Il computer è saltato di nuovo. Recentemente è stato il mio compleanno ed i miei mi hano regalato un magnifico schermo piatto per il mio bimbo, ma ovviametne non potevo godermelo... Seeeeeee, la vita sennò sarebbe stata troppo facile altrimenti. Il destino infingardo, ha voluto che il giorno prima mi si sfondasse definitivamente la scheda madre... Non potete capire i salti di gioia -_- . Avrei spaccato ogni cosa, e non sapevo nemmeno dello schermo... Figuriamoci come ho reagito quando mi sono vista davanti questa meraviglia. ç_ç Oggi me lo hanno ridato... l'ho acceso, e non funzionava niente! Son riuscita non si sa come a salvarmi quello che mi serviva e alla fine è definitivamente e nuovamente morto. Adesso scrivo con un pc (anche se mi sembra esagerato definirlo tale), che mi ha misericordiosamente prestato una mia amica. Arranca, scatarra, è vecchio e quando si accende apparare una schermata con su scritto: "ti prego, poni fine alle mie sofferenze", ma, hey! E' un pc! mica possiamo sputarci sopra. Cooooomunque, ho fatto questo discorso per dire che su questo coso non si visualizzano i css (chi conosce l'html, sa di cosa parlo), quindi ora vado a postare, ma non ho idea di come si visualizzerà il capitolo.
Detto ciò:
Buona lettura.
•Capitolo 21
Quella dannatissima pioggia non li aveva colti impreparati, ma
uscire fuori dal cinema e veder cadere secchiate d’acqua in
piena estate e proprio durante una giornata speciale come quella, era
stato comunque un colpo basso.
Si era fatto pomeriggio tardo, il film era durato più del
previsto, comunque Kaede era più che intenzionato a non
rientrare subito all’ospedale.
La vista di un grazioso locale proprio davanti al cinema, gli fece
venire una buona idea.
Si voltò un momento verso la testa rossa e bassa vicino a
lui.
Sakuragi era piuttosto abbattuto, e non poteva dargli certo torto:
quello era il primo giorno fuori dall’ospedale da parecchio
tempo.
Afferrò con poca gentilezza il braccio del compagno e lo
trascinò frettolosamente attraverso la strada, fino ad
entrare nel locale.
Il posto era decisamente affollato, e si chiedeva se fossero riusciti a
trovare un posto a sedere libero.
Dopo un po’ di gomitate tra i tavolini, riuscirono finalmente
a trovarne uno molto piccolo libero.
Kaede vide che una coppietta di liceali aveva puntato il loro stesso
tavolo, ma uccidendolo con lo sguardo, fece arretrare il ragazzo e
prese possesso degli unici due posti liberi rimasti.
Sakuragi, subì un po’ passivamente il tutto,
dispiacendosi anche per i piccioncini totalmente zuppi, mentre loro due
erano più o meno asciutti.
Una cameriera si avvicinò con aria sorridente, ma sfinita.
Aveva in mano due menù che poggiò in fretta sul
tavolo, e poi se ne andò subito dopo aver salutato
sbrigativamente i due nuovi clienti.
-Non guardi il menù?- Chiese il moro all’altro,
notando che quest’ultimo, era rimasto a fissare il tavolo,
senza dire una parola.
-Ah già!- Trasalì il rosso, risvegliandosi dai
suoi pensieri. E subito prese il menù cercando di capirci
qualcosa, anche se continuava a leggere la prima riga senza capirci
nulla.
La cameriera, tornò trafelata, ma sempre sorridente.
-Cosa ordinate?- Chiese con un tono dolce e professionale.
Kaede aspettò che il compagno di squadra ordinasse, ma
notò che Sakuragi era da tutt’altra parte con la
testa.
-Ci porti due menù A, per favore- Il numero 11
ordinò per tutti e due, sicuro che il menù A
potesse andar bene; in fondo dalle foto sembrava buono.
Una volta che la cameriera, si allontanò di nuovo in tutta
fretta, Hanamichi si riprese ed urlò convinto:
-Io prendo un menù A!- restò interdetto, quando
notò che ad ascoltarlo c’era solo la kitsune, che
tra l’altro stava spulciando un volantino sul tavolo e non
badava a lui.
