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Autore: Bitter_sweet    25/03/2011    7 recensioni
“Sei vivo” Zoro sorride a quelle parole. La mente vola indietro nel tempo, ripercorre velocemente i due anni che li hanno visti separati fino a giungere lì, a quel ricordo vivido nella mente -è ancora lì, assieme agli altri-.
[Attenzione SPOILER: dopo il riassemblamento della ciurma, anche se ci sono pochi riferimenti]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Le illeggibili'
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E rieccomi con l’ennesima One-shot.

Che si può dire? È il seguito del seguito, del seguito, del seguito di Hide and Seek. Ok, mi sto mangiando le parole da sola u.u ma può benissimo esser letta pure in separata sede.

 

 

Dedicata a tutti coloro che sognano…

 

 

 

 

Scar - Percorsi

 

 

 

“Insegnami l’arte della spada!”

Abbassa la testa e stringe i denti. L’orgoglio -gran brutta bestia- lo ha lasciato nascosto, inquieto si dibatte per emergere. Lo ricaccia indietro, i pugni stretti tanto da far sbiancare le nocche delle mani.

Sente lo sguardo tagliente di Mihawk sulla propria figura, lo scruta come se volesse guardargli dentro. Solcare la sua anima in cerca del reale motivo che lo spinge ad una simile richiesta. Ma il motivo, non lo sa nemmeno Zoro il motivo. Ma deve farlo, per se stesso, per la sua nakama, per il suo capitano.

Stringe ancora una volta i denti ricacciando indietro di nuovo l’orgoglio che prepotente, risale annebbiandogli la vista.

Il giornale ha riportato notizie raggelanti. Ed il suo capitano ripone ancora una volta la fiducia in loro, nella sua ciurma così strana, così diversa in ogni suo componente, ma così unita. Due anni. Se lo ripete mentalmente -un mantra senza fine-. Se lo ripete ancora, trae forza da quelle due parole.

Attende, il capo ancora abbassato. Il pavimento di quel castello è gelido ed è un sollievo per lui e le sue ferite.

Rafforzarsi e superare se stessi.

Questo è il suo obbiettivo, lo rincorre da sempre ed ogni volta pone nuovi limiti da superare, arrivando a sacrificare quasi se stesso. Si chiede se il suo sensei avrebbe qualcosa da ridire su questo suo modo di fare. Probabilmente sì. Sorride a quel pensiero -un ricordo lontano-.

“Ehi ragazza fantasma! Sistema le sue ferite!”

Sgrana gli occhi, la testa scatta verso l’alto ad osservare lo spadaccino seduto sullo scranno.

“Il tuo allenamento inizierà quando il tuo corpo sarà risanato!”

Due anni passano in fretta.

 

 

***

 

 

“Eccoci qua…” Franky osserva la Sunny.

Due anni passano in fretta, ma mai come in quel momento quella nave gli è mai mancata così tanto. Nakama. Sorride a quel pensiero mentre la sensazione di essere finalmente a casa si fa largo dentro di lui.

Attorno a lui solo Robin.

È stata la prima, tra i suoi compagni, ad arrivare alla nave, anche se è l’ottava in ordine di arrivo sull’isola.

L’osserva per un attimo, appoggiata al parapetto della nave, i capelli scuri che leggeri si muovono ad ogni alito di vento, le vesti diverse da come le ricordava. Ora, sembra davvero l’archeologa che è in realtà. Più sicura del proprio ruolo, più determinata, più se stessa e non l’ombra sfuocata che una volta ricopriva.

Si chiede quanto i suoi compagni siano cambiati nel corso di quei due anni.

Lui ormai è un adulto, il cambiamento maggiore lo ha avuto il suo corpo, trasformatosi quasi totalmente in ferro. Un cyborg. Mentre i suoi compagni, sono ancora dei ragazzi nonostante più di una volta abbiano dimostrato di essere adulti. Solo un po’ più giocherelloni ed incoscienti. Ma la giovinezza è anche incoscienza.

