Desclaimer: I diritti dei personaggi presenti in questa one-shot appartiene esclusivamente a Naoko Takeuchi, alla GP Publishing per la pubblicazione del manga e alla Mediaset(credo!) per la messa in onda dell’anime su Italia 1. Di mio c’è solo l’idea narrativa che scaturisce esclusivamente dalla mia mente, e per questo vorrei essere avvisata se intendete copiare qualcuna delle mie fanfic sui vostri siti o blog in modo da mettere i crediti relativi. Il racconto è pubblicato per la prima volta sul sito EFP: Il Mio sito di Fanfiction in data: qualsiasi altra piattaforma su cui compare senza i dovuti crediti è da considerarsi copia illecita.
Note al racconto: Questa one shot che vi accingete a leggere è fine a se stessa, non è in nessun modo collegato alle mie precedenti long fic e all’altra mia fan fiction tutte appartenenti alla serie “Unite per l’Eternità”. Spero tuttavia di non rendere banale l’argomento di per se tragico che andrò a trattare nel racconto anche se si tratta pur sempre di un esperimento.
“Dedicata
alle vittime del terremoto che alle
ore 14.45 locali ha Colpito
il Giappone l’11 Marzo
2011” Do
not stop dreaming, never Mamma ho paura. La
terra
trema, il palazzo si muove e il lampadario sembra quasi impazzito dove
sei? Stavo facendo
il mio sonnellino pomeridiano e
ora, ora mi sembra un incubo, vorrei tanto svegliarmi e non ci riesco,
perché questo
non è un incubo, e non sono neanche all’Inferno
perché sono ancora viva, in
grado di provare paura e angoscia. Ti chiamo dalla mia camera e non
rispondi. E
la terra continua a tremare, non vedo l’ora che sia tutto
finito. Vorrei
muovermi scappare ma non posso, non voglio o forse non sono in grado?
Mi sembra
quasi impossibile che la terra possa strapazzarci in questo modo. Dei
calcinacci iniziano a crollare dal soffitto e io non posso fare altro
che
ripararmi con un peluche, il peluche che mi avevate regalato a Natale
tu e il
mio adorato papà. Lo stringo forte, come se potesse
proteggermi con una
barriera fatta a posta per me, come se potesse creare una barriera e
far si che
tu e il mio papà possiate venirmi a prendere. Ma so
già che questo non accadrà perché
siete entrambi fuori per lavoro, tu mamma sei a provare in teatro per
un
concerto che farai tra pochi giorni, te papà eri a
ottimizzare gli ultimi
settaggi della tua moto da corsa. La zia non c’è.
Non mi sente. Ho paura che
sia successo qualcosa di male anche a lei.
Tutto ad un tratto sento un altro fortissimo boato, e
tutto sembra
finire, all’improvviso tutto diventa buio, freddo e umido. Mi
fa male la testa
e sento qualcosa di caldo scorrere sul mio viso ma non capisco
cos’è, vorrei
piangere la gamba mi fa male. Troppo male, e al peluche ora manca una
zampina,
e se anche a me dovesse succedere? Se anche a me dovesse rompersi la
zampina? ** E’
un boato
e tutto trema, tutti sono presi dal panico, e la prima cosa che mi
viene da
fare e dirigermi verso l’uscita del teatro nel più
breve tempo possibile, anche
se è difficile. Camminare è difficile, muovere i
minimi passi su un terreno che
sembra diventato fluido all’improvviso è
estremamente stancante. Ma devo uscire
a tutti i costi, prima che sia troppo tardi. E mentre cerco di uscire
da questa
bolgia penso a te piccolo angelo, a casa con la zia. E mi maledico per
non essere
li a proteggerti da questo massacro, da questo infermo scatenato da
