Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Terre_del_Nord    27/03/2011    12 recensioni
Sul finire del primo millennio, i quattro più potenti Maghi del tempo, Salazar Slytherin, Rowena Ravenclaw, Godric Gryffindor e Helga Hufflepuff, raggiungono il Regno di Alba per fondare Hogwarts, una scuola in cui insegnare Magia. Attraverso lotte, amori e naufragi, tradimenti e Magia, realizzeranno il loro progetto; per uno di loro, però, ritornare ad Alba significa anche altro: mantenere una promessa mancata e riappropriarsi del proprio passato.
1. Prologo di "THAT LOVE IS ALL THERE IS - SLYTHERIN'S BLOOD" (si può leggere anche senza aver letto l'altra), la storia tratta personaggi e trame in buona parte originali.
2. Con "Nuovo Personaggio" ho indicato la presenza di vari personaggi rilevanti per le vicissitudini dei protagonisti.
3. Ho introdotto l'avvertimento "Violenza/Contenuti forti" per la presenza di scene di guerra e situazioni in linea con la vita dell'epoca.
4. La storia è in corso di revisione
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Corvonero, Godric, Nuovo, personaggio, Priscilla, Corvonero, Salazar, Serpeverde, Serpeverde, Tassorosso, Tosca, Tassorosso
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'That Love is All There is'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

That Love is All There is

Terre_del_Nord

Old Tales

Terre del Nord - I.004 - Sheira e Cormacc



(dal primo volume di "Storia della magia")
..."Terre del Nord" è il nome dato dalla comunità magica alle propaggini nord-occidentali delle Highlands scozzesi, territori disabitati e selvaggi, duri e ostili, in cui una parte delle “Antiche genti”, gli “uomini di Daur” (1), si rifiugiò quando un imponente esercito babbano proveniente dal continente (2) penetrò nella Britannia e sottomise, pezzo dopo pezzo, quasi tutta l'isola alle proprie leggi e alla propria spada. Per secoli gli uomini di Daur avevano vissuto presso le popolazioni prive di magia di quelle isole, pur senza unire il proprio sangue al loro, gelosi com'erano della propria “saggezza” e delle proprie abililità, prosperando in pace all’interno dei loro villaggi, ricoprendo l'importante ruolo di guaritori, ottenendo venerazione e rispetto grazie alla conoscenza degli intimi segreti della natura, delle proprietà di piante e minerali, e alla capacità di interpretare i segni. Il resto del popolo iniziò a chiamarli "Saggi" e ad affidarsi alla loro guida. All’arrivo del grande esercito, com’era già avvenuto ai loro "fratelli" diffusi su tutto il continente, i Daur assistettero alla progressiva scomparsa della loro civiltà semplice, legata al culto della natura, videro gli antichi sacelli, scavati nella terra e nella roccia, distrutti e sostituiti da templi ricoperti di ori e di marmi, dedicati a numerose divinità in cui potevano ancora riconoscere, sotto i nomi diversi, i propri dei; in seguito però, anch'essi scomparvero, sostituiti dall'unico, insondabile, temibile, dio della Croce. Per anni, gli uomini Daur guidarono la ribellione dei popoli autoctoni contro l’invasore, come sempre avevano fatto contro i numerosi aggressori che avevano cercato di impossessarsi dell’isola nel corso dei secoli, ma di fronte a un conquistatore tanto forte, organizzato e inattaccabile, le popolazioni dell'isola, una dopo l’altra, erano cadute ed erano state sottomesse. La maggior parte dei Daur fu uccisa in battaglia o nelle successive rivolte; dei superstiti, molti, per sopravvivere, tradirono le proprie tradizioni, perdendo con esse la propria purezza e celando il proprio potere; altri si ritirarono nelle foreste, in eremitaggio, isolati, soli, incapaci di trasmettere nella pienezza la memoria degli Antenati. Un piccolo gruppo di superstiti, proveniente da tutta l'isola, si riunì nei pressi del cerchio di pietre di Mên-an-Tol (3) dove, a Lughnasad, era celebrata la festa del raccolto, proprio davanti alla pietra forata: i sacerdoti di Lugh sostenevano che era stato il dio a forare la pietra gettandoci contro la sua lancia e questa, oltrepassata la roccia, si era conficcata a terra, sprofondando per metri e metri e generando un pozzo. Era in fondo a quella voragine che gli Antichi avevano trovato secoli prima Habarcat, una delle tre fiamme verdi, dono che il “dio della luce” aveva fatto alla sua gente prediletta, le fiamme che alimentavano nell’eternità il potere dei Daur. Essendo stato sempre il giaciglio della sacra reliquia, la bocca del pozzo era stata abbellita con formelle di pietra, incise con le Rune, simbolo della Triade divina. Quel lontano giorno d’estate del ventesimo anno di guerra, i due terzi dei Daur decisero di estrarre Habarcat dalla terra, di portarla via, di nasconderla e proteggerla dagli invasori nelle lontane terre settentrionali dell'isola, le Terre del Nord. Il Daur designato a portare la Fiamma, il venerabile delle Innse Gall, raggiunse le Terre del Nord in groppa al suo Drago, un nero delle Ebridi, seguito da coloro che, capaci di trasformarsi in animali di cielo, mutarono le proprie sembianze e spiccarono il volo; gli altri si misero in marcia, per terra e per mare: aveva inizio la diaspora dei Daur. Non tutti riuscirono a raggiungere le Terre, alcuni perirono, altri si fermarono prima; quanti si erano trovati in disaccordo con la decisione di ritirarsi a Nord e fondare la Confraternita, dopo iniziali proteste senza risultato e vani tentativi di riprendere la Fiamma, si dispersero a loro volta nell’isola, alcuni fondando villaggi magici in cui vissero lontani dai Babbani, altri continuando a vivere tra loro e integrandosi con essi...
(fine inciso)

