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Autore: Patta97    25/03/2011    5 recensioni
Questa FF è sorta da delle semplici domande: come si sono rincontrati Harry e Dudley? Come l'hanno presa? E le loro nuove famiglie?
E così, ho iniziato a rispondermi ed è venuto su questo: a voi il parere!
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dudley Dursley, Famiglia Dursley, Harry Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Si Materializzò a qualche isolato da casa sua, voleva camminare e pensare. Era stato strano, rincontrare Dudley e aveva bisogno di schiarirsi le idee. Rientrò in casa che era mezzanotte passata. Prese dal frigo una Burrobirra, la bevve tutta d’un sorso e, rincuorato, salì in camera da letto. Ginny stava dormendo, i lunghi capelli rossi sparsi sul cuscino. Harry si spogliò e si sistemò sotto il lenzuolo, constatando che faceva molto caldo. Diede alla moglie un piccolo bacio sulla fronte, prima di addormentarsi.
Quando si svegliò la mattina dopo, Harry era solo nel letto. Dal piano di sotto provenivano le voci di Ginny e dei suoi figli. Il mago si alzò, si lavò la faccia e scese le scale, entrando nella grande cucina, da dove arrivava un buon odore di pane tostato e miele. Nemmeno a dirlo, James e Albus stavano litigando per qualcosa che assomigliava molto a un “non mi passi mai la marmellata”. Harry sospirò e si sedette a capotavola, osservando per un attimo Ginny, che stava tenendo d’occhio del bacon sul fornello con fare fin troppo concentrato.
- Buongiorno! – disse, spalmandosi un po’ di confettura d’arance su una fetta di pane tostato.
I ragazzi interruppero il litigio per esclamare un “’Giorno, papà!”. Ginny continuava ostinata a fissare il bacon nella padella.
- Ieri sera non sei tornato per la cena, papà! – lo accusò un’insonnolita Lily, in una pausa tra un sorso di latte e l’altro.
Ginny si irrigidì, mentre il bacon iniziava ad annerirsi.
- Sì, hai ragione, tesoro – disse Harry alla figlia, con un piccolo sorriso. – Avevo bisogno di una passeggiata -.
- Peccato che avevi detto che “uscivi solo per un’oretta” – esclamò Ginny, facendo preoccupare Harry: quando usava quel tono era in arrivo una sfuriata.
- Sì, bé… ho perso la cognizione del tempo… - si scusò Harry, arrampicandosi sugli specchi.
- E si può sapere che facevi, Harry James Potter, mentre “perdevi la cognizione del tempo”? – quasi ringhiò Ginny.
- Andiamo! – disse in fretta Albus, ingoiando la sua fetta di pane tostato e spingendo fuori dalla porta un affranto James, che adorava le sfuriate della madre, specialmente quando non erano rivolte a lui, e una preoccupata Lily, che non sapeva se pentirsi di quello che aveva detto al padre o meno.
Harry si alzò da tavola, andando verso la moglie e, prendendola per le spalle, la guardò dritta negli occhi.
- Sono andato a trovare mio cugino Dudley – ammise il mago, in un sussurro.
- Oh – sospirò solo Ginny, togliendosi di dosso le mani di Harry e facendo sparire con un colpo di bacchetta il bacon nero nella padella, ormai immangiabile. – Il… quel tuo cugino Babbano? Quello che ti picchiava? – chiese, sollevando un sopracciglio.
- Sì… bé, eravamo solo dei ragazzini… -.
Ginny annuì, poco convinta, guardandolo strano.
Passarono dei minuti, Harry si sedette, ricominciando a spalmarsi la marmellata d’arance sul pane.
- Scusa, Harry – mormorò infine. – Sono stata un po’ precipitosa nell’accusarti, solo che non torni mai tardi la sera, se non per il lavoro ed era sabato, ieri… -.
- Non ti preoccupare, Ginny – la interruppe il marito, dolcemente, ma tenendo lo sguardo da un’altra parte. – Non… non potevi sapere, ecco – concluse. Poi lasciò il pane tostato sul tavolo, la fame gli era totalmente passata. Fece per sparecchiare, ma Ginny lo interruppe.
