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Autore: Imaginary82    26/03/2011    8 recensioni
Quando sollevo lo sguardo è come ricevere un pugno nello stomaco.
Quegli occhi...due occhi color cioccolato mi fissano curiosi. Sono grandi, limpidi, luminosi. Nel momento in cui riesco a mettere a fuoco tutto il resto, vorrei che qualcuno mi desse uno scossone per ridestarmi dal sogno.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Apple Pie Salve a tutti. Questa ff (o "zozzifiction", come l'ho ribattezzata io XD) è nata più per gioco che per altro. Doveva essere solo un modo per delirare su msn con gli amici. Poi ha preso strade tutte sue, che non ho la più pallida idea di dove mi porteranno. Per ora non posso fare a meno di seguirle e di bearmi delle parole che zozzEdward mi sussurra all'orecchio.
I personaggi sono presi in prestito da Twilight, ma se ne discostano quasi completamente. Il mio Edward e la mia Bella sono assolutamente umani...fin troppo.
Bene, questo è più o meno tutto.
Vi ringrazio.
Miki.





Primo capitolo

APPLE PIE

Sono cinque minuti che mi domando che razza di posto sia mai questo.

Afferro il cellulare e scorro la lista dei messaggi.

Non è una richiesta stavolta. È quasi una supplica.

Per me non fa differenza. È come tutte le altre...beh, non proprio come le altre. Ha un corpo da mozzare il fiato e una pelle liscia e profumata. I capelli lunghi sono morbidi e lucenti...e parla poco. Sono questi i motivi che mi hanno spinto ad avere con lei un rapporto, oserei dire, fisso.

Mi piace?

Non credo.

O meglio...mi piace che non abbia speranze. Mi piace che mi guardi senza aspettarsi nulla.

Lei usa me allo stesso modo in cui io uso lei.

Le 18:50. Dannazione. Sono in anticipo. E mi ritrovo in una delle strade più squallide di Boston.

La gente si volta a guardarmi, attratta evidentemente dal mio cappotto dal taglio raffinato o  dalle mie scarpe lucide. O forse è il profumo della mia colonia?

Sono passati i giorni in cui facevo perfettamente parte di questo squallore.

Mi guardo in giro.

Perché non arriva?

A quel pensiero il palmare vibra, allontanando la mia mente dalle angosce del passato.


“Sono in ritardo, scusami. Non andare via, ti prego. Faccio prima che posso”.


La tentazione di mandare al diavolo lei e i soldi di suo marito è tanta, è forte.

Ma rimango. Non voglio cadere di nuovo nel tunnel dei ricordi, devo tenere la mente occupata...e lei è una piacevole distrazione.

Il tintinnio di un campanello mi fa voltare di scatto.

Twilight Café

Ma che razza di nome...

Mi avvicino all'ingresso e guardo dentro: non c'è nessuno per fortuna.

All'interno l'ambiente è caldo e apparentemente pulito. L'odore prevalente è quello di caffè e non di fritto rancido, come nella maggior parte delle tavole calde della zona.

Decido di entrare, non voglio dare nell'occhio. So che è impossibile che qualcuno mi riconosca, ma la sensazione di disagio che provo mi toglie il respiro. L'ultima cosa che mi serve ora è un attacco di panico.

Mi siedo ad un tavolo vicino alla finestra, rivolto verso il vetro, dando le spalle al bancone e a tutto il resto. Vedo ancora la stessa strada, gli stessi edifici, ma stare seduto qui è come essere al sicuro, è come se tutto ciò che c'è là fuori non mi possa ingoiare di nuovo.

- Signore, cosa desidera?

- Del caffè, grazie

Non alzo nemmeno lo sguardo, so che c'è una ragazza accanto a me, ma non m'importa.

- Abbiamo un'ottima torta di mele...

