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Autore: brokenheart    27/03/2011    1 recensioni
Ingrid col tempo si è innamorata follemente di una persona, ma temendo questo sentimento, non riuscendo a concepirlo, decide di prendere una via dalla quale non potrà più tornare indietro.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ingrid INGRID



Tante cose sbagliate avevano la capacità e il permesso di respirare. Io ero una di quelle, ma non la sarei stata ancora per molto. Come indicava il mio piccolo nuovo tatuaggio, uno sfizio prima della fine, innocuo agli occhi di molti, ma tremendamente significativo per la sottoscritta. Rappresentava il mio stato d’animo, un cuore trafitto da una lama: ecco come mi sentivo. Non potevo andare avanti, il mio cuore era stato pugnalato e quel tatuaggio segnava la mia morte. Ormai avevo deciso. Questo dolore mi stava conducendo alla morte, ma avrebbe anche potuto salvarmi dato che a procurarmelo non era altri che la persona per la quale sarei voluta anche rimanere in vita. E in fondo ero io a cercarla, questa sofferenza, quasi fossi masochista, ma d'altronde non potevo fare a meno di vederla, perché sì, per stare bene mi sarebbe bastato allontanarmi da lei, dimenticarla, e magari sopprimere il sentimento malsano che mi legava a quella creatura.
 

Come avrei potuto però? Lei stessa spesso mi cercava, mi chiedeva aiuto, magari quando tentavo di distanziarmi. Di fatto ero la sua migliore amica, la sua spalla delicata su cui piangere, la mano sapiente tra i suoi capelli, la voce sicura e rassicurante che la tranquillizzava, quando, triste, cercava riparo parlandomi di ragazzi che le interessavano ma non la ricambiavano, quindi perché non avrebbe dovuto farlo? Solo che sentirsi stringere e abbracciarla a propria volta, vedersi prendere le mani, guardare il suo sorriso allargarsi mentre le parli, avere le sue labbra sulla propria guancia, e sapere che per entrambe non avrebbe mai significato la stessa cosa, perché tu eri diversa, per te era un sentimento indistruttibile, forse amore, per lei solo un’amicizia e forse anche rimpiazzabile, faceva dannatamente male. E come il cuore si annientava sempre più, il mio desiderio di lei aumentava fino ad essere incontrollabile, perciò mi decisi ad optare per il suicidio. Non l’avrei mai più rivista e ciò mi distruggeva, ma non potevo neanche fingere di non percepire i lamenti del mio povero cuore ormai distrutto e calpestato, e soprattutto non dovevo permettermi un bacio rubato in un momento in cui non mi sarei riuscita a controllare di fronte a lei, macchiando la sua purezza, la sua anima.

Ero già in macchina verso la grotta Byron quando mi domandai cos’avrebbe pensato della lettera che le avevo lasciato. Parlava di noi, del nostro primo incontro, più di due anni prima, l’avevo amata da subito. Vestiva come suo solito tutta colorata, sembrava un arcobaleno, seduta su quella panca che ci ha viste chissà quante volte spettegolare e ridere, ma anche piangere. Non stava facendo nulla per un osservatore poco attento e superficiale, ma io mi accorsi subito che stava fissando il cielo quasi con speranza, come se credesse ancora che qualcuno possa ascoltarci lassù e aiutarci. E mentre la guardavo improvvisamente, come se qualcuno gliel’avesse suggerito, si voltò sorridendo nella mia direzione. Mi disse che il suo nome era Alex e che le sarebbe piaciuto se l’avessi accompagnata in biblioteca. Da quel giorno iniziò la nostra amicizia, non ci siamo mai lasciate, ma corrose, almeno per quanto riguarda me sicuramente troppo.

Nella lettera certamente non le riportavo solo alla memoria i nostri momenti felici, ma le esplicavo anche il mio sentimento ovviamente errato, dato che due donne non dovrebbero amarsi. Ma chi non l’avrebbe amata? Anche questo le scrissi, che nonostante fosse errato, poteva ritenere ciò che provavo per lei uno dei sentimenti più belli che si possano provare, anche se mi aveva condotta al suicido che avrei attuato alla grotta Byron. Le dissi dove mi sarei recata perché forse in fondo speravo che sarebbe venuta a fermarmi urlandomi che mi amava. Che speranza vana, non sarebbe mai corsa da una pazza innamorata del suo viso delicato, delle sue labbra rosse, dei suoi occhi cangianti che variavano dal blu indaco al verde chiaro, della sua pelle nivea, dei suoi capelli biondi come il grano; al massimo sarebbe fuggita. Perché innamorarsi di una fata di tale bellezza? Immersa nei miei pensieri non mi ero neppure resa conto di essere giunta a destinazione. Accostai la mia Renault ad un marciapiede, i parcheggi erano tutti occupati come al solito, non che mi importasse molto di prendere una multa visto che sarei passata all’altro mondo dopo poco, però ormai cercare parcheggio e amareggiarsi perché non lo si trovava era abitudine. Mi diressi immediatamente verso gli scogli, o meglio lo scoglio, quello da cui tutti avevano desiderato tuffarsi prima o poi ma che solo pochi avevano affrontato con la speranza di riemergere. Io speravo il contrario invece, di essere assorbita dall’acqua, cullata dalle sue onde fino a quando la morte non mi avrebbe accolta con sé.

Mi sedetti sul precipizio a riflettere, d'altronde ciò che mi apprestavo a fare non era una passeggiata, era mettere il punto ad una storia iniziata ventitré anni prima con la nascita di una bimba di nome Ingrid, che era pronta a uccidersi per amore. Ma all’improvviso sentii il mio nome tuonare nell’aria, era Alex che urlava “Ingrid”, che mi chiamava, che mi diceva che mi amava, che dovevamo tornare a casa, che non avrebbe mai vissuto senza di me. Finalmente ero felice, mi girai verso la sua voce e la vidi, piangeva, sembrava disperata, ma vedendo il mio sorriso si tranquillizzò e mi sorrise di rimando. Le chiesi se ciò che stava dicendo era vero e lei mi rispose che non mi avrebbe mai mentito, ma al massimo picchiata per lo spavento che le avevo fatto prendere. Così feci per alzarmi e raggiungerla, in modo da poter tornare a casa e lasciarci tutto alle spalle, ma qualcosa andò storto. Evidentemente nel punto in cui mi ero seduta la roccia era un po’ sconnessa, così il mio movimento non fece altro che provocare il disfacimento delle rocce e lì caddi, infrangendomi tra gli scogli. Non ricordo il dolore che provai, ma posso rivedere nella mia mente e sentire distintamente le urla disperate e il pianto lacerante di Alex.
Per un anno o forse più continuò a venire ogni giorno qui alla grotta Byron a portarmi rose rosse, i miei fiori preferiti, ora viene una o due volte a settimana. È felice ed io con lei, mi racconta la sua vita, mi parla della sua bambina, che ha chiamato gentilmente Ingrid. Dice che mi assomiglia e che spera diventi come me. Io non posso che amarla come mi è permesso, accarezzandola come vento, riscaldandola come sole, bagnandola come acqua, permeando ogni cosa con l’amore che provo per lei, che ora, anche se tardi, capisco essere di una purezza disarmante. 
  
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