IL VALORE DELL'AMICIZIA
Quel giorno i
capelli solitamente ordinati di Mizar erano completamente arruffati. Le lunghe
ciocche scure gli ricadevano ai lati del volto in maniera scomposta per il
forte vento che quel giorno tirava per le strade di Firenze. Avrebbe dovuto
avere freddo visto come era vestito, ma per lui era indifferente. Infatti
indossava solo di una lunga maglia verde, l’inseparabile sciarpa rossa attorno
al collo, i pantaloni di pelle nera e gli stivali al ginocchio. A tracolla,
sempre con lui, la borsa di cuoio marrone dentro la quale c’era la cosa più
preziosa per lui: la macchina fotografica. Fare il fotografo, per lui, non era
solo un lavoro. Era qualcosa di più. Fare foto, fermare attimi in un pezzo di
carta, segnare le emozioni per sempre era qualcosa che lo faceva sentire vivo.
Vivo come non lo era da tempo e come lo era ritornato da quando faceva quel
lavoro. A vederlo era un bellissimo ragazzo: pelle bianca e marmorea,
lineamenti fini e dolci, occhi grandi, scuri, leggermente all’ingiù vicino al
naso. Sembrava un viso perfetto per chi lo osservava. Ma lui sapeva la verità.
Sapeva il motivo per il quale il suo viso era così perfetto. E per questo si
odiava. Perché nonostante lui cercasse sempre la compagnia della gente quella,
appena scopriva cos’era, lo abbandonava. Ma Mizar era un ragazzo forte.
Nonostante tutte le delusioni che aveva sempre provato ogni volta che veniva
cacciato, lui continuava e continuava a provarci. Con quel suo sorriso sempre
sulle labbra, l’aria amichevole e allegra. Ecco com’era Mizar. Un ragazzo che
stava bene con tutti, si faceva apprezzare e amare per i suoi modi, per il suo
carattere. Ma poi la gente scopriva cos’era e lo allontanava, come se niente
fosse mai successo. E questo suo essere vampiro, perché di questo si trattava,
lo portava a girare continuamente per le città, cercando un posto dove
finalmente essere accettato. E lui
restava sempre il solito Mizar allegro e solare perché sapeva che da qualche parte, in giro per il mondo, ci
sarebbe stato un luogo dove la gente non l’avrebbe allontanato e disprezzato.
E, si diceva in continuazione, l’avrebbe trovato!
****
Girava per Firenze
cercando qualcosa da immortalare con la sua macchina. Di solito faceva foto nei
parchi, dove i bambini giocavano gioiosi, o alla natura, che gli ispirava un
senso di benessere. Ma quel giorno non sembrava proprio adatto a fare
fotografie. Alzando il viso in alto Mizar si convinse a tornare a casa: il
cielo era completamente scuro e, di sicuro, di lì a qualche tempo sarebbe
iniziato un tremendo temporale.
Mentre correva
sotto la pioggia, ridendo e completamente bagnato, alzò lo sguardo su un grande
edificio che non aveva mai notato prima. Un grande portone di legno chiaro,
ciliegio forse, si stagliava imponente di fronte a lui. Incuriosito si avvicinò
per capire di cosa si trattasse. Affacciato alla finestra notò moltissimi
ragazzi, di varie età, girovagare all’interno, fermarsi a chiacchierare tra
loro o a correre, ridere, scherzare e altro ancora. Il suono di una campanella
interruppe le attività di tutti e Mizar poté vedere ogni ragazzo sparire dietro
quella o quell’altra porta.
In meno di cinque
minuti si ritrovò a fissare quel corridoio brulicante di gente e vitalità,
completamente vuoto.
Decise di entrare
nell’edificio che, aveva capito, era una scuola.
Spesso nelle città
in cui era stato si appostava vicino al portone d’ingresso e immortalava gli
abbracci che si scambiavano i figli e i genitori. Faceva così tante foto ai
bambini perché in loro ritrovava quell’ingenuità e quella spensieratezza
giovanile che lui non ricordava di aver provato.
Entrato
nell’edificio si mise a girovagare un po’, incurante di essere completamente
zuppo, perché tanto, per lui, non cambiava nulla.
Guardando le varie
foto appese sui muri non si accorse della ragazza che stava correndo verso di
lui, così che finirono per scontrarsi. Caddero a terra entrambi per la violenza
dello scontro. La ragazza arrossì per la posizione in cui si era ritrovata (lei
completamente sdraiata tra le gambe di Mizar) e si alzò subito iniziando a
ripetere una serie di scuse, almeno fino a quando Mizar non la interruppe.
Ridendo, si alzò
anche lui presentandosi alla ragazza.
“Ciao io sono
Mizar, piacere di conoscerti.”
La ragazza rimase
stupita dai modi di quel ragazzo, estremamente raffinati e gentili. Sorridendo
afferrò la mano che Mizar le aveva porto.