Alza lo sguardo ed un ombra lo oscura.

Sorride ancora mentre riconosce la figura, cambiata, della navigatrice. Alle sue spalle Usopp e Chopper fanno sentire il loro arrivo.

Chiude per un attimo gli occhi -un leggero pizzicore lo avvolge-. Sorride ancora mentre la Sunny risuona di urla spensierate, tornare indietro col tempo e ritrovarsi ancora lì, tutti assieme. Come se quei due anni non fossero mai passati.

Ora, ne mancano solo quattro.

 

 

***

 

 

Un passo dietro l’altro. Silenzioso cammina lungo il corridoio che lo porta verso il ponte della Sunny. Sta attento, una mano a trattenere lievemente le spade che pendono al suo fianco destro, ad impedire loro di cozzare.

Può sentirlo ancora il russare dei ragazzi. Se ne era dimenticato di quanto rumorosa fosse la notte lì, sulla Sunny. Non che il giorno fosse silenzioso, ma lo divertivano i giochi dei suoi spensierati compagni.

Attento che la porta non cigoli, esce per ritrovarsi nel buio quasi totale. Un paio di lanterne brillano fiocamente appese laddove Franky le ha sistemate. La luce è così flebile che non riesce a sconfiggere l’oscurità degli abissi. Osserva per un attimo attorno a sé, lì, da qualche parte, la bolla che ricopre interamente la nave si estende, come una cupola.

Richiude dietro le proprie spalle la porta, sta ancora attento a non far rumore -la notte risucchia ogni rumore-. Il suono di un violino gli giunge alle orecchie, chiudendo gli occhi può vedere, stampata sulla retina, l’immagine dello scheletro, Brooke, imbracciare il proprio violino e creare quella melodia già sentita -una musica che scorre fluida-. Da qualche parte un lieve ricordo pulsa ma non riesce a collocarlo nello spazio.

Forse era dopo Thriller Bark, o forse era prima di allora, quando ancora solcavano tra le nebbie il mare e dello scheletro non c’era traccia.

Scrolla lievemente il capo e muove un passo. Torna a prestare attenzione alla strada che percorre -conosciuta, sconosciuta-. Anche senza vederci, riesce a percorrere senza problemi le scale, fino a giungere davanti alla porta della cucina.

Si blocca un attimo. Una lieve luce passa dallo spiraglio della porta e la domanda sorge spontanea: chi? Scrolla ancora il capo, non importa chi ci sia.

Cigola appena la porta mentre la apre. La stanza, all’interno, è illuminata da una lampada riposta sul tavolo.

“Ehi” un sussurro.

Zoro alza appena il capo, al di là del bancone in legno c’è la figura della navigatrice. I capelli rossi più lunghi, un maglioncino a coprirle il busto.

“Ehi” risponde. Richiude alle proprie spalle la porta, il cigolio ancora interrompe quel lieve silenzio creatosi.

Chiude fuori il suono del violino di Brooke, chiude fuori l’oscurità del mare, chiude fuori il resto del mondo. Solo loro due -ancora una volta-.

Posa le katane sul tavolo, i tre orecchini tintinnano tra loro ad ogni suo passo. Raggiunge la rossa dietro al bancone. Una bottiglia di rum posta sul legno, una tazza sporca giace nel lavandino. Cerca, tra le tante ante, un bicchiere pulito. Non ricorda mai dove il cuoco li riponga. Una mano sbuca dalle sue spalle e una lieve risata risuona nell’aria.

Nami afferra sicura uno sportello e lo apre scoprendo così che al suo interno ci sono, riposti in ordine, una lunga fila di bicchieri.

Zoro scuote appena il capo mentre allunga il braccio per afferrarne uno. Volta di poco il capo alla sua destra, la navigatrice è ancora dietro alle sue spalle, il braccio teso a tenere aperta la credenza, il sorriso ancora le disegna le labbra.

