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Autore: Persychan    24/03/2011    5 recensioni
"Lucio era una spia e non si fidava di nessuno, ma non aveva paura del buio. Ora sì, perché Alessandro ha gli occhi troppo verdi.
Una storia di due criminali e del loro rapporto perchè la Famiglia Vongola non è l'unica e quella di Tsunayoshi Sawada non è la sola degna di essere raccontata.
[Personaggi originali - Alessandro/Lucio]
[Avventure parallele]
[Primo racconto della Famiglia Rivolta]
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo:Fidarsi dell'oscurità
Fandom: Katekyo Hitman Reborn/Originale (Leggi le note)
Personaggi/coppia:Alessandro/Lucio.
Parte: 1/1
Rating: PG13 per la presenza di un qualche parolaccia e di accenni a rapporti sessuali. (Ma proprio vaghi accenni)
Conteggio Parole: 2700 (per Word)
Prompt: hurt/comfort + "Tears stream down on your face / I promise you I will learn from my mistakes" --- Fix You, Coldplay
Riassunto: Lucio era una spia e non si fidava di nessuno, ma non aveva paura del buio. Ora sì, perché Alessandro ha gli occhi troppo verdi.
Note: - La mia beta continua ad essere dispersa, quindi anche questa fic è priva delle sue fondamentali correzioni.
- L’ambientazione è quella di Katekyo Hitman Reborn e in storie successive potranno comparire, sia nominati che in persona, vari personaggi della serie. Per il momento si tratta di una sorta di storia parallela ambientata nello stesso universo in contemporanea con gli avvenimenti che hanno come protagonisti Tsuna e guardiani. In fondo la famiglia Vongola è una della tante famiglie mafiose italiane.
- Questa è la storia di Lucio e Alessandro, due dei sette personaggi principali che compongono questo universo, ma sono presenti anche alcuni degli altri come la Boss (non quello dell'inizio della storia, ma colei che gli succede) che ha il nome di Gabriella e Celeste. Per ulteriori notizie sulla Famiglia Rivolta seguite le altre storie della serie.
 
 

Fidarsi dell'oscurità
(La storia di una spia e di un guerriero)



Quando era piccolo Lucio non aveva mai avuto paura del buio: per lui, allora, l’oscurità era un qualcosa di confortante, era un angolino tranquillo tra l’insegna luminosa di un night e l’altra, era il chiudere gli occhi nel silenzio di un vecchio deposito abbandonato con il rumore lontano dei motori come ninna nanna.
Poi il buio era diventato quello delle stanze di motel dove la sua maestra soggiornava tra una missione e l’altra; si era trasformato in quelle lunghe e silenziose nottate, interrotte soltanto dal baluginare lontano dei fari delle auto, passate da solo, giocherellando con i trucchi delle donna, mentre questa era lontana a svolgere i suoi incarichi e col tempo, aveva iniziato ad amare la notte comprendendone i vantaggi: il poter essere invisibile, scivolando tra le ombre, oppure il poter risplendere con vestiti brillanti e capricciosi accessori, senza però lasciare alcuna memoria del proprio passaggio.
Gli era stato insegnato ad essere mille persone diverse e a non esserne nessuna, ad apparire come il più sincero degli amanti per poi scivolare via dal letto ancora caldo, a tradire e a mentire.
Era diventato una spia, un bellissimo serpente nascosto sotto coltri di piume colorate.

Poi era arrivato lui.

All’inizio si erano guardati sottecchi, sputandosi addosso parole acide e secche: Alessandro non poteva sopportare che la bella ragazza, per cui si era preso una sbandata all’inizio, fosse un ragazzo dalle braccia magre e il viso sottile e Lucio non poteva sopportare quegli occhi così verdi e così sinceri, privi di qualunque menzogna. L’onestà era l’unica cosa che non sapeva simulare.
Come, poi, erano diventati amici non lo sapevano neanche loro. Era stata una cosa lenta, uno spalleggiarsi nelle missioni,

[“Solo per portare a casa la pelle”
“Soltanto perché non ho intenzione di morire qui!”]

