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Autore: Sidney is so Natty Dread    26/03/2011    1 recensioni
"tutti abbiamo udito la donnetta che dice: 'oh, è terribile quello che fanno questi giovani a se stessi, secondo me la droga è una cosa tremenda' Poi tu la guardi la donna che parla in questo modo è senza occhi, senza denti, senza cervello, senz'anima, senza culo nè bocca nè calore umano nè spirito, niente, solo un bastone, e ti chiedi come avran fatto a ridurla in quello stato i tè con i pasticcini e la chiesa" C. Bukowski
Questo raconto NON vuole ASSOLUTAMENTE essere un incoraggiamento all'uso di droga, solo una riconsiderazione di quello che tutti ritengono un tema assolutamente odioso e di cui ancora evitano spesso e volentieri di parlare. Ma vuole anche essere una storia d'amore vista con gli occhi di chi vede tutto in modo diverso dagli altri, con gli occhi di ragazzi e ragazze che come molti altri cercano si sfuggire dall'incalore e inumano mondo di tutti i giorno. Spero sinceramente non la troviate noiosa e patetica. Grazie in anticipo e buona lettura.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SELENA Camminavo per strada, la giornata era andata piuttosto bene devo dire, cavoli il 7 in fisica non me lo toglieva nessuno! Avevo anche abbastanza soldi per comprarmi le sigarette, pacchetto da 20. Cavoli era passato un mese ormai da quando avevo lasciato Fede e da quando avevo fatto sesso con Fra, era stato un mese veramente di merda quello, l’erba girava ma non avevo soldi per comprarla, le giornate erano sempre più lunghe, ma il caldo pian piano iniziava a farsi sentire.
Camminavo ed andavo verso la stazione, niente cuffiette nelle orecchie e niente rancori. E mentre camminavo e mi guardavo in torno qualcuno mi tirò per i calzoni. Non che non mi fossi accorta della sua presenza, anzi della loro, ma non è che ci avevo dato molta importanza. Difficile non darci importanza, penserete voi, due ragazzi accasciati a terra con due grossi cani neri a guinzaglio e gli occhi spenti dalla rassegnazione per lo schifo di questo mondo. E invece era così, non ci avevo dato importanza, forse per abitudine o forse per la mia stessa rassegnazione, non lo so. Comunque mi girai e guardai negli occhi impallati quel ragazzo seduto per terra, ma intanto che i miei occhi non potevano staccarsi dai suoi notai la felpa gialla con le maniche esageratamente larghe e tutte rovinate e consumate, i pantaloni blu della tuta pieni di terra e altrettanto rovinati. No, non mi faceva schifo per niente. I capelli erano biondi e raccolti in una cipolla, ma la metà cadevano disperdendosi intorno al suo viso innocente e da dietro spuntavano i due dreadlocks uno più fine e l’altro più grosso e corto, per istinto misi una mano dietro ai miei capelli e toccai il mio, ritirando poi velocemente la mano. “ce l’hai una sigaretta?” Rimasi a fissarlo, senza muovere un dito e dire una parola, non riuscivo a staccarmi dai suoi occhi arrossati e dalle sue pupille enormi. Quello era il risultato di miscugli tra acidi e chissà quali altri tipi di droghe chimiche, e mi ritrovai a pensare alla mia esperienza coll’lsd, terrificante. “allora sta sigaretta me la dai o no?” La voce roca del ragazzo mi tolse dai miei assurdi viaggi e mi riportò alla realtà. Le avevo appena prese le sigarette, misi una mano in tasca e ne tirai fuori due, una per lui e una per me. “Tieni.”. Poi rimisi le mani in tasca e presi l’accendino, al che lui mi fece cenno di passarglielo. Mentre aspettavo che il ragazzo si accendesse la sigaretta col mio appizzo, che un po’ andava e un po’ no, mi ritrovai sta volta a guardare l’altro ragazzo. Era un ragazzo di colore, sembrava molto più grande del tipo della sigaretta ed era totalmente sdraiato sul marciapiede, forse dormiva o forse era sveglio ed era in trip, non lo so.
“Lascialo perdere tra poco si ripiglia non spaventarti.” Mi rigirai di nuovo verso l’altro, che già mi tendeva l’accendino con il braccio allungato, e appena lo presi dalle sue mani lo fece ricadere lungo disteso sul suo corpo. I cani sembravano imitare l’altro ragazzo invece, se ne stavano fermi immobili con gli occhi semichiusi. “No tranquillo non credo di essere spaventata, stavo solo pensando”. Mi guardò con sguardo interrogativo. “stavo pensando a cosa ci fanno due ragazzi sdraiati su un marciapiede ad una fermata quando di fronte c’è un parco pieno di panchine...” feci una piccola pausa dove pensai se era il caso di intrattenermi a chiacchierare con un perfetto sconosciuto dal viso infantile e dagli occhi che riflettevano come specchi e non lasciavano intravedere nessuna emozione particolare. “...e mi chiedevo quanti anni potevate avere entrambi.” Sorrise. Un sorriso perso nel nulla, che era scivolato via come una saponetta dalle mani bagnate. “Strano modo di chiedere informazioni su una persona che hai, di solito si chiede prima il nome e poi l’età. Ma va bene così, a me non piacciono tanto le costrizioni e questa ci assomiglia molto ad una costrizione.” Stavolta sorrisi anche io, continuando a fissarlo negli occhi e cercare di indovinarne il colore. “ne ho 18”. Me lo aspettavo, era come se lo conoscessi da una vita. Non poteva averne ne di più ne di meno. Ne aveva 18. “sono Simone.” Alzò finalmente lo sguardo, erano nocciola, i suoi occhi erano nocciola. Si tirò in dietro un ciuffettino di capelli cascato troppo avanti e allungò le maniche della felpa fino a coprirsi le mani, lo fanno sempre le persone timide e alle volte capitava di farlo anche a me quando ero fatta. Mi guardò come se fosse in attesa di qualcosa, quelle attese in cui sai già cosa succederà. “Selena.” Annuì, ecco l’attesa era finita ed era tutto andato come previsto. D’istinto presi il cellulare e guardai l’ora, era tardi, due minuti e sarebbe arrivato il treno, ma avevo come la paura, la terribile sensazione di non rivederlo mai più. No, non sarebbe stato così, no. “Devo scappare sennò perdo il treno...” notai una luce di delusione sul suo viso. “...faccio l’artistico, il liceo qua vicino. Se ti capita passaci quando ne hai voglia che a parlare con gli sconosciuto alle volte ci si prende bene...”. Ancora un po’ di silenzio, e ancora riuscii ad acchiappare un suo sorriso, che cadde di nuovo scivolandomi via dalle mani. “...ci conto di rivederti.” No, non scivolava più, questa volta era lì, fermo e bloccato, le mie mani si erano asciugate e la saponetta non era sgusciata via questa volta. “Ci conto anche io.” Annuii, poi mi girai incamminandomi e facendo qualche tiro di sigaretta ogni tanto. Lo sentivo, sentivo i suoi occhi su di me come un faro, mi girai. “io ne ho 16.” Sorrise ancora e io pure, poi mi voltai e questa volta andai dritta alla stazione senza più fermarmi.
  
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