Capelli lunghi, mossi come le onde del mare che tanto è brava a capire, ma di quel colore acceso -rosso fuoco- così simile ai frutti che tanto ama. Mandarini. Se chiudesse gli occhi gli verrebbe sempre alla mente quel particolare frutto. Quando si tratta di lei, sempre quel frutto gli ritorna alla mente.

Ritira il braccio e Nami richiude lentamente lo sportello. Si appoggia con un fianco al bancone, il braccio sinistro s’intreccia sul petto, l’altro alzato a mezz’aria tiene il bicchiere appena preso.

“Che c’è?” volta di poco il viso Nami, la mano ancora stringe il pomello dell’anta.

Osserva la figura dello spadaccino intenta a fissarla e rabbrividisce appena. I cambiamenti li legge direttamente sul suo volto, sono visibili -cicatrici indelebili- al contrario suo. Ma lo sguardo, quello è sicura che sia rimasto lo stesso.

“Nulla” lo spadaccino scuote ancora il capo, appena, lievemente, come a voler scacciare qualcosa di fastidioso.

Si dirige verso l’altro lato del bancone, la bottiglia è ancora là. L’agguanta ed una generosa parte la versa nel bicchiere. È caldo il liquido mentre scivola all’interno della sua gola, ma anche fresco. Lo disseta come se fosse acqua.

Nami si sposta, cammina piano per non far rumore, ma il ticchettio dei tacchi che porta la tradisce, fa capire al compagno che si sta avvicinando a lui. Gli si affianca, alla sua sinistra e si appoggia con le mani sul bancone.

“Mossa sbagliata” è un lieve mormorio quello di Zoro. Volta il capo quasi totalmente per poterla guardare, l’angolo dove lei si trova è quello per lui più scomodo -punto oscuro-.

“Forse” mormora di risposta lei. Lo guarda appena con la coda dell’occhio, lo canzona col sorriso sulle labbra.

Se ne era accorta. Lo spadaccino in quegli ultimi giorni tendeva sempre a posizionarsi al suo fianco sinistro, un modo come un altro per poterla osservare anche senza doversi girare totalmente.

Alza un braccio, Zoro ora è appoggiato di nuovo col fianco al bancone. La bottiglia chiusa, il bicchiere riposto accanto, vuoto. Con un dito percorre la cicatrice che solca l’occhio sinistro di Zoro. Non la tocca direttamente, pochi millimetri li separa.

Socchiude l’occhio sano lo spadaccino, incrocia ancora le braccia al petto ed osserva attentamente ogni singolo movimento della rossa. Si osservano in silenzio, in quella stanza si sente solo il loro respiro. Ancora, il suono del violino di Brooke rimane fuori, escluso.

“Ne è valsa la pena?” se ne pente quasi subito Nami. Ritira di scatto la mano -scottata dal fuoco-, fa un passo indietro e si appoggia a sua volta al bancone. Uno di fronte all’altro, di nuovo in silenzio.

Un sospiro esce dalle labbra dello spadaccino. Abbassa il capo, gli occhi chiusi, li riapre e rialza di nuovo la testa. Guarda la figura della navigatrice dinanzi a lui. Ha le mani poggiate sul legno e lo sguardo basso, sembra stia osservando ogni singola nervatura che le salta all’occhio, che le stia contando tutte. Nessuna esclusa.

Fa un passo avanti, ricolmando la distanza che li separa.

“Non lo so…” una mano si alza fino a raggiungere una lingua di fuoco, la prende tra due dita tirandola appena. “Ma se questo mi farà arrivare dove voglio, allora sì” lo ammette lentamente. Tira ancora una volta quella ciocca arancione.

La rossa annuisce piano, gli occhi ancora rivolta verso il basso. Alza di nuovo lo sguardo, Zoro è ancora lì, ad un passo da lei, la ciocca tra le dita, lo sguardo fisso su quell’immagine. Si gira e lo spadaccino lascia la presa. Si gira fino a ritrovarsi davanti a Zoro.