l’uscire a bere, ad ubriacarsi fino a star male dopo uno di quegli incarichi così orribili da farli pregare che non esistesse un inferno dopo la morte, perché loro l’avevano già visto e non volevano tornarci,

[“Jenny dacci la cosa più forte che hai!”
“ Dell’alcool puro non sarebbe male..”
“Ma smettetela idioti, mi dove ancora un puttanaio di soldi! E non pensate che vi faccia ancora credito”
“Jeeeeeeenny”
“Ok, va bene, va bene. Ecco due Strappabudella per voi”]

il commentare la nuova barista carina

[ “Ma allora non sei frocio?!”
“Ehi! Che cazzo dici! Non fare insinuazione del genere. Io sono orgogliosamente seguace delle pari opportunità” ]

o anche, soltanto, l’avere qualcuno con cui lamentarsi quando gli ordini del boss si facevano troppo strani, pure per loro.

[“Ma quello è un idiota! Cos’è che dovrei fare!?”
“Oh, smettila di lamentarti Ale, pensa a cosa io devo fare.”
“Ok, questa volta hai ragione tu.”]

E così Alessandro aveva iniziato a pensare che Lucio non era male come compagno di squadra e che il fatto che vestisse da donna risultava essere un vantaggio perchè poteva sempre far credere agli altri di lavorare con ragazza stupenda e Lucio ad ammettere che Alessandro, anche se qualche volta era troppo onesto, era bravo a reggergli la parte. E in fondo non erano poi così belli e verdi i suoi occhi, no?


Ad un certo punto, però, qualcosa era cambiato di nuovo e Lucio l’aveva beccato a fissarlo più di una volta,

[“ Ma mi stai guardando il culo?”
“ Idiota”]

mentre lui stesso cercava un po’ troppo spesso il suo sguardo.

[“Ho per caso qualcosa di strano in faccia”
“A parte la tua faccia? No, nient’altro.”
“Idiota”]

Il finire a letto era stata una di quelle cazzate che possono avvenire soltanto dopo una festa a base di vodka e rum. Per loro sfortuna, le celebrazioni per l’insediamento del nuovo boss erano sempre state famose per il loro alto tasso alcolico.
Lucio nello svegliarsi la mattina dopo, con un mal di testa atroce e un indolenzimento generale, si era ripromesso di non toccare più alcolici nelle vicinanze di Alessandro:  non poteva rischiare che si ripetesse un episodio del genere, anche se da quel che poteva ricordare era stata una nottata decisamente piacevole. Il problema delle scopate tra amici non era la scopata, ma era sempre il dopo.
Fortunatamente, però, si era svegliato per primo e ciò gli aveva dato il tempo di indossare, nuovamente, la sua maschera di piume e merletti perchè a volto scoperto non sarebbe sopravvissuto alla perdita della prima persona che avesse tenuto a lui, a Lucio perché era soltanto Lucio e nessun’altro.
Quando Alessandro aveva aperto gli occhi, lui era già seduto sull’unica sedia della stanza completamente truccato e vestito, con uno dei quei completini che gli costavano metà della paga, intento a farsi le unghie. Si erano fissati qualche secondo, ma poi Lucio non aveva più sopportato quel silenzio ed era scoppiato.

[“Allora cosa dirai? Che è stato un errore? Che non può essere vero ! Oppure: oh, ma non è possibile io sono etero!”
“Allora quel detto è vero”
“ Di che diavolo stai parlando?”
“Che per ogni regola c’è sempre un eccezione”
“Eh?”
“ Che ne dici di essere la mia eccezione?” ]

Per un certo periodo le cose erano andate avanti senza troppe regole: non erano amanti nè fidanzati, erano due amici che un po’ per noia, un po’ per puro piacere si facevano compagnia a letto.
Lucio si diceva che, in fondo, quella era la situazione migliore per due come loro: Alessandro era troppo, dannatamente etero per sopportarlo a lungo e lui era troppo abituato a essere da solo, libero nel buio, per accettare la restrizione di avere un unico partner.

