle. –
- Ah…con me? –
- Sì. –
- Ok. –
Dopo qualche secondo il boato assordante di poco prima riempì il silenzio. Guardò fuori dalla finestra e vide l’elicottero a meno di un metro dal giardino. Dal veicolo scese un uomo ch aveva al massimo quarantacinque anni. Aveva l’aria distinta e lo sguardo severo. Scortato dall’energumeno in blu entrò nella villa e fece capolino nel salone.
Con un semplice gesto della mano congedò i tre bestioni e si girò verso di lei stringendole calorosamente la mano e cominciando a sorridere.
- Ciao ragazzina! Chi sei? –
Josephine ci rimase malissimo. Com’era possibile che due membri su due della stessa famiglia la scambiassero per un’adolescente?
- Ehm…Signore…io sono l’Editor di suo figlio…e ho venticinque anni… -
- Ah! –
Rimase immobile per due secondi prima di scoppiare in una fragorosa risata.
- Hahaha che stupido! Come ho fatto a non arrivarci? Perdona la mia indiscrezione! Hahaha. –
La sua immagine da uomo serio e professionale era caduta in meno di due minuti.
- Si figuri… -
- Suvvia! Dammi del tu! Mi chiamo Dominic, sono il padre di quello scellerato che ti ha “assunta”. –
Disse senza smettere di sorridere.
- Piacere di conoscerti Dominic, sono Josephine! –
- Ah Josephine! Che nome incantevole! Degno di una donna raffinata ed elegante. –
- Lei è troppo gentile! –
- Si figuri! –
- Ma, dimmi. Come mai questa visita improvvisa? –
Josy ebbe l’impressione che, per una frazione di secondo, l’uomo avesse smesso di sorridere e si fosse rabbuiato.
- Avevo bisogno di parlare con il mio travagliato figlio ma a quanto vedo non è qui. –
- mi spiace. Ieri sera eravamo fuori e si è sentito poco bene. È andato via con Claude e non sono ancora tornati. –
Disse lei lasciando che tutta la sua preoccupazione riaffiorasse.
- Non preoccuparti, saranno presto d ritorno. –
- Lo spero. Questa casa è tropo grande per starci da sola. –
Si fermò un attimo poi asserì.
- Molto bene. È stato un vero piacere conoscerti Josephine. –
- Vale la stessa cosa per me Dominic. –
Sorrise. Alec e suo padre, seppur molto simile nell’aspetto e nel portamento avevano due caratteri completamente diversi.
L’uomo stava per uscire quando si fermò per dire un’ultima cosa.
- Ah, Josephine? –
- Si? –
- Stia attenta. E dì a quel fannullone di mio figlio di chiamarmi appena rientra. –
- Certamente. –
Uscì chiudendosi il grande portone di mogano alle spalle.
Josy rimasta sola andò a chiudersi nello studio a correggere gli ultimi capitoli scritti. Stanca per tutta l’ansia accumulata nel corso della giornata, si addormentò quasi subito. Nonostante la stanchezza si svegliò poche ore dopo, la casa ancora immersa nel silenzio più completo. Si alzò a fatica dal divano, fece un rapido giro per la Villa e poi si chiuse in camera sua.
Riuscì a prendere sonno solo diverso tempo dopo essersi coricata e, quando finalmente vi sprofondò, un visitatore inatteso accorse a disturbarla.
….
All’improvviso la porta e la finestra si spalancarono svegliando la donna di colpo. Josephine aprì gli occhi appena in tempo per vedere due uomini vestiti di bianco piombargli addosso. Con una prontezza che non credeva di avere riuscì a schivare il colpo diretto alla sua faccia che andò a colpire e a distruggere uno dei pali del baldacchino. In quell’istante in cui sentiva la sua vita in pericolo, il suo istinto di sopravvivenza prese il sopravvento.
Afferrò la pesante lampada in ottone dal comodino e con tutte le sue forze la scagliò addosso a uno dei suoi assalitori. Il colpo andò a segno ma con scarsi risultati. Quello non si era fatto assolutamente niente, nemmeno un graffio.
Evitò di rimanere stupita tropo a lungo. Doveva uscire da quella stanza ma si trovava spalle al muro.
Il suo sguardo corse verso le lenzuola e un’idea la fulminò. Velocemente le afferrò e le tirò verso i due. Quella distrazione di stoffa gli diede il tempo necessario per correre al piano inferiore, spalancare il portone d’ingresso e cominciare a correre verso il cancello principale. Corse il più velocemente possibile ma il sentiero sembrava allungarsi a dismisura, senza fine. Stanca e senza fiato si nascose dietro un albero.
- Tana!! –
L’avevano trovata!
Non ebbe nemmeno il tempo di ricominciare a correre. In due la imprigionarono legandola al grosso albero. In pochi secondi la cosparsero di un liquido freddo e puzzolente, accesero un fiammifero e glielo lanciarono addosso. Stava per morire bruciata.
….
Un urlo straziante squarciò il silenzio della casa.
- Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh~~~ -
Quello di Josephine era un urlo di puro terrore che la fece svegliare di soprassalto. Era sudata e aveva il fiato corto.
Dopo pochi secondi la porta della stanza si aprì facendola sussultare.
- Ehi Piccola J! Tutto bene?! –
Era Alec!
Ancora scossa da quel sogno dannatamente realistico scoppiò a piangere come una bambina e raccontò tra i singhiozzi ciò che aveva visto all’uomo che, seduto sul letto la ascoltava accarezzandole premurosamente i capelli.
Quando si fu calmata riuscì a raccontargli anche della visita del padre e li riferì quanto richiesto.
- Grazie mille. Ora riposa, oggi andrò avanti da solo. –
- Mh. –
Annuì obbediente.
Alec uscì dalla stanza, prese in mano il cellulare e digitò un numero e, quando dall’altro capo risposero, parlò senza preamboli.
- Sono arrivati. I cani del consiglio l’hanno trovata. –
______________________________
Waaa~~~~~~
Settimo Capitolo finito. Evvai!
Come sempre il prossimo è già in cantiere. Conto su una buona ispirazione del panorama Romano la settimana prossima v.v
Vabbuo non ho motlo da dire su questo capitolo...voi che dite???
Ringrazie tutti quelli che mi seguono e recensiscono v.v

Ah! Un'ultima cosa:
in questo capitolo come avrete notato sono riportate le descrizioni degli abiti da sera ma se realmente non avete una bella immagine di come sono fatti sono postati sul Blog a quest'indirizzo:
http://thequeenoffantasy.myblog.it/
Ah...vi aspetta anche una bella Preview di non so quale capitolo futuro ma era troppo bella e Piccante (v.v) per lasciarsela sfuggire di mente quiiindi, andetevela a leggere v.v

è davvero tutto.
_Akana_ 
   
 
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