Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |      
Autore: chaska    21/03/2011    2 recensioni
"Riportò entrambe le mani sulle ginocchia e poi si alzò di scatto. Contò le monete necessarie e le abbandonò con un moto di stizza sul tavolino, riuscendo per miracolo a non centrare la tazzina ancora contenente qualche goccia di the verde, e poi abbandonò con passo affrettato quella sala e tutto il suo chiacchiericcio."
Introduzione temporanea.
Genere: Commedia, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Only a little puppy

Rating capitolo: Verdissimamente verde (?)
Personaggi: Arthur Kirkland (Inghilterra) – Francis Bonnefoy (Francia)
Osservazioni personali:  Nel post-it giallo in fondo.

 

 

Only a little puppy

L’inglese si guardò un paio di volte attorno, girando la testa con fare discreto, mentre portava per l’ennesima volta la tazzina alle labbra, dove il the era quasi finito.
Lo posò sul suo piattino, provocando un rumore secco accompagnato dallo sbuffare del biondo.

Portò lo sguardo alla grande finestra davanti ai suo occhi ed osservò le candide nuvole che dolcemente scivolavano nel cielo terso, mentre il sole spadroneggiava su tutto ciò che lo circondava in quella tranquilla mattina di primavera.

Altro rumore secco, altro sorso dalla tazzina. L’inglese alzò il polso sinistro e lo liberò dall’ingombro della manica dell’elegante vestito, mettendo in vista l’orologio d’acciaio.

Riportò entrambe le mani sulle ginocchia e poi si alzò di scatto. Contò le monete necessarie e le abbandonò con un moto di stizza sul tavolino, riuscendo per miracolo a non centrare la tazzina ancora contenente qualche goccia di the verde, e poi abbandonò con passo affrettato quella sala e tutto il suo chiacchiericcio.

-Maledizione..

Mormorava mentre camminava fra le strade di una Londra per bene, con balconi coperti di fiori al loro massimo splendore e gente che sorrideva senza alcun valido motivo.
E lui invece procedeva in controcorrente rispetto a tutta quella massa, con le sopracciglia aggrottate e le labbra deformate in maledizioni appena pronunciate.

Un’ora. Aveva osato farlo aspettare un’ora. Una preziosissima ora del suo tempo.
Certo, perché lui non poteva avere qualche impegno, certo che no.
E neanche a dirlo, l’aveva avvertito che, davvero, lui quel tempo a disposizione non ce l’aveva.

Devo parlarti d’affari, l’aveva pregato, e lui c’era cascato.
Aveva sperato in verità che gli portasse qualche notizia interessante, qualche progetto vociferato nel governo francese. E solo il cielo sapeva di quanto ne avesse bisogno in quei tempi, un’alleanza come ai vecchi tempi, per far notare come l’Inghilterra fosse ancora la grande potenza di un tempo, magari. E di riflesso anche la Francia, ma sono dettagli questi.

O almeno questo era quello che sperava.

Ed invece? Un’ora ad aspettare quel patetico individuo! Un individuo che magari in quel momento era perso in chissà quale flirt.

Sospirò Arthur portandosi una mano sul viso, e l’espressione rassegnata. Una mattina di lavoro perso, e chissà quale occasione anche.

Camminò ancora per parecchi minuti in quell’interminabile via della sua capitale, e la leggera brezza che gli sferzava il viso e gli scompigliava i corti capelli non riuscì certo a placare i suoi bollenti spiriti. Anzi, poche altre volte aveva avuto l’ardente desiderio di avere davanti il volto del francese. Ancor meno erano le volte che l’avrebbe voluto ammirare sanguinante. A causa sua, certo.

Sospirò con tutta la forza di volontà che possedeva, sognare ad occhi aperti una possibile vendetta era inutile, e sapeva che gran parte di essa era dettata dal nervosismo che lo aveva fatto preda in quei difficili giorni.

Devo calmarmi

Cominciò a pensare.

Forse dovrei trovarmi un hobby…magari dovrei riprendere a cucinare.

Eh, ad Arthur piaceva cucinare, peccato che in molti preferivano la tortura piuttosto che assaggiare i suoi piatti. Molti soldati in tempi passati avevano gridato pietà dinanzi ai loro pasti.

Singhiozzò un ingrati a quei pensieri senza senso, dopotutto a lui piacevano le cose che cucinava, e non capiva neanche dove sbagliava!

Aveva appena deciso di archiviare la questione, e magari cercare qualche altro possibile hobby da prendere in considerazione, quando si fermò improvvisamente.

