Mi
han chiamata acerba e
io ho risposto
loro che in questo mondo, appesa ad un albero, ce
n'è di tempo per maturare.
Semmai con l’odore aspro dei dolci fiori accanto, semmai con
il verde dei pini
e la corteccia rugosa delle querce vicino.
Mi
han chiamata sconclusionata
e io ho risposto
loro che in questo mondo, un punto ove ci vuole è sempre
difficile da porre.
Tutto scorre, continua, come un’onda che lascia a malincuore
la spuma
scoppiettante sulla riva, come un cuor che batte sempre per lo stesso
amor
incondizionato.
Mi
han chiamato sognatrice
e io ho risposto
loro che in questo mondo, se sogno si può chiamar un ideale,
c’è sempre chi
spera, chi prega e chi fotte. Non è più il tempo
di pensar, di ragionar. Oramai
il sognatore riesce a scovar le turbe d’animosità
sotto la coltre di sgomento
ed ira che sorvola codesto cielo.
Mi
han chiamata col mio nome e io non mi sono
girata, non ho risposto loro. Non riconosco più me stessa
nella moltitudine di
maschere che sapiente mi son creata. Sarò pur falsa, ma
falsa originale e nel mio
cuore nessun male torreggia.
Note:
Questo
non si può
chiamar scritto, ne sono consapevole. Ma pur sempre è uscito
dal mio cervello e
dal mio volere che possente ha impugnato la mia ragione. Povera! Se
n’è
scappata via!
No, non mi piace per
niente questo scritto, ma uno sfogo ogni tanto ci vuole!