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Autore: KanraChan    23/03/2011    3 recensioni
Dino continuò a rimuginare affondando il volto dentro il cuscino e sospirando come ormai faceva da mesi e mesi; aveva persino smesso di toccare il cibo che, pazientemente, i suoi sottoposti ogni giorno continuavano a servirgli in camera, inutile aggiungere che lasciasse le pietanze intatte ad ammuffire sopra la scrivania, scoraggiando sempre di più i poveri subordinati.
Tutto questo era patetico.
Ebbene si, era giunto ad uno stato terminale.
Che razza di Boss era se non era in grado nemmeno di far innamorare qualcuno di lui?
[Aggiunto OOC per sicurezza.]
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Dino Cavallone, Kyoya Hibari
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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I love yellow birds





















Guardava il soffitto e non sapeva che fare.
Perché da anni ormai non sapeva che fare.
Disteso supino sulle lenzuola bianche del letto lasciò ciondolare una gamba dal bordo, riflettendo intensamente sui suoi prossimi piani futuri.
Si mordeva le labbra, si rigirava da una parte all’altra ipotizzando e scartando alcune delle varie idee che albergavano nella sua mente, reputandole, infine, tutte un totale fallimento.
Eppure doveva esserci un modo.
Dino continuò a rimuginare affondando il volto dentro il cuscino e sospirando come ormai faceva da mesi e mesi; aveva persino smesso di toccare il cibo che, pazientemente, i suoi sottoposti ogni giorno continuavano a servirgli in camera, inutile aggiungere che lasciasse le pietanze intatte ad ammuffire sopra la scrivania, scoraggiando sempre di più i poveri subordinati.
Oltretutto, all’inappetenza si erano aggiunti anche altri fattori che stavano riducendo lentamente il Boss dei Cavallone in un approssimativo stato vegetativo.
Tutto questo era patetico. Con l’ultimo briciolo di raziocinio presente nel suo cervello riusciva a constatarlo anche lui stesso.
Si ritrovava ad intrattenere estenuanti discorsi con il suo subconscio che, puntualmente, finivano per demoralizzarlo con il passare dei secondi.

Sei noioso. Terribilmente noioso da indurre i tuoi fedeli al suicidio di massa.
Ecco che ricominciava.
Ebbene si, era giunto ad uno stato terminale.
Che razza di Boss era se non era in grado nemmeno di far innamorare qualcuno di lui?

 