La situazione, però, era degenerata in fretta.
Era una notte qualsiasi, una delle tante che trascorrevano per locali, ma in cui stranamente non erano a caccia di qualche nuova ragazza o almeno per quel che riguardava Lucio che, seduto al bancone, chiacchierava distrattamente con il barista in una delle tante sue mise femminili.
Non aveva avuto la possibilità di cambiarsi, ma se avesse voluto darsi alla caccia gli sarebbe bastata una forbice e dell’acqua per struccarsi per riprendere un aspetto maschile. Per una volta, però, per una strana e unica volta, non desiderava gli sguardi fintamente pudici delle ragazze o ascoltare il loro chiacchiericcio e neppure osservare le reazioni che i suoi comportamenti e i suoi ammiccamenti verso questa o quella, provocavano. In realtà, quella sera sarebbe rimasto con piacere a casa, - in quel piccolo appartamento che dividevano fin quasi dall’inizio della loro amicizia - ma Alessandro lo aveva quasi costretto ad uscire.

[“ Dio, quest’incarico sembrava non avere mai fine. Ho bisogno di una donna.”
“Io di una dormita, ho delle occhiaia spaventose”
“E invece ora usciamo. Su mettiti un cappotto.”
“Cosa? Ma dico sei scemo?”
“ Non fare storie. Tieni.”]

E così si era trovato, nuovamente,in balia del vento autunnale con addosso un odioso cappotto verde che faceva a botte con l’abito da innocente ragazzina che ancora indossava dalla missione.
Quando Alessandro era entrato in uno dei tanti locali che popolavano la via, lui si era limitato a sedersi al bar ordinando il primo alcolico che gli era passato per la mente e, con il trascorrere della serata, al primo cocktail se ne erano aggiunti molti altri.
Non era esattamente ubriaco, ma di certo non era al massimo della sua forma e i suoi riflessi lasciavano alquanto a desiderare, altrimenti si sarebbe sicuramente accorto prima del ragazzo che gli si era avvicinando.
Il tizio gli aveva toccato il braccio e nel voltarsi, Lucio aveva ricevuto una zaffata d’alcool e uno sguardo ebete. Non era male, anzi, era piuttosto carino, anche se un po’ troppo biondo per i suoi gusti, ma lui non era decisamente dell’umore giusto per considerarlo. Neppure da ubriaco.

[ “Ehi, charina!”
“ Grazie del complimento, ma non sono interessata”
“Ma dai non esshere così fredda”
“ Non intendo ripetermi”]

Non era del genere ubriaco molesto e probabilmente sarebbe bastato un altro scambio di battute per farlo andare via, ma Lucio non potè averne mai la certezza.
Una sedia cadde a terra e Lucio notò Alessandro, quello troppo etero, quello del “io-geloso?Mai”, del “Gnocca, quella. Andiamo?”e soprattutto del “siamo solo amici”, che percorreva i pochi metri che li separavano fissando il povero ragazzo con una furia negli occhi che aveva visto poche volte e soltanto nel mezzo della battaglia.
Alessandro lo aveva raggiunto, gli aveva stretto i capelli con la mano e lo aveva baciato e Lucio, sinceramente, ci aveva messo un po’ a rispondere troppo scioccato per primi brevi istanti. Non che i baci fossero rari tra di loro, ma, in pubblico, il massimo contatto fisico tra di loro era un sfiorarsi casuale delle mani, mentre camminavano.

[“Mio.”
“Mmm”]

Lucio aveva annuito, senza aggiungere altro per tutto il resto della serata.

[“Ora tu te ne vai. La carina è mia, capito?”
“Ok, ok. “]

Da quell’episodio la loro storia era diventata ufficiale, almeno per loro. Per il resto del mondo, soprattutto per i loro collegi, la relazione che li legava sarebbe rimasta per molto tempo un grande punto interrogativo.

[“ Da quand’è che sono diventata la tua ragazza?”
“ Da oggi. Qualche problema?”
“Si”
“Cosa?”
“Preferire l’uso del maschile”]

E così il buio era diventato, per lui, un rumore: il lieve russare di Alessandro e il cigolare delle doghe in una stanza piena di abiti e di armi con un solo letto matrimoniale.

