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Autore: giughy    27/03/2011    3 recensioni
Epoca Steampunk, una ricca ragazza borghese, figlia di un famoso architetto di corte, un ragazzo che lavora in una bottega di periferia, Si conoscono per caso ed entrambi finiranno coinvolti in un mistero più grande di loro.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedico questa storia a Zebra, con la speranza che il suo sogno si realizzi~

buona lettura :3


 

 

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Il tram attraversò la piazza trafficata, sbuffando nell'aria grige bolle di vapore acqueo, lo stesso emesso dalle carrozze a motore.

Il palazzo reale troneggiava sulla piazza velata dai colori panna, bronzo e oro.

Sulle pareti era tutto un vorticare di ingranaggi, sbuffi di vapore, riflessi, giochi di luci e colori; era certamente l'opera migliore realizzata dall'ormai leggendario architetto Archimedèn, sparito nel nulla una notte di maggio, pochi giorni dopo aver ultimato la sua colossale meraviglia.

All'interno del palazzo c'era un via vai di servitori, ospiti, aristocratici, diplomatici, insomma la zona di traffico per eccellenza dell'èlite della città.

Chiara era nella sua stanza, fissava con insistenza l'orologio a molla sulla specchiera il quale ticchettava noncurante di destare sempre più angoscia nella giovane, alzò ,con gesto quasi teatrale, la mano per aprire la scatolina del carillòn che aveva davanti facendo spandere la melodia nell'aria.

Sospirò.

Qualcuno bussò alla porta ed ella si alzò ad aprire; le comparve avanti Michele, il suo paggetto.

“Signorina, i suoi genitori la aspettano nel salone” disse cercando di non farle pesare troppo la cosa.

La ragazza era figlia di un uomo ricco e potente, ingegnere e architetto di corte, il quale prese il posto di Archimedèn e molti sospettano che sia stato proprio lui a farlo sparire, per poi sostituirlo.

Afferrò dall'appendiabiti di ferro battuto il cappottino delicato e uscì dalla stanza in silenzio, non aveva voglia di parlare.

Arrivata in salone riconobbe immediatamente la figura dei genitori, specialmente quella del padre, uomo decisamente robusto, che troneggiava nella sala ghermita di persone come il palazzo stesso faceva sulla piazza.

Ella si avvicinò a passi veloci, anche se con tutto il suo cuore non voleva uscire di casa, sarebbero andati a visitare una bottega nella periferia della città, una zona buia e decisamente poco raccomandabile.

Le ritornò alla memoria quando, l'ultima volta che era uscita dal palazzo, un topolino le aveva attraversato i piedi.

Tremò.

Il viaggio fu abbastanza corto, possedevano una delle migliori carrozze, l'ultimo modello, messo appunto proprio dal padre.

La piccola bottega si affacciava su un vicolo che veniva bagnato solo per poche ore dal sole e ciò rendeva l'atmosfera ancora più cupa.

La bottega era molto umida, a causa del vapore dei macchinari che sbuffavano al piano di sotto, era piena di oggetti strani e Chiara ne rimase sorpresa, di solito tutto era gelosamente rinchiuso al'interno di grossi armadi ammuffiti.

C'era una piccola trottola di bronzo che continuava a girare da sola, sempre allo stesso posto, sempre senza fermarsi.

Una pendola scandiva i secondi emettendo rumori metallici, era tutto u n movimento.

“Accomodatevi” disse il padrone con fare gentile, spostando dalla tavola di grezzo legno alcune cianfrusaglie.

“Allora, Galìleus, come andiamo con il lavoro?” disse il padre di Chiara con fare pacato

“Bene signore, ho lavorato ad alcuni nuovi modelli che..”

cominciò a cercare tra le carte che aveva appena riposto senza successo così urlò “CESARE!”

una voce fece eco dallo scantinato “MI DICA!” rispose quasi rocamente, ricordava lo sbuffo delle macchine.

“PORTAMI I PROGETTI” urlò con voce più tenue il padrone che tornò a sedersi.

“Ora glieli mostro” rispose calmando gli affanni.

La scala a chiocciola vibrò sotto i passi veloci e pesanti del ragazzo che saliva con una pila di fogli che depositò sul tavolo, ansimando.

Era sudato e con i vestiti macchiati e sporchi ma in questa cornice tetra i suoi occhi azzurri brillavano più della luna in una notte senza nubi.

Mentre l'anziano signore illustrava le sue nuove idee, Cesare si avvicinò a Chiara, avendo notato che le era caduta una piccola sfera di metallo.

“Ti è caduta questa” le disse porgendole la mano macchiata, con la sferetta che luccicava nel mezzo.

Chiara fece un passo indietro, quasi inorridita, la afferrò di fretta e la cacciò nel fondo della tasca del cappotto.

Non ringraziò e al giovane sembrò piuttosto sgarbata, così tornò nello scantinato, dopo aver chiesto al suo padrone se necessitava di altro aiuto da parte sua.

Chiara lo vide scende e sparire accompagnato da nuvolette di vapore.

Rimase lì altre due ore, si annoiava, voleva giocare con la sua sfera, ma l'idea che quel ragazzo, così diverso da lei potesse solo averla toccata, la rendeva irrequieta.

Tornata a casa, il sole era già tramontato anche nella maestosa piazza, il tram era fermo e la loro era l'ultima carrozza che si vedeva in circolo.

La legge non permetteva di uscire dopo il calar del sole.

Diede l'oggetto a Michele che provvide a disinfettarlo e lustrarlo, dopodichè la ragazza l'appoggiò vicino al carillòn e andò a coricarsi, colpita in volto dalla luce della luna.

Dall'altra parte della città, nello scantinato Cesare era appoggiato ad un grosso tubo dismesso d'ottone

“Com'è andata?” chiese poi al suo maestro.

“Mah, diciamo bene” rispose lisciandosi la barba con le mani nodose “È stato strano, credo che quell'uomo stia cercando qualcosa, non ha nemmeno accennato al solito “contratto”, voleva sapere se avevo progettato qualcosa in ambito militare” ridacchiò “Militare...come se ci fossero delle guerre in atto!”

Anche Cesare trovò divertente quell'affermazione.

“Mi ha colpito la ragazza” disse sorridendo

Il vecchio divenne serio “Dimenticala, non ti immischiare con quell'uomo, non ti immischiare con i potenti di corte, fidati ragazzo, se vuoi vivere stalle lontano”
Il ragazzo rimase un po' stranito dalla risposta

“Non penso mi potrei nemmeno avvicinare, mi ha schivato quasi fossi un lebbroso” rispose un po' abbattuto al chè il vecchio riprese a ridere “È solo una ragazzina, lasciala perdere anche Milly è molto graziosa” e poi altre parole, ma Cesare si era già allontanato per andare a dormile e non sentì il seguito della frase.

 


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Spero vi sia piaciuto questo primo capitolo, ammetto che non è nulla di sensazionale XD però sae avete suggerimenti, commenti, critiche, fatevi sentire :)
Giò~
  
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