Non Chiedermi Niente
Hannah. Sì, era lei che
era mancata più di tutti.
Gli era mancato il suo
dubbio gusto in fatto d’abbigliamento, la sua timidezza e insicurezza, i suoi
lunghi discorsi che giravano sempre attorno al punto senza mai arrivarci, pieni
di termini dei quali la maggior parte della gente non conosceva nemmeno
l’esistenza.
Il suo considerare la
solitudine non come se fosse un peso, ma una condizione che a volte poteva
anche essere assai piacevole. Diceva che, mettendo le cose nella giusta
prospettiva, avere un po’ di tempo da dedicare a se stessi non era poi così
male. Non era la disgrazia che temeva lui.
Sì, Bright proprio non
capiva che ci potesse essere di bello nel starsene soli. A lui piaceva essere
circondato dal fracasso della gente, chiacchierare ai party sui drammi della
vita con persone che probabilmente non avrebbe mai più rivisto, perdersi nei
baci di una bocca sconosciuta, assaporare la sua pelle, e possedere il suo
corpo per una notte soltanto. Sapendo che la prossima volta entrambi sarebbero
stati con qualcun altro.
Creare legami stabili?
Oh no, non gli interessava minimamente.
Dopo la morte di Colin
si era ripromesso che non si sarebbe mai più appoggiato. A cosa gli serviva un
solo amico, quando poteva spassarsela con una miriade di conoscenti?
Eppure si era ritrovato
a litigare con quello sfigato di New York perché, tra il fatto che si
avvicinavano le audizioni per la Juilliard e l’essere il ragazzo di sua
sorella, l’aveva bellamente trascurato. Che ci trovava poi in quella mocciosa
egocentrica e piagnucolosa era per lui ancora un mistero. D’altronde da buon
fratello maggiore, come ragazzo per sua sorella tra uno spacciatore di droga ed
un pianista in erba preferiva quest’ultimo e quindi aveva avuto il dovere
morale di aiutarli a mettersi insieme.
Una preoccupazione in
meno, visto che nonostante i suoi innumerevoli difetti Ephram era pur sempre un
ragazzo straordinario, il meglio che potesse augurare a sua sorella. A chiunque
in verità.
Ma torniamo a Hannah.
Lui non ci trovava nulla di strano se non voleva che una sua amica si sprecasse
con uno sfigato, era stato lo stesso per Ephram con Madison; tutte le volte che
ascoltava i racconti di quanto lo trattava di merda avrebbe voluto andare a
rifarle quel suo faccione. Così voleva rifare i connotati anche a Topher, che
non era capace di comportarsi da uomo con Hannah…Che c’era di così insensato?
Amy, però, insisteva
notte e giorno che suo fratello era innamorato della ragazza del Minnesota.
Innamorato, che
parolone. Ed anche Ephram ci si era messo, dello stesso avviso della sua amata.
Lui, sebbene fossero poco più di tre anni da quando i Brown erano trasferiti ad
Everwood, lo conosceva meglio di chiunque altro. A volte Bright era convinto
che a forza di leggere manga avesse acquisito qualche potere telepatico. Indi,
se anche lui sosteneva questa opinione, magari poteva essere che fosse la
verità. Solo che Bright non l’aveva mai ammesso a se stesso.
Filava, no?
Per capire cosa
veramente sentisse, quindi, si era presentato sotto il suo porticato. Le aveva
fatto il discorsetto che si era preparato a casa “L’anno scorso, la prima volta
che ci siamo incontrati mi hai detto di essere innamorata di me. Lì per lì, è
stato strano ed imbarazzante. Poi abbiamo cominciato ad uscire come amici, e
all’improvviso ti sei fatta interessante…” e poi, dando un taglio alle
cavolate, l’aveva baciata.
Niente farfalle nello
stomaco, niente brividi giù per la schiena. Niente di niente.
L’aveva attribuito al
fatto che in fondo lui aveva baciato tante di quelle ragazze che ormai era
difficile che si emozionasse per così poco…Ancora perso nei suoi pensieri
l’aveva lasciata partire, senza nemmeno chiederle il numero di cellulare o la
sua e-mail, ed ecco si era ritrovato tutta l’estate ad aspettare che fosse lei
a farsi sentire.