questo
meraviglioso pianeta, che questa volta si sta rivelando il peggiore
degli
assassini. La gente intorno a me urla terrorizzata, sono urla
strazianti, anche
io vorrei urlare, non di terrore ma per quanto sono disperata a saperti
sola a
casa. La scossa così come è incominciata
è finita, proprio mentre io mettevo i
piedi fuori dal teatro dove suonavo, intorno a me sembra un campo di
battaglia,
calcinacci, parti di palazzi e interi pezzi del manto stradale sono
sollevati
come se la terra si fosse alzata di colpo. Alcune macchine sono state
centrate
in pieno dai calcinacci, e ora chiunque stava al loro interno
sicuramente ha
lasciato questa terra. Forse è meglio, lo spettacolo che
appare davanti a me è
desolante. La nostra bella Tokyo che crolla a pezzi per una scossa
sismica. La
città che ha visto crescere me e il tuo papà, che
ha visto nascere il nostro
amore e anche la tua adozione ridotta in questo stato. Stato che
rispecchia
perfettamente il mio cuore in questo momento. Distrutto. Distrutto
dall’incertezza
della vita che ci si para davanti, distrutto dalla disperazione di non
sapere
dove siete finiti te e il tuo papà; e infine distrutto come
i tuoi sogni piccola
mia. Chissà se un giorno questa città
potrà essere come quella che era fino a ieri, se
riuscirà a lasciarsi tutto
questo alle spalle. Ora come ora non credo che sia possibile. Intorno a
me la
folla inizia a dire che c’è un allarme tsunami. Un
maremoto. È strano come a sentire
questa parola mi vengano i brividi, una volta ero io a distruggere un
demone
con la sola forza di un maremoto, con la sola forza del mare che mi
rendeva
sicura. Ma sono passati tanti anni ed è tutta
un’altra storia questa,
impossibile da raccontarti eppure anche te piccola mia eri parte di
questa
forza che ormai si è assopita dentro di noi. Lo stesso mare
che probabilmente
tra poche ore, se non minuti spazzerà via tutte queste
macerie, come aveva
spazzato via in me l’insicurezza di bambina. Mi sento fragile
come una foglia,
vorrei poterti abbracciare, vorrei poter avere te e il tuo
papà vicino. ** La
terra ha
smesso di tremare da poco, e io so benissimo cosa fare, devo cercarti,
devo raggiungervi,
non posso lasciarvi sole in questo posto devastato dalla distruzione.
Quanto vorrei
sentire nuovamente il vento come tanto tempo fa, solo una volta. Il
tempo
necessario per portarmi da te, da voi. Il tempo necessario per salvarvi
dall’onda
che hanno annunciato, ma so già che sarà tutto
inutile. Sarà tutta inutile la
mia corsa contro il tempo per cercare di trovarvi a entrambe, per
potarvi in
salvo da questo incubo che si chiama pianeta terra, per portavi via
lontano da
qui e vivere il nostro sogno di vita. Sembra così strano
parlare di sogni in
momenti come questo, eppure mi sento di nominarli mentre salgo la moto
per
sfrecciare verso casa più veloce che posso, preparata ad
affrontare alcuni
cambi di percorso a causa dei danni provocati dalla scossa sismica. Lo
giuro su
me stessa: fosse l’ultima cosa che faccio vi
troverò. Sfrecciando
in moto leggo lo sconforto, la paura e la disperazione di chi ha perso
tutto e
spero con tutto il mio cuore di non avere la stessa sorte di questa
gente, perché
a me basta perdere voi e
già ho perso
tutto, non avrebbe più senso vivere su questa terra, non
avrebbe senso ricominciare
tutto da zero senza voi due al mio fianco. Vorrei tornare indietro nel
