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Autore: Il_Coso    24/03/2011    4 recensioni
Che tempo fa, là fuori, mentre leggete? Piove? O c'è il sole? O magari è nuvoloso, o c'è vento, o nevica?
In questa storia conoscerete gli Agenti climatici: la timida Neve, o la irosa Burrasca... ma soprattutto scoprirete la storia di Pioggia e di Sole, in gara per conquistarsi una promozione nel Ministero del Tempo Metereologico. La vincerà Sole o Pioggia? O magari capiranno che in palio c'è qualcosa di più importante dell'ambizione personale?
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come quando piove e c’è il sole

Come quando piove e cè il sole...

 

 

Vi siete mai posti delle domande profonde?

Della serie: che cos’è l’amore? Oppure: perché a volte una mezzora sembra durare secoli, mentre altre volte un’ora scivola via in un attimo?

Da dove arrivano i nostri sogni? E gli incubi?

Perché sembra che nelle “giornate no” capitino tutte a noi? Esistono davvero delle “giornate no”?

Ma soprattutto: perché, perché, le fette biscottate cadono sempre dalla parte spalmata di marmellata?

Se mai vi siete posti queste domande, dovete sapere che il mondo sensibile che vediamo non è altro che un prodotto, il frutto del lavoro di centinaia di impiegati che lavorano continuamente per garantire che le cose sulla terra vadano avanti: che il tempo scorra così e cosà, che sogniamo il brufoloso della 1°C piuttosto che il figo della 5°A, che venerdì 17 ci si rompa il cellulare, la fotocamera, ci si buchi la ruota della bicicletta e prendiamo anche quattro in latino, matematica e fisica. O qualsiasi materia ci sia il venerdì.

Ebbene sì, anche che la fetta biscottata cada sul tappeto preferito di nostra zia, quell’unica volta che la andiamo a trovare.

Quegli impiegati non hanno una vita facile, poveracci. Lavorare in uno qualunque dei Ministeri comporta un impegno non indifferente...

Non ci credete?

 

Quello del Tempo Cronologico, ad esempio, ha non poche difficoltà a distribuire il tempo ad ogni persona, animale o oggetto, perché alla fine c’è sempre qualcuno che si lamenta: “Sono morto troppo presto! Avevo solo settantatré anni, dopotutto!”

 

Anche quello dei Sogni ha il suo bel daffare, a spostarsi continuamente per restare sempre al buio, di notte; se si trovasse in una zona serale o, Dio non voglia, diurna, entrerebbe nel campo degli Uffici “Sogni ad Occhi Aperti” e “Sogni da Pisolino”, che notoriamente fanno rapporto per qualunque minima infrazione. E, quindi, tenere un intero Ministero sempre in movimento non è cosa da poco.

 

Il Ministero dell’Astronomia di solito è molto tranquillo, si limita a far spostare le costellazioni con decisione e precisione (“Che si è messa in testa, la Vergine, ad avvicinarsi così tanto ad Orione? Qui scatta la multa!”), ma spesso si ritrova in conflitto d’interessi con il Ministero dell’Astrologia: ”Perché avete fatto mettere Marte lì? Adesso dobbiamo cambiare tutto l’oroscopo dei Gemelli!”

 

Non parliamo poi dei Ministeri delle Stagioni e dei Mesi, dove si litiga sempre con quello dei Bioritmi: “Siamo a gennaio? Ma se sembra che sia maggio! Ehhhh, non ci sono più le stagioni di una volta!”

 

Insomma, un bel casino davvero. Ma tutto ciò non è lontanamente paragonabile a quello del Ministero del Tempo Meteorologico, dove non regna mai un clima rilassato. E questo non è un gioco di parole…

 

***

 

Quel giorno, Pioggia era molto speranzosa – cosa incredibile, se riuscite a figurarvela.

Voci di corridoio dicevano che avrebbe avuto di lì a poco uno dei lavori più importanti dell’anno, qualcosa come un acquazzone ininterrotto per un mese e mezzo di fila.