Appena aveva visto i suoi figli allontanarsi nella foresta con Habarcat, Cormacc MacArtgal aveva spento con la Magia il fuoco del loro bivacco, così che non restassero residui di fumo a tradirli e, fermo, aspettò di sentire i suoni manifestarsi e ripetersi, per decidere in quale direzione muoversi. Suo figlio Dòmhnall aveva ragione: c'erano estranei nella foresta, provenienti dal fiume, ne aveva percepito la pesantezza dei passi e la puzza inconfondibile, una puzza che gli ricordava con orrore le settimane che aveva passato nelle segrete del castello di Glower-o 'er-em, in attesa dell'impiccagione. L’angoscia gli strinse il cuore, si affrettò a cancellare le ultime tracce della loro presenza nella radura, mentre Sheira, indebolita dal parto, lo osservava, nascosta tra gli arbusti, tenendo la piccola Diorbhal tra le braccia: doveva sbrigarsi, erano in pericolo, doveva mettere più distanza possibile tra ciò che aveva di più caro al mondo e le “bestie” che aveva imparato a conoscere solo durante la prigionia. Era stato per la sua Sheira, il suo Dòmhnall e il bambino che stava per nascere, Cuilén, se all'epoca non aveva provato a fuggire dalla sudicia cella in cui l'avevano rinchiuso, servendosi dei suoi poteri; aveva atteso, per settimane, l'occasione giusta per tentare una fuga il più possibile “normale”, una fuga che non confermasse, agli occhi di chi lo accusava, la sua natura di Mago. Alla fine, però, era stato tutto inutile, per salvarsi dal cappio e per evitare che Sheira fosse aggredita dal popolo, era stato costretto a smaterializzarsi quando già il boia gli aveva messo la corda attorno al collo, confermando così, davanti a tutti, la presenza di veri Maghi nella foresta di Am Monadh. Quando erano giunti in quella terra, poco più di sedici anni prima prima, giovani e innamorati, pieni delle fantasiose teorie di cui erano intrisi gli antichi scritti, credevano ancora che fosse possibile convivere in pace con i Babbani, che, addirittura, la Magia potesse alleviare la sofferenza dei popoli, guidarli verso un destino migliore, com’era avvenuto per secoli. Era stato per questo che Sheira si era esposta e aveva offerto al signore di Glower un infuso per ottenere un figlio maschio, nella speranza che, soddisfatto il suo desiderio più grande, quell'uomo diventasse più mite e generoso con la sua stessa gente; ma era stata una sciocchezza, proprio com’era stato sciocco da parte di Cormacc, per conoscere le usanze dei Babbani, curiosare intorno ai villaggi con le sembianze di un cane, fermandosi persino a dormire nei fienili, quando si allontanava troppo: eppure sapeva che, durante il sonno, venendo meno il controllo della mente sul suo corpo, non poteva mantenere le sembianze animali ma tornava a essere un uomo. In una fredda alba di fine settembre di sei anni prima, alla fine, era accaduto l'inevitabile: un contadino l'aveva sorpreso nel sonno e, accusandolo di essere un ladro, l'aveva portato davanti alle autorità del villaggio; la natura ingenua e pacifica aveva impedito a Cormacc di ricorrere alla Magia per fuggire, si era lasciato portare al castello di Glower, confidando che, se si fosse mostrato innocuo e remissivo, tutto si sarebbe risolto solo con qualche giorno in cella e, al massimo, qualche frustata. Cormacc sospirò e guardò per l'ultima volta la radura in cui aveva vissuto con la sua donna e i suoi figli.

    No, a quei tempi non avevo ancora idea di che cosa siano i Babbani…

A giudicarlo non era stato il signore di Glower-o'er-em, impegnato nei suoi commerci, ma il cappellano del castello, un vecchio irlandese, Cormacc aveva riconosciuto subito la cadenza particolare della sua voce, molto simile a quella di sua madre: il Mago non se ne era sorpreso, sapeva che i monaci irlandesi si spingevano da secoli fin lungo i margini delle Terre del Nord, per evangelizzare le rozze genti che incontravano, persino in quelle lande sperdute e semidisabitate, dove c'erano solo pietra e miseria. Dove gli uomini della Croce temevano, a ragione, che si nascondesse ancora l'antica Magia. Quello che aveva di fronte, però, non era un religioso qualsiasi, invasato solo dal fuoco della sua Fede: quell'uomo sapeva qualcosa, conosceva le antiche leggende, il significato delle Rune, Cormacc l'aveva capito dalle domande che gli aveva posto e dall'insistenza con cui l'aveva osservato, attratto dai segni che portava sul collo e sulle dita delle mani. Si erano fissati, a lungo, ma il Mago aveva finto di non capire, aveva risposto alle domande come avrebbe fatto un povero stolto, aveva parlato di segni tradizionali del suo clan. Il cappellano aveva cercato di spaventarlo, accusandolo di essere un figlio del demonio, la causa, con quei segni blasfemi, dell’Oscurità che circondava la foresta di Am Monadh, di meritare per questo la morte, ma Cormacc aveva continuato a tacere e negare per ore e per giorni; alla fine, l'irlandese aveva lasciato cadere l'accusa di furto, per gravarlo di una ben peggiore, quella di blasfemia e Stregoneria, condannandolo a morte per impiccagione. Nemmeno allora, nemmeno di fronte a un rischio tanto grande, però, Cormacc MacArtgal era venuto meno agli insegnamenti della sua gente, non aveva tradito le proprie convinzioni, non aveva messo a rischio la Confraternita rispondendo alle domande, né si era servito della Magia per uccidere e salvarsi. Le guardie avevano ricevuto l'ordine di piegarlo con la fame, la sete, la prigionia in un'angusta cella con altri miserabili che potevano dileggiarlo, colpirlo, umiliarlo, feccia che continuava a essere considerata umanità, pur essendo un ammasso immondo e violento di ladri e assassini, solo perché alla nascita erano stati consacrati tutti dall'Acqua Benedetta e dalla Croce. Cormacc, invece, la cui unica colpa era essere nato con il suo Dono e essere stato forgiato col Fuoco e con la Lama, era considerato un demonio, un mostro, contro cui tutti potevano scagliarsi.

    E questo hanno fatto, guardie e prigionieri, per settimane e settimane.