- NO grazie – la interrompo con un tono un po' troppo aspro – il caffè va benissimo.divisa

Quando si gira per tornare dietro il bancone la guardo. Non è molto alta. Indossa una divisa dal taglio discutibile, rosa, con un grembiule bianco, legato dietro con un fiocco. Dalla gonna larga spuntano due gambe affusolate, la pelle candida. Ai piedi un paio di sneakers ed un'orribile cuffietta sul capo, dalla quale fuoriesce una lunga coda di cavallo. Esegue ogni gesto rapidamente e torna da me dopo pochi attimi. Versa la bevanda fumante in una tazza. 

Torno a guardare fuori e penso che le lascerò una grossa mancia.

- Ecco il caffè.

- Grazie.

- E la torta...

- Ma...io non...

- Non si dice no alla mia torta. Soprattutto se appena sfornata! È la migliore torta di mele che esista!

Non mi dà nemmeno il tempo di protestare che si allontana dal mio tavolo.

Guardo davanti a me. La tazza è piena di caffè bollente e accanto c'è un piattino con una fetta di questa fantomatica torta.

tortaDue strati di sfoglia dorata racchiudono un morbido e fumante ripieno. L'odore che sprigiona è tra i più deliziosi che abbia mai sentito. Non è semplicemente odore di mele...c'è qualcosa in più. Il fumo pungente e speziato che sprigiona colpisce le mie narici, ed è un senso di familiarità quello che provo e mi viene in mente lei.


- EJ tesoro, mi passi la cannella?

- Certo mamma, subito. Che stai facendo?

- Ti preparo una torta di mele, la signora Swan non ha dimestichezza con i fornelli e mi ha chiesto di farne una per la sua bambina, a quanto pare la piccola adora la mia torta!

Gli ingredienti che mi ha portato, però, sono decisamente troppi per una sola. Gli Swan sono persone adorabili e la loro bambina è meravigliosa, così rosea e paffuta. Sono contenta che siete amici.

- Non siamo amici mamma...è piccola!

- Ma ha solo due anni meno di te EJ.

- E' piccola. Ogni tanto la faccio giocare un po' con me...è una piagnucolona!

- Mmh...se lo dici tu.

- Mamma, non pensi che papà si arrabbierà per questo?

- Oh no, stai tranquillo. Tuo padre ha il doppio turno oggi in fabbrica e, quando tornerà, non ci sarà più traccia delle torte.


Parlava mentre continuava a mescolare gli ingredienti. Sul suo viso, invecchiato precocemente, si affacciava un debole sorriso. Il taglio sul labbro le faceva male, così come l'occhio gonfio. Ma gli occhi le brillavano, sembrava quasi felice.


- E adesso, l'ingrediente segreto.

- Metti un ingrediente segreto mamma? Dai dimmi qual è, voglio saperlo!

- Oh no! Se te lo dicessi poi dovrei ucciderti.

- Dai mamma, ti prego...non lo dirò mai a nessuno

- Lo prometti?

- Croce sul cuore!

- Mh...va bene, mi fido! La vedi questa pallina?

- E cosa sarebbe?

- Senti l'odore...si chiama noce moscata.

- Ma è dura, non la vorrai mettere lì dentro?!

- Ma certo che no...vedi questa? Si usa per grattugiarla e la polvere si unisce all'impasto.

- Ed è quello che fa la differenza?

- Beh, lo sentirai quando la torta sarà pronta.


Ricordo ancora il profumo di quel dolce. Ne avevo assaggiato un solo boccone eppure mi basta pensarci per sentire distintamente il sapore. Non ho mai più assaggiato qualcosa che gli si avvicinasse lontanamente. Avevo ancora gli occhi chiusi quando all'odore delizioso del dolce si sovrappose il puzzo disgustoso di birra...era tornato!


- Dove cazzo avete preso questa fottutissima torta?! - disse scaraventando in un solo colpo il tegame giù dal ripiano.

- Edward...non...

- Taci cagna! Ti sei fatta fare di nuovo l'elemosina, vero?

Le sue dita affondavano nell'esile braccio di mia madre, mi andai a nascondere dietro il bancone, ma non potevo non sentire tutti gli insulti e il rumore dei colpi che le infliggeva con una furia animalesca.

