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Autore: Daylight_    22/03/2011    3 recensioni
La rimpiansero in molti, la ragazzina, dagli occhi color del cielo. Probabilmente lei, e si può intuire dal suo gesto, non se lo sarebbe mai aspettato. Ma forse molte persone non si sarebbero mai aspettate di sentire la sua mancanza; piccola, insignificante stella fra tanti milioni. Come avrebbero potuto accorgersi, in fondo, che era l'unica a brillare per davvero?
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Senza accorgersene, era quasi giunta a casa, mentre pensava a cosa a raccontare alla sua amica della splendida giornata passata insieme a lui; aveva ancora il suo profumo addosso, i suoi occhi, il cui colore ricordava tanto il cielo pulito d'estate, le brillavano di gioia ed era convinta che niente avrebbe potuto rovinare una giornata così bella, neanche la vista del padre, per cui portava tanto rancore. Il freddo era pungente, nonostante la primavera fosse in imminente arrivo; sentiva le mani congelarsi mentre cercava nella piccola borsetta le chiavi del portone di casa. Guardò nel giardino, e incrociò lo sguardo bisognoso di affetto del suo cane; aprì il piccolo cancello, e dopo avergli fatto due piccole carezze, lo fece entrare in casa. Il padre non era ancora tornato, e la cosa non le dispiaceva affatto. Sapeva che se si fossero incontrati avrebbero litigato, e lei era troppo stanca per farlo. Accese la luce ed entrò in camera sua. Non troppo ordinata, il letto era sfatto e c'era qualche felpa appesa qua e là; buttò la borsa sul letto e si levò il giubbotto, la stanchezza si faceva sentire e pian piano il sorriso che lui le aveva lasciato scompariva. Si dirisse in cucina, e passando per il corridoio vide quella foto che la nonna le aveva scattato, a 5 anni; guardandola le vennero in mente tutte le cose che sua madre le raccontava, su suo padre e su sua nonna. La sua mente si faceva sempre più malinconica mentre prendeva qualche biscotto, assalita dalla fame. Poiché il suo computer portatile era rotto, andò in camera di suo padre, si sedette sulla morbida sedia blu da ufficio e accese il vecchio pc. Addentando un biscotto, prese il cellulare che aveva appoggiato sulla scrivania, fece il numero di Giulia, la sua migliore amica, e la chiamò, ma lei non rispose. "Starà studiando..." si disse; passò circa un oretta, l'amica continuava a non rispondere ed il padre non tornava. La solitudine cominciava a creare un'atmosfera malinconica, che si impadronì della sua mente, la quale cominciò ad elaborare pensieri oscuri e privi di fondamento. "E se fosse arrabbiata con me?" disse, ad alta voce, riferendosi alla sua amica; guardò l'ora, e si chiese perché ne il ragazzo né il padre si erano ancora fatti fatti vivi. Andò in bagno e cominciò a pettinare e a lisciare i capelli castani, ascoltando la musica che le piaceva. Cercava di pensare alle belle emozioni che lui le faceva provare, cercava di pensare ai divertenti sabato pomeriggio insieme alla sua amica, cercava di distrarsi in qualche modo, ma alla fine tornava sempre a pensare che tutto questo sarebbe comunque finito. Tornava a pensare che magari sarebbe finito quella stessa sera. E proprio mentre l'azzurro dei suoi occhi cominciava a sciogliersi in lacrime amare, sentì il telefono che vibrava; corse a prenderlo e vide il nome di lui sul display. Felice e dagli occhi pieni di speranza, lo lesse, ed il suo umore cambiò completamente; scoppiò in un pianto isterico leggendo le malinconiche parole di lui:"Perdonami, ma non posso continuare. Io sento di non amarti veramente e non riesco a mentirti. Sei una ragazza stupenda, e io non ti merito. Sono stato benissimo con te, ma questa storia non può andare avanti. Mi dispiace... ciao". Smise di piangere, si asciugò il viso, e trattenendosi mandò un sms a Giulia per informarla dell'accaduto. Dopo qualche minuto suo padre entrò in casa, la salutò con un freddo "ciao" e si diresse in cucina. Lei le disse che gli aveva scaldato un po' di minestra ma che non aveva molta fame, poi lo guardò e lui annuì con espressione seria. Lei si rimise davanti al pc, e lui le chiese:"Quanto tempo è che sei lì sopra?" "Circa due ore, un po' di meno forse..." rispose lei, cercando di trattenere le lacrime; "Dopo mangiato serve a me.", ribatté lui, con tono scontroso. "Non preoccuparti, avevo già intenzione di staccare..."; lui si mise a mangiare, intanto lei chiuse le applicazioni che stava utilizzando e andò in camera sua, mise un po' di musica e scoppiò di nuovo a piangere. Suo padre la sentì, e si arrabbiò. Litigarono per un'ora finché lui non disse:"Tanto vuoi avere sempre ragione tu! Hai solo 14 anni e continui a rispondermi! Lo vuoi capire che sono io l'adulto?!"; lei pensò che era adulta la sua età, ma di testa era ancora un ragazzino. Lo aveva notato, di essere molto più matura di lui e glielo aveva fatto notare anche sua madre. Ma con lui non si può mai discutere. "Con te non si può mai discutere!" aggiunse lui, e a queste parole la ragazza scoppiò in un pianto di rabbia, urlando dal dolore che lui le stava provocando. Lei odiava litigare, le faceva male al cuore; ma lui non la conosceva abbastanza bene per saperlo. Provò a chiamare Giulia sul cellulare di sua madre, ma anche lì, non rispose nessuno. Improvvisamente pensò agli amici che non aveva, a quanto si trovava male a scuola, al fatto che mai nessuno la capiva; pensava a quando mai avrebbe potuto trovare un altro come lui, pensava a cosa avrebbe potuto fare della sua insignificante vita adesso. Mentre usciva dalla finestra per andare sulla terrazza a guardare le stelle, pensava a cosa era la sua anima in quel momento, a com'era inutile continuare a soffrire per nulla. Giunse in terrazza, la luna si nascondeva dietro qualche soffice nuvola, ma la sua luce illuminava comunque il viso di lei, i suoi occhi celesti pieni di lacrime. Non aveva la cognizione del futuro, non aveva più la speranza che tutti si sarebbe risolto; non credeva più in nulla. Continuò a piangere, ascoltando il silenzio che le stava intorno. Continuò a piangere, finché non si rese conto che era totalmente inutile. Tornò in casa, il padre era a letto. Strappò un foglio dal quaderno di matematica, e si mise a scrivere: "Ciao papà. Sai, ho pensato molto in questi giorni, e sono arrivata ad una conclusione: la mia vita non vale più niente. Non ho amici, l'amore non esiste e per te e la mamma sono solo un peso. Mi trovo male in mezzo alla gente, in mezzo a chiunque. Ho deciso di andare via, mi dispiace papà, non tornerò. Ti ho sempre voluto bene, anche quando eri stronzo. Voglio tanto bene anche alla mamma, abbracciala forte forte da parte mia, e non sentire la mia mancanza. Se la Giu' mi cerca, dille che le vorrò un mondo di bene sempre e che la proteggerò, sarò sempre con lei. Addio..." Prese in mano il ciondolo, quello con la metà del cuore, quello che le aveva dato il ragazzo. Lo strinse, prese un grosso coltello e, con una lacrima di nostalgia, lo conficcò nel suo cuore, cadendo a terra, nel silenzio della notte, con un sorriso di sollievo.
  
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