-Ci pensi?- aveva squittito Nuvola, non appena l’aveva saputo. –Un mese e mezzo! Il Ministro dev’essere proprio soddisfatto di te! Vedrai che la promozione sarà il prossimo passo!-

Pioggia aveva sorriso e le aveva detto che erano solo voci, e che chi prestava orecchio a queste informazioni non fondate non era un buon Agente Climatico. Poi ovviamente lei era stata la prima a crederci: sapeva dare ottimi consigli, ma seguirli era un altro paio di maniche.

Fatto sta che un certo giorno di inizio febbraio a Pioggia arrivò un messaggio da parte della segretaria del Ministro, che le intimava di sbrigarsi a raggiungerla per ricevere degli ordini; stava accompagnando Neve alla macchinetta del caffè, ma non esitò a correre su per le scale per conoscere il motivo di questa chiamata, anche se, come sappiamo, una mezza idea se l’era fatta. E probabilmente avrebbe conservato il proprio buonumore fino alla presenza del Ministro, se davanti alla porta del suo ufficio non si fosse scontrata con Sole.

Sole era, senza usare, mezzi termini, bello. Un classico: capelli biondi, viso sempre sorridente, occhi color–del–cielo–senza–una–nuvola; era anche intelligente, cosa che non guasta mai. Ve lo immaginate?

Ecco, Pioggia lo odiava.

Non per invidia, sia chiaro, anche lei era bella, con il suo viso chiaro, i capelli scuri e l’aria assorta; scrittori di mediocri fanfiction direbbero anche che “aveva le curve al posto giusto”.

Ma lo detestava, per la sua superbia e perché voleva sempre impicciarsi ovunque; tutte le volte, e dico tutte, che lei o un qualunque altro agente dell’Ufficio Precipitazioni avevano un lavoro, Sole se ne stava sempre lì dietro a fare capolino non appena un Vento soffiava anche solo un po’, ed era subito pronto a mettersi in mostra non appena Pioggia, Neve, Nuvola o Grandine concludevano il turno. Lo faceva persino se c’era Burrasca, che si arrabbiava molto facilmente.

-Ciao!- la salutò lui, con un sorriso. Già detto che sorrideva sempre?

-Ciao- rispose Pioggia, diffidente. –Che ci fai qui?-

-Non lo so, immagino che il Ministro avrà del lavoro per me.- Era incredibile come riuscisse a far sfavillare il proprio sorriso anche mentre parlava.

-Mmm.- disse lei, cercando di mantenere un tono neutro.

Nel frattempo arrivarono fuori dall’ufficio del Ministro, davanti alla scrivania della signorina Termometro, che scattò subito in piedi.

-Alla buonora! Dico, vi ho fatti chiamare due minuti fa! Complimenti, siete riusciti a far irritare il Principale… Pioggia, entri prima lei. Sole, lei aspetti qui fuori.-

Pioggia entrò subito.

Il Ministro era seduto su una di quelle sedie da ufficio, girevoli e con le rotelle. Aveva un sigaro stretto tra le labbra ciccione, un completo scuro che aveva visto tempi migliori e gli occhi che lanciavano faville. Tutto questo gli conferiva un’aria piuttosto intimidatoria. Soprattutto gli occhi-con-faville.

-Pioggia!- disse –Lei è in ritardo! Spero che ne sia dispiaciuta!-

-Immensamente dispiaciuta…-

-Lo spero bene. Ora mi ascolti. È al corrente del lavoro che Tempesta sta portando avanti da quasi trenta giorni sulle coste danesi?-

Pioggia annuì. E chi non ne era al corrente? Tempesta era l’idolo di tutto l’Ufficio Precipitazioni, e aveva ricevuto un’operazione lunga un mese da portare a termine. Quello sarebbe dovuto essere l’ultimo giorno per il suo incarico.

-Bene. Lei deve andare in missione speciale, proprio oggi, al posto di Tempesta. Non sta bene, e mi ha fatto sapere che non può andare a lavoro.-

Pioggia ebbe la brutta sensazione di non aver capito bene.