Giusto qualche giorno
prima Ephram se n’era partito alla volta dell’Europa, ragion per cui non aveva
nessuno con cui distrarsi. E da quando a sua madre era stato diagnosticato quel
cancro di voglia di far festa gliene era rimasta ben poca.
Sì, forse con la scusa
di accompagnarci il suo amico sarebbe riuscito ad andarci e magari si sarebbe
anche divertito, ma di sua spontanea volontà gli pareva un vero e proprio
crimine. Per la stessa ragione aveva declinato l’offerta di Ephram in farmacia.
Aveva sentito un fremito all’idea di andarsene con lui a zonzo per l’Europa. Di
starsene mesi SOLO con Ephram. A posteriori, si era ritrovato ad ammettere che
lo aveva esaltato molto più di quel bacio con Hannah.
Ma era lei che gli era
mancata sopra ogni altra cosa. Sì.
Non importava se quella
stessa descrizione di ciò di cui aveva provato nostalgia potesse adattarsi
benissimo anche al giovane Brown. Non era un particolare rilevante se ben
sapendo che si trovava a decine di migliaia di chilometri di distanza, lo
vedeva dappertutto. O se quando guidava il suo furgone rivedeva sul retro la
sua bicicletta, e con un sorriso ricordava di quando lo aveva stuzzicato subito
dopo il fallimento all’esame di guida sul fatto che dovesse prendere al più
presto la patente dicendogli che lui aveva un’immagine da mantenere e non
poteva continuare a dare passaggi ai perdenti di Everwood. Ed era un caso che,
quando vagava senza meta, si ritrovasse a quella vecchia fermata del treno
ormai in disuso o che se si sedesse nel medesimo punto dove lui ed Ephram
avevano considerato che in fondo la loro amicizia era nata proprio su
circostanze piuttosto lugubri.
Sulla morte di Julia
Brown, perché se non fosse mai accaduta, Ephram se ne sarebbe rimasto a New
York.
Sulla morte di Colin,
perché se non fosse mai accaduta, Bright ed Ephram sarebbero rimasti nemici per
sempre. Invece proprio perché Ephram aveva provato il dolore della perdita
sulla propria pelle era stato in grado di essere un sostegno per lui. Se
l’incidente del quattro luglio 2002 non fosse avvenuto lui non avrebbe mai
cercato la compagnia di un tipo del genere.
Uno che rispondeva a
tutti gli stereotipi possibili dell’asociale.
Il piano nell’ultimo
anno era stato un’appendice del suo corpo, e questo faceva di lui un geek.
Quando non era al piano
stava a smanettare sul pc, il che lo rendeva un nerd.
E con i soldi che
spendeva in manga e in action figure ci si sarebbe potuto sfamare un intero
villaggio africano per mesi. E poi sapeva vita, morte e miracoli di ogni
disegnatore…Cos’era se non un otaku?
Bright era stato un
ottimo giocatore di basket ed Ephram non riusciva a palleggiare nemmeno per tre
secondi.
Insomma, non c’era
persona più agli antipodi rispetto a Bright che Ephram. Forse Hannah. Ma Hannah
era una donna, le donne erano un mondo a parte per loro natura, quindi non
contava.
Eppure da quando gli
aveva affidato il compito di tenere d’occhio sua sorella, essendo conscio del
debole che l’altro aveva per Amy fin dal primo giorno in cui si erano fatti
vicendevolmente un occhio nero, erano diventati sempre più inseparabili.
Questo prima che Ephram
si fissasse nuovamente con quel maledettissimo strumento. Anche ora ogni volta
che vedeva un pianoforte gli veniva voglia di prendere una mazza da baseball e
distruggerlo in mille minuscoli pezzettini. Cioè essere messi in secondo piano
per un essere vivente può anche starci, ma per un cazzo di oggetto!
Non lo aveva accettato,
non lo accettava ora e non l’avrebbe mai accettato…Ma forse questo l’aveva già
detto, vero? Be’, ribadire un concetto non nuoce a nessuno.
Tutti con lui lo
facevano, come se a dispetto del suo nome non fosse affatto brillante e avesse
bisogno di sentire più volte le cose prima di afferrarlo.
Tutti tranne Ephram. A
volte gli parlava lentamente, come si fa ad un bambino, ma si trattava più di
un modo d’indispettirlo, non di una seria convinzione che lui non lo capisse.