Pur passati sei anni da allora, nonostante le amorevoli e sapienti cure di Sheira e la folta barba che si era fatto crescere dopo la fuga, ogni volta che si specchiava nell'acqua del fiume, Cormacc rivedeva con sgomento il proprio viso deturpato dai segni di quell’orribile esperienza. Eppure non riusciva a odiare, provava solo terrore e angoscia. Da allora l'uomo aveva vissuto sempre nella paura, per se stesso, per Sheira, per i ragazzi. La loro dimora, una capanna ai margini del bosco, non era più stato un nido sicuro per lui, aveva iniziato ad andare a caccia con Dòmhnall solo per trovare anfratti più inaccessibili e protetti, aveva cercato di convincere Sheira, più volte, invano, a spostare il loro nascondiglio, e di fronte al suo diniego, aveva pregato gli dei che le voci sinistre sui poteri oscuri della montagna fossero un deterrente sufficiente contro qualsiasi folle impresa dei Babbani. Quella continua tensione aveva trasformato un giovane semplice, entusiasta e appassionato, in un uomo cupo, nervoso, a volte persino rabbioso e violento: lo capiva da sé, spesso era fin troppo duro con i suoi figli, soprattutto con Cuilén, ma era per loro che agiva così, doveva evitare che i suoi ragazzi diventassero troppo superficiali, troppo avventati, pieni di false illusioni, com'era stato lui. Quando aveva scoperto che Dòmnhall era interessato a una giovane Babbana, era rimasto talmente sconvolto che aveva reagito nella maniera peggiore, non gli aveva parlato con razionalità, come suo padre e il suo maestro avevano fatto con lui, delle differenze esistenti tra gli uomini e i Maghi, gli aveva raccontato invece le più bieche superstizioni, pur sapendo che si trattava solo di menzogne, aveva instillato in suo figlio l’idea che i Babbani potessero rubargli la Magia. Se ne vergognava, certo, e aveva fatto in modo che Sheira non lo scoprisse, ma non poteva permettere che suo figlio finisse rinchiuso e fosse massacrato com’era accaduto a lui. La sua vita, stranamente, era diventata più serena solo negli ultimi tempi, da quando le incursioni di un popolo guerriero proveniente da Viken avevano spinto re Indulf di Alba a richiamare sulle coste il suo popolo e dare inizio a una nuova guerra: il signore di Glower e il suo cappellano avevano problemi ben più urgenti da affrontare. E in quella ritrovata serenità, Sheira era rimasta nuovamente incinta e quella notte, finalmente, era nata la loro prima bambina, cui aveva imposto il nome di sua madre.

    Diorbhal...

Il Mago prese di nuovo in braccio le sue donne e s’immerse, a sua volta, nell'oscurità del bosco, a rapidi passi: il sangue e le forze perse durante il parto avevano reso Sheira troppo debole per provvedere da sola a se stessa e alla bambina, Cormacc sapeva che sarebbe stato impossibile portarla alla sorgente quella stessa notte, dovevano perciò accamparsi in un luogo riparato, abbastanza vicino al fiume, in cui fosse facile difendersi e da cui fosse semplice, pur senza smaterializzarsi, scappare. La strinse a sé, guardò Sheira con tenerezza e preoccupazione, era sfinita, come non l’aveva vista mai, eppure il suo sguardo continuava a essere sempre lo stesso, fiero e indomito, come il primo giorno: tutta la sua vita, lo sapeva, era stata plasmata e stravolta da lei, dalla sua luce, dal suo potere, dal loro folle amore. Aveva deciso, stavolta non avrebbe avuto esitazioni, sarebbe ricorso persino alla violenza, avrebbe rotto persino il giuramento fatto ai Centauri quando erano giunti in quell’angolo delle Terre del Nord e, se necessario, avrebbe ucciso, per lei, per la sua donna. Cormacc stampò un bacio sulla fronte di Sheira e continuò a camminare, tenendola stretta a sé, l'orecchio teso a cogliere qualsiasi sussurro della notte, la mente piena solo dei tanti ricordi della loro intensa, avventurosa esistenza.