- Faccio io, non ti preoccupare… - lo rassicurò. – Tu, sei vuoi, puoi andare a fare una passeggiata -.
Il mago annuì e aprì la porta socchiusa della cucina, facendo perdere l’equilibro a tre canagliette appostate ad origliare. Lanciando ai figli un’occhiata che assomigliava più a un occhiolino che a uno sguardo di rimprovero, prese il mantello dall’appendiabiti all’ingresso e uscì nella mattinata scura e nuvolosa. Si Smaterializzò senza pensare e si ritrovò a Hogsmeade, davanti alla Testa di Porco.
Sospirando affranto, aprì la porta del sudicio pub e si sedette a un tavolo. Aberfort, dietro al bancone, intento a pulire con uno straccio un bicchiere, gli fece un cenno, che Harry ricambiò.
- Una Burrobirra, Aberfort, per favore… - chiese il mago. L’altro annuì.
Mentre beveva, i nervi di Harry si rilassarono e, quasi nello stesso istante, fuori iniziò a piovere a dirotto. A Harry quella pioggia ricordò un pomeriggio di molti anni prima…
…Era in una stanza del numero 4 di Privet Drive e aveva otto anni. Osservava avido ogni mossa del cugino, che stava giocando con uno dei suoi allora alla moda giochi al computer. Gli zii erano usciti per andare a fare una visita a degli amici, nonostante il maltempo, perché “ormai avevano preso un impegno”, e Dudley era voluto a tutti i costi rimanere in casa, non prima però che zio Vernon avesse promesso a Harry che se non lasciava in pace il figlio gli avrebbe torto il collo.
Dudley allora, tranquillo, aveva sistemato il suo sederone su una sedia a ruote davanti al computer e aveva iniziato a giocare, lasciando che Harry lo guardasse, perché questi più soffriva vedendo che Dudley avesse cose che lui poteva al massimo sognare meglio era.
- Lasci giocare un po’ me? – era la domanda che era scappata dalle labbra di Harry.
Dudley aveva messo in pausa e si era voltato verso di lui, un sorriso cattivo sul volto.
- Scordatelo! - era stata la risposta, accompagnata da un sorriso cattivo.
Harry per la rabbia, inconsapevolmente, aveva spento con la magia il computer, facendo perdere al cugino la partita, non salvata.
Dudley allora, senza ragionare, sapendo solo che, in qualche strambo modo, era colpa di Harry, s’era avventato su di lui, dandogli un pugno sul naso. Quella fu la prima volta che a Harry si ruppero gli occhiali. Il maghetto aveva cercato di dargliele a sua volta, ma era riuscito solo a parare i colpi successivi. Dopo un po’ i due bambinetti, ansanti, si erano lasciati cadere sul pavimento, Harry che si massaggiava il naso sottile, Dudley le braccia simili a prosciutti.
- Sei cattivo! – erano state le parole che erano rimbombate nella piccola stanza, quasi coperte dal suono della pioggia battente sui vetri dell’unica finestra. Contrariamente a quello che si può pensare, a pronunciarle non era stato l’indifeso Harry, ma l’aggressore Dudley.
Il maghetto era rimasto stupito per un istante, poi si era seduto in ginocchio sul pavimento della stanza e aveva fissato gli occhi chiari del cugino.
- Come hai fatto? Ti va sempre tutto meglio, a te! – aveva continuato Dudley, imperterrito quanto inspiegabile.
Harry lo aveva fissato a bocca spalancata.
Dudley aveva sbuffato, spazientito dal fatto che il cugino sembrava troppo tardo per capire.
- Io posso solo privarti dei giochi al computer, delle partite di calcio in TV, delle fette di torta più grosse… ma invece tu… tu… - il bambino aveva preso un bel respiro prima di esclamare, balzando in piedi, in tono d’accusa – Tu le piaci! -.
- Piaccio a chi, scusa? – aveva chiesto Harry, alzandosi pure, sentendosi vulnerabile.
- Lo sai di chi parlo! – aveva detto Dudley, stringendo gli occhi porcini. Ma, dopo aver guardato la faccia sempre più stranita del cugino, si era reso conto che non stava capendo nulla.
