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Autore: Helena Velena    22/03/2011    1 recensioni
Sviluppato per la sfida N° 11 di "Lotta all'ultimo inchiostro" di Magie Sinister, sul tema "Severus, un odore o un sapore e un ricordo".
Riassunto: Severus incontra un cane per la strada. A chi sarà costretto a pensare?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

 

"Non sono certo uno che si crogiola nei ricordi... perchè se lo fossi, tu a quest'ora saresti morto."
Severus parlava con un grosso cane nero.
Voltò le spalle nella nebbia, e quello dietro.
Il mago sorrise amaramente, perché non c'era nessun avversario malevolo in quel mondo umidiccio, saturo della pioggia appena caduta. Nessun giovane sprezzante, crudele, irriverente, nessun uomo segnato come lui dal destino, e che l'odiasse apertamente.
Snape passò sotto un lampione, nella Londra deserta, seguito dal rumore ticchettante degli unghioli sul selciato.
Contro ogni senso lottava al margine delle proprie riflessioni, non voleva pensare, non voleva... perdonare.
Qualcosa però penetrava la coscienza.
Cos'era? Cos'era mai? Ah, hmmmmm... che tremendo disgusto!
Per quanto si sforzasse di ignorarlo, sentiva forte nelle narici l'odore pungente del cane bagnato.
Meditazioni, ricordi. Pensieri precisi, un solo... particolare... nemico.
Quante volte aveva spiato il suo avversario lungo le notti dominate dal rancore, percorrendo tracce di cane sulla scia di quello stesso odore.
I brutti tempi andati.
Poi, non ne vennero di migliori.
La costante della sua vita si era risolta nel farsi tanti nemici, senza scordare mai quello che probabilmente l'aveva odiato di più.
Uno fra i primi, comunque.
"Questa bestia puzza orribilmente...", pensava, tentando di scacciare per l'ennesima volta l'animale. "Ovviamente i Babbani non si organizzano... per togliere di mezzo questi patetici randagi..."
Un salto sulle zampe, quasi una capriola. Il cane l'aveva frainteso e invitava Snape al gioco, lo strattonava per il mantello, si alzava sulle zampe nell'impossibile tentativo di leccargli il viso, impregnando quegli abiti austeri del suo odore sgradevole.
E Snape aveva una missione, da quelle parti, una ricognizione. Doveva restare in quel vicolo senza Smaterializzarsi, e ormai puzzava di cane.
Nessuna speranza di tenere la bestia a bada, non poteva usare la Magia, lì. Ma la parte peggiore della strana situazione consisteva nei ricordi che quell'odore portava con sé.
"Non voglio certo... pensare a te!" protestava contro ogni senso. "Sei morto, e per quel che mi riguarda... non sei più un problema..."
Orgogliosi, indipendenti. A loro modo freddi, entrambi spietati.
I nemici di una vita si erano assomigliati parecchio, sotto sembianze così diverse. L'olfatto è un senso capace di penetrare nel profondo, di rendere attuale ogni trascorso, e stava portando la verità alla superficie.
"Non sono... come te. Tu eri... sfacciato, tu avevi... successo..."
Si fermò a valutare meglio quanto detto, mentre il cane gli mordicchiava festoso una mano.
Già... un meraviglioso successo... amici fedeli che l'avevano spedito ad Azkaban, a irrancidire, a rinchiudersi in sé stesso, forse a impazzire.
E... i nobili natali? Nascere già inscritto nelle alte sfere del mondo magico?
No, nessun diritto, soltanto una cupa ribellione.
Ripensandoci, la vita del nemico non era stata certo né splendida né luminosa. Anche lui si era trovato varie volte relegato nel ruolo del peggiore reietto, soltanto per aver mantenuto una coerenza, una diversa posizione.
Infine, era morto. Era morto molto presto, persino prima di lui.
Il mago ancora vivo sospirò contrariato.
Chi l'avrebbe mai detto? Quel personaggio deprecabile aveva dato la propria vita per uno scopo preciso, per uno scopo comune, anzi, lo stesso che aveva lui.
Scrutando l'orizzonte buio Snape era certo di una cosa: allo stesso modo avrebbe dato la propria vita, alla fine. Come lui.
Qualche rumore lontano, un fischio, forse un treno. Il cane nero si immobilizzò nervoso, distolse dall'uomo ogni affetto, ogni attenzione. Per chissà quale ragione, ispirato dallo stimolo remoto, corse via svelto e dinoccolato, nella stessa imprecisata direzione.
Lasciò a Snape soltanto il proprio lezzo, là dove si era strusciato, gli lasciò addosso una traccia incancellabile che penetrava contro ogni senso, contro ogni rancore; e percorrendo i sentimenti evocati in un'inevitabile elaborazione, Snape si ritròvò suo malgrado calato nel più profondo rimpianto, e in odore di perdono.
Il cane si voltò solo un attimo, esitando in un saluto dello sguardo sfacciato, come una figura d'ombra imprevedibile, fiera e istintiva, capace di ogni eccesso e tuttavia... solo alla fine di una vita, resa amica.
"Addio, Sirius", gli rispose di rimando Snape.

   
 
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