Con aria indifferente Rukawa lo informò che la cameriera se
ne era già andata.
-Ma che maleducata, non ha aspettato la mia ordinazione! Ora mi alzo e
glie ne dico quattro!- Protestò animatamente il rosso
facendo per alzarsi.
Rukawa prontamente lo afferrò per un polso e lo trattenne.
-Ho ordinato io per te, ho preso il menù A.- Disse
tranquillo, ritornando poi a leggere il volantino.
Hanamichi si rimise mestamente a sedere, senza sapere come dovesse
sentirsi in quella situazione.
Tutta questa storia si stava rivelando sempre più strana,
quindi incoscientemente si imbambolò di nuovo,
finché la cameriera non arrivò di volata con le
ordinazioni su di un enorme vassoio.
Rukawa pagò, esattamente come aveva fatto per il cinema.
-Lascia perdere; per me ci penso io!- Tentò inutilmente per
la seconda volta di fermarlo Hanamichi, che di certo con le volpi non
voleva avere debiti.
-Do’aho.- Rispose semplicemente Kaede, prendendo lo scontrino
dalle mani della cameriera.
-Ripetilo se hai coraggio maledetta volpe!- Esclamò
indignato il rosso.
Kaede fu sollevato nel vedere che l’altro aveva riacquistato
un po’ di tempra.
-Do’aho- Ripeté senza battere ciglio.-Non sei
uscito con dei soldi- aggiunse.
Hanamichi si ammansì. Era vero: non aveva niente con se
oltre gli abiti, che per giunta non erano nemmeno suoi.
Mentre mangiavano, o meglio: Kaede mangiava e Hanamichi scarabocchiava
con uno stecchino il ketchup sul suo piatto, il moro chiese
d’impulso
-Ti sei divertito?-
Hanamichi sobbalzò alla domanda: non se
l’aspettava.
-E’ stato bello giocare a basket.- Rispose flebilmente.
A Kaede questo non bastava, e si chiese da quando in qua era diventato
così avido di parole.
-Allora perché hai quell’aria sconsolata?-
Rincarò, deciso a capire perché il compagno era
così giù.
Hanamichi mugugnò qualcosa, a metà tra un ringhio
ed un lamento. Tacque un momento, e poi borbottò di nuovo
qualcosa.
Kaede rimase ad aspettare pazientemente che i circuiti di quel
do’aho ricominciassero a collegarsi.
E dovette aspettare un bel po’, perché il rosso
non sembrava riuscire a cominciare il discorso. Apriva bocca per
parlare, ma prima di emettere un qualsiasi suono, la richiudeva
perplesso.
-Mi chiedevo una cosa- Si decise a spiegare, ma si interruppe di nuovo.
E il moro, nuovamente aspettò.
-Mi chiedevo perché mi hai sorriso.- Disse con aria di chi
aveva ricevuto un torto.
-Perché tu mi hai sorriso per primo- Rispose Rukawa come se
fosse la domanda più stupida che gli fosse mai stata rivolta.
-Si, ma tu non sorridi mai.-
-Io sorrido se ho motivo di farlo.- Replicò nuovamente la
volpe, sentendosi quasi oltraggiato da un simile commento.
–Il fatto che non sorrido spesso, non significa che io non
sia capace di farlo.- concluse ingoiando una patatina fritta.
Hanamichi cercò di replicare, ma non sapendo che altro dire,
morse il suo cheeseburger.
-E’ buono- Considerò poi, giusto per non stare
zitto e sopportare quell’orribile ed imbarazzante silenzio.
In effetti era vero: non era detto che la kitsune non sorridesse mai,
solo che lui non l’aveva mai visto prima di quel giorno.
Però poi ad Hanamichi venne in mente un’altra
domanda.
Era una domanda molto importante che non aveva alcuna voglia di fare.
Non voleva in alcun modo ritornare sull’argomento, ma doveva
sapere, altrimenti tutti quegli strani pensieri e strani sogni fatti in
quei giorni non avrebbero mai avuto fine.