- Ti ricordi di quella bambina che si messa davanti al nostro cortile, tre mercoledì fa, mentre noi due eravamo fuori? Quella coi capelli rossi, le lentiggini e il viso sporco di fuliggine… - aveva spiegato Dudley.
Harry, felice di averci finalmente capito qualcosa, aveva annuito.
- Bé, era con quella signora cicciottella, coi capelli rossi pure lei, che poi è sparita… e scommetto che ti ricordi che è accaduto dopo! – aveva accusato nuovamente.
Harry, che ormai aveva ricordato tutto, aveva annuito di nuovo.
La bambina rossa, che non poteva avere più di sei anni, si era messa di fronte a Harry e, ignorando del tutto Dudley, che guardava rapito i riflessi vivaci dei suoi capelli, aveva fissato senza alcun ritegno ogni centimetro del suo viso, per soffermarsi poi sulla sua strana cicatrice a forma di saetta. Harry aveva cercato di guardare altrove, ma gli risultava difficile, con quella che lo fissava insistentemente. Dudley aveva provato senza alcun successo a fare amicizia, ma lei aveva continuato a ignorarlo, aveva occhi solo per Harry. Quando la madre di lei era riapparsa magicamente, aveva anche lei rivolto un sorriso svelto al volto magro del maghetto, per poi prendere per mano la figlioletta e allontanarsi. Una settimana dopo, sempre di mercoledì, la scena si era ripetuta e anche quello dopo. La bambina sporca di fuliggine lo aveva fissato con i suoi caldi occhi marroni, come se volesse controllarlo, con aria stranamente solenne, un sorriso sul volto lentigginoso, facendo orecchie da mercante alle timide domande di Dudley che, ormai era evidente, si era preso una bella cotta. Quel giorno, in cui di solito gli zii uscivano a sbrigare qualcosa fuori e i due cugini scendevano in cortile, però, pioveva.
- Oh! – aveva detto Harry.
- Già, “oh”, dici tu! Chissà che ci trova in te e in quella! – aveva detto Dudley, indicando la cicatrice di Harry. – Sei magro e con gli occhiali… sei uno sfigato! – aveva borbottato il giovanissimo Babbano, sedendosi nuovamente sulla sedia e sprofondando così tanto da far arrivare il naso un po’ simile a un grugno al livello dei braccioli.
- Tu potrai anche privarmi dei giochi e delle fette di torta, ma io quella rossa me la sposo! – aveva detto Harry, in un tono che non era suo e che, anche se non lo sapeva, assomigliava terribilmente a quello del padre, quando parlava di Lily Evans.
Dudley lo aveva fissato, incredulo.
- Abbiamo otto anni, non te la puoi sposare! – aveva detto Dudley, imbronciato, protestando.
- Ma cresceremo! E io la troverò e la sposerò! -.
Quell’idea era venuta a Harry dal nulla, ma, osservando la faccia di Dudley, si era detto che stava riuscendo bene.
- Non puoi! – aveva esclamato il Babbano.
- Sì, invece! – aveva concluso Harry, fissandosi le unghie di una mano. – A meno che… -
- A meno che? –
- A meno che tu non mi faccia giocare al computer per un anno intero! – aveva osato Harry. Ma, vedendo le minacciose nocche del cugino paurosamente vicine e scricchiolanti, aveva ridimensionato i suoi propositi.
- Ovviamente ci alterneremo! Io tre partite al giorno e per tutto il resto del tempo giocherai tu! Pensaci… potrai conquistare la tua rossa fuligginosa senza avere questa – e si indicò la cicatrice – in mezzo -.
Dudley aveva annuito e i due bambini, cugini, il mago e il Babbano, Harry e Dudley, si erano stretti la mano, con aria fin troppo solenne per quei visetti infantili…
…L’ennesimo sorso di Burrobrirra riportò Harry adulto alla realtà. La bambina dai capelli rossi, dagli occhi marroni, dal viso lentigginoso pieno di fuliggine non si era più fatta vedere, ma aveva appena capito perfettamente di chi si trattava… 
  
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