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Autore: I Walk With Shadows    25/03/2011    5 recensioni
Non avevano capito neanche loro bene cos'era successo: erano ragazzini, giovani, soli e indipendenti.
Genere: Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Max Green , Ronnie Radke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: questa storia non è scritta a scopo di lucro e quindi non rompete i coglioni, grazie.

 

For everyone.

 

 

Just a boy who wanna sing this song.

 

Quando era piccolo suo padre l'aveva portato in città a vedere una banda che marciava.

Ronnie aveva poco più di cinque anni. Suo papà lo teneva per mano, ed era splendido: lo smoking nero dava un tocco di eleganza che non era abituato a vedere, la cravatta rossa era il tocco finale.

Di solito suo padre non si vestiva esattamente bene, di professione faceva l'artista, e con le sue mostre aveva sempre guadagnato molto: ma da quando la mamma era partita, pensava Ronnie, non lo aveva visto più dipingere.

Erano usciti da poco dalla chiesa, circa quando le campane erano suonate e aveva visto sua zia correre verso suo padre, in lacrime, e abbracciarlo. E vedeva ora oltre l'orizzonte quella macchina nera allontanarsi sempre di più, e si chiedeva dove stesse andando.

Ma suo padre gli parlava, e lui tentava di ascoltare, ma non capiva! Il fruscio del vento tra gli alberi, il rumore della parata e i borbottii della gente coprivano la voce di suo padre, che per quanto poco la potesse sentire era rotta e flebile.

Eppure la frase che disse alla fine la intuì: “perchè un giorno ti lascerò come un fantasma nell'estate per entrare nella Parata Nera”.

 

E fu strano, perchè quell'estate la macchina nera tornò, e la parata la vide con suo fratello, che lo teneva per mano anche lui con la voce rotta e flebile, ma senza vedere papà.

 

 

Poi gli anni avanzavano, e più Ronnie cresceva, più capiva che la sua vita non aveva un senso. Era rimasto orfano da piccolo, cresciuto con suo fratello e una giovane tutrice, che era stata così gentile con loro da dargli una casa, una famiglia.

Las Vegas era molto tranquilla il mattino: l'odore di tabacco, alcol e marijuana si sentivano ancora vagamente, d'altra parte era domenica, e passeggiando per le strade di quella città non si poteva pretendere di non sentire quegli odori: il sabato sera Vegas era pieno di persone, non importava se vecchie o giovani, uomini o donne.

Ronnie ora stava andando in bicicletta da mezz'ora circa. Era primavera, il vento gli attraversava velocemente i capelli lunghi e neri. Sorrideva, il sole splendeva in cielo e nessuna preoccupazione, nessuna ansia era all'orizzonte.

Fu allora che la bici si scontrò contro un sasso e Ronnie cadde con la faccia a terra e ferendosi le mani. Si alzò sanguinante, con parecchie ferite sulle guance, e corse nel bar più vicino per medicarsi.

Perchè Vegas era asfaltata? Se non lo fosse stata ora non si sarebbe tagliato le guanciotte, così tenere e morbide! I quindici anni in cui si erano sviluppate erano andati ufficialmente a puttane.

In quel momento entrò un ragazzo. Non ci fece molto caso all'inizio, anche perchè lui non gli rivolse la parola appena entrato. Fu quando Ronnie smise di curarsi le guance che, girandosi di scatto, si scontrò col giovane.

Ora, Ronnie era scontroso di natura: era cresciuto senza nessuno affianco, se non Mike, suo fratello, aggressivo pure lui, e la tutrice Mary, che pur essendo buona e gentile era arrivata troppo tardi per educare i ragazzi ad essere come lei. Perciò il suo primo impatto fu quello di mandare a cagare il ragazzino, ma quando se lo trovò davanti restò come pietrificato da quegli occhi grigi, e si sentì penetrato nel profondo, come se l'altro riuscisse a leggere il suo passato, presente e futuro, come Ronnie riusciva a leggerlo nei suoi.