Nel frattempo, dall’altra parte della stanza, una cinquantina di uomini in giacca e cravatta erano intenti a giocare a morra cinese, spartendosi equamente ogni giorno una buona dose di paturnie sentimentali, lanci di oggetti random e altri nuovi e vecchi capricci che il biondo riusciva a proporre fra la sua vasta gamma.
- Secondo me dovremo lasciarlo riposare. – intervenne il primo, che fu subito seguito da una serie di approvazioni.
- Io credo che dovremo trovare una soluzione! – constatò un altro dei sottoposti, scatenando un coro di elogi e assensi.
- Io penso invece che se non ci diamo da fare verremo tutti licenziati. – terminò, infine, una voce, meritandosi i dovuti applausi.
Insomma, come al solito nessuno sapeva che fare.
Tuttavia, il più fedele dei sottoposti, armato di scolapasta e padella, si apprestava a compiere il suo dovere da fidata spalla su cui piangere mentre il resto della folla, pian piano, si era sparpagliata all’interno della magione affidandogli più che volentieri quell’ardua impresa, impossibile si poteva umilmente definire.
L’uscio della stanza di Dino si era sgombrato in pochi secondi, abbandonando un soldato in guerra nei pressi di un campo minato; analizzò inizialmente la porta con perseverante indecisione, poi, dopo aver raccolto il coraggio e la pazienza necessaria, si rilassò contro la maniglia senza curarsi di bussare, tanto non sarebbe servito a niente.
Ogni mobile, vestiti e ninnoli erano perfettamente al loro posto, così ordinati da aver fatto la polvere,  il cibo aveva iniziato periodicamente a stanziare sul vassoio ed il Boss, afflitto, non dava segni di vita.
- Boss, sono venuto a vedere come stava. – azzardò cautamente il malcapitato, sorreggendo saldamente l’arnese metallico onde evitare sfuriate improvvise.
Era sicuro che, se non avesse udito un sospiro da parte del biondo, avrebbe pensato che fosse morto.
- Ah. Romario. – biascicò contro il cuscino, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.
Come suo leale seguace, avrebbe fatto di tutto pur di non vederlo ridotto in quelle miserabili condizioni, l’aria della camera aveva iniziato a farsi stantia e gli abiti del giovane Cavallone erano, ad occhio e croce, gli stessi che indossava almeno una settimana fa, il dubbio che si fosse mai mosso, alzato o cambiato era quasi sconcertante.
- Boss… Vedrete che ci sarà una soluzione. – ammise, per nulla convito delle sue parole. – Dobbiamo solo… -
Ecco che sorgeva l’ennesimo problema. Come tutti gli altri, la stessa identica balla di fieno rotolava nei suoi pensieri.
Ormai avevano provato di tutto. E tutto puntualmente aveva finito quasi per ucciderlo o mandarlo in ospedale.
Dino sospirò ancora, questa volta mettendosi in panciolle e fissando Romario con la stessa intensità di un cetriolo bulinato.
Dov’era la soluzione così tanto agognata? Dov’era che sbagliava ogni volta?!
- Voglio morire! – si lamentò, voltando le spalle all’uomo. – Qualcuno ponga fine a questo mio tormento! –
Stava delirando.
Il sottoposto si passò una mano sul volto, avvicinandosi ai piedi del letto ed osservando in silenzio il Cavallone. – Non dica sciocchezze. – lo ammonì scostandosi lo scolapasta dalla testa. – Invece, dovrebbe distrarsi, pensare ad altro… trovarsi qualcosa da fare. –
Dino smise per un attimo di borbottare. – Come posso pensare ad altro? – sbottò, spiaccicandosi il cuscino sul viso, più che intenzionato a tribolarsi ancora per un po’ nelle sue afflizioni.
- Boss, ci sono io per aiutarla. – sospirò, ormai anch’esso sconfitto. – Prima di tutto, dovrebbe incominciare con il collaborare. –
Il giovane non rispose, poi, dopo vari tentenni, decise che, forse, avrebbe dovuto prendere in considerazione l’idea di fare una passeggiata per imparare di nuovo a muoversi decentemente.
- Non lo so… Poi Kyoya potrebbe restarci male. – ribadì confuso, riassumendo nuovamente l’espressione attonita della settimana scorsa.
- Non ci giurerei… -
- Stai insinuando qualcosa? –
- No. Non mi permetterei mai, Boss. –
Romario adagiò la schiena contro il bordo delle lenzuola, senza separarsi mai dalla fidata padella, doveva cercare di tastare il territorio con prudenza, oppure avrebbe fatto saltare in aria tutto.
- Liberi la mente da ogni preoccupazione, non pensi a niente… Non dovrebbe essere difficile. – mormorò, guardando il biondo cambiare pian piano espressione.
- Questa volta hai insinuato qualcosa. –
- Assolutamente no. Non mi permetterei mai, Boss. –
Il subordinato si aggiustò le lenti, ritornando a psicoanalizzare quel caso disperato del suo paziente.
- Adesso si rilassi… -
Un mugolio di consenso giunse al di fuori delle labbra di Dino dimostrando che, probabilmente, sarebbe riuscito a calmarlo in un modo o nell’altro.
- Molto bene. – si rincuorò Romario con le sue stesse parole. – Adesso, si disfi di questo corpo pesante, dai dolori… mi dica cosa vorrebbe diventare. – aggiunse, pregando affinché la sanità mentale rientrasse in circolo nel cervello del Boss.
Cavallone socchiuse le palpebre, lasciando spuntare pian piano un sorriso sulle sue labbra, un sorriso allegro e senza alcuna preoccupazione o tantomeno esitazioni.
- Vorrei essere… - si bloccò per qualche minuto, poi decise di rispondere. – Un uccello. –
- Bene, che tipo di uccello? –
- Uno… giallo, come un canarino. –
Romario deglutì. – Continui. –
- Piccolo, e con un paio di occhietti neri. –
- Boss… -
- Magari di nome Hibird… -
- Boss, stiamo divagando troppo… -
- Che canta l’inno della Namimori. –
Ormai aveva perso il controllo. – Non credo sia… -
- Che si posa sulla spalla delle persone… di una persona. –
- Ma…! –
- Che trascorre tutti i giorni con lui… -
- Che si lascia coccolare tutti i giorni da lui. -
Con un colpo di reni il busto di Dino si piegò in avanti, scaraventando il cuscino dall’altra parte della camera mentre un sorriso che la raccontava lunga si propagava come un chiazza d’olio sul suo volto. Gli occhi cominciarono a sfavillare di una luce nuova, i pensieri a rimescolarsi e la mente forse aveva ritenuto finalmente opportuno riattaccare la spina.
Era preoccupante.
Lo sguardo stravolto di Romario rievocava ciò che le parole non erano in grado di esprimere con la sola forza della voce, forse avrebbe dovuto riportarlo in Italia già qualche anno fa.
Per la prima volta in due anni di deliri lo aveva visto finalmente fuori da quel letto, raggiante come non mai e con un paio di occhiaie da far paura, la sola idea che lo avrebbe ben presto coinvolto in qualche altro piano da lui accuratamente studiato gli faceva rimpiangere di aver varcato quella soglia.
- Romario! – esclamò in maniera molto teatrale. – Prepara tutto ciò che ci serve! Questa volta si fa a modo mio! –
Sbagliato. Questo era davvero terrificante.