Un giorno, però, si rese conto che del vero buio, dell’oscurità più completa, aveva una paura folle.
 

Uno dei motivi per cui amava Alessandro erano i suoi occhi verdi, non tanto per il colore - l’aspetto fisico prende un valore stranamente marginale quando si ha la possibilità di cambiare il proprio a piacimento - ma per quella straordinaria capacità di non mentire mai: se ti stava per uccidere nel suo sguardo potevi leggere solo puro intento omicida, se ti amava... beh Lucio iniziava a considerasi un esperto di quel tipo di espressione.
Alessandro era schietto, semplice, quasi prevedibile e Lucio adorava quella sensazione di sicurezza che gli provocava il saper sempre ciò che l’altro pensava o che stava per fare.
Forse, la prima cosa che la sua maestra gli aveva insegnato era di non fidarsi mai completamente di nessuno, ma lei stessa aveva contraddetto il dogma - Lucio ricordava bene l’uomo che possedeva le chiavi di quel gelido cuore - e quindi non si sentì neanche un po’ in colpa quando permise ad Alessandro di conoscere il suo vero nome, quello che aveva da bambino, quello che gli aveva dato una madre che non ricordava, e la sua intera storia.
Si fidava ciecamente di lui e dei suoi occhi color smeraldo.

[“Hai fatto male a fidarti di me. Sono pur sempre un assassino” ]

Con tutta sincerità, Lucio non credeva di avere un cuore o almeno non di possederne uno che si potesse rompere, ma scoprì di aver sbagliato quando, nell’incontrare il suo sguardo mentre Alessandro lo superava per inginocchiarsi davanti a quello che sarebbe stato il suo nuovo boss e sentì il rumore del cristallo che andava in mille pezzi.
Finse di non aver udito quel suono e resistette, ancora per quei pochi e brevi attimi fino a che lui e quelli che erano i nemici se ne andarono.
Poi crollò, semplicemente, a terra in ginocchio, senza un suono, senza che la sua espressione cambiasse e rimase lì, immobile.
Gli avrebbero raccontato anni dopo che Celeste, la violenta e caotica Celeste, lo aveva portato a casa in braccio e che per tutto il tragitto, lui aveva singhiozzato e si era stretto alla sua camicetta fino quasi a strappare la stoffa,  ma Lucio non ricordava nulla di tutto ciò.
La prima cosa che gli veniva alla mente - dopo quelle parole e il suono del vetro infranto - era il buio di quella che, fino a poche ore prima, era la sua accogliente camera da letto, ma che ora priva di rumori gli appariva enorme e spaventosamente grande come un mostro pronto a inghiottirlo, mentre le spade che ornavano le pareti, ovviamente per volontà di Alessandro, gli parevano lance nemiche sul punto di trafiggerlo.
Si era stretto alle coperte e aveva pianto, questa volta liberamente, fino a che, con gli occhi rossi e le labbra secche, si era lasciato andare ad un dormiveglia più scuro della notte che lo circondava.
La mattina dopo la boss era venuta a casa sua e aveva parlato a lungo, ma Lucio non era riuscito a cogliere nulla del suo discorso. Solo quando gli aveva proposto di ritirarsi, di lasciare spazio a qualcun altro perché lui era troppo emotivamente coinvolto, si era svegliato da quello stato di apatia profonda.

[“ No.”
“ Non pensare di disubbidirmi. Mandarti a combattere sarebbe un suicidio”
“ Ho bisogno di combattere. Per favore.”]

La donna non aveva più detto niente e lui aveva mantenuto il suo posto.