*

Cormacc McArtgal era nato trentasette inverni prima, a Banrìgh nan Eilean (4), la più meridionale delle Innse Gall (5), le isole a ovest delle Terre del Nord. Era il secondo di sette figli, in una famiglia che aveva sempre praticato la Medimagia, seguendo i precetti degli Antichi: suo padre, Artgal, era originario di un villaggio di Beinn Nibheis, ed era bruno e grosso, un po' burbero, proprio come un orso; sua madre, Diorbhal, era una donna austera, dai capelli rossi e selvaggi, nativa dell’Eire, la grande isola verdeggiante che si trovava a sud: era stata lei a insegnargli a rispettare la terra e il vento, a riconoscere i segreti e le proprietà delle piante, che crescevano rigogliose grazie al clima mite della loro isola, dove l'estate si protraeva quasi fino alla festa di Modron. Era vissuto felice lì, con i suoi fratelli e i suoi genitori, finché, tre lune dopo aver compiuto quindici anni, come voleva la Legge di Habarcat, un vecchio mandato dalla Confraternita degli Antichi, Eoghan McFionn, era sbarcato sull'isola in una notte di plenilunio e, prima ancora dell'alba, l'aveva sottratto all’affetto dei suoi cari, portandolo via con sé. La barca che li attendeva in una piccola rada era leggera e rapida, di legno scuro, completamente intarsiata di Rune: a metà del secondo giorno di viaggio, Eoghan aveva bruciato dell'incenso su un piattino d'argento, aveva ferito il palmo di Cormacc con una lama lunga e sottile e aveva intriso le ceneri con il suo sangue, poi aveva passato la lama nel miscuglio e aveva ordinato al ragazzo di incidere le Rune del proprio nome sul legno dell'imbarcazione e di gettare le ceneri nell’acqua, tributo per ingraziarsi il favore del mare. Avevano veleggiato tra i fiordi immersi nelle nebbie per altri tre giorni e altre tre notti, infine erano scesi a terra e avevano iniziato a percorrere le lande aspre che conducevano al massiccio di Beinn Nibheis, avevano guadato fiumi e attraversato paludi, camminando fino a ferirsi i piedi sulla nuda roccia, per giorni che diventarono settimane, per settimane che diventarono mesi, immersi in una natura solitaria e selvaggia, in panorami sconfinati che prima si coprirono di foglie morte, poi di soffice e gelida neve.
All'inizio del viaggio, Cormacc era rimasto a lungo silenzioso e triste, consapevole che quello sarebbe stato un viaggio senza ritorno, che ciò che si era lasciato alle spalle era già perduto per sempre, ma un po' per volta la malinconia aveva lasciato il posto alla meraviglia e all'emozione, per tutto quello che di nuovo trovava davanti a sé, per la Magia che esplodeva in tutto ciò che lo circondava, per i canti pieni di mistero e di storie antiche con cui il vecchio Eoghan salutava il sorgere delle stelle, notte dopo notte. Erano partiti dalla sua Banrìgh nan Eilean all'inizio della primavera, mancavano solo due giorni alla festa di Yule quando giunsero, infine, sulle rive del mare settentrionale, a Loch an Inbhir, il cuore delle Terre del Nord. Durante quella lunga notte di riti e di festa, insieme ad altri ragazzi della sua età, Cormacc aveva superato la sua prova più importante, aveva affrontato i suoi demoni e aveva scoperto la sua attitudine per la “voce della Terra”, aveva dimostrato a tutti di essere pronto a entrare nel mondo degli adulti per ricoprire il suo ruolo nella comunità, gli erano state perciò impresse le Rune più importanti, quelle che marchiavano il suo intero petto. All'alba, stremato, aveva appreso di essere stato assegnato come apprendista, per quattro anni, a Eoghan, sarebbe stato ospite nella sua casa, avrebbe perfezionato sotto la sua guida quelle conoscenze già apprese da sua madre: chiamare gli animali senza usare la voce o altri strumenti, piegare al proprio volere l’Acqua, il Fuoco, la Terra, il Vento, imparare a trasformarsi in un animale marino, in un animale terrestre e in un animale del cielo, creare pozioni e decotti con le erbe che crescevano nelle foreste per curare e uccidere, fare incantesimi di varia natura, potenziare la propria Magia con i segreti delle Rune e sfruttare i doni del ventre della terra per creare Talismani, due arti queste ultime che, insieme all’Erbologia e alle Pozioni, sarebbero state utili al giovane per diventare ciò che più desiderava: un Guaritore.
La sua vita era trascorsa tranquilla per anni, nella capanna del vecchio in riva al mare, diviso tra lo studio e la meditazione, le feste e i balli con gli amici, qualche relazione senza importanza con alcune ragazze del villaggio, finché, la settimana prima di Beltane di quasi quattro anni più tardi, aveva conosciuto Sheira nic a'Thon: suo padre, Thon McCuilén, era uno dei venerabili della comunità, perché da giovane, grazie al dono della Veggenza, aveva salvato la sua gente dal gigante Harkmut, ma soprattutto perché, negli ultimi tre secoli, i Custodi della sacra Fiamma di Habarcat erano appartenuti tutti alla sua nobile famiglia. La ragazza si era presentata con suo padre da Eoghan per scegliere il dono che avrebbe fatto alle divinità la notte di Samhain, quando, al compimento dei sedici anni, avrebbe preso le sue Rune e consacrato la sua vita a Habarcat: Cormacc l’aveva guardata con curiosità, abituato a essere l’unico giovane dai capelli bruni, in un mondo dominato da persone bionde e fulve, aveva notato subito con simpatia quella ragazzina minuta dai capelli corvini, con la pelle del viso tempestata di lentiggini sottili, e gli occhi color del mercurio. E l'aveva ammirata ancora di più quando, tra i tanti preziosi Athame disponibili, aveva scelto personalmente, senza esitazioni, un semplice e minaccioso pugnale intarsiato di Rune, potenziato con gli influssi delle Tormaline nere, decidendo che sarebbe stata quella l’arma con cui le avrebbero inciso le Rune sulla pelle del ventre. Quando Sheira aveva alzato i suoi occhi su di lui, però, l'ammirazione del giovane era sparita per lasciare il posto a un devastante turbamento: Cormacc, pur grande e grosso, si era sentito sciogliere, fluido come il metallo che stava forgiando, e la sua mente aveva perso di colpo ogni pensiero che avesse logica. Aveva provato un’emozione strana, incomprensibile, molto più complessa del desiderio profondo di stringerla a sé, baciarla, possederla e annullarsi in lei, tutte sensazioni fisiche potenti, che aveva sempre provato con le sue amanti. No, non aveva mai visto una ragazza come quella, Sheira emanava sicurezza, calma, luce. Sheira era, lei stessa, luce. Nessuno degli altri presenti, forse neppure Sheira, si accorse del turbamento del giovane Mago: dentro di sé, Cormacc era infastidito da quella sensazione adatta a uno sciocco adolescente, non a un giovane uomo come lui, eppure gli era ugualmente sfuggito un sorriso entusiasta quando aveva udito l'imperioso Thon McCuilén chiedere a Eoghan di insegnare anche a sua figlia le proprietà delle pietre, così che la ragazza completasse prima di Samhain il suo percorso di studi.
Durante la primavera e l'estate seguenti, perciò, Sheira si era presentata alla capanna sulla spiaggia tutte le mattine, molto presto, via via sempre più presto, restando con i due uomini e la sua Elfa domestica, Brida, per quasi tutto il giorno, mangiando con loro, raccontando con la sua voce cristallina e il suo candido entusiasmo di sé, dei suoi fratelli, dei luoghi che aveva visitato, delle leggende che il suo vecchio precettore le aveva insegnato, delle Magie con cui si allenava a guidare la Sacra Reliquia. Cormacc si era perso per ore ad ascoltarla, tanto che spesso era stato costretto a finire di studiare dopo che lei se n’era andata, ma non aveva mai avuto il coraggio di interromperla per chiedere di più, benché avesse tante domande da farle, proprio per non infrangere la Magia che sembrava materializzarsi tutto intorno a loro al suono della voce della Strega.