Una lucina apparse a pochi centimetri dal suo volto, tanto che ci mise qualche istante per capire di che si trattasse.
Ed ecco che finalmente era arrivata la soluzione ai suoi guai, per un po’ tutti quei pensieri maligni l’avrebbero abbandonato.

Una fatina sorridente e con le piccole ali che risplendevano dorate al sole lo salutò, e lui non poté risponderle che con un largo sorriso.

Eccola, una delle sue fatine, solo con loro poteva e voleva permettersi di mostrare la parte più nascosta del suo animo, quella che sapeva ridere senza alcun remore.

-Ciao! È da un po’ che non vi fate vedere!-

Esclamò, mentre con l’indice della mano destra la portava verso la sua spalla, e continuava a camminare spensierato verso la sua dimora.

Nonostante non le rivolgesse più di qualche parola, non voleva che si spargesse l’idea fra la sua gente che la loro nazione fosse ammattita, si sentì stranamente leggero con quell’esiguo peso comparabile ad una piuma posato sulla spalla.

Ormai la residenza dell’inglese poteva essere scorta dalle sue figure, quando ad Arthur venne in mente che quella situazione non era affatto normale. Insomma, la fatina che ogni tanto si pronunciava in una delicata risata gli pareva alquanto nervosa.

-Hai qualcosa da dirmi?-

Domandò incerto, facendo attenzione a non attirare lo sguardo di nessuno in particolare, e rivolgendole poi uno sguardo dubbioso.

Subito la piccola creatura magica scosse la testa energicamente, per mostrare un sorriso stentato ed alzarsi in volo, precedendolo di qualche passo e mostrandogli la schiena.

C’era qualcosa che non andava. Decisamente.

Ancora qualche passo e l’inglese aprì il cancello che cigolò appena alla pressione della sua mano.
E così ebbe accesso nella sua villa, nel bel mezzo di Londra. Che ci volete fare, essere l’incarnazione stessa di una nazione ha sempre portato alcuni privilegi, insieme a tanti altri impegni e sofferenze.
Ma almeno nei periodi di tranquillità poteva godersi il meritato riposo senza alcun pensiero, certo.

Aveva cominciato a camminare nel piccolo sentiero che dava dinnanzi al portone d’ingresso, quando la fatina catturò la sua attenzione volandogli a pochi millimetri di distanza dal naso.

Arthur indietreggiò con la testa istintivamente, per poi focalizzare la figura d’ella, e seguirla con lo sguardo nel suo spostamento. La seguì nel suo volo all’interno del giardino, fino a quando non atterrò vicino ad alcune piante dal bell’aspetto verdeggiante.

L’inglese si avvicinò, infischiandosene dei vestiti e di come si stessero sporcando, e si abbassò sulle gambe. Spostò una pianta che pareva essere stata usata come tenda e trovò…qualcosa.

Lo sguardo si posò immediatamente dubbioso sulla fatina, che in quel momento gli stava rivolgendo un sorriso nervoso.

Scusaci Arthur.

E senza dare al biondo l’opportunità di proferire parola, la fata scomparve in uno sbuffo di luce.

Rimase interdetto per qualche istante, mentre vedeva scomparire gli ultimi luccichii della polvere che si era lasciata dietro.

-Maledizione a voi, mai che lasciate una spiegazione decente.-

Disse a se stesso più che a qualcun altro, e si rivolse al regalo che gli avevano gentilmente lasciato.
Era un uovo di grandi dimensioni, grigio e sporco di terriccio.

Mi hanno lasciato un uovo di struzzo?!

Pensò stralunato mentre lo raccoglieva, non riuscendo ad individuare una possibile natura magica o naturale a quel coso.

Ritornò dentro casa, soppesando l’uovo fra le mani e guardandolo con insistenza, quasi gli rispondesse solo con quell’occhiata, e poi lo posò adagio sul tavolo.

Continuò a studiarlo e a cercare la sua natura d’origine in diversi libri, ma non trovò nulla che lo soddisfacesse abbastanza, e continuò nel suo lavoro fino a quando lo stomaco non cominciò a reclamare cibo. Quindi lo sistemò sul divano, sicuro così di averlo sempre sott’occhio, e nel frattempo poteva avere il tavolo libero.

Passò quasi una settimana da allora, e dell’uovo sinceramente Arthur dimenticò ogni cosa. Del francese non aveva avuto più notizie, e quindi lui e il lancio di tutte le maledizioni a lui conosciute verso la sua figura furono i suoi pensieri principali, oltre agli altri problemi che lo pressavano, certo.

Si ricordò dell’uovo e dello strano comportamento della fata solo una mattina in cui finalmente era libero, e per passare il tempo rilassandosi, si era seduto sul divano con un libro in mano.

