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Autore: Gale_Eidos    21/03/2011    5 recensioni
Cosa c'è di più dolce di un lungo sonno dopo una pesante
giornata di lavoro? Nulla, a meno che...
Ottavo posto al contest "Era un sogno" indetto da Fabi_Fabi e vincitrice del Premio Giuria per le storie originali.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DER PUPPE- BURATTINO

 

Sono stanco, stanchissimo. Non lo so, sarà l'età, sarà la salute, non lo so cos'è ma io non ce la faccio più. Il lavoro è sfiancante e non ce la faccio tenere il passo con i più giovani. Un tempo, quando avevo la loro età, rilassavo il mio corpo e la mia mente distrutti con il divertimento: uscivo con i soliti quattro compari della domenica, il vestito buono e la mia armonica in tasca. Andavamo in giro per il paese in cerca di fiere dove suonare in una piccola orchestrina improvvisata, incontrare belle signorine e, perché no, ogni tanto alzare un po' il gomito. Ma ora l'unico sollievo me lo dà la cena povera ma calda che mi prepara mia moglie e poi il mio duro letto, dove mi lascio abbracciare da Morfeo appena appoggio la testa sul cuscino. Specialmente dopo giornate particolarmente pesanti. Come oggi...

E così mi abbandono al dolce sonno...

 

Mi trovo seduto in uno scaffale di legno invecchiato, circondato da centinaia di corpi minuscoli: sono tutti vestiti di una stoffa leggera leggera e molto colorata, visti da qui sembrano formare tutti insieme l'abito multicolore di una strana maschera che mi esaltava tanto quand'ero bambino, ma di cui ora mi sfugge il nome.

Sbircio verso l'esserino più vicino a me: a prima vista la sua pelle sembra avere un colorito brunito simile al caffè appena tostato, ma in realtà mi accorgo che è lignea, con tanto di nodi e venature. Sul suo volto è dipinto un rosso sorriso infantile, i suoi occhi solo due piccoli puntini neri; non c'è carne e sangue nel suo corpo, i suoi arti semplici bastoncini rigidi. Burattini.

Sono circondato da centinaia di burattini. Io sono diventato un burattino, tutto colore legno e vernice. Com'è potuto accadere? Non mi sono accorto di nulla, possibile che un momento sono un uomo stanco oltre la mezz'età e un momento dopo sono un burattino?!

Intanto intorno a me cresce un brusio che prima non avevo notato, troppo intento preoccuparmi della mia nuova situazione...

 

-Hey vecchio mio! Come te la passi? Sei tu il nuovo arrivato, giusto? Beh benvenuto tra noi! Puoi chiamarmi come ti pare, Pip se vuoi, come fanno tutti... Eh sì, sono il più conosciuto qui dentro: ricordati, se ti serve qualcosa il vecchio Pip è pronto a darti una mano, anche due se può!-

Mi ci vuole qualche secondo per rendermi conto che il pupazzo steso accanto a me, lo stesso che poco fa osservavo confuso, si stava rivolgendo a me con una vocina baldanzosa e cordiale.

-Lieto di conoscerla Pip- risposi cautamente- Ma, cosa ci faccio io qui?-

-Beh, intanto dovresti presentarti, non credi vecchio mio? Comunque... Se non lo sai tu, cosa ci fai qui, come faccio a dirtelo io eh??-

Sarò anche un vecchio esausto e mezzo rimbambito, ma odio ancora essere preso in giro da sciocchi individui del genere, proprio come quand'ero ragazzo... Mi volto stizzito dando le spalle a Pip, che continua a ridacchiare. Stupido sbarbatello... Mi guardo in giro sperando di scorgere qualcuno dall'aspetto più maturo che possa ragguagliarmi su questo strano posto, ma non vedo nessuno che fa al caso mio. Tutti intorno ridono e scherzano e giocano senza alcuna apparente preoccupazione, quando ecco! sento arrivare alle mie orecchie il dolce suono di una fisarmonica, proprio dietro di me. Mi giro; è solo un ragazzo solitario, ma tanto vale: sembra la persona più affidabile tra tutte le presenti. Tentar non nuoce.

 

Le note allegre e malinconiche del valzer mi riportano indietro nel tempo.

“Sous le ciel de Paris”.

 

***

Dalla grigia Senna si alza compatto il bianco velo di nebbia che mi avvolgerà per tutta la giornata.

Sprazzi confusi di ricordi e sensazioni mi invadono la mente. Parigi. Il mio viaggio di nozze.

Solitudine. Un'immensa e impenetrabile solitudine, spessa come nebbia.

Anna mi ha lasciato. Il giorno dopo le nozze. Mi sento solo come il cane randagio che annusa e cerca non si sa cosa sulla riva del fiume.

 

“ Nat, tesoro mio. Non me ne volere troppo, ma... Ecco, tu conosci Andreis, sì certo, è il tuo migliore amico, ma... Insomma Nat... E' da un po' che va avanti, non te l'abbiamo detto perché, insomma, non volevamo farti soffrire, capisci amore mio? Sai quando due persone si amano non possono essere divise. Io e Andreis non possiamo dividerci. Mi dispiace Nat, non è colpa tua... Mi dispiace, fattene una ragione... Addio.”