- O è la ricompensa? Ma si...lo sapevo...ti fai scopare dal bel poliziotto...ti piace la sua bella divisa inamidata...

- No Edward, lo giuro...non è così, sai che non potrei mai! Sai che amo solo te.

Un gran frastuono mi costrinse a voltarmi. La mamma era riversa al suolo, dopo essere stata scaraventata con violenza contro il mobile della cucina. Vedevo sangue, dalle labbra, dalla testa.

La afferrò nuovamente, per le spalle, portandola alla sua altezza.

- Quando ti parlo mi devi guardare...che devo fare con te – disse scuotendola vigorosamente – io non ce la faccio più. Ne ho piene le palle di te!

Non riuscivo a muovermi, avrei voluto saltargli addosso, urlargli di lasciare in pace la mamma, ma cosa potevo io contro di lui? Vedevo le sue mani, che in passato mi avevano accarezzato con amore, afferrarla per i capelli. Lei continuava a chiedere scusa, continuava a dirgli che lo amava.

- Che devo fare con te, eh? COSA?! Mi capisci quando parlo? Hai capito quello che ho detto?

L'ennesimo spintone, stavolta, a fermarla, il frigorifero.

- Tu non capisci un cazzo! Sei un'idiota...lo sai che sei un'idiota eh? E spostati!

Con un calcio allontanò il corpo oramai inerme di mia madre dallo sportello del frigo. Lo aprì e ne tirò fuori una bottiglia di succo. Ne bevve un sorso, rumorosamente per poi sputarglielo sulla testa.

- E' acido! È così che cresci tuo figlio? Col succo acido?

Fu quando le svuotò l'intero contenuto addosso che scattò qualcosa dentro di me. Gli saltai addosso, urlandogli tutte le offese che fossi in grado di pronunciare. Affondai le mie unghie nella faccia e lui si dimenava urlando. Ma che poteva fare un bambino di otto anni ad un uomo, il cui fisico era temprato dal lavoro e il cui animo era inasprito dalla rabbia, dall'odio e dall'alcool?

Riuscì ad afferrarmi per il collo e ad allontanarmi da lui. Non feci in tempo a scappare che un sonoro ceffone mi fece cadere a terra. Sentivo tutta la faccia pulsare e il sapore ferroso del sangue inondarmi la bocca.

- M...mamma...

Deve essere stata quella che lei chiamava “forza dell'amore” a darle quell'ultimo guizzo di vitalità. Mentre lui si avvicinava nuovamente a me, lei lo colpì furiosamente con un mortaio di pietra ponendo fine definitivamente alla sua lurida esistenza. Uno sforzo troppo grande dopo tutto ciò che aveva subito. Si accasciò al suolo e, solo dopo aver sussurrato il suo amore per me, si spense.


Mi asciugo in fretta le lacrime, cazzo...non posso farmi vedere in questo stato! Tutta colpa di quella cameriera e della sua fottuta torta! Per fortuna che un bagliore rosso mi riporta nel mio mondo.

Mi alzo, finisco il caffè e prendo il portafoglio per saldare il conto. Lascio una banconota da dieci dollari sul tavolo e mi giro per andare via, ma...mi volto nuovamente verso il tavolo e afferro la forchetta. La affondo nel dolce e la porto alla bocca!

Uhmf...

Apro la porta, facendo suonare quel fastidiosissimo campanello e senza girarmi dico ad alta voce:

- La torta...la tua torta...non è assolutamente la migliore!

Non le lascio il tempo di rispondere che vado via.

Mi avvicino a quell'incanto e faccio scorrere lo sguardo su di lei.macchina

Ha delle curve da mozzare il fiato. Anche ferma esprime la sua dirompenza. Poggio una mano sul fianco, è liscio, caldo...eccitante. Vorrei poterla avere tutta per me, sentirla fremere sotto le mani. Non sapevo l'avrebbe comprata. Mi aveva chiesto quale fosse la mia macchina preferita e la mia risposta era stata fin troppo spontanea: una Porsche Cayman rossa...rossa fiammante, come le tue labbra!

