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Autore: Dew_Drop    28/03/2011    4 recensioni
"...E fu splendido, in quella pozza della nostra solitudine, sentire le tue labbra sulle mie per la prima volta. Il tuo bacio sapeva di salsedine. Credo che nemmeno l'Egeo stesso potrà mai avere il tuo stesso, meraviglioso profumo"
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Scorpion Milo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sotto le fronde dell'ulivo





SOTTO LE FRONDE DELL'ULIVO

 

CAMUS_

Quell'ulivo introverso e macinato dal tempo se ne stava da anni interi a vegliare su quel verde angolo di Grecia. Mi piaceva affilare lo sguardo e pescare dalle sue fronde figure partorite dalla mia immaginazione. Allora ero bambino e spensierato e quello era il mio tetto, un tetto attraverso cui filtrava la bianca luce delle estati. Me ne restavo raggomitolato in quella fresca pozza d'ombra, al riparo dalla calda stagione. Nessuno degli altri promessi Cavalieri osava scendere fin lì, perché l'albero si affacciava direttamente sul mare e giocava a fare il funanbolo su un artiglio di roccia. E per non essere bugiardo, ammetto che anch’io avevo paura di capitombolare in acqua, ma la mia ricerca di tranquillità non aveva saputo trovare dimora migliore.

Oltre me solo tu, Milo, nidificasti sotto il vigile occhio dell'ulivo. Eri biondo come il grano maturo, ed anche crescendo non perdesti mai quella meravigliosa chioma e quel barbaglio furfante negli occhi.

Ti trovai seduto contro al tronco dell'ulivo uno di quei pomeriggi d'estate. Non avevo intenzione di parlare per primo, anzi il mio primo desiderio fu quello di battere in ritirata. Se qualcuno veniva nel mio territorio, allora io gli lasciavo campo libero. Non certo per timore, più che altro per una perenne voglia di tranquillità.

Sarei diventato grande e da grande avrei combattuto battaglie ben più sensate. Ammesso che di guerre con un senso ce ne siano mai state.

Non feci nemmeno in tempo a ritirarmi dietro al tronco che tu mi avevi già intravisto e ghiacciato sul posto con uno dei tuoi classici sorrisetti da bravo ragazzo.

- Camus, giusto?

Annuii. Non amavo parlare e per questo non dissi nulla.

- Vieni qui, Camus.

C'è a volte, nello sguardo di certe persone, un secondo invito sottinteso al primo... e fu nei tuoi occhi che per la prima volta intravidi l'ombra di una seconda finalità. Volevi sì che mi sedessi con te, ma volevi anche che condividessimo assieme un po' di solitudine.

Rettifico, solitudine non fu più da entrambi i fronti. Fu una bella solitudine, quella che ci dividemmo. Sulle prime non presi bene l’idea di dover spartire con qualcuno la materna ombra dell'ulivo, ma mi adattai in fretta alla nuova situazione. I primi giorni parlammo, poi iniziammo a giocare. Giocavamo alla conta e buttavamo in un angolo i nostri doveri di futuri Cavalieri. Durante i primi mesi non ebbi mai il coraggio di dirti che con te stavo bene, e quando mi scappò di bocca, tu ti lasciasti sfuggire una delle consuete risate cristalline che sempre mi mettevano in imbarazzo.

- Lo dici solo per farmi piacere o perché lo pensi sul serio? - mi domandasti quando ti fosti ripreso.

- Perché lo penso sul serio - mi venne da rispondere, in un tono quasi brusco dettatomi da un indizio di offesa. - Potevo anche non dirtelo, se la metti così, Milo.

- Testone.

Mi pescasti con il braccio spremendomi il pugno tra i capelli con un atteggiamento d'affettuoso furfante.

- Testone - riprendesti, - certo che mi fa piacere. Anche io sto bene con te, altrimenti non sarei qui. Ti voglio bene Scarlattino.

Mi venne da ridere. Tu fosti il primo a sentire la mia risata, Milo.

Eri un degno custode dei miei rari momenti sereni, per questo sin da bambino io risi solo e sempre davanti a te.


Andavamo sotto alle fronde del salice anche quando l'età piantò sul nostro volto i primi abbozzi di barba. Schiavi dell'adolescenza, i nostri giochi si erano trasformati in contorte discussioni sul nostro futuro. Tu amavi parlare dei giorni a venire: sapevi che nessuno di noi sarebbe vissuto a lungo, ma avevi così tante speranze... tante da influenzare persino me, che mi rendevo partecipe dei tuoi bizzarri e spensierati progetti.

Parlammo anche della morte. Era freddo quando toccammo quell'argomento, forse una sera d'inverno. Forse la brezza ti suggerì di proporre il tema di quel nostro incontro, forse ti eri stancato di sperare in una vita lunga e serena... Sta il fatto che parlasti. Le tue parole mai mi erano parse così serie.

- Camus, tu credi che si possa tornare indietro dopo la morte?

Ti guardai. Cercai il tuo sguardo oltre il dondolio morbido dei miei capelli rossi, ma vidi che fissavi l'orizzonte di Grecia e non avevi intenzione di cogliere le mie pupille. - Credo che si possa salvare una vita, non che si possa salvare una persona dalla morte. Ritengo... che si possa sanare quel che sta in mezzo all'una e all'altra - .

- E cos'è, secondo te?

- La speranza. In mezzo ci sta lei. Ci stanno -, e mi scostai una ciocca dietro l'orecchio, sorridendo ironico, - ...ci stanno tutte le frottole che mi hai raccontato per così tanti anni.

- Allora giuro che salverò la vita delle tue frottole - mi rispondesti tu. Sentii la tua mano scivolare sulla mia e strapparmi un fremito. So che capisti che quello non fu un brivido di freddo, ma di ansia. Ogni volta che mi toccavi, sempre, mi facevi quest'effetto. - Ti salverò la vita, un giorno - concludesti.

Mi voltai e stavolta incontrai il tuo sguardo. Sorridevi. Era un sorrido candido, soffice come le nuvole di primavera; i tuoi occhi di mare rilucevano come astri nella grigia oscurità della sera. Dovetti rimanere forse qualche istante a guardarti, perché avvertii uno scomodo prurito al volto.

Era la prima volta che arrossivo.

- Un'altra frottola? - chiesi. Ma il mio tono era affettuoso, e tu lo capisti.

- Una frottola sincera, Camus.

Mi abbracciasti. Stretto a te mi sentii completo. Le fronde dell'ulivo si bisbigliavano nell'intraducibile alfabeto della natura e io chiusi gli occhi, appoggiandomi alla tua spalla.

- Adoro le tue bugie - dissi.

E fu splendido, in quella pozza della nostra solitudine, sentire le tue labbra sulle mie per la prima volta. Il tuo bacio sapeva di salsedine.

Credo che nemmeno l'Egeo stesso potrà mai avere il tuo stesso, meraviglioso profumo.


_____________________________________

 

Ora mi sembra di scorgere le candide lame del sole filtrare attraverso le foglie dell'ulivo. Troppo stanco per capire che le foglie sono le mie palpebre, troppo consumato per