Solo allora sentì qualcosa di scomodo sotto al cuscino, e con sua grande sorpresa ne uscì il suddetto uovo. Lo guardò maledicendo la sua disattenzione e due cose lo presero maggiormente alla sprovvista.

La prima era la crepa che sovrastava il guscio nella parte superiore.
La seconda era il tremore dell’uovo stesso.

Con suo grande stupore Arthur capì che si stava schiudendo, così lo portò sopra il tavolo, in trepida attesa del nuovo nascituro.
Beh, che cosa dovesse aspettarsi ancora non lo sapeva, ma stava tranquillo. Dopotutto gliel’aveva portato una fata, e le fate non fanno mai del male ed erano anche sue amiche!
Poteva stare tranquillo, chissà magari…

Il ricordo delle parole della stessa lo colpirono all’istante, facendolo immobilizzare.

‘Scusaci Arthur’ aveva detto.

E quando la creatura riuscì a liberarsi dalla sua prigione, l’inglese trovò fondo a tutti i suoi più oscuri pensieri.

-D-devo…sedermi..-

 

Canticchiava tranquillo mentre camminava allegro per il viale di ciottoli e si beava della vista di tutta quella natura.

Dinanzi ad un albero di rose rosse si fermò ammirato dal loro splendore e profumo.

-Oooh, danno un bel tocco di classe.-

Ammise sorridente, e quasi automaticamente sporse la mano destra verso quella più vicina e la raccolse facendo attenzione alle spine.

Appena fatto se la rigirò fra le mani ed andò verso il grande portone in legno. Doveva ammetterlo, Arthur aveva un buon gusto, almeno in questo.
Fece allora scivolare un dito sulla superficie liscia del portone e con le nocche bussò.

Passò qualche minuto prima che la porta si aprisse e il volto di Arthur ne facesse capolino.

-Arthùr! Lo so che il nostro appuntamento è solo fra un’ora, ma ho deciso di farti una sorpresa.-

E gli porse la rosa che aveva appena raccolto.
L’inglese osservò atterrito il francese che aveva dinanzi.

-Non dirmi che l’hai raccolta dal mio giardino.-

-Oh.-

Disse solamente, nascondendosela poi dietro la schiena.

-E poi come sei entrato dal cancello?!-

-Trucchi del mestiere mon chéri.-

Certo, mestiere da ladro pervertito.

-E il nostro incontro, non appuntamento, incontro, era quattro giorni fa, Francis.-

Il francese lo guardò negli occhi. Attualmente il povero Arthur stava rischiando una crisi di nervi, eppure per così poco!

-Oggi non è giovedì?-

-No, damn frog, è domenica. Domenica, hai presente?-

-Oh, ma cosa importa! Importa solo il nostro rendez-vous, no Arthùr?-

-Incontro d’affari, frog. E no, adesso non ho il tempo di sentire le tue ciarle, quindi vattene!-

Il francese sbuffò. Sull’orlo di una crisi di nervi, diceva prima? No, qui rischiava proprio di impazzire.

-Su Arthùr, devi imparare a rilassarti. Su, come diceva quella tua canzoncina tanto carina? Relax!-

E così si fece avanti con la forza, ed entrò così nell’elegante casa dell’inglese.
Certo, aveva un pessimo gusto nel vestirsi e nel cibo, ma in fatto di design era imbattibile.
Si fece così strada nel salotto, guardandosi così attorno.

-Passi troppo tempo a lavorare, Arthùr. Prima o poi diventerai cieco, lo sai?-

E Arthur lo seguiva a qualche passo di distanza, con le mani fra i capelli e la forte tentazione di saltare al collo del francese e strozzarlo.

Aveva già troppe disgrazie. Eppure gli andava bene tutto, ma non lui!

-Per favore Francis, vattene! Non oggi!-

E Francis lo ignorò beatamente, andandosi a sedere sul comodo divanetto di pelle.

-Eh no Arthur. Mi avevi dato la tua parola che mi avresti lasciato parlare quanto volessi.-

Quasi si lasciò andare in un grido isterico, ma uno strano rumore di legno sbattuto lo fece desistere.

-Te l’avevo promesso quattro giorni fa. Quali fra queste parole non riesci a comprendere?-

Francis socchiuse gli occhi mentre lasciava la rosa accanto a se sul divano in pelle e metteva l’altra all’interno della giacca. Arthùr aveva sempre il difetto di impuntarsi su futili dettagli.

