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Autore: samek    22/03/2011    2 recensioni
Un Epilogo non è mai un vero epilogo. Holmes e Watson tornano insieme in Sussex.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Yaoi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Negli anni della mia lunga amicizia con Sherlock Holmes, più e più volte promisi a me stesso, ma soprattutto a lui, di appendere al chiodo i ferri del mestiere

Fandom: Sherlock Holmes;

Pairing: Holmes/Watson;

Rating: Pg;

Beta: Narcissa63 (la mitica ♥)

Genere: Introspettivo, Romantico.

Warning: Flash-fic, Fluff, Slash implicito;

Words: 798 (fiumidiparole)

Summary: Un Epilogo non è mai un vero epilogo. Holmes e Watson tornano insieme in Sussex.

Note: Post L’ultimo saluto – Un epilogo”. Scritta per la sesta settimana della COW-T di fiumidiparole e maridichallenge, Team Maghi – Missione 2: Campagna e per il prompt 01. Pipa della 221B Baker Street Table di holmes_ita.

 

DISCLAIMER: Tutti i personaggi delle saga di Sherlock Holmes non sono opera mia, bensì della mirabile penna di Sir Arthur Conan Doyle. Dato, però, che i diritti d’autore sono ormai scaduti, stappiamo tutti insieme lo spumante ed appropriamocene beatamente! XD Ah, ovviamente non mi paga nessuno, anche perché altrimenti il succitato autore si rivolterebbe nella tomba, poverello.

 

 

Come Back Home

 

Un uomo percorre il mondo intero in cerca di ciò che gli serve

e torna a casa per trovarlo

 

Negli anni della mia lunga amicizia con Sherlock Holmes, più e più volte promisi a me stesso, ma soprattutto a lui, di appendere al chiodo i ferri del mestiere. La verità, però, è che uno scrittore – per quanto misero come il sottoscritto – è semplicemente incapace di lasciare la penna; si tratta di un’esigenza, come il dormire, il bere, o il mangiare. Per cui, anche dopo che Holmes rientrò dal nuovo mondo e lasciò definitivamente l’attività investigativa, io non smisi mai di annotare le nostre giornate.

Continuai a tenere un diario, come avevo sempre fatto in passato, non per il pubblico, ma ad esclusivo beneficio di me stesso. Lo feci per continuare a registrare mattine come quella successiva al ritorno di entrambi nella nostra piccola casa in Sussex.

Oh sì, entrambi, perché non tutte le notizie sono adatte alla pubblicazione e Londra, da sempre, mormorava pettegolezzi troppo vicini alla realtà dei fatti per essere ignorati. Lasciar credere ai miei lettori che mi fossi risposato e che il mio amico vivesse per conto proprio, era una bugia accettabile e necessaria.

Quella particolare mattina mi piace ricordarla poiché, dopo due anni di assenza, vedere di nuovo Holmes nella sua poltrona di vimini sul portico, mi fece risentire a casa, quasi fossi io quello che era stato in America per ordine di Sua Maestà e non lui. Un edificio non era casa senza la sua presenza.

Le sue lunghe gambe erano distese al sole, avvolte in una coperta leggera, e tra le mani affusolate teneva un plico di fogli scribacchiati – forse annotazioni sul suo viaggio o appunti per la prossima monografia – che stava correggendo pigramente. La vecchia pipa d’argilla pendeva dalle sue labbra sottili, mentre sul tavolino accanto a lui era posata la ciabatta persiana che conteneva il tabacco. La sua figura sottile contro il paesaggio della campagna inglese mi era mancata così tanto che, per un attimo, ebbi timore fosse solo un miraggio.

«Non ancora api, oso sperare» esordii una volta al suo fianco, riferendomi al contenuto degli appunti.

Holmes sorrise appena, con malcelato divertimento, sfilandosi la pipa di bocca. «No, ho terminato con quelle» mi rassicurò. I suoi sforzi di apicoltore, infatti, erano culminati in una grossa monografia che raccoglieva tutti i segreti del mestiere.

«Grazie al cielo!» esclamai sollevato e lui ridacchiò più apertamente, sfiorando il dorso della mano che avevo poggiato sulla sua spalla, in una carezza di saluto.

«Non le è mai piaciuta quell’idea» constatò, prima di aspirare un’altra boccata di fumo.

«Sono certo che abbia sconcertato me quanto il resto dei suoi ammiratori, vecchio mio» replicai a mo’ di scusa.

Pur avendolo visto con i miei stessi occhi, non riuscivo a credere che Holmes potesse accontentarsi d’essere un semplice apicoltore. Dov’erano l’avventura, la dinamicità ed il pericolo che avevano sempre contraddistinto la sua vita ed impedito alla sua mente di ristagnare? Ero convinto che non facesse per lui, perciò non mi ero stupito quando aveva deciso di accettare le insistenze del primo ministro ed era partito per il nuovo mondo.

A dire il vero, perfino quella di trasferirci in campagna – a suo tempo – l’avevo considerata una pessima idea. Il mio collega era sempre stato troppo innamorato del brulichio e della nebbia della City per apprezzare la quiete, ma al contempo sapevo che era davvero stanco della fama e del via vai continuo presente nel nostro vecchio appartamento in Baker Street. Nessuno dei due aveva più l’età adatta a tutto quello.

«Lo sconcerto generale era parte del divertimento. Bisogna sempre essere un po’ improbabili»² rispose con un familiare luccichio negli occhi grigi.

Sapevo che presto avrebbe dovuto trovare un nuovo interesse, qualcosa su cui concentrare quel grande cervello analitico in modo da sconfiggere la noia che lo minacciava in continuazione, ma per ora stava semplicemente godendo del mite clima primaverile.

In quel periodo di lontananza era cambiato, era stato una spia, aveva interpretato un personaggio per anni, era diventato un massone, aveva perfino preso un’orribile accento yankee, ed io attendevo che iniziasse a parlare, perché volevo sapere tutto del tempo che aveva vissuto lontano da me. Ma potevo attendere, al momento ero felice di poter semplicemente regalare un po’ di sole alle mie ossa doloranti, in sua compagnia.

«Un quarto d’ora, mio caro. Appena avrò terminato di rileggere queste pagine, potremo fare una passeggiata e le racconterò tutto ciò che mi è accaduto» mi rassicurò, leggendomi nel pensiero – o piuttosto interpretando ogni minimo gesto che nemmeno mi rendevo conto di compiere – come suo solito, senza nemmeno alzare lo sguardo dai fogli.

Il tono della sua voce era annoiato, il suo volto assorto in altri pensieri, ma il semplice fatto che non mi perdesse mai di vista e che mi conoscesse tanto bene, mi permise di sorridere e chiudere gli occhi,  mentre mi accomodavo meglio sulla poltrona accanto alla sua.

 

FINE.

 

 

¹. Citazione di George Moore.

². Aforisma di Oscar Wilde.

   
 
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