Da parte sua, anche la ragazza era incuriosita da Cormacc, un giovane diverso dagli altri, privo di quella smielata devozione che le riservavano tutti, senza però mai ascoltarla davvero, al contrario, lui, pur taciturno, era sempre attento e incuriosito da lei e dalle sue storie. Lo aveva trovato misterioso e interessante fin dal primo giorno, con quegli occhi scuri e profondi, che brillavano sotto i lunghi capelli, corvini come i suoi, così alto e imponente, così selvaggiamente affascinante. L'aveva colpita anche quella specie di timidezza che manifestava solo con lei, mentre con le altre, l’aveva visto durante i balli attorno al fuoco, era molto più spigliato, persino spregiudicato: all'inizio aveva temuto di essergli antipatica, ma i suoi crucci erano spariti, quando si era accorta della sincerità del sorriso gentile e dello sguardo vivace con cui Cormacc la salutava sempre al suo arrivo.
Senza un vero perché, aveva iniziato a cercarlo, seguirlo, anche fuori della capanna del vecchio: una notte, durante la "luna delle erbe" (l’Esbat, o luna piena, di luglio), si era allontanata dal cerchio attorno al fuoco e nella penombra della radura l'aveva visto baciare una ragazza stringendola a sé con una passionalità che le aveva infiammato il sangue, di gelosia, di turbamento, di desiderio. Non le era mai accaduto nulla di simile, e Sheira ne era rimasta profondamente turbata: ormai, giorno per giorno, quando pensava a lui, sentiva qualcosa di sconosciuto crescerle dentro, e tutte le sue certezze, tutte le convinzioni che le avevano inculcato, di colpo, avevano perso d’importanza e autorevolezza. Un giorno aveva persino insistito con la piccola Brida per raggiungere la capanna prima dell'alba, perché aveva scoperto che Cormacc, prima del suo arrivo, tutte le mattine si attardava a nuotare: voleva ammirare il Mago, il suo corpo nudo, senza che lui nemmeno se ne accorgesse, aveva un bisogno ormai fisico di lui, era sconvolta dai suoi pensieri, dalle emozioni che provava, temeva di diventare folle, di compiere qualche gesto sconsiderato e vergognoso. Quando se l’era trovata di fronte, Cormacc era rimasto a sua volta pietrificato dalla sorpresa, dall'emozione, dall’imbarazzo, tanto che, invece di salutarla come ormai faceva tutte le mattine, era sparito senza rivolgerle nemmeno una parola, incapace per tutto il giorno di uscire dal suo ostinato mutismo, almeno finché la Strega non era ritornata a casa sua, al tramonto, ancora più turbata.
L'interesse dei due giovani per lo studio aveva finito col calare molto, Eoghan se n'era accorto, ma non se n'era preoccupato, pur vecchio, ricordava bene quanto fosse difficile quel periodo della vita, e soprattutto, riteneva quel genere di esperienza molto importante per crescere e maturare, perché entrambi stavano scoprendo un'importante lezione di vita: non tutti i desideri sono destinati a realizzarsi, ed era importante che lo scoprissero quanto prima. Sheira restava spesso in silenzio a guardare Cormacc che lavorava a breve distanza da lei, compiacendosi quando notava il volto del giovane illuminarsi in un sorriso, al suono della sua risata o della sua voce cristallina, o quando percepiva con la coda dell’occhio lo sguardo del Mago indugiare assorto sulla curva del suo collo o sull’incedere a volte sfacciatamente malizioso della sua figura. Cormacc si dava dello stupido per ore, ricordava a se stesso chi fosse quella ragazzina, eppure appena entrava nella capanna, cercava di nuovo tutte le scuse possibili per riuscire almeno a sfiorarla, lasciava i suoi oggetti in disordine, per potersi alzare e avvicinare a lei, accarezzarle furtivo le mani sulla sabbia, un paio di volte aveva persino intrecciato le dita alle sue sotto il tavolo, durante i pasti. Il Mago aveva compreso che, ingenua e presa com’era, se solo avesse tentato, avrebbe potuto facilmente ottenere molto più di un bacio, da lei, ma a frenarlo non era solo il timore delle gravi conseguenze se si fosse abbandonato a qualche mossa avventata, né la consapevolezza che l’educazione, il diverso stato sociale, il destino di Sheira fossero un evidente ostacolo. Ciò che gli impediva davvero di approfittare della situazione era quel sentimento sconosciuto che provava per lei… Iniziò a sfuggirla, a non farsi trovare, si ripeteva che era giusto così, che doveva toglierle e togliersi certe idee dalla testa, per il suo bene, così l’entusiasmo che i due giovani avevano iniziato a manifestare l’uno per l’altra, si era trasformato in breve in inquietudine e tristezza. Cormacc sapeva che la Strega non era destinata a lui e già ne soffriva, ma il pensiero che fosse nata solo per Habarcat, per sacrificare tutta la sua vita a potenziare la Magia e il potere della Sacra Reliquia, senza poter mai godere delle gioie concesse a tutti gli altri, lo aveva riempito giorno per giorno di odiose domande, aveva esacerbato la sua inquietudine, la sua frustrazione, persino la sua rabbia: aveva ormai compreso di volerle davvero bene, anzi, ormai era certo di cosa fosse quel sentimento strano, quello che non aveva provato mai, sapeva che il suo nome non poteva che essere “Amore”, sì, ne era addirittura innamorato, perché più di ogni altra cosa, desiderava saperla felice, non riusciva a tollerare di vedere la tristezza negli occhi di Sheira. Non sapeva cosa fare per aiutarla, però: l'unica soluzione che gli veniva in mente era la fuga, ma non era certo che Sheira volesse o potesse fuggire, né che alla fine lo volesse con sé, in fondo lei apparteneva a un mondo diverso, ricco e colto, era cresciuta come una principessa, lui era invece un Mago piuttosto abile e intelligente, certo, ma era e sarebbe stato sempre umile e povero. Inoltre Sheira era ancora troppo giovane per smaterializzarsi, la Traccia di Magia che la segnava avrebbe rivelato a chiunque dove si nascondesse, e soprattutto… lei non sarebbe mai stata una Strega qualsiasi: la vita di un custode era legata alla Fiamma di Habarcat, se Sheira si fosse allontanata troppo, avrebbe potuto perdere i propri poteri e, con essi, la vita. Fuggire, perciò, significava anche dover sottrarre Habarcat alla comunità e questo, lo sapeva, era un altro tabù che, se infranto, avrebbe condotto entrambi alla morte.