-Non cavillarti su questi dettagli. Hai promesso.-

Disse mentre estraeva l’accendino e un pacco di sigarette.
Arthur lo guardò mentre portava una di quelle alla bocca, e preparava l’accendino per l’uso.
Voleva stare a casa sua? Che lo facesse pure, gli avrebbe fatto passare però le pene dell’inferno, per davvero stavolta. E lui d’altronde si sarebbe divertito a guardare la sua reazione.
E inoltre aveva bisogno di dirlo a qualcuno, ma questo l’inglese non l’avrebbe mai ammesso a se stesso.

Sbuffò mentre si passava una mano sul volto, e con pochi e lenti passi si portò accanto a Francis, lasciandosi cadere accanto la rosa.
La prese allora fra le mani e cominciò a rigirarla, guardandola attentamente.

-Francis, devo dirti una cosa che credo t’interesserà.-

Il francese lo guardò per un attimo, la sigaretta stretta fra i denti e l’accendino fra le mani.

-Dì pure.-

Era sorpreso dalle sue parole, d’altro canto era venuto lui per parlargli e invece il loro ruolo si stava invertendo.

-Sai…ti ricordi i miei video? Quelli per natale, no?-

Una volta ne aveva fatto un paio, sotto richiesta di Alfred. Oh beh, più che altro lo stava minacciando con armi… improprie, fatto sta che alla fine li aveva fatti.

-Certo. Come dimenticarli.-

Ridacchiò al pensiero, mentre faceva scattare la fiamma dall’accendino, ma qualche istante dopo si spense. Rimase perplesso per i primi istanti, poi ci riprovò.
Arthur, con le mani congiunte quasi in preghiera che gli coprivano metà del viso, assisteva al battibecco di Francis con il suo accendino, il quale si spegneva dopo pochi istanti ogni qual volta riusciva ad accenderlo.

-Ricordi gli effetti speciali che avevo fatto? Secondo te come ci sono riuscito?-

Francis guardò indispettito l’accendino e lo scosse.

-Usando il computer, Arthùr? Ma che domande fai?-

Arthur chiuse gli occhi, come facevano tutti quanti a non vederli?! Eppure era tutto così chiaro..

-E per Halloween, secondo te come riesco a fare tutti quegli scherzi?-

Quelli li aveva visti dal vivo, sapeva che non c’era nessun tipo di trucco dietro. Sapeva che qualcosa di strano doveva esserci!

-Huh, non ne ho la più pallida idea Arthùr. Ma cosa c’entra tutto questo?-

E l’inglese si rassegnò. Era troppo stanco per riuscire a tirar fuori degli esempi decenti. Meglio la dolce, cruda, diretta verità.

-Ho un drago in casa Francis. Un cucciolo per essere precisi.-

Francis lo guardò stupito. Era quello che cercava di dirgli?

-Non scherzare Arthùr, mi dovevi parlare seriamente, no?-

Disse ridacchiando e pensando che tutti quegli strani libri che l’inglese leggeva dovevano avergli dato alla testa.
Si concentrò sulla sua sigaretta, non si era ancora perso d’animo, quando ad un certo punto scomparve. O meglio, era come se qualcuno gli avesse dato un morso, ingoiandosene metà. Così, nel nulla.

-Adesso mi credi Francis?-

Disse mentre una parte del divano andava a fuoco senza alcun motivo, e senza che i due si alzassero, impegnati nel guardarsi vicendevolmente.

Francis aprì la bocca, come per dire qualcosa, ma l’unico risultato fu il mozzicone di sigaretta che era rimasto integro gli cadde per terra. E non una sola parola riuscì ad abbandonare le sue labbra.

No. Lì c’era qualcosa che non andava. Assolutamente.

 

 

________________________________________________________________________________________________________

Post-it

Oppoffarbacco. Ehm, è una cretinata sappiatelo. Mi è sempre piaciuta l’idea di un Arthur legato all’occulto, un Arthur visto proprio come uno stregone o un negromante o cose del genere. Ho visto in giro che il suo rapporto con la magia veniva trattato solo come una sua fantasia e mi sono detta “Eh no!”, coff, si l’ho proprio detto ad alta voce..
Comunque, questa che dovrei scrivere non è una storia vera e propria, ma una raccolta di storie con in comune l’idea di un Arthur alle prese con un cucciolo di drago e il mondo della magia in generale.
Coff, si è una cretinata, e non so se e quando la continuerò comunque. E questo capitolo non mi è nemmeno uscito bene, a dir la verità, ma ho voluto postarlo lo stesso, vedete un po’ come sono impazzita.
Ah, l’idea per questo capitolo principale mi è stata data da una storiella a fumetti su Arthur che ho trovato in giro, è veramente bella, leggetela *-*
Ok, adesso, dopo aver combinato la mia solita stupidaggine giornaliera, vado a rintanarmi in qualche luogo sicuro (?). Ciao! <3

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: chaska