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Autore: Psplik    21/03/2011    2 recensioni
Cadere era una mio talento.
Cadere da ferma una mia specialità.
Cadere in basso una mia prerogativa.
“Non c'è limite al peggio” era il mio motto.
Mai avrei pensato che, in una sola mattinata, avrei visto infrangere e confermare allo stesso tempo tutte le mie convinzioni da una persona che era decisamente più abile di me in questa specifica attività.
Vaneggiamenti post-nota ;D
Genere: Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cadere era un mio talento.
Cadere da ferma una mia specialità.
Cadere in basso una mia prerogativa.

Non c'è limite al peggio” era il mio motto.

Mai avrei pensato che, in una sola mattinata, avrei visto infrangere e confermare allo stesso tempo tutte le mie convinzioni da una persona che era decisamente più abile di me in questa specifica attività.


La professoressa di artistica era conosciuta anche e soprattutto come “la Pazza”. Quasi ogni lezione faceva la stessa identica domanda, con gli occhi sbarrati e i denti scoperti in un orrendo ghigno pseudo-malvagio:
-Ma ragazzi- cominciava -voi non crederete mica che io sia matta?!-
Ed era tutto un coro di -Noo!- e di -Ma si figuri, prof.!- o cose simili, mentre in realtà la maggior parte degli alunni ancora sani di mente pensava “Non è matta, è da ricovero! C'è differenza!” (anche se a dirla tutta, no, non c'era differenza).
Quella mattina, in particolare, tutti notarono con sommo divertimento che la professoressa era entrata in aula già con un diavolo per capello, come si suol dire, e che dunque nel corso della lezione ne avrebbero viste delle belle. Io, come mio solito, me ne stavo tranquillamente seduta al mio banco a chiacchierare amabilmente con il mio compagno senza badare troppo al fatto che la professoressa fosse entrata in aula. Trovavo il doversi alzare ogni volta che un insegnante entrava estremamente antiquato e stancante e di certo il mio amico la pensava allo stesso modo. Fatto sta che finimmo per venire ripresi sin dall'inizio della lezione con un acuto e infastidito -Ragazzi, la buon'educazione prevede che voi vi alzate quando entra un adulto in classe!- James si scusò e io annuii come a dire “sì sì, quello che ha detto lui”. La Pazza mi fulminò con un'occhiataccia strabica. I riccioluti capelli bordeaux (perché non si potevano definire in altro modo!) andavano da tutte le parti conferendole un aria da scienziata pazza che andava perfettamente d'accordo con la montatura viola, portata storta sul naso. La bocca era piegata in un sorrisetto soddisfatto mentre ci parlava della differenza tra pornografia e arte (senza sapere, ovviamente, com'era arrivata a toccare quell'argomento) e gli occhi, completamente sgranati, saettavano da una parte all'altra della classe senza mai fermarsi. Indossava un vestito indecentemente corto (che persino le ragazze meno attente a questo genere di cose avevano accolto con una smorfia disgustata) di un colore che io e James concordammo essere un viola-nero-grigio vomito. Insomma, qualcosa di mai visto! E se fino a quel punto il suo abbigliamento poteva essere considerato ai limiti della decenza, li superava abbondantemente una volta arrivati alle calze. Erano collant giallo senape con grandi fiori verde acido in rilievo, sopra i quali indossava un paio di scarpe ottocentesche dal tacco vertiginoso. Quella, anche secondo i suoi standard, era una catastrofica caduta di stile. Certo è che se le stranezze, quel giorno, si fossero limitate al suo abbigliamento quantomeno bizzarro nessuno avrebbe avuto da ridire, ma ovviamente non fu così perché, si sa, non c'è limite al peggio. Ci spostammo dalla nostra classe alla famigerata aula di artistica (che consisteva, in realtà, in cinque o sei tavoli grandi sporchi di pittura con degli sgabelli messi attorno e in una scala a chiocciola che conduceva ai forni). La frase di apertura della Pazza ci lasciò tutti quantomeno allibiti -Onorate le menti che il Signore vi ha dato!- di fatto, questa si potrebbe scambiare per un'innocente frase da suora di una scuola privata qualsiasi, ma la nostra era una scuola statale strapiena di gente di diverse religioni (o di nessuna, come me, in alternativa). La cosa non mi disturbò più di tanto, tuttalpiù mi fece spuntare un lieve sorriso divertito che si trasformò presto in un ridacchiare sommesso insieme alla mia migliore amica Louise. Perché a tutte e due venne in mente quella di certo poco religiosa dichiarazione che la Pazza aveva fatto qualche lezione prima