-Uhm, scusa, ero... ero distratto- si giustificò l'altro: aveva un naso all'insù e schiacciato, e sulle labbra carnose c'era un piercing rotondo.

-Niente, è stata colpa m...

-Ehi, ma io ti conosco! Sei nella mia scuola!

-Oh, dici davver...

-Cosa ti sei fatto alle guance? Vieni con me, ho dei cerotti nella borsa di basket. Comunque io mi chiamo Max, tu?

-Ronnie, grazie.

 

Max aveva un anno in meno di lui, frequentava i suoi stessi studi, parlava molto e rideva in un modo strano. Aveva una voce non ancora cambiata, sorrideva pensando ai ragazzi e era indifferente davanti alle ragazze.

Ed era la rivoluzione di cui Ronnie aveva bisogno. Lo sapeva già quel pomeriggio primaverile in cui Max gli medicò le ferite, e continuò a crederlo durante le giornate scolastiche, i pomeriggi passati fuori e le serate in cui erano chiusi in casa a mangiare popcorn, vedere film horror, dire stronzate e piangere dal ridere.

Poi successe che mentre Max rideva, senza accorgersene, si avvicinò troppo a Ronnie, così tanto da sentire il suo respiro sulle labbra e, successivamente, quelle dell'amico sulle sue.

Non avevano capito neanche loro bene cos'era successo: erano ragazzini, giovani, soli e indipendenti. La madre di Max era in camera da letto a dormire, avrebbe potuto svegliarsi da un momento all'altro e beccarli, eppure non se ne curarono e continuarono, spensero la televisione e continuarono, Ronnie lo fece sdraiare e continuarono.

Fu allora che capì di essersi innamorato.

 

Ma ora sono passati dieci anni, Ronnie è davanti al suo computer, su twitter, e vede cosa Max cerca di dirgli per scusarsi. E no, non ci riesce, da qualche tempo tutti i suoi ricordi continuano a tormentarlo, dal funerale di sua madre al primo giorno che vide Max.

E quasi ride nel vedere quanto dopo quattro anni di falso odio Max lo ami ancora.

Forse sarebbe giusto perdonarlo: ogni umano fa degli errori, e gli dovrebbe essere data un'altra chance, un'altra possibilità. Il problema è che lui non ha semplicemente sbagliato, ha persistito nell'errore, talmente tanto da spezzare il cuore al più grande.

E no, non lo perdonerà, per quanto ci provi, per quanto prima si convincesse che quei litigi non lo avrebbero mai ferito.

Quando erano insieme sapevano entrambi che avrebbero avuto tutto il mondo, ma ora? Ora cosa succederà, se staranno separati?

Andranno avanti, come sempre.

 

Do or die, you'll never make me

Because the world will never take my heart

Go and try, you'll never break me

We want it all, we wanna play this part

I won't explain or say I'm sorry

I'm unashamed, I'm gonna show my scar

Give a cheer for all the broken

Listen here, because it's who we are

I'm just a man, I'm not a hero

Just a boy, who had to sing this song

I'm just a man, I'm not a hero

I! don't! care!

We'll carry on

We'll carry on

And though you're dead and gone believe me

Your memory will carry on

We'll carry on

And though you're broken and defeated

Your weary widow marches on

 

{My Chemical Romance; Welcome to the Black Parade

 

 

***Walks' Angle.

No, ok, questa è la peggiore. Mi sto vergognando altamente di averla pubblicata quindi non vi sorprendete se fa altamente cacare.

E' che ultimamente vedo che ci sono molte giovani (parlo io che ho quasi 14 anni, lol) Mannieste nuove, volevo dar loro il benvenuto e dire loro di rispettare colei che è qui da più tempo, è da quando ho undici anni che scrivo donnine.

Detto questo, grazie alle 2 anime pie che avranno il coraggio di dirmi che ciò è decente, ringrazio chi leggerà e bla bla bla.

La Walks commenta solo i post degli Avenged (??).

 

Peace, love and Mannie. ♥

Walks.

  
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