Ricordava solo a sprazzi le battaglie successive, sapeva che le sue erano state molto brevi e che, per una volta, si era mostrato al mondo senza inganni ne trucchi a nasconderlo. Aveva indossato soltanto pantaloni bianchi e magliette dello stesso colore, invece dei suoi soliti abiti ricchi e sgargianti, mentre a coprire la sua pelle non c’era stato ne fard, ne ombretto o nulla di simile, solo le poche ciocche castane sfuggite alla coda severa, così diversa dalle sue sgargianti parrucche, che contornavano un viso emaciato e spoglio.
Probabilmente se non fosse stato per gli occhi chiari, color ghiaccio, che già in passato si erano fatti notare tra un cambio di lenti a contatto e l’altro, nessuno dei suoi compagni avrebbe mai creduto di trovarsi davvero davanti a Lucio.
Fra tutti i combattimenti, però, ne aveva ben presente solo uno, non perché fosse stato più difficile o più lungo, ma per l’avversario. Di per sé la ragazza era piuttosto insignificante, Lucio però ricordava ancora con esasperante precisione le sue parole che gli aveva rivolto nel vederlo.

[“ Tu sei il ragazzino che Ale si faceva in passato, giusto? Non riesco proprio a capire cosa ci potesse trovare in te.”]

Ciò che ricordava ancora meglio era invece la sensazione di quei muscoli e di quelle ossa che si spezzavano ad ogni suo attacco. Gli era stato poi riferito che non aveva infierito particolarmente, ma che il combattimento era apparso spaventoso agli occhi di tutti i presenti per la precisione chirurgica di ogni colpo.




[“ Doppiogioco?”
“Cosa? Non starà dicendo sul serio, boss?”
“E’ la verità, Alessandro ha fatto fino ad ora il doppiogioco. I loro sistemi erano impenetrabili dall’esterno, avevamo bisogno di un talpa.”
“E ci avete tenuto all’oscuro di tutto? Come avete potuto?”
“ Come mai non ne ero al corrente, signorina?”
“ Su, calmatevi. Oltre a me e ad Alessandro nessuno doveva saperlo, più gente era a conoscenza del piano e maggiori erano i rischi di una fuga di notizie. E poi il non saperlo non vi ha cambiato di molto la vit...”]

La boss si era zittita e si era morsa un labbro, conscia della sciocchezza che gli era sfuggita dalle bocca: era vero che per loro, per la maggior parte di loro  la vita non era cambiata nel sapere se il tradimento di Alessandro era stato vero o solo una finzione, ma quasi tutti non significava tutti.

[“Come ha potuto, Boss? Come ha potuto non dirmelo? Sapeva che qualunque segreto con me sarebbe stato al sicuro. Dio, conosco più segreti io di questa maledetta famiglia che tutti i capi che ci sono stati! E tu, Alessandro, figlio di puttana, perché non mi hai detto niente? Perché mi hai mentito? Perchè hai infierito con quella puttanella?”
“ Io..”]

Lucio non gli aveva lasciato finire la risposta, si era lanciato in avanti e lo aveva colpito con un pugno. Poi c’era stato un altro e un altro ancora e ancora e ancora, sempre più deboli e caotici, mentre Alessandro fermo come una statua accettava ogni colpo senza difendersi, senza muoversi.
Solo quando aveva visto Lucio tremare come una foglia al vento, quasi cadere a terra, aveva aperto le braccia e l’aveva stretto a sé, mentre l’altro continuava a colpirlo prima di crollare sulla sua spalla macchiandola di lacrime.

[“Mai più, promettilo”
“Mai più. Te lo giuro, Lucio”]

Lucio l’aveva fissato negli occhi come a cercare la menzogna in quegli occhi tanto amati, per poco tempo odiati, ma nonostante tutto ancora troppo verdi e l’aveva baciato.

[“Mio.”
“Si”]

Quando Lucio divenne grande scoprì di avere paura del buio, scoprì che l’oscurità non era qualcosa di confortante neppure con la più pesante tra le coperte, ma che ciò non gli importava: lui aveva qualcosa migliore di una sciocca trapunta, aveva un caldo mare color smeraldo.
 
 
 



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Come già detto questa storia è parallela a quella raccontata in KHR, ma in realtà l'ultimo avvenimento si intreccia con la storia più ampia in scrittura su Tsuna e Co, ma ora non è importante...
Spero che la storia vi sia piaciuta e che seguite anche le altre <3
 
   
 
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