-Cosa? Sostituire? Ma… tutto il Ministero parla di quel lavoro da un mese e mezzo! In Danimarca ci mandi Sole…- ma si zittì. A parte l’occhiata assassina del Ministro (nessuno osava parlargli così, mai), Pioggia aveva all’improvviso capito perché quel giorno era stato convocato anche lui.

Mentre si alzava, scusandosi, e usciva, incrociò per un attimo Sole, sorridente come sempre.

Solo che, questa volta, il suo sorriso pareva più che altro un ghigno.

 

A Copenaghen pioveva. E sfido io: lì c’era Pioggia.

Ma non era quel tipo di pioggia dolce e leggera che poteva ispirare i pittori o i poeti; non era neanche quella pioggerellina maliziosa che faceva stare rintanati e abbracciati gli amanti, e li spingeva a… insomma, avete capito. No, era una Pioggia depressa, perché dopo un sacco di aspettative era stata così tanto delusa…

-Ehi, basta! Piove da un mese intero, non credi che sarebbe anche ora di finirla? Il metallo si corrode, sai?- le urlò petulante la Statua della Sirenetta, dal suo scoglio.

Nonostante l’irritazione, Pioggia la ignorò.

Si chiese perché fosse toccato proprio a lei. Non era forse stata un’Agente ligia e coscienziosa? Non aveva sempre lavorato duro, a bagnare in lungo e in largo, senza mai discutere o lamentarsi? Perché doveva capitare a lei, quella sfortuna?

Ma era davvero solo sfortuna? Anche gli umani probabilmente la pensavano nello stesso modo, ma lei sapeva bene che se capitava a un uomo un imprevisto, in un Ufficio qualcuno l’aveva approvato in qualche fascicolo. Tra tutti i Ministeri, quello della Malasorte era uno dei più importanti (e litigiosi) e Pioggia non si sarebbe fatta problemi a credere che ne esistesse un altro, più importante (e quindi più litigioso), i cui impiegati distribuivano a lei, Neve, Nuvola, a tutti i Gradi e i Venti e, perché no, anche a Sole, la loro dose di disgrazie.

Era così strana l’idea che esistessero dei Ministeri Superiori, che gestissero il destino degli impiegati dei Ministeri che lei conosceva?

Ma se fosse stato così, ci sarebbero stati dei Ministeri Ancora Superiori, che organizzavano gli eventi di quelli Superiori?

E allora, anche questi ne avrebbero avuti altri, e così via, all’infinito… era possibile, anzi no, era anche solo immaginabile una così vasta serie di Ministeri…?

Pioggia si chiese da quando in qua faceva delle inutili elucubrazioni. Era sempre stata una tipa molto pratica.

Altro che sfortuna, destino o Ministeri: era stato Sole a convincere il Ministro ad avere quel posto, lusingandolo, facendo il lecchino o con qualche altra tecnica simile. Pioggia non aveva mai fatto la lecchina in vita sua, ma voi che non avete la testa tra le nuvole di certo saprete quanto è importante imparare a fare il lecchino come si deve.

Si decise a parlare con Sole: avrebbe messo le cose in chiaro, e gli avrebbe intimato di impicciarsi solo dei propri affari, d’ora in poi. Era sicura che quel lavoro sarebbe dovuto essere suo: era stato Sole, per forza, a far cambiare idea al Ministro. Doveva solo aspettare la fine del proprio turno di lavoro, per andarlo a cercare. E insultarlo, senza dubbio.

E se la Statua Della Sirenetta si fosse corrosa ancora un po’ nel frattempo, beh, non erano certo fatti suoi.

 

-Ehi, Sole.-

Sole stava pigramente sospeso su una vasta regione dell’Italia. Il suo riflesso brillava sul metallo, i fiori facevano capolino dall’erba, e il calore scaldava le persone; tutto l’insieme metteva allegria. Pioggia doveva ammetterlo: Sole sapeva fare bene il proprio mestiere.

Anche se questo non giustificava il suo pessimo carattere.

Lui le si avvicinò.