-La guerra serve!- aveva detto e tutti erano ammutoliti guardandola sconvolti prima che James le rispondesse di non dire fesserie (ovviamente in modo più fine ed educato). Del resto la Pazza non faceva che cadere più in basso ad ogni lezione. Ma io lo dico sempre, non c'è limite al peggio. In definitiva, la Pazza era il nostro svago del Lunedì mattina.
Se, però, quel giorno le frasi inappropriate della professoressa si fossero fermate a quell'innocente riferimento alla religione, di certo nessuno avrebbe avuto da ridire ma -l'ho forse già detto?- non c'è limite al peggio. La Pazza amava le verifiche in modo morboso e malato, questo era il motivo per cui ne avevamo una ogni due settimane. Quel giorno fissare una data fu più complicato del solito.
-Mmh sì- cominciò -ragazzi la verifica è per venerdì 18!- disse allegra. Io alzai gli occhi al cielo -Prof. mi scusi, noi il venerdì non abbiamo lezione.- dissi dolcemente, cercando di non sembrare una che parla con una demente. La donna annuì.
-Sì, sì certo, volevo dire, la verifica è venerdì 28!- si sentirono delle risatine soffocate partire dal fondo della classe.
-Prof.- feci, ripartendo all'attacco -noi il venerdì non abbiamo lezione!- la Pazza mi lanciò una delle sue occhiate alla “sono una versione stupida di Hannibal Lecter” e io tacqui perché, nonostante le apparenze, ci tengo abbastanza alla mia vita e soprattutto non voglio che finisca per colpa di una squinternata con manie di grandezza.
-Bene ragazzi, dunque la verifica è Lunedì 30!- questa volta non protestai. Sarebbe stato inutile e distruttivo. Non sarei stata certo io a dirle che, per avere un Lunedì 30, si sarebbe dovuto aspettare il mese prossimo. Segnai la verifica sul giorno “esatto” del mese seguente e così fece anche il resto della classe, tutti piuttosto soddisfatti del risultato della distrazione della professoressa.
Posso affermare che, se alla fine di quel dialogo assurdo e stressante le assurdità della Pazza fossero finite, nessuno avrebbe avuto nulla da ridire, sfiancato dall'inutilità di quelle lezioni. Ma, ovviamente, non c'è limite al peggio.
Dopo un'oretta buona che coloravo il mio (orrendo) disegno, decisi che era giunto il momento di stiracchiarsi per impedire alle braccia di cominciare a formicolare a causa della posizione scomoda (ero schiacciata come una sardina fra James e Louise) mentre tendevo le braccia in avanti, stendendole per bene, urtai il mio diario facendolo cadere con un tonfo sordo per terra. La Pazza mi lanciò uno sguardo adirato.
-Catherine, portami il libretto!- sbraitò. Io sgranai gli occhi
-Ma prof. cos'ho fatto??- chiesi, in preda al panico da nota
-Portami il libretto!- ripeté quella, scandendo bene ogni parola. Feci come mi era stato chiesto. Lei lo aprì nella sezione delle comunicazioni e scrisse con la una calligrafia sbilenca come il suo occhio sinistro:

24/03 (Data sbagliata, peraltro!)

Catherine lancia il diario al compagno seduto davanti.

-Prof. non l'ho lanciato!- protestai, lei alzò un sopracciglio e disse -Desideri davvero finire in presidenza stamattina, Catherine?- io rimasi lì in piedi qualche secondo a fissarla, indignata, poi tornai al mio posto.
E fu allora che desiderai vivamente di essermi sbagliata.
Doveva esserci un limite al peggio.

 

Un giorno trovi un livido bluastro sulla gamba e pensi: durante quale delle mille volte in cui sono caduta me lo sono procurato? E allora decidi di scriverci qualcosa per poi finire a parlare della tua prof. d'artistica. Vaneggiamenti post-nota ;D

 

 

 

  
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