Dopo qualche attimo di indecisione e vari ragionamenti su come
introdurre l’argomento, sospirò e si fece coraggio.
-Perché mi hai baciato?- Chiese infine.
Kaede quasi si strozzò con il sorso di thè, che
per metà finì nel suo vassoio.
Il moro ci mise un po’ a riprendersi dallo sfiorato
soffocamento.
-Ma ti sembrano domande da fare a uno che sta mangiando, razza di
deficiente?-Lo sgridò alterato Kaede.
Ma Hanamichi non rispose, si limitò a tenere lo sguardo
imbronciato, fisso sul suo panino a metà.
Rukawa cercò di incamerare l’aria persa poco
prima, nei polmoni.
-Mi sembra di avertelo già detto.- Rispose tra un colpo di
tosse e l’altro.
-Voglio sapere la vera ragione!- Esclamò Hanamichi in un
borbottio, non più tanto sommesso.
-Era QUELLA la vera ragione, do’aho!- Rukawa questa volta fu
glaciale.
-Vuoi davvero farmi credere che tu SARESTI davvero innamorato di me?-
Kaede stava cominciando davvero ad incazzarsi. Sakuragi non lo guardava
nemmeno negli occhi, quindi afferrò con decisione il mento
del rosso sollevandogli poco garbatamente la testa e costrinse entrambi
ad affrontare i loro sguardi.
-Io SONO davvero innamorato di te!- Rispose, con una luce intensa negli
occhi, determinato a far entrare in quella zucca vuota, quel facile
concetto.
Hanamichi arrossì violentemente e spinse via la mano
dell’altro.
-Me ne rivado in ospedale!- Comunicò deciso Hanamichi,
alzandosi il più velocemente possibile dal tavolo.
-Aspetta, chiamo mio padre- Gli rispose altrettanto in fretta Rukawa,
tornando freddo e distaccato come il suo solito.
-AL DIAVOLO!- Sbraitò il rosso, uscendo in fretta e furia
dal locale, attirando su di se tutti gli sguardi dei presenti.
Kaede raccolse lo zaino e si affrettò a seguirlo.
Hanamichi camminava con passo veloce, e Rukawa si limitava a seguirlo
alla stessa andatura.
Di quel ritmo, arrivarono all’ospedale abbastanza rapidamente.
Nelle orecchie di Hanamichi, la pioggia che batteva
sull’asfalto stava diventando insopportabile.
Aveva il cuore a mille e poteva percepire dietro di lui la presenza
della volpe, e questo lo mandava in bestia più di quanto
già non lo fosse.
Non poteva essere vero! Lo stava prendendo in giro, sicuramente.
All’entrata dell’ospedale però Hanamichi
scoppiò. Si fermò di colpo e si girò
-PIANTALA DI SEGUIRMI! NON VOGLIO VEDERTI MAI PIU’
RUKAWA!-intimò bruscamente il rosso al suo inseguitore.
Rukawa fece solo altri due passi e si fermò. Protese una
mano in avanti, come per fermare l’altro, ma tutto
ciò che vide era la schiena di Hanamichi sparire dentro
l’entrata principale dell’ospedale che non gli era
mai sembrata tanto imponente e lontana.
Spossato, affranto e sconfitto si accasciò pesantemente su
di una panchina fradicia del cortile dell’ospedale, e
sospirò cercando in tutti i modi di trattenere la rabbia e
la tristezza.
Rukawa era furibondo, infreddolito, abbattuto e zuppo fino alle ossa,
ma soprattutto, per la prima volta dopo anni, sentiva gli occhi
bruciare dalla voglia di piangere.
In più, la pioggia che gli picchiettava prepotente addosso,
non aiutava.
Era abituato a sentirsi solo, ma lo scroscio delle auto che investivano
con violenza le pozzanghere e quel dannatissimo cielo torbido come un
pomeriggio invernale, intrisero il suo cuore di pura desolazione.
Kaede non era tipo da arrendersi, ma non era nemmeno uno stupido.
Probabilmente era davvero ora di smettere di illudersi definitivamente.