-Che ci fai qua?- le chiese.

-Non ti preoccupare, non sono venuta a rubarti il lavoro. Sono venuta solo per parlarti…-

-Proprio ora? Qui c’è gente che si dà da fare.-

Aveva un tono troppo compiaciuto, e a Pioggia non piacque per niente. Così scoppiò.

-Che faccia tosta! Questo lavoro te lo sei arruffianato, lo so benissimo, cosa credi? Lo sanno tutti che è da anni che fai da lecchino al Ministro per prenderti i lavori migliori! Abbi almeno la decenza di non sembrare così soddisfatto!-

Sole la guardò sgranando gli occhi, quasi sconvolto, sembrava che Pioggia lo avesse davvero colpito. Almeno stavolta non sorrideva.

-Va bene. Se vuoi ti dirò la verità. Vuoi ascoltarmi?-

Pioggia non se l’aspettava.

-Io… cioè, che…-

-La verità è che lo faccio per gli uomini. Non è per la mia ambizione personale.-

Una scusa peggiore di questa Pioggia non l’aveva mai sentita, anche perché non aveva alcun senso; ma, prima che potesse ribattere, Sole continuò.

-Lo faccio per far star meglio loro. Per farli sentire allegri, o felici. Diciamocelo, il Ministero delle Emozioni non è mai stato un granché, e negli ultimi tempi non riesce più a sostenere il peso del proprio lavoro, io cerco solo di dare una mano.-

Okay. Uno a zero per Sole: per quanto riguarda le Emozioni nessuno poteva dargli torto: era un Ministero estremamente litigioso ed estremamente sciatto, come sapevano tutti. Ma a parte questo, cosa mai voleva insinuare quel ragazzino? Glielo chiese. E lui si fece una risata.

-Non ti ricordi di quando ho cambiato la mia settimana in Turchia, per quei due giorni che aveva Tormenta sulle Alpi? Nessuno se ne è mai accorto, ma per quei due giorni di sole si sono salvati dei bambini: erano in gita in montagna e se ci fosse stata Tormenta sarebbero finiti in ospedale per il freddo. E quella volta che sono andato a disturbare il lavoro di Burrasca? Sembrava che le volessi solo dare fastidio, ma era per non far perdere a un gruppo di pescatori il lavoro di due notti. E ho fatto cose così tante di quelle volte… Di questo, te ne sei mai accorta? O del fatto che nei giorni soleggiati l’Ufficio del Buon Umore registra i picchi più alti di serenità, ne accennate mai, quando al Ministero mi parlate alle spalle?-

Pioggia non sapeva cosa dire. Sole era sempre sembrato così viscido, desideroso di fare carriera e mettersi in mostra; anche a costo di non rispettare le decisioni del Ministro. Non aveva mai dato l’impressione di un essere profondo.

Ma soprattutto quello che aveva detto aveva dell’incredibile: pensare agli uomini? E perché mai? Tutti sapevano che bastava fare il proprio lavoro con decisione e precisione. Occorreva ordine. Occorreva obbedienza. Che senso aveva pensare? Non so se qualcuno di voi l’ha mai fatto, ma, se è vi è già capitato, di sicuro saprete in quanti guai potete cacciarvi per aver pensato.

Piaggia lo sapeva (non per esperienza personale, ovviamente), e per questo non lo faceva mai. E non capiva perché dovesse farlo lui.

Però…

Era indecisa, e Sole lo vide. Le tese una mano.

-Vieni, ti faccio vedere.-

Non doveva afferrarla: avrebbe voluto dire dargli ragione, e questo avrebbe voluto dire arrendersi. Calo dell’autostima, rabbia repressa, depressione, senza contare la multa per aver piovuto senza permesso… ma nello stesso tempo, la libertà di scoprire la felicità degli uomini. Cosa fare? Voi, cosa fareste?

(Vi avevo avvertito su quanto sia pericoloso pensare!)

Ma in realtà, la questione era piuttosto semplice… A malincuore, lei afferrò la mano, e scese sul mondo degli uomini.