Vedermela davanti adesso è come un sogno. Il finestrino del lato passeggero, rigorosamente oscurato, si abbassa.

- Edward sei con me? Andiamo?

- Si certo – dico deglutendo – andiamo.

interniQuando entro l'odore di nuovo mi assale. E' tra le fragranze più belle che abbia mai sentito. Guardo gli interni, e mi perdo nel colore della passione.

In netto contrasto lei è seduta lì, fiera e bellissima, al volante. Sembra nata per guidare una macchina del genere.

Mi allontano, poggiando la schiena contro l'interno dello sportello e la guardo.

E' la solita esibizionista. Sfoggio il sorriso sghembo che tanto la eccita e continuo a far scorrere lo sguardo su di lei.

Un foulard rosso le incornicia il viso baciato dal sole, souvenir del suo ultimo viaggio ai Caraibi. Gli occhiali scuri, dalla linea raffinata, le coprono lo sguardo...ma so bene cosa c'è dietro quelle lenti: brama, eccitazione...so anche che cerca il mio consenso, vuole piacermi e si sforza in ogni modo perché sia così. Non le dico che farei lo stesso il mio dovere, anche se dovesse presentarsi sciatta e scarmigliata. L'importante è che alla fine metta mani alla borsetta per il mio compenso.

Devo dire però, che in questo modo mi rende il compito molto più piacevole.scarpe

Indossa un completo nero, la giacca con un solo bottone le copre a malapena il petto, da dove spunta un reggiseno in pizzo rosso fuoco. Scuoto la testa e continuo a sorridere. La gonna è un tubino nero, stretto, ma con un profondo spacco che le scopre la coscia, quasi fino all'inguine, mostrando il bordo liscio, come piace a me, delle autoreggenti. Ai piedi un paio di Laboutin nere lucide che completano degnamente il tutto.

Mi metto comodo e lei capisce che ha passato l'esame. In effetti ha un aspetto assolutamente fantastico. Anche se la cosa che più mi eccita è sapere che ha fatto tutto questo per me.

Quando Rosalie mi ha presentato Tanya, la sua migliore amica, di certo non avrebbe mai immaginato che tipo di rapporto sarebbe nato tra noi. D'altronde nessuno di loro immagina lontanamente in che razza di situazione mi sia andato a mettere. Ma l'odore dei soldi cancella l'odore dei ricordi e per ora va bene così.

Per fortuna non accende lo stereo. La musica adesso coprirebbe il rombo del motore, che alle mie orecchie suona come le fusa di una gatta in calore.

- Non vedevo l'ora di tornare – dice con la voce tremula per l'agitazione – mi sei mancato così tanto!

- Non ti sei divertita col maritino?

- No! - risponde piccata – fosse per me potrebbe marcire all'inferno.

- Oh, sono sicuro che ne saresti molto felice. Ti ci vedo nella parte della vedova inconsolabile che ha appena ereditato milioni di dollari. Saresti perfetta nella parte – le dico sfiorandole la coscia con il dorso dell'indice. Al mio tocco la pelle rabbrividisce e la vedo deglutire. La presa sul volante diventa meno sicura e la macchina ha un impercettibile sbandamento.

- Sarebbe il minimo dopo tutto quello che sono stata costretta a sopportare. Avevo dei sogni, Edward, una carriera come modella, un futuro e sono stata praticamente venduta!

Si morde le labbra. Il dolore è ancora forte nonostante gli anni, nonostante i soldi, nonostante tutto.

Il padre di Tanya, per evitare la bancarotta, costrinse la figlia appena diciottenne a diventare la moglie di Mr. Leech, un magnate della finanza, senza l'aiuto del quale, il fallimento delle industrie di famiglia sarebbe stato inevitabile. Purtroppo per lei, Arold era un uomo viscido e senza scrupoli, convinto di poter ottenere qualsiasi cosa con i soldi, sempre pronto a dissanguare le piccole imprese in difficoltà, per poi acquisirle, smontarle dall'interno e rivenderle, assieme ai suoi fratelli, Marcus e Caius. 

Anche sua moglie era stato un affare per lui.