“Piacere mio
Mizar, io sono Elleanor. Scusa ancora se ti sono caduta addosso! Non stavo
proprio guardando dove andavo anche se probabilmente ti sarei finita sopra perfino
guardandoti, combino sempre disastri su disastri.” Finì iniziando a ridacchiare
un po’. Elleanor era così. Era una ragazza dolce e gentile, molto acida se
fatta arrabbiare e una gran pasticciona in ogni cosa.
Mizar rimase un
attimo a guardarla. Girando aveva visto moltissime ragazze, e alcune erano
davvero belle, ma Elleanor aveva qualcosa di diverso. Forse era quel rossore
diffuso sulle guance per via dell’imbarazzo, o forse il fatto che il labbro
fosse attraversato da tanti piccoli morsetti, o forse ancora quell’aria ingenua
che dimostrava, sta di fatto che a lui quella ragazza piaceva. Certo era
carina, molto carina. I capelli lisci sciolti sulla schiena, gli occhi verdi
leggermente velati di azzurro, la pelle abbronzata... sì era proprio una bella
ragazza. Ma non era questo che vedeva in lei. Non sapeva spiegarsi cos’era ma
sentiva un senso di protezione verso quella ragazza. Comunque ci pensò Elle,
come l’aveva appena ribattezzata, a rimetterlo con i piedi a terra.
Infatti la ragazza
si era chinata per raccogliere le sue cose che erano finite sparse sul
pavimento. Tra le varie cose, però, aveva trovato un album di foto che non era
il suo. E si fermò incantata, ad ammirare la bellezza di quelle immagini.
Chiunque le avesse fatte, si disse, era stato davvero bravo a catturare le
emozioni dei vari soggetti.
Mizar aveva sul
volto un ampio sorriso. Vedeva che Elle stava non solo guardando le sue foto,
ma le stava proprio ammirando.
“Ti piacciono?”
Domandò all’improvviso. Elle sobbalzò lasciando cadere per terra l’album. Mizar
rise della faccia che aveva in quel momento Elle.
“Si... si mi
piacciono moltissimo. Chi le ha fatte? No perché sono davvero belle e io devo
riuscire a migliorare la mia tecnica di fotografa, devo riuscire a catturare
meglio le emozioni e...” ma non finì di parlare perché Mizar, ancora una volta,
la interruppe con un sorriso sulle labbra.
“Calma Elle prendi
fiato, respira. Le foto le ho fatte io... è da anni che faccio il fotografo ed
è la parte migliore della mia vita. Riuscire a catturare le emozioni e fermarle
in un momento che durerà per sempre, riuscire a catturare il vero animo di una
persona... è qualcosa che non so descriverti. Mi fa sentire bene... amo questo
lavoro e sono contento che le mie foto ti piacciano.”
Elle era rimasta
ammutolita di fronte alla risposta di Mizar. Vedere i suoi occhi illuminarsi
mentre parlava della fotografia... era qualcosa di indescrivibile. Erano
allegri, illuminati di gioia, anche se Elle poteva giurarci di aver visto un
pizzico di tristezza e malinconia in quello sguardo. Sentendo però la sua
risposta Elle pensò anche a un’altra cosa. Se lui avesse detto sì sarebbe stato
perfetto... ma lei non sapeva come avrebbe preso la sua richiesta, in fondo non
si conoscevano per niente e se si fosse arrabbiato? Ma magari sarebbe stato
contento... ooo se non si decideva a chiederglielo non lo avrebbe mai saputo!
Facendosi coraggio gli pose quella domanda che tanto la innervosiva.
“Mizarmiaiuticolcorsodifotografia?
Tipregotipregotiprego!”
Se Mizar non fosse
stato un vampiro dubitava che avrebbe capito qualcosa di quello che gli aveva
detto Elle. Sfortunatamente, a suo parere, lo era quindi capì perfettamente la
domanda della ragazza. Ma ora la sua mente diceva due cose diverse. Una parte,
quella maggiore e che ascoltava sempre, quella che ascoltava il cuore gli
diceva di andare con quella ragazza. In fondo che male c’era? L’altra parte,
quella minima e che non sapeva perché era lì gli diceva di lasciare tutto e
andare a continuare a scattare foto per conto suo prima che si scoprisse la sua
natura. Ovviamente la parte grande vinse sulla parte piccola e Mizar accettò
l’offerta con quel suo solito sorriso.
Elle era pazza di
gioia. Talmente tanto che senza rendersi conto di quello che faceva saltò in
braccio a Mizar iniziando a ripetergli nell’orecchio una serie di –Grazie-.
Quando poi si accorse di quello che aveva fatto si staccò da lui, rossa come
non mai, e quasi cadde dalla violenza con cui si staccò. Fortunatamente Mizar
aveva i riflessi alquanto veloci e riuscì ad afferrare la ragazza prima che
cadesse a terra. Una volta ristabilito l’equilibrio di Elle, Mizar scoppiò a
ridere. Una risata di quelle vere, cristallina. Ed Elle iniziò a ridere con
lui, non sapendo che da quell’incontro sarebbe nata un’amicizia destinata a
durare nel tempo.