Naturalmente, quando era diventato lo zerbino di sua sorella si era fatto
leggermente influenzare dall’opinione che lei aveva del fratello, e questo era
stato un altro motivo d’attrito.
Ma ormai era tanto
inutile rinvangare gli amari ricordi quanto riportare in superficie quelli
belli.
Gli rodeva solo che
proprio quando era stato più a portata di mano, quando era stato simile a lui
come mai prima di allora, anche lui solo e senza prospettive future, arrabbiato
con il resto del mondo ad eccezione di Bright…Gli era sfuggito e se n’era
volato a Londra.
Perché lo aveva lasciato
andare, perché non gli aveva detto che aveva bisogno di lui?
Era Hannah che gli
mancava, però, lei e nessun altro.
Chiunque avesse
sostenuto il contrario non lo conosceva affatto. Perché diavolo non doveva
sperare che ogni volta che squillava il telefono di casa, il cellulare suo o
quello di Amy si trattasse di Ephram?
Voleva solo essere
sicuro che fosse vivo e vegeto. Per tutto l’oro del mondo non avrebbe mai
voluto rivivere il sette luglio. Meglio avere costanti aggiornamenti, se non
con chiamate almeno con un SMS.
Dio solo sapeva com’era
stato essere svegliato da sua sorella nel cuore della notte, vedere sullo
schermo il panico dopo lo scoppio delle bombe e sentire l’irreale silenzio
nelle strade…E temere che lui potesse trovarsi proprio laggiù, che avesse
potuto prendere proprio quella linea dell’Underground.
Tanto più che il suo
cellulare non prendeva. Né lui né Amy erano riusciti a dormire, e non aveva mai
atteso tanto qualcosa (forse solo il risveglio di Colin dal coma) quanto la
risposta di Ephram al suo “Ehi? Tutto bene? Non sei più a Londra, vero?”
“Tutto bene, a parte che
qui a Roma si muore di caldo…No, sono partito ieri sera dall’Inghilterra, non
te l’avevo detto?”
‘Evidentemente no, idiota!’
avrebbe voluto rispondergli, ma se l’era risparmiato.
Solo vederlo tornare a
casa tutto intero o almeno sapere che laggiù si trovava bene, era solo questo.
Preoccupazioni più che comprensibili dal momento che si trattava del suo
migliore amico, no?
Per questo non c’era
giorno che non pensasse a lui, anche per i motivi più assurdi come quel
cartellino spiegazzato della Pizza Express, che doveva essere il più caro ad
Ephram visto che non mangiava altro che pizza d’asporto dalla mattina alla
sera. Tutto dovuto ad un’eccessiva apprensione nei suoi confronti. L’avesse
avuto lì con lui, manco l’avrebbe degnato di mezz’oncia delle sue preziose
riflessioni.
Già.
Ed ora aveva visto venti
persone interessate al suo appartamento, ma a nessuna avrebbe dato la camera di
Ephram. Metti che lui fosse tornato? Dove l’avrebbe fatto dormire, nello
sgabuzzino? O nel suo letto?
Spendendo due parole
sulla sua nuova sistemazione, mancavano solo più due cose per renderla
perfetta: un bel televisore al plasma e un frigorifero rifornito. Siccome i
soldi per il televisore non ce li aveva ma dal momento che tutti erano troppo
occupati ad organizzare il matrimonio che si sarebbe svolto tra una settimana,
giorno più giorno meno, per notare la mancanza di qualcosa dalla dispensa in
cantina, perché non fare razzia?
Era sceso di soppiatto,
concentrato sul non fare alcun rumore sospetto. Così concentrato che si era
completamente dimenticato del gradino preferito dai tarli ed invece di saltarlo
come avrebbe sempre fatto, ci aveva posato sopra tutto il suo dolce peso e si
era fatto il resto della scala in caduta libera.
Non aveva nemmeno avuto
il tempo di accendere la luce prima di cadere e doveva aver perso i sensi per
qualche secondo perché la porta era stata chiusa. Probabilmente suo padre aveva
chiesto se c’era qualcuno e non sentendo alcuna risposta, perché lui era
svenuto, aveva tranquillamente richiuso la porta.