Un bel trofeo da ostentare nella grandi occasioni e di cui godere in privato.

La cella dorata in cui era stata rinchiusa questa splendida fenice era invisibile agli occhi della maggior parte della gente, ma per me era diverso...io vedevo il modo in cui si stava spegnendo e riuscivo a darle quello che lei voleva: libertà, anche per una sola notte o per un'ora. Da me non cerca pietà, non cerca romanticismo, non le interessano l'anima, il cuore e tutte quelle cazzate a cui si legano le altre donne. Lei pretende da me l'unica cosa che sono in grado di dare, egregiamente oserei aggiungere.

Non andiamo in albergo, non le piace, e casa sua è esclusa, anche se il marito non c'è mai.

Con i guadagni del suo lavoro, poco dopo le nozze, Tanya ha acquistato un piccolo appartamento, in una zona periferica. Lì c'è tutta la sua vita, lì passa le giornate quando non ne può più di una vita che non le appartiene, lì c'è lei..anche dopo che fa ritorno a casa. Ed è lì che le regalo momenti di pura estasi.

Beh...”regalo” non è il termine più appropriato!

Quando spegne il motore, scendo e, velocemente, faccio il giro per aprirle la portiera. So che apprezza queste carinerie. Non per nulla sono così richiesto. Non per nulla il mio nome è quello più sussurrato tra le signore della classe benestante di Boston e il più temuto dai mariti.

Mentre con fare seducente scende dalla macchina, mi accorgo che sotto la gonna non indossa nulla. Faccio finta di non aver visto e la accompagno con il braccio verso l'entrata.

L'andatura è sinuosa e provocante e la scia di profumo mi investe, non opprimente, ma delicata, sottile, come un assaggio di ciò che mi spetterà a breve.

Quando richiudo la porta non mi dà nemmeno il tempo di voltarmi che è già su di me. Mi lascio spingere contro la porta, le sue labbra premono con forza contro le mie, in un bacio che urla impazienza, desiderio, bisogno disperato. Le sue mani risalgono sul collo, sono calde, lisce, mi accarezzano il viso e poi si portano tra i capelli, afferrandoli e strattonandoli con forza. Mi discosto, cercando di non essere brusco. Lo sa che non mi piace...

Mi guarda con aria mortificata, allontanandosi, anche se di poco.

- Scusami, non volevo. Lo sai che amo i tuoi capelli...a volte non riesco a trattenermi.

Accosto la guancia alla sua e strofino leggermente, le sussurro all'orecchio di non preoccuparsi e al suono della mia voce sento il suo corpo tendersi come corde di violino..

Porto una mano dietro la nuca e la avvicino a me ricominciando a baciarla.

Scendo più giù, lentamente, dietro la schiena, spingendo il corpo contro il mio, la mia eccitazione preme contro la sua coscia ed un gemito soffocato le sfugge dalle labbra.

Le mani continuano a vagare sul suo corpo, riempiendosi delle sue natiche sode, per poi risalire di nuovo a cercare la pelle sotto la giacca. La sua schiena è bollente e la pelle si solleva in un brivido lungo la scia che tracciano le mie dita.

Mi allontano un po' per portarle sul davanti e sbottonare quell'unico bottone. Con un fruscio la giacca cade sulla moquette, scoprendo qualcosa di molto eccitante.

Cerco, dietro la nuca, l'estremità del foulard e le scopro il capo. I capelli sono raccolti in uno chignon molto stretto, ma non mi ci vuole molto per liberarli dalle forcine e farli ricadere in indomabili onde sulle sue esili spalle. Con una mano le piego la testa da un lato e con l'altra sposto i capelli lasciando scoperto il collo.

Lei sussurra, ad ogni movimento, ad ogni mio gesto, è argilla tra le mie mani, o meglio, ferro incandescente, e si lascia plasmare amabilmente.

Le accarezzo il collo col naso, cercando, sotto il profumo, l'odore della sua pelle. Non c'è nulla di più buono dell'odore della pelle di una donna.