Nelle sue lunghe notti insonni, Sheira era arrivata alle stesse conclusioni: ora che aveva scoperto il desiderio e i suoi nuovi sentimenti, non voleva più dedicare la sua vita alla Fiamma, sacrificando a essa tutto il resto, voleva andarsene, fuggire, pregava gli dei di aiutarla e sostenerla, di mostrarle una strada, sapeva che dovevano esistere dei contro-Rituali che separassero il suo nome da Habarcat. Più di ogni cosa, però, desiderava trovare un modo per convincere Cormacc a fuggire con lei. Per un po’ di tempo si era illusa di interessarlo, nonostante fosse più piccola e inesperta delle ragazze che frequentava di solito, ma visto il suo comportamento di nuovo sfuggente e più freddo, temeva di non aver capito nulla di Cormacc, e si sentiva persa, perché senza il suo sostegno era sicura che non sarebbe mai riuscita a ribellarsi al suo destino. Aveva riflettuto a lungo, alla ricerca di una soluzione, e alla fine, concentrandosi sul Mago e su quello che sapeva di lui, credette di sapere quale fosse l’unica strada da percorrere per convincerlo. Una sera, all'inizio dell'autunno, al primo novilunio dopo Modron, mentre tutta la comunità era riunita attorno al fuoco intenta a eseguire alcuni Riti, Sheira aveva preso coraggio e aveva fatto in modo di avvicinarsi a lui, rivolgendogli la parola apertamente, come ancora non aveva mai fatto: gli aveva afferrato la mano e, facendogli cenno di restare in silenzio, l'aveva invitato a seguirla. Nel breve tragitto che li separava dalla spiaggia, immersi nell'oscurità della boscaglia, le figure protette dai mantelli, Sheira aveva confidato al giovane il suo desiderio di libertà e la sua intenzione di fuggire, gli aveva parlato della profonda disperazione che la coglieva al pensiero di un destino che le era stato imposto, di una vita che non aveva scelto; Cormacc era rimasto sconvolto dall’inesorabilità e dalla fermezza di quelle parole, sorpreso di non essersi accorto che Sheira aveva maturato in silenzio le sue stesse convinzioni, al punto da elaborare persino un piano. La Strega gli disse di aver bisogno del suo aiuto, che per sottrarsi alla sorte, era necessario forgiare un semplice anello di metallo, una piccola fedina di ferro, bagnata col sangue della Strega, al cui interno Sheira stessa avrebbe tracciato le Rune necessarie a liberare il suo nome dalla Magia della Fiamma, per poi gettarlo nel pozzo dei sacrifici, come pegno a Habarcat.
Cormacc non aveva mai immaginato che Sheira, quasi cinque anni più giovane di lui, fosse già tanto potente e istruita nella Magia Antica da conoscere un contro-Rituale e delle formule tanto potenti, ma più di tutto l’aveva colpito scoprire che la ragazza si fidava a tal punto di lui, della sua amicizia, delle sue abilità, da confidargli un segreto così importante e chiedergli qualcosa di tanto pericoloso. Aveva sentito il cuore riempirsi di ardore e di orgoglio, le aveva promesso subito il suo aiuto e il suo silenzio, contento di contribuire almeno in parte alla sua felicità, senza riflettere su cosa sarebbe stato meglio per entrambi, né sulle conseguenze delle loro azioni. Nelle due settimane seguenti, di giorno i due giovani avevano continuato a comportarsi come sempre, scambiandosi sguardi dimessi e dimostrando scarso interesse per le lezioni di Eoghan, di notte, invece, mentre Sheira perfezionava gli incantesimi che aveva appreso dalle pergamene di suo padre, di nascosto, Cormacc lavorava senza sosta all’anello, bagnando il metallo alla luce della luna col sangue che Sheira si era estratta in segreto e gli consegnava tramite Brida. Senza che il vecchio, reso innocuo con dei filtri soporiferi, si accorgesse di nulla, Cormacc creò in tutto tre copie, tre piccole verghette di ferro, semplici, identiche, se non per dei piccolissimi dettagli che solo il suo occhio allenato riuscivano a cogliere.
Quando entrambi furono pronti, la notte della luna rossa, l'Esbat di ottobre, Cormacc aveva partecipato distratto ai riti notturni al cerchio di pietre, la mente presa da tutt’altri pensieri: Sheira sarebbe fuggita quella notte, lui aveva preso coraggio, aveva deciso di parlarle sinceramente, si sarebbe offerto di accompagnarla, voleva aiutarla fino in fondo. E se la Strega l’avesse accettato con sé, appena ne avesse avuto l’occasione, un giorno le avrebbe confidato i suoi veri sentimenti, senza peraltro pretendere da lei nulla. Per questo, per questa folle speranza, aveva estratto dalle sue poche cose anche una piccola pietra verde che sua madre gli aveva donato, da offrire alla donna che voleva al proprio fianco: aveva preparato una piccola incastonatura in uno dei tre anelli di ferro, uno di quelli che non sarebbero stati gettati nel pozzo, aveva provato a inserire la pietra, applicandole un incantesimo che l’avrebbe incastrata in maniera permanente una volta riconosciuto il sangue di Sheira, quindi aveva messo i tre anelli nella taschina di pelle di pecora che portava al collo ed era uscito dalla capanna, diretto al promontorio del cerchio di pietre, in attesa dell’appuntamento alla fine dell’Esbat. Quando i più si ritirarono alle proprie capanne, al levarsi di Orione, si spostò dal cerchio di pietre all’estrema propaggine della radura, sopra il mare: la Strega era già lì, vestita col suo lungo mantello rosso, come voleva la tradizione, nel silenzio rotto solo dal respiro del mare sotto di loro, circondati dal fitto della boscaglia, le cinque pietre che formavano il cerchio illuminate dalla luna nella sua completa pienezza. Come si era avvicinato a lei, sotto un tappeto di stelle pulsanti, se l’era ritrovata avvinghiata addosso, le labbra bramose sulle sue, il corpo stretto tra la rugosità delle rocce e il trepidante calore di Sheira, le dita e le labbra di lei, calde e curiose, che si avventuravano alla scoperta del suo corpo teso, insistenti nel tracciare i bordi delle Rune delle sue mani, delle sue braccia, seguendo il fluire del sangue nelle vene del collo, lì dove, pulsando impazzita, la Runa intensificava all'inverosimile i desideri sempre più espliciti di Cormacc... Non doveva farlo, non doveva cedere, il Mago se l’era ripetuto continuamente, sempre con più difficoltà, sempre con minore convinzione, finché, con estrema sofferenza era riuscito ad allontanarla un poco da sé e ottenere una sincera spiegazione, restando turbato quando Sheira, in lacrime, gli aveva confessato che era intenzionata a concedersi a lui, nella speranza di convincerlo a seguirla. Il Mago l’aveva stretta a sé per consolarla, baciandola con tenerezza, poi aveva iniziato a confidarle, per la prima volta, i mille discorsi che si era fatto da solo nella propria mente, le disse quello che sentiva per lei dal primo giorno, le descrisse i suoi sentimenti, il suo amore, il suo bisogno di non perderla, il suo desiderio, se solo lei glielo avesse concesso, di fuggire via insieme, di aiutarla a essere felice, senza chiederle niente in cambio, senza pretender nulla che non volesse anche lei. Sheira aveva ascoltato ogni singola parola, all'inizio confusa, poi sempre più commossa nello scoprire che Cormacc condivideva i suoi desideri; aveva preso le mani del Mago nelle proprie, aveva iniziato a baciarlo di nuovo, con tenerezza, stringendosi a lui, mentre le parole, quelle parole che entrambi avevano avuto per mesi difficoltà a pronunciare, sgorgavano come un fiume in piena, raccontando di sogni, di luce, di amore, di progetti, di futuro, di vita. Di vita insieme.
