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Autore: Arkadio    23/01/2006    13 recensioni
Dopo "Semplicemente una promessa..." nel pianto, nella sofferenza, nell'amore. (Ex Atto d'amore, cambio titolo per coerenza su quello che è successo con elyxyz^^)g
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Harry/Ginny
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Corro velocemente, fissando le bianche pareti che mi circondano, cercando un appiglio, un luogo che mi ricordi in particolare

Eccomi qui con la mia nuova fic.

Sinceramente? È un lavoro scritto di getto, che mi ispira tremendamente. Ma di cui voglio i vostri pareri, anche solo per queste poche righe. Se piace continuo. Se no continuo lo stesso. Ma le vostre recensioni mi aiuterebbero molto.

È un POV (Point Of View)di Ginny, che è difficilissimo rendere al meglio, ma che mi da soddisfazione. Ovviamente il pairing è il mio preferito: Harry&Ginny.

Questa potrebbe a buona ragione essere considerata il seguito di “Semplicemente una promessa…”, l’altra mia fic. Non è necessario leggerla, ma se lo farete vi calerete di più nella parte.

Credits e ringraziamenti nel secondo capitolo. Purtroppo, siccome voglio scriverla bene, controllerò bene ogni capitolo e ne posterò uno ogni sabato, tranne ovviamente questo^^. Mi tornerà più comodo. Sarete avvisati di ritardi^^

Ora basta, iniziamo. In fondo è solo un’altra storia.

 

Prologo

A light came from Darkness

POV Ginny

 

[crawling in my skin
these wounds they will not heal
fear is how I fall
confusing what is real

Crawling – Linkin Park]

 

Corro velocemente, fissando le bianche pareti che mi circondano, cercando un appiglio, un luogo che mi ricordi un particolare.

Nulla da fare, il San Mungo mi ha sempre messa in soggezione, sin dalla prima volta che ci misi piede. Ricordo ancora il giorno in cui mamma entrò piangendo in camera nella casa di Sirius, sussultando e lacrimando parole che assomigliavano a un: “Papà è in ospedale…”.

Era al reparto lesioni magiche, appena morso da Nagini.

Ancora una volta avevi salvato qualcuno.

Arrivo correndo all’ascensore, che aspetto ansiosamente. Nella mano che stringo convulsamente c’è un foglietto di carta a cui mi appoggio come un condannato si appoggia alla grazia, come un malato si appoggia alla panacea.

Perché è questo quello che martorio nella mia mano. Una medicina dal male che mi sta divorando da tanto, troppo tempo.

Oppure è semplicemente un modo in cui conoscerò meglio l’inferno.

Anche se è difficile conoscere il reame di Lucifero come lo conosco io. In questi ultimi tre anni l’ho visitato in lungo e in largo. Se contassi le ore di pianto non arriverei mai alla fine.

L’ascensore finalmente arriva, io entro e rileggo il pezzo di carta, leggendo, sviscerandolo fino in fondo. Cercando un qualche significato secondario che non avevo ancora trovato. E che speravo di non trovare.

Ma volevo.

Era semplicemente troppo bello per essere vero.

Premo il pulsante numero 4 e l’ascensore comincia a muoversi lentamente.

Troppo lentamente.

Batto i piedi a terra per l’impazienza, un gesto che mi fa sorridere.

Sembro una bambina, sembro ancora a scuola, sono appena quattro anni che è finita, ma sembra sia passata un’eternità.

Tante ferite non hanno ancora avuto il tempo di rimarginarsi, e tante ancora non lo faranno. Le mie notti sono ancora tormentate da capelli rossi sorridenti e da visi saccenti.

Ma in particolare da occhi di smeraldo, contornati da un cielo stellato, testimone di una promessa mai mantenuta.

L’unica che non hai mai mantenuto in vita tua.

Le porte dell’ascensore si aprono, e una figura conosciuta mi sorride.

“Ciao Ginny…”

“Luna!”

L’abbraccio.

Luna Lovegood era diventata Medimagus al San Mungo, reparto lesioni magiche, dove erano ricoverati da anni anche i genitori di Neville.

È scritta di suo pugno la luce che stringo nella mano.

Non ci siamo viste molto ultimamente. Troppi impegni, troppo diverse.

Troppe ferite comuni, ricordarsele a vicenda con la propria presenza sarebbe doloroso, troppo.

Mi sciolgo da quell’abbraccio fraterno.

“E’…”

Lei sorride con fare saccente.

“Stanza 36, è una singola. Muoviti.”

Senza nemmeno guardarla prendo a correre lasciando cadere quella speranza concretizzata. Non potevo vedere Luna che raccoglieva quel foglietto, lo leggeva e faceva scorrere una lacrima sul viso contornato da borse, testimonianza di pianti dolorosi.

Tutti soffrono. Lucifero non aveva risparmiato a nessuno il tour per le sue terre.

“Forse sarebbe stato meglio se non fossi stato trovato.”

 

Ginny, Harry è vivo, o quasi. È ricoverato al quarto piano del San Mungo. Mi troverai li se vuoi. A presto

 

Luna.

 

 

  
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