Con la lingua lambisco lentamente una spalla, lascio piccoli baci, intervallati da delicati morsi.

Il suo respiro si fa sempre più accelerato ed il cuore sembra che stia per uscirle dal petto. Le sue mani sono sul mio cappotto, ferme. Sa che non deve farlo. Non deve spogliarmi.

È una delle mie regole.

Ma è impaziente e devo dire che questo suo modo di fare mi rende le cose estremamente facili.

Senza staccare le mie labbra dalla sua clavicola mi libero del soprabito, della giacca e comincio a sbottonarmi la camicia tirandone fuori i lembi dai pantaloni.

- Oh Edward – le sfugge quando finalmente il mio torace le si presenta dinanzi. Le sue mani sono su di me ancor prima che riesca a sfilarmi del tutto l'indumento. Con le unghie laccate di rosso segue la linea dei pettorali, mi sfiora i capezzoli, per poi scendere sui fianchi e fermarsi poco sopra la cintura.

Con le labbra continuo ad infuocarle la pelle. I miei baci scendono sul suo petto e affondo il viso nell'incavo dei seni strizzati in un reggiseno in pizzo che lascia ben poco alla fantasia.

La stringo tra le braccia e la sollevo da terra. Agilmente porta le gambe attorno ai miei fianchi, cominciando a strusciarsi languida contro la mia erezione.

Raggiungo il letto e la poso dolcemente senza staccare le labbra da lei.

Con le dita le sfioro il piccolo seno da sopra il tessuto e sorrido quando vedo il capezzolo indurirsi all'istante. Sposto quel sottile pezzo di stoffa e mi porto con la bocca su di esso.

- Tu mi farai impazzire prima o poi – sussurra, mentre si porta le mani dietro la schiena per slacciare il reggiseno. Nessun contorno più chiaro riveste il suo petto. La pelle ha un colorito dorato e uniforme.

La guardo per un attimo per poi rituffarmi sulle sue labbra.

- Hai preso il sole in topless? - le chiedo tra un bacio e l'altro.

- No – risponde allontanandomi. Con le mani spinge sul mio petto facendomi capire le sue intenzioni. Scivolo su un fianco e perplesso la vedo alzarsi dal letto.

Mi volta le spalle e, lentamente, comincia a far scendere la lampo. Mi metto seduto, comodo, per gustarmi lo spettacolo che mi si offre davanti.

Fa scendere l'indumento lungo i fianchi, scoprendo lentamente la pelle nuda.

Prima di sfilarlo completamente si volta.

-...integrale...l'abbronzatura l'ho presa integrale.

E alzando prima una gamba e poi l'altra si libera completamente della gonna, rimanendo nuda di fronte a me, con solo le autoreggenti e le scarpe.

Avanza verso il letto e, poggiando un piede sul materasso, tra le mie gambe, fa per srotolare la calza lungo la coscia.

- No – le dico afferrandole il polso con decisione – tienile!

Le circondo la caviglia e risalgo lentamente accarezzandole il polpaccio sottile. Quando arrivo al ginocchio le sollevo la gamba e le faccio poggiare il piede accanto a me, portando la sua intimità all'altezza del mio viso. Con un gesto del bacino si avvicina ancora di più offrendomi un frutto che sa coglierò presto.

Continuo a carezzarle la coscia, soffermandomi lungo il bordo della calza. Con le mani si sta torturando i capezzoli, mentre la mia risale lungo l'interno coscia.

Getta la testa all'indietro imprecando.

- Tanya...non sono parole che si addicono ad una signora – dico con voce roca, prima di posare le labbra sul ginocchio.

- Cazzo Edward...non sarei qui se fossi una signora.

Sorrido...nel suo tono c'è quasi disperazione.

Con la punta delle dita comincio a sfiorarle il contorno dei fianchi, l'ombelico, il ventre, che sembra avere piccoli spasmi sotto il mio tocco leggero.

Le labbra compiono inesorabili il proprio cammino, raggiungendo, finalmente, il suo centro.

Non mi sorprende trovarla così eccitata, pronta, perfetta.