Erano rimasti a lungo stretti l’uno all’altro, in silenzio, finché Cormacc aveva compreso dalla posizione delle stelle che la notte era arrivata al suo culmine ed era il momento di agire: aveva estratto gli anelli dalla taschina di pelle e li aveva offerti a Sheira, ma quando la Strega aveva visto l'anello con la piccola pietra, i suoi occhi si erano riempiti di nuovo di lacrime di felicità, era cresciuta nella ricchezza, ma non aveva mai visto in tutta la sua vita un anello più bello e prezioso. Si alzò sulle punte, si allungò fino al suo orecchio e gli disse che l’avrebbe seguito ovunque li avesse portati il destino, che da quel momento sarebbero stati una vita sola, un’anima sola, anche se non avrebbero mai trovato un anziano disposto a unirli davanti alla sacra Fiamma. Cormacc sorrise, cosciente che per la loro felicità quello era un dettaglio superfluo: dalla capanna del vecchio aveva preso il pugnale che Sheira avrebbe dovuto usare a Samhain per consacrarsi come custode, la guardò con insistenza, chiedendole una tacita, consapevole, conferma, quindi glielo porse e si avviarono al centro del cerchio di pietre, là dove era stato scavato il nuovo pozzo in fondo al quale era custodita la fiamma di Habarcat da quando era stata portata nelle Terre del Nord. Osservò la Strega recitare le formule che aveva appreso e la Fiamma emergere rapida e leggera dal ventre della terra: sicuri delle reciproche intenzioni, Sheira non esitò oltre, indossò la verghetta con la pietra, mentre Cormacc prendeva una delle altre due “copie”, ammirarono le piccole fedine adattarsi alla forma e alle dimensioni delle loro dita intrecciate, sentirono il metallo serrarsi, penetrare nella loro pelle, fino a far sgorgare due piccole stille di sangue. Quando queste si fusero e scivolarono a bagnare la pietra, lo smeraldo si fissò al metallo, unito a esso da quell’unico sangue. Alla luce della luna, avevano quindi inciso i propri palmi, facendo scivolare altro sangue sull’anello e da lì sulla Fiamma, avevano pronunciato le formule che avrebbero legato nel potere delle Rune e di Habarcat ciascuno di loro alla sola persona amata, compenetrando i loro destini definitivamente: il rito del primo sangue, il rito che sarebbe stato consacrato definitivamente dal sangue della loro prima unione. Sheira, emozionata e confusa, finalmente e inaspettatamente unita all’uomo che amava, prese infine il pugnale per liberarsi del suo pesante destino, lo immerse nella luce verde della Fiamma, soffermandosi fino a vederne la punta ormai incandescente, poi incise il centro esatto dell'ultimo anello, quello destinato a essere gettato nel pozzo, cercando di creare magicamente la prima microscopica Runa che racchiudeva parte del suo nome.
Non ci riuscirono: improvvisamente la radura si era ravvivata della luce di numerosi fuochi, si guardarono intorno, dalla boscaglia emersero, inferociti, alcuni sacerdoti e gli anziani del villaggio, guidati dal padre di Sheira che teneva per le orecchie la piccola Brida, in lacrime, i bastoni levati sopra le loro testa, pronti a scagliare contro di loro le più potenti maledizioni. Cormacc non ci pensò due volte, chiese a Sheira di tendere la mano con il “loro” anello verso la fiamma e Habarcat, a sorpresa, risplendette nell'oscurità del suo più intenso colore verde, si raccolse su se stessa e si lasciò cogliere ed estrarre dal suo nido, Sheira l’avvolse nella pelle d’orso con cui il Mago si era finora coperto, la stessa su cui, da allora, avrebbero dormito notte dopo notte. Il giovane, per la prima volta nella sua vita, era riuscito a completare la sua trasformazione in animale, un possente cane nero, ringhiò contro gli astanti, poi con il muso invitò la Strega a montargli in groppa e con un improvviso balzo, le dita di Sheira strette nella sua folta pelliccia, si erano dileguati nella foresta. Cormacc corse nel bosco a lungo, avendo cura che i rovi e i rami non ferissero la Strega, risalì il fiume che attraversava la valle retrostante Loch an Inbhir, salì sulla montagna che gravava su quelle terre e scese dalla parte opposta, fino a ritrovare di nuovo il mare, più a nord, fino a raggiungere una scogliera d’irti scogli, che celavano una piccola grotta.
Quando vi entrarono e si fermarono, la luna si specchiava meravigliosa sullo specchio d’acqua davanti a loro, sulle pietre perlacee delle pareti, creando giochi particolari di luce verde argento con la Fiamma di Habarcat: i due giovani iniziarono a baciarsi appassionatamente, nudi, sul mantello rosso della strega, sulla sabbia, davanti alla fredda fiamma che bruciava, poco lontano da loro. Il contatto dapprima timido e impacciato, incredulo, era divampato di colpo in passione pura, violenta, assoluta: Cormacc aveva travolto con forza e impazienza quel corpo fragile, aveva affondato affamato i suoi denti nella carne di lei, fino a sentire il sapore ferroso del suo sangue, a stento era riuscito a fermarsi il tempo di capire se lei era davvero pronta e sicura di voler andare fino in fondo, poi le aveva mozzato il respiro strappandole un gemito soffocato, sprofondando nelle sue membra, senza nessun altro pensiero che non fossero la fame e il desiderio che provava per lei e il piacere che voleva donarle. Solo molto più tardi, molti baci e amplessi più tardi, quando aveva ormai annullato in lei tutta la sua forza, la sua linfa, i suoi pensieri, la sua esistenza stessa, riconobbe il potere di quella grotta, sentì che possedeva una sua Magia, che non dipendeva da loro o da Habarcat, ma che si univa a loro, a Habarcat, alla Luna di sangue, al sangue che macchiava il loro giaciglio. Anche Sheira sentiva quella Magia, e pur senza il coraggio si dirlo apertamente, era certa che in quella grotta, in quella notte dominata dal plenilunio, avessero appena concepito un figlio.
Fuggirono come due ladri, all’alba, preda dall'ebbrezza, della libertà e del loro amore, senza curarsi di niente, che non fosse vivere finalmente insieme, felici, l'uno per l'altro: sapevano che su di loro gravava la maledizione della Confraternita, ma nessuno di quei Maghi, mai, sarebbe stato in grado di trovarli, perché Habarcat proteggeva il suo custode, come Sheira proteggeva la Fiamma con i suoi rituali e la sua Magia. Consapevoli che la protezione di Habarcat sulle genti delle Terre era fortemente legato alla distanza, decisero, però, di non uscire dai territori, ma si spostarono fino ai lembi meridionali delle Terre, sul massiccio di Am Monadh che con la sua oscura foresta costituiva il punto più a sud cui potevano giungere, senza privare la loro gente dell’influenza della Fiamma. Una volta rassicurata la comunità dei Centauri che non avrebbero praticato la Magia contro gli umani o contro le altre creature della foresta, né che avrebbero cacciato oltre quanto era necessario al loro sostentamento, non ebbero difficoltà in quella terra ospitale, dove vissero per oltre sedici anni, sempre nella stessa radura, crescendo i soli due figli nati dal loro amore, Dòmhnall e Cuilén, cui, infine si era aggiunta la piccola Diorbhal. Anche la condanna della Confraternita, alla fine, erano venuta meno, sia perché Habarcat era stata mantenuta all’interno delle Terre, sia perché Sheira aveva annunciato la nascita dei loro figli alla sua gente e l’intenzione di crescerli secondo la tradizione del Nord; in particolare, i veggenti avevano letto nelle stelle della loro unione, la nascita di un figlio maschio, nel giorno di Oimelc, con tutte le caratteristiche di un saggio custode, tale da portare a lungo pace e prosperità nelle Terre, e di almeno un altro Mago che sarebbe diventato celebre in tutto il Mondo Magico per le sue abilità e il suo potere. Pur compiaciuto, lui proveniente da una famiglia tanto modesta, all’idea di avere addirittura due figli con un futuro tanto importante e radioso, Cormacc condivideva l’ansia della sua Sheira, che non aveva appreso con troppo favore questi auspici: avrebbe desiderato, infatti, per i suoi figli più che la fama e il potere, quello che aveva ottenuto lei nella sua vita. L’amore della persona amata e, soprattutto, la libertà.