 

Si stava bene, incredibilmente bene. Non era diverso da tutte le volte che rimaneva sospesa a piovere per lavoro… eppure lo era. Profondamente.

Sole le sorrise e le indicò questo e quello, i ragazzi che potevano andare agli allenamenti di calcio, le rondini che cominciavano a costruire i nidi per la primavera, gli anziani che borbottavano passeggiando, le coppiette che uscivano tra la gente solo per il gusto di cercare un luogo solitario dove appartarsi…

Pioggia non capiva. Non significava certo che lei portava tristezza! E la consolazione che dava alle persone tristi? E la dolcezza delle gocce d’acqua che battono sulle finestre la domenica mattina? E la frescura tanto sospirata dalla terra, la tranquillità delle serate piovose, la struggente bellezza dell’acqua che cade dal cielo? Non erano cose altrettanto importanti?

-Guarda, piove e c’è il sole insieme!- disse una ragazza a un ricciolino che le stava accanto. Il ricciolino aveva chiaramente un’aria stralunata, probabilmente ascoltava da un bel po’ la ragazza parlare di cose assurde, ma a questa uscita i due si guardarono e scoppiarono a ridere.

-Tu, da sola, fai cose incredibili, e io anche- bisbigliò Sole –ma se non fossimo stati insieme, quei due non avrebbero mai riso, e non si sarebbero mai innamorati…-

-Si sono innamorati grazie a noi? Ci vuole così poco per innamorarsi?-

-Si. È facilissimo.-

Si guardarono.

E Pioggia seppe che aveva ragione.

 

***

 

Passarono i mesi, grazie all’apposito Ministero, e passarono gli anni. A lavoro era tutto come al solito. Non possono essere solo due persone innamorate a far cambiare le cose.

Ad esempio, la litigiosità di tutti era sempre la stessa.

La fatica del lavoro anche.

Il rigore del Ministro, esasperante, pure.

Il numero degli Impiegati no.

Eh no, c’era un nuovo piccolo Agente Climatico: era vivace, e si chiamava Arcobaleno… e come potete immaginare era il figlio di Sole e Pioggia.

Piaceva a tutti, perché aveva quella bellezza che solo i neonati possiedono, ma soprattutto perché lui sapeva far ridere. Lui metteva di buonumore. Cioè, lo guardavi e sentivi una voglia irresistibile di sorridere: magico, direbbe qualcuno, e qualcuno lo disse sul serio, tanto sembrava incredibile.

Ma in realtà non era tutto questo granché, chiunque potrebbe farcela, basta rialzarsi sempre dopo essere stati tirati giù dal temporale. L’ideale sarebbe non cadere per nulla, ma tant’è.

Non si possono far sparire i temporali, ma con determinazione tutti potrebbero resistere a qualunque uragano: è sufficiente cacciarli quel po’ che basta a vivere in pace. Un po’ come quando piove e c’è il sole.

 

 

 

 

 

 

 

Ufffffffff, che faticaccia questa storia! Giusto una notizia: ci ho messo mesi per scriverla. Mesi. Pomeriggi e serate intere passate a scrivere al pc, e anche qualche mattinata di scuola in cui avrei dovuto fare una ricerca su San Marino. Ma va beh.

Tutto ciò nasce da un giorno in cui io e un’amica commentavamo un pomeriggio di sole (anche se lei non se lo ricorda); dopo un po’ lei ha detto qualcosa della serie “si, oggi quando vado su Efp scopro che hai postato una fic allegra per festeggiare!”. Non l’ho fatto allora, ma lo faccio adesso. (in ritardo come mio solito)

Spero che la fic vi piaccia, anche se so che non è venuta granché bene. Non è specificatamente comica, come non è né romantica né nient’altro, ma spero di avervi fatto divertire almeno un po’… le recensioni sono sempre gradite, qualunque sia il loro contenuto, ovviamente! Alla prossima storia!

Il_Coso

 

P.S.: questa è la prima fic che pubblico con il nuovo nick, festeggiamo!

  
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