tempo a
quando ancora avevo i miei poteri, ma non posso il tempo delle
battaglie è
ormai finito da un po’. E l’unica cosa che ci
rimane e combattere contro una
vita crudele. Lacrime calde mi scorrono sul viso dietro la visiera del
casco,
ogni minuto è prezioso è il tempo passa
inesorabilmente. Sono sicura che quando
vi raggiungo sarà veramente troppo tardi e l’acqua
avrà cancellato già tutto. ** Qui
sotto è
tutto buio, fa freddo, sento in qualche modo l’aria entrare
per ossigenare la
camera d’aria che si è venuta a creare, ma ho
paura. A cinque anni non posso
andarmene così, non posso lasciarti mamma, eppure il dolore
alla gambe è troppo
forte, non riesco a non piangere mi sembra che un migliaio di punte
accuminate
mi trafiggono la carne, anche Tippete si sente tutto solo qui al buio e
la zia
non è ancora tornata a salvarmi. Sono così
debole, mi viene sonno…o almeno
credo che sia sonno. Mi manchi mamma. ** Mi
dirigo
più veloce che posso verso casa, se tutto va bene e le
strade non sono
danneggiate in meno di venti minuti con passo svelto la posso
raggiungere. Devo
raggiungerla. E’ pur sempre nostra figlia, e non la
lascerò sola, le persone
terrorizzate per me non significano niente. Non sono niente in
confronto al
terrore che deve provare Hotaru ovunque
sia. Inutile chiamare i soccorsi, si perderebbe troppo tempo e in
questi casi
il tempo è tiranno. I soccorsi tarderebbero ad arrivare con
tutti i feriti che
incontro sul mio cammino, chi ha la testa rotta, chi ha un braccio
ferito, e
chi ancora non riesce a camminare perché ha un problema alla
gamba. Dopo tutto
io posso ritenermi fortunata, ma al solo pensiero che loro due non ci
siano più
o che siano gravemente ferite non mi fa tirare nessun sospiro di
sollievo. E’
impossibile. Giungo
presso casa nostra in pochissimo tempo, e lo spettacolo che si apre
alla mia
vista e struggente, metà della nostra casa è
crollata, e la parte in questione
comprendeva proprio la cameretta del nostro piccolo angelo. Corro,
cercando di
non farmi prendere dalla disperazione, e giunta nel giardino vedo
affiorare
dalle macerie un braccio… la carnagione è
leggermente più scura del normale, è
Sidia. La chiamo senza ottenere risposta e mi accorgo poco dopo che
è
ghiacciata. Sono arrivata troppo tardi, sento le lacrime salirmi agli
occhi,
incapace di credere a ciò che sto vedendo, la nostra vita
distrutta come se
fosse un aquilone in balia della furia del vento. Lacrime di
disperazione mi
assalgono mentre crollo a terra esausta per la corsa, e senza sapere
più che
fare. Solo in questo momento tutta la tensione accumulata durante il
disastro
sfocia in un pianto a dirotto. ** Appena
arrivo a casa, la vedo sembra terribilmente indifesa vicino a quelle
macerie, e
così tremendamente fragile da suscitare in me un immensa
tenerezza, è
bellissima anche in questo momento quando è lacerata dal
dolore, non posso fare
a meno di inginocchiarmi dietro di lei e abbracciarla, non riesco a
dire nient’altro
siamo arrivate troppo tardi, troppo tardi per salvare nostra figlia,
troppo
tardi per salvare la nostra migliore amica. Troppo tardi per tutto.
Milena si
stringe forte contro di me, sentire il calore del suo respiro contro di
me mi
rincuora, ancora qualcosa di familiare è rimasto in questo
mondo che sembra
così ostile ora. In fondo noi esseri umani che cosa siamo?
