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Autore: samek    24/03/2011    5 recensioni
[Dogma] Dopo tremila anni di assenza da casa, è difficile non deprimersi.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La serratura produsse un cigolio stridente, quando Bartleby infilò la chiave e la ruotò, entrando in casa

Fandom: Dogma;

Pairing: Bartleby/Loki;

Rating: Pg;

Beta: nessuna, la frutta marcia è tutta da lanciare a me .__.

Genere: Angst, Introspettivo, Romantico (?).

Warning: Pre-Slash;

Words: 701 (fiumidiparole)

Summary: Dopo tremila anni di assenza da casa, è difficile non deprimersi.

Note: È ambientata prima degli eventi accaduti nel film. Scritta per la sesta settimana della COW-T di fiumidiparole e maridichallenge, Team Maghi – Missione 1: Nostalgia.

 

DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù

 

Far From Home

 

Il fumo uccide. Ma la vita mica scherza

 

La serratura produsse un cigolio stridente, quando Bartleby infilò la chiave e la ruotò, entrando in casa. Olio, doveva metterci un po’ d’olio, Loki non faceva altro che ricordarglielo.

«Sono a casa!» annunciò, cercando la presenza dell’amico. «Ehi, non hai idea di cosa mi è successo oggi, c’era questa bambina all’aeroporto…» iniziò a raccontare, ma s’interruppe quando si accorse che nessuna risposta era giunta al suo saluto e che la TV era spenta.

«Ci risiamo» sbuffò, dopo aver teso le orecchie per qualche secondo ed aver riscontrato che l’appartamento era completamente buio e silenzioso.

A differenza di lui, a cui piaceva osservare la gente negli aeroporti, Loki era capace di trascorrere ore intere nei parchi, ancora più di quando si attaccava alla televisione a guardare le sue orrende soap spagnole. A volte si dimenticava perfino di rientrare a casa, ma Bartleby era certo di dove trovarlo: ai giardini pubblici a due isolati da lì.

E, infatti, nemmeno quella volta si era sbagliato. Nonostante fosse ormai notte fonda, l’altro angelo stava ciondolando pigramente su una delle altalene, con il viso rivolto verso il cielo stellato.

«Sei riuscito a contarle tutte?» domandò Bartleby accostandosi a lui, la ghiaia del vialetto che scricchiolava sotto le sue scarpe nere.

«Ti ricordi com’era?» gli chiese invece l’amico.

«Cosa?» replicò l’interpellato, non riuscendo a seguire i suoi voli pindarici, anche se – riconoscendo quel particolare tono di voce – né aveva una vaga idea.

«Casa» preciso, infatti, Loki. E lui sapeva che non si riferiva affatto al loro piccolo ed incasinatissimo appartamento a due passi da lì.

Bartleby sospirò. In quei momenti si odiava, si detestava per averlo portato a festeggiare dopo la strage dei primogeniti d’Egitto, per avergli parlato dei propri dubbi, per averlo spinto a riflettere e a “consegnare le dimissioni”, si odiava perfino per avere avuto compassione per gli umani; nessuno ne aveva avuta per loro, quando erano stati buttati giù.

Lo raggiunse alle spalle e lo abbracciò, stringendolo a sé nell’unico conforto che potesse dargli. Era bello il suo amico, biondo e con il viso dolce con il quale gli angeli venivano sempre raffigurati, faceva girare la testa a tutte le donne. Ma Dio non aveva concesso loro nemmeno quello, erano asessuati come bambolotti e non avrebbero mai potuto sperimentare il piacere dell’amore carnale.

«Se non ricordassi il Paradiso, non mi mancherebbe così tanto» rispose infine, poggiando una guancia sui suoi capelli.

Loki era il più positivo tra loro, ma anche il più fragile. Malgrado fosse nato per portare la collera divina, non era in grado di sopportarla. Lui, invece, era un Grigori – un dannato Osservatore! – assisteva a tutto con distacco ed avrebbe dovuto calcolarlo. Ma non l’aveva fatto e tutto era andato a puttane.

«Sono passati tremila anni, Bartleby. Ho paura di dimenticarlo. Cosa succederebbe se lo dimenticassi? Se dimenticassi com’era stare al cospetto di Dio?» lo interrogò disperato.

In quel momento – e non per la prima volta – lui provò l’intenso bisogno di chiedergli scusa, di inginocchiarsi davanti a l’amico e supplicarlo di perdonarlo per tutto il resto delle loro vite eterne. Eppure non l’aveva mai fatto e non l’avrebbe fatto nemmeno adesso.

«Se potessimo farlo,» rispose invece «sarebbe tutto più semplice. Con il tempo la nostalgia di attenuerebbe e con essa il dolore. Ma siamo angeli, siamo immortali, e non dimenticheremo mai».

Loki chinò il capo e si aggrappò alle sue braccia, stringendole tanto forte da far male. Forse stava piangendo. Bartleby non ne era certo, ma gli concesse quel momento di debolezza, restando in silenzio.

Amico, fratello, compagno… non riusciva nemmeno ad immaginare come sarebbe stato vivere senza di lui. Quella punizione era già abbastanza orribile così, ma non sarebbe mai riuscito a sopportarla da solo; era egoista da parte sua, ma così stavano le cose.

«Su, andiamo dai» lo esortò, quando l’altro si fu calmato un po’. «Torniamo a casa».

«Quella non è casa» ribatté Loki, lasciandosi tuttavia tirare in piedi.

«Già, ma non è poi così male, no? E oggi esce la nuova puntata di quella schifezza che ti piace, no? Com’è che si chiama… Desperados?» lo blandì Bartleby, cingendogli le spalle con un braccio.

«Desesperada» lo corresse l’altro, incamminandosi con lui verso il loro appartamento.

Non era il Paradiso, ma era un posto tutto loro, e questo bastava. Poi c’era perfino l’aria condizionata.

 

FINE.

 

¹. Citazione di Alfredo Accatino.

   
 
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