- Boss, la prego, non lo faccia. –
I subordinati del Boss dei Cavallone osservavano Dino con un volto paonazzo, rosso dalla vergogna, si sentivano letteralmente morire soffocati soltanto scrutando ciò che il loro capo aveva indossato, qualcosa di vergognoso.
Tuttavia, non ci lasciò scoraggiare da inutili quisquilie. - Non preoccupatevi, voi aspettatemi fuori. – replicò, sistemandosi qualche ciocca ribelle che gli offuscava la vista e preparandosi a fare la sua entrata in scena nel miglior modo possibile.
Con qualche impedimento riuscì ad aprire la porta della stanza dove risiedeva il Comitato Disciplinare ed infine si diede un vago sguardo, accertandosi che Hibari non fosse all’interno, beh, almeno avrebbe ricavato il tempo necessario per organizzarsi un valido discorso.
Studiò con accuratezza ogni particolare dell’aula, decidendo infine che non lo avrebbe aspettato seduto sopra il divano, di letti e lenzuola ne aveva avuti abbastanza per i prossimi cent’anni.
Ma l’importante obiettivo era un altro, questa volta gli avrebbe fatto cambiare idea, ne era più che sicuro.
Mentre percorreva in tondo il perimetro del tappeto, un clack provenente dalla porta lo fece voltare con un sorrisone a trentadue denti.
- Kyoya! – esclamò, alzando le braccia come se volesse abbracciarlo.
Un paio di occhi cinici ed imperturbabili lo analizzavano con la stessa lucidità di un toro inferocito, lo squadravano da capo a piedi a partire da quella tutina gialla attillata, fino a terminare con il copricapo che rappresentava un pulcino, Hibird.
- Cosa stai facendo, erbivoro? – sottolineò, marcando ogni sillaba.
Uno scempio di piume gialle si erano disperse sul pavimento dapprima bianco e pulito.
- Adesso non potrai dire che non sono adorabile. – sorrise, sventolando una delle ali che comprendeva il costume.
Il Prefetto socchiuse le palpebre e si massaggiò le tempie. – Tu. – prese una saliente boccata d’aria.
- Se non ti dissolvi da qui, ti pesto a morte. –
Terminò glaciale, estraendo con uno scatto i tonfa mentre un infido sorriso piegò le sue labbra.
Ma era altrettanto sicuro che, in fondo, fosse contornato anche da un’ombra di divertimento.

 

 

 







Scleri a parte.
Questo obbrobrio è uscito fuori mentre guardavo un’immagine, e devo dire che la stupidaggine ha preso inevitabilmente possesso della storia u_u
E’ stupida lo so, ma Dino vestito da Hibird è così carino che non ho potuto non scrivere su di lui.
Comunque, Dino credo di averlo reso terribilmente OOC (_ _)*perdono*
Spero che a qualcuno piaccia :3

 

Golden Brown.

   
 
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