C’era una ferita sulla
sua nuca, ed il sangue continuava a fuoriuscirne. Non poteva sapere se fosse
una perdita copiosa oppure no, s’accorgeva solo che non accennava a fermarsi!
Doveva aver preso proprio un bel colpo su quei gradini. Tra l’altro si sentiva
totalmente intontito, con ogni arto del suo corpo che pesava dieci quintali.
Stava morendo? Era
davvero destinato a passare a miglior vita in un modo tanto assurdo?
Non poteva! Se proprio
era venuto il suo momento almeno avrebbe voluto avere accanto…Chi?
Perché gli veniva in
mente proprio Ephram? Avrebbe allietato gli ultimi attimi, l’avrebbe fatto
ridere perfino di fronte alla Nera Signora, e la fiducia che sapeva che Ephram
aveva nei suoi confronti l’avrebbe aiutato ad affrontarla con ostentato
coraggio.
Per quale assurda
ragione cadere nel sonno eterno perso dentro agli occhi del suo amico avrebbe
dovuto essere più auspicabile di perire chiedendosi se Hannah arrivasse almeno
alla terza di reggiseno? O magari pure constatandolo di persona?
Piuttosto avrebbe
bramato appurare se davvero Ephram baciava tanto bene da meritare quelle
continue lodi sul diario di sua sorella. Ne era stato tentato, a volte, giusto
per contraddirla. Ed anche perché aveva delle labbra fottutamente baciabili
quel ragazzo, diciamocelo. Soprattutto quando faceva quel suo mezzo sorriso
strafottente.
Non ne aveva mai avuto
il coraggio, ma ora cosa avrebbe avuto da perdere se non avrebbe visto l’alba
di un domani?
Niente, dannazione!
Ma lui non c’era.
“Bright?” quella che gli
parve essere una voce maschile lo chiamò. Non si era accorto che mentre ponderava
gli ultimi desideri da condannato a morte, qualcuno aveva sceso le scale e si
era chinato vicino a lui. Vide solo degli occhi azzurri illuminati dalla fioca
luce dalla finestrella che dava sul marciapiede. La lampadina doveva essersi
fusa. Accarezzò dolcemente la guancia di quell’ombra “Ephram?”
“Non so se sentirmi
lusingato per poter passare per un giovane di nemmeno vent’anni, o offeso per
poter essere scambiato per il figlio di quello svitato di Brown…” Il tono di
Harold era seccato, ma sulle sue labbra si era disegnata la parvenza di un
sorriso.
L’aveva aiutato ad
alzarsi e l’aveva portato in cucina, mentre blaterava su che tale fortuna era
stata che LUI avesse deciso di scendere in cantina PROPRIO in QUEL momento.
Poi, grazie al cielo, era andato a recuperare la cassetta del Pronto Soccorso
in bagno e l’aveva lasciato solo.
Solo a ridere di se
stesso per aver potuto scambiare suo padre per il suo migliore amico. O per
aver sempre continuato a ripetersi che Hannah era più importante di quest’ultimo,
quando in realtà se fosse dovuto morire seduta stante sarebbe stato lui che
voleva avere al suo capezzale.
E le risate si erano
presto trasformate in lacrime, per il dolore della sua assenza.
Quanti ricordi della loro amicizia all’improvviso in quelle
stanze…Quella
stessa cucina in cui lui sedeva adesso, era stata teatro di più d’una delle
loro cene, dei reciproci racconti delle loro odissee amorose. Non riusciva più
a sopportarne il peso acuto nel silenzio.
Meglio buttarsi fra le
braccia di Hannah, quando lei fosse tornata. Not-So-Bright non doveva
complicarsi la vita correndo dietro a delle chimere.
“Bright? Tutto a posto?”
Suo padre lo aveva riportato alla realtà. Se solo fosse potuto scomparire tutto
con un battito di ciglia.
“No, e non chiedermi
niente.”
Perché niente esisteva.
Perché Lui non c’era.
*Le righe in corsivo
sono state rimodellate da quelle della canzone dei Subsonica che da il titolo
alla fanfic:
Quanti ricordi all'improvviso in queste stanze
Non riesco più...Io non riesco più a sopportarne il peso
acuto nel silenzio
[Continuando a fissarci nel sole a non chiederti niente...]
Perché niente esiste
Non chiedermi niente
Perché non ci sei.
(Lyrics rights to Subsonica)