Basta poco per farle raggiungere l'apice e mentre il corpo è scosso da un violento fremito, con le mani la sostengo senza staccare la lingua da lei.

Quando l'ondata di piacere si attenua e lei ricomincia a muovere, languida, il bacino contro la mia bocca, mi alzo in piedi e la bacio, facendole sentire il suo sapore sulla lingua.

La spingo sul letto e, mentre si sistema nel mezzo, sfilo calzini e scarpe e mi libero dei pantaloni e dei boxer in un colpo solo.

Il suo sguardo malizioso vaga lungo il mio corpo nudo, fino a fermarsi al centro esatto. Ed io posso quasi sentirlo, il fuoco che emana, sul mio membro eccitato.

La raggiungo e le circondo un seno con la mano, stuzzicandone la punta con il pollice. Tanya inarca la schiena e spalanca di più le gambe, chiaro segno che adesso i preliminari sono finiti.

Mi sollevo sulle braccia e, dopo aver infilato il preservativo, la penetro velocemente. Non è mai stata così calda, così bagnata. Quando comincia a muoversi, dettando il ritmo, assecondo i suoi movimenti. Il silenzio è interrotto solo dai nostri respiri sempre più veloci, dai suoi sussurri strozzati, dai gemiti.

Le circondo la schiena con un braccio e sollevandola mi porto a sedere sul bordo del letto. Le gambe mi circondano il bacino e le spinte diventano più rapide, più profonde.

Guardo i suoi piccoli seni tondi sobbalzare, sul suo viso un'espressione di pura estasi.

Ancora una volta penso a quanto sia facile stare con lei. Il suo unico scopo è quello di essere libera, libera di provare piacere, libera di essere una donna. Mentre ondeggia i fianchi, poggia il viso nell'incavo del mio collo, leccandolo e mordicchiandolo quando il movimento rallenta, per poi affondare i denti quando improvvisamente riprendo a spingere con maggiore decisione.

- Edward...io...io..sto per...oh Edward.

A quelle parole mi alzo in piedi e sostenendola con le mani sotto i glutei, la poggio con la schiena al muro, continuando a spingere dentro di lei.

Un orgasmo intenso, devastante ci coglie contemporaneamente e, prima che le forze vengano a mancarci, raggiungo il letto.

Dalla finestra la luce della luna entra nella stanza inondandola di una meravigliosa luce azzurrina. Improvvisamente il pensiero che di lì a breve mi sarei ritrovato solo nel mio appartamento mi coglie mozzandomi il respiro.

La notte arriva e puntualmente arrivano le sue ombre, le sue paure, i ricordi. So che è inevitabile. Mi alzo e comincio a raccogliere i vestiti dal pavimento.

- Edward non andare. Ti prego, non andare. Solo per stanotte rimani qui. - la voce è bassa, il sonno si sta già impadronendo di lei.

E, per la prima volta, tale richiesta mi appare come un'ancora di salvezza a cui non esito aggrapparmi.

-Ok Tanya. Ma solo per questa notte. Non mi va di aspettare un taxi – le rispondo con finta superficialità.

Ed è nel sonno che lei sussurra – non avresti dovuto...non avresti dovuto aspettare un taxi.

Senza nemmeno chiedermi cosa abbia voluto dire mi stendo sul letto accanto a lei sperando che il sonno mi sottragga dal supplizio dei ricordi.

Eccoci qua, alla fine di questo primo capitolo. Spero che la lettura non sia stata troppo pesante e noiosa.

Qualche breve nota: la storia è ambientata a Boston. Perché? Non ne ho la più pallida idea! Volevo fosse una citta, ma non una delle solite metropoli. Mentre scrivevo è uscita questa e l'ho lasciata.

Mr Arold Leech è, ovviamente, Aro e "leech" significa sanguisuga, mi sembrava perfetto.

Se ne avete voglia, lasciate un piccolo commento. Fa sempre piacere sapere l'opinione, positiva o negativa, di chi legge.

Al prossimo capitolo, che arriverà a breve (una settimana al massimo).

Baci.

Miki ^_^


   
 
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