 

Con biglietto. Se n'è andata con il mio migliore amico. Lasciandomi un biglietto.

Con gli occhi annebbiati straccio quel maledetto pezzo di carta. Butto tutto via, tranne un pezzo, un piccolo pezzettino solitario.

 

Non mi sono mai sentito così solo.

Non mi sono mai sentito così inutile.

 

La fredda Senna scorre lenta ai miei piedi. Il cielo di Parigi è grigio. Il cielo di Parigi è bianco di nebbia.

Tutto è appannato. Tutto è solitudine.

***

 

 

-Hey. Hey, ci sei?-

 

-Hey. Hey, ci sei?-

 

-Hey. Hey, ci sei?-

-Scusa. Hai detto qualcosa?-

-Sì ok... Lasciamo stare. Devi essere quello nuovo, giusto?-

-Immagino di sì... Sai dove sono finito? Non capisco più niente...-

-E' normale all'inizio. Siamo nell'archivio del Burattinaio, o Magister, come lo chiamano in tanti... Comunque qui siamo tutti al suo servizio: scendiamo sul palco e ci fa fare quello che vuole. Tu sei prossimo, credo. Lo spettacolo di oggi dovrebbe essere una danza... Non sono sicuro.-

-Ma come?! Il palco?! Io non recito! Io...-

 

Il rumore secco di una porta che si chiude interrompe le mia parole. Passi pesanti vengono nella nostra direzione. All'improvviso cala il silenzio più totale.

Il mio stomaco è una tempesta di farfalle.

 

-Il Burattinaio è arrivato prima del solito. Buona fortuna.-

 

Quei piedi appartenenti ad un essere dalla mole gigantesca facevano tremare il pavimento come una foglia.

Un uomo enorme, per metà coperto da una fitta ed ispida barba nera, mi prende delicatamente in mano.

Voglio urlare, ma la mia bocca non risponde, chiusa in una muta morsa di legno.

Sempre con una delicatezza assurda il gigante attacca sotto la mia pelle dei lunghi fili trasparenti, collegati a loro volta a due bastoncini. Tramite questi inizia a muovere tutte le mie articolazioni, facendomi ballare come un forsennato.

Mi porta in un'altra stanza.

 

Tende rosse. Una scatola nera, grandissima. Una finestrella. Un palchetto.

 

Una brutta musica comincia ad inondare la scena. Note stonate e forti, come lampi in una tempesta.

E inizio a ballare.

 

Prima con una bella bambolina vestita di rosso.

Poi vestita di blu. Poi verde. Poi giallo.

Via via che le mia giravolte diventano più turbinose il Burattinaio cambia le mie compagne in volo.

Viola azzurro verde giallo arancione rosso.

Nero. Lega ai miei fili una bambola vestita interamente di nero.

 

Comincia a farci girare vorticosamente in tondo.

Pubblico, teatro, donna in nero; teatro, pubblico, donna in nero.

La mia testa gira, gira, ma non posso muovermi: i fili li tiene il Magister.

Penso di scoppiare e comincia ad urlare, urlare, ma la mia voce è troppo sottile.

 

Come il vento in una tempesta.

Come una nave in mare aperto nel pieno della tempesta.

Come il bambù si piega e balla nella tempesta.

 

E anch'io mi abbandono a lui e svuotato da ogni preoccupazione riesco ad andare oltre le note su cui ballo.

 

Risate, risate
Tutto ciò che sento e vedo sono solo risate
Risate, risate
Ridendo ai miei pianti
- Narcotizzami-

L'inferno vale tutto questo, habitat naturale
Solo una rima senza una ragione
Labirinto senza fine, che va avanti da giorni contati
Adesso la tua vita è fuori stagione1

 

 

All'improvviso poi la luce. Bianca brillante accecante.

Mi alzo di scatto: è l'alba e mi trovo tra le lenzuola del mio letto a fianco a mia moglie, che dorme pacifica...

-A quanto pare è stato solo un sogno, solo un brutto sogno. Fin troppo reale.-

 

Mi preparo per andare al lavoro, ma qualcosa di concreto è rimasto dal mio incubo: dalle mia braccia pendono lunghi fili trasparenti. Fili da burattino.

 

Sospiro…

- A quanto pare il modo migliore per realizzare un sogno è svegliarsi.-

 

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1: da "Master of Puppets" dei Metallica, canzone che ha ispirato la prima stesura di questa storia  ancora quache anno fa.

Nel testo sono evidenziati i prompts dati dal concorso; la citazione finale, anch'essa parte del concorso,  è di Paul Valèry.

Detto questo, ringrazio la giudicia Fabi_Fabi per la valutazione e per aver dato l'opportunità a questa storia di vedere la sua stesura finale. E ringrazio tutti voi che vorrete lasciare un piccolo commentino!
                                                                                                                                           
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