Sorride piano.

Due immagini che si riflettono, come se davanti a loro ci fosse uno specchio. Ma il riflesso è diverso, ne mostra uno differente da quello che si aspettano.

Alza ancora una mano Nami, allunga il braccio fino a ricoprire quella distanza che li divide. La posa delicatamente sul viso di Zoro, lo percorre in un tocco delicato -ali di libellula-, ne segue i lineamenti, lo zigomo, il naso, fino a giungere a quella cicatrice -tormento ed incubo-. La ripercorre di nuovo questa volta toccandola, ridisegnandola con il proprio dito indice. La percorre una, due volte.

Lentamente ancora una volta.

Sorride di nuovo. Lo spadaccino chiude l’occhio sano, rimane immobile come una statua, il respiro diventa lieve e costante. Si lascia accarezzare, si lascia delineare. Le braccia rilassate vanno a posarsi una sul bancone al suo fianco, l’altra ricade morbida lungo il busto.

È un percorso. Le cicatrice delineano le vite, scrivono racconti che un estraneo non è in grado di leggere. Entrambi le hanno, entrambi le conoscono e conoscono ciò che vogliono dire.

“Sei vivo” Zoro sorride a quelle parole. La mente vola indietro nel tempo, ripercorre velocemente i due anni che li hanno visti separati fino a giungere lì, a quel ricordo vivido nella mente -è ancora lì, assieme agli altri-.

Non risponde, si lascia ancora cullare da quella lenta carezza. Dischiude appena le labbra e apre l’occhio. Osserva l’espressione serena negli occhi color cioccolata di Nami. Si avvicina ancora un po’ -lo spazio di un sospiro a dividerli-. Poggia lentamente la fronte su quella di Nami, la quale lascia scivolare la mano fino al petto dello spadaccino, la posa sul suo cuore e ne ascolta i battiti, gli occhi chiusi.

Si lascia cullare da quel lento e ritmato battito. Sul suo viso può sentire il respiro di Zoro, fresco e mischiato al rum.

Lo conosce -potrebbe riconoscerlo ad occhi chiusi-.

Riapre gli occhi Nami. Zoro la osserva immobile, la fronte sempre a contatto con quella di lei. Alza la mano sinistra fino a raggiungere ancora una volta una ciocca dei suoi capelli che prende tra le dita.

Chiude gli occhi Zoro quando sente premere le labbra di Nami sulle proprie. È un contatto che dura solo pochi istanti, un semplice sfioramento.

Riapre ancora una volta gli occhi. Lei lo osserva, la mano ancora appoggiata sul suo petto, le fronti ora divise. Lo guarda mentre sente che la mano di Zoro abbandona i suoi capelli per giungere al suo viso. Appoggia il volto su quella mano grande e calda, socchiude appena gli occhi ed inclina di poco la testa.

Si lascia baciare. Ancora le labbra si sfiorano lente, un contatto appena più lungo. Si staccano ancora una volta, ancora una volta si riavvicinano. Si sfiorano piano, nel lieve bagliore della lampada due sagome si fondono.

Due pezzi di un puzzle che combaciano appieno. Si completano, si cercano e si trovano.

Uniti.

Insieme ancora una volta.

 

 

 

Angolino di Bitter:

Non lo credevate possibile vero? Eppure, eccolo qua il seguito, anche se spoiler. Infatti il tutto è dopo che la ciurma si ricompone xD

Che si può dire? Nulla, se non che io sono totalmente fusa, ma neppure questa è una novità.

In ogni caso, se tu lettore sei arrivato fin qui, ti faccio i miei complimenti u.u hai avuto fegato per leggere sta cosa.

 

Ringrazio tutti colori che hanno letto le altre mie ff: Hide and Seek, Per non dimenticare e Breathless.

E soprattutto ringrazio quella santa di Rolo che mi sopporta.

 

   
 
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