*

    «Lasciami qui, io non posso farcela questa volta, prendi la bambina e raggiungi i ragazzi... »
    «Te l'ho detto quella notte, Sheira, non ti abbandonerò mai, né in questa vita, né nella prossima, né in quelle che vivremo in seguito, ancora e ancora... resteremo per sempre insieme… »

Il Mago le stampò un bacio sulla fronte e continuò a camminare, tenendola stretta a sé, con l'orecchio teso a scoprire qualsiasi sussurro della notte. Il suono che aveva percepito, però, non si ripropose, la foresta non era più percorsa da rumori di passi: di colpo, la boscaglia si riempì invece di sibili e fuochi, improvvise le frecce incendiarie iniziarono a cadere, tutto attorno a lui, sempre più vicine, Cormacc ebbe appena il tempo di deporre sua moglie e sua figlia a terra, in quello che gli parve un anfratto sicuro, con uno sguardo pieno d'amore impose a Sheira di farsi forza, di impedire alla bambina di piangere, di aspettarlo... Sarebbe ritornato subito, l'avrebbe condotta sul sentiero che saliva alla sorgente, non c’era nulla da temere, li avrebbe ricacciati indietro, spaventandoli a morte. Il Mago si voltò, con orrore vide che in direzione della radura, in cui aveva vissuto per anni con la sua donna, salivano fumo e fiamme, sentì il crepitio del fuoco avvicinarsi, poi il pianto spaventato della sua bambina rompere il silenzio cupo della notte. Non sentì la voce della sua Sheira... Il suo corpo, all'improvviso, fu di nuovo quello di un cane, si lanciò, a testa bassa per difendere la sua sposa, riuscì a raggiungere alle spalle, di sorpresa, uno degli intrusi, lo rovesciò a terra, gli fu alla gola, la squarciò. Esaltato dal sangue, spaventato dalle fiamme e dai rumori improvvisi, attaccò e attaccò ancora, vide molti fuggire davanti a lui, altri pregare e tremare, azzannò, colpì, uccise, ancora e di nuovo, ancora e di nuovo: dove si muoveva, dove avanzava, lasciava a terra corpi straziati, urla, sangue. Continuò così, ancora e ancora. Finché ovunque fu di nuovo silenzio, finché non si aggiunse più altro fuoco. Finché il suolo non fu pregno di sangue. Finché, a tradimento, fu colpito in pieno petto da un dardo.
Cormacc crollò a terra: il dolore non gli faceva capire più nulla, il sangue scorreva a fiumi e fluiva via dal suo corpo insieme alla sua forza, ai suoi ricordi, ai suoi pensieri. Perse il controllo su quel corpo di cane e tornò a essere un uomo, sentiva il gelo impossessarsi di lui, sentiva la vita scivolargli via, perdersi nella terra, mentre la luce delle stelle che filtravano tra gli alberi diventava sempre più incerta. Un solo pensiero gli attraversava la mente, mentre l'ultimo alito di vita l'abbandonava, il pensiero della sua Sheira, della sua donna, di tutte le promesse che le aveva fatto.

    E di quella, l’unica, che non sono riuscito a mantenere: tornare da te...



*continua*



NdA:
Ringrazio tutti per le letture e le recensioni e grazie per la fiducia a chi ha aggiunto ai preferiti/ seguiti, ecc ecc. So che anche questo capitolo sembra fuori dal mondo, ma a una lettura attenta forse si potrebbe intuire quello che ho in mente. Spero inoltre di aver risolto un po' di misteri sulla Confraternita che aleggiavano in "That love" ormai da due anni. La grotta che avete visto è la stessa del matrimonio di Mirzam, questo perché Herrengton sorge poco lontano dai resti del villaggio principale descritto in questo capitolo: ho voluto che la notte d’amore di Sheira e Cormacc si svolgesse in quella grotta perché è con loro che nasce la dinastia degli Sherton. Quante alle note sparse nel capitolo:
1) Daur: quercia; la parola "druido" sembrerebbe provenire dalla parola "Duar" e starebbe a significare "saggezza della quercia"
2) L’esercito è evidentemente quello degli antichi romani
4) Banrìgh nan Eilean: la regina delle Ebridi, è l’isola di Islay, la più meridionale delle Ebridi interne
5) Innse Gall: nome gaelico delle isole Ebridi
3) Mên-an-Tol è un sito megalitico che si trova in Cornovaglia.
A presto.
Valeria



Scheda
Immagine
  
Leggi le 12 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Terre_del_Nord