Niente! Siamo solo
degli ospiti su questo pianeta, ospiti che stanno diventando troppo
invadenti
nei confronti di un organismo che siamo incapaci di controllare, e che
siamo in
grado solamente a sfruttare. Ed ecco che quando non ne può
più questo organismo
decide di ridurci a un ammasso di briciole, perché in fondo
è quello che siamo,
un ammasso di cellule insignificante penso, mentre abbraccio Michiru
che è
disperata. Da
sotto le
macerie però arriva un pianto, è il nostro
piccolo angelo, e facendo il giro
dall’altro lato del cumulo di pietra la vediamo spuntare, o
meglio vediamo la
sua gamba, ma nello stesso momento però suona
l’allarme per il maremoto in
arrivo, i minuti sono contati, e dobbiamo agire in fretta se vogliamo
cercare
di salvarla. Nonostante le lacrime Michiru trova un leggero filo di
speranza e
inizia a spostare i detriti che coprono la fessura da cui si intravede
la
bambina. La sirena sembra il grido di un mostro che sta per piombare
dall’alto
con l’intento di portare via qualsiasi cosa trovi sul suo
cammino. Vorrei spaccare
questa maledetta sirena fermare il tempo e portarle in salvo entrambe,
dare la
possibilità a tutti di salvarsi in questo modo. Ma non mi
è possibile. ** All’improvviso
tutto il buio che mi circondava sembra essere scomparso, mi bruciano
gli occhi,
mi fanno male non sono più abituati alla luce, e sento un
suono forte, come l’ululato
di un branco di lupi che sta cercando di stringere la morsa attorno
alla sua
preda. E invece della morsa del lupo arrivano delle braccia, le braccia
della
mamma le potrei riconoscere tra mille, lei è la mia mamma ed
è isostituibile. Come
io sono la sua bambina, non potranno dividerci mai, neanche le cose
più brutte.
So che sarà così per sempre. Perché il
nostro legame è fortissimo. ** Appena
stringo forte a me Hotaru mi sembra che sia avvenuto un miracolo, la
nostra
bambina è veramente un angelo, un angelo miracolato, ma non
ho tempo di
pensare; avvertiamo le grida dell’altra gente che urla
tsunami, l’onda sta
arrivando e l’unica cosa che mi viene in mente per salvare le
persone che amo,
è dare Hotaru in braccio ad Haruka in moto. Per tutte e tre
non c’e posto sulla
moto di Haruka, ma sacrificarmi per loro è un prezzo esiguo
da pagare rispetto
a tutto l’amore che mi donano, do la nostra bambina ad Haruka
che capisce
subito cosa ho intenzione di fare e prova a impedirmelo ma ormai ho
già deciso,
l’unico pegno del mio amore che posso lasciare a mia figlia
è un ciondolo, con
scritto un piccolo augurio:” Do not stop dreaming,
never”. Non smettere di
sognare, mai. E’ l’unico augurio che posso dare a
mia figlia per una vita
felice che possa cancellare almeno in parte il dolore di questo
distacco da
parte mia, nella speranza che riesca a farsi una vita, non riesco a
trattenere
le lacrime quando abbraccio per l’ultima volta Haruka. Dolce
amore mio, è
giunta l’ora di separarsi. “Vai ti dico”
guardandoti in quei bellissimi occhi
verdi attraverso la visiera del casco. Suona come un addio, lo so. Ma
in fondo
è quello che è. E così vedo il mio
amore più grande sfrecciare via, per
combattere la marea d’acqua che sta per travolgere tutto, che
sta per
travolgere me. E’ tremendamente buffo, un tempo sono stata la
guerriera del
mare… e ora proprio il mare mi strappa alla vita, il mare
che per me è sempre
stato un confidente, un amico e forse anche una famiglia. Quella
famiglia che
non ho mai avuto, sembra così caldo e accogliente, che non
mi viene neanche l’istinto
di lottare. I miei ultimi pensieri vanno a te figlia mia, nella
speranza di
vederti felice dal cielo. Note
dell’autrice: So già che
il finale a molti
non sarà piaciuto, ma credo che sia abbastanza realistico,
spero di non aver
reso banale un fatto così tragico come quello a cui
è dedicata questa One-shot.
Come avrete capito a parlare sono Hotaru, Michiru e Haruka a turno e
sempre in
quest’ordine, ho usato tre punti di vista in prima persona.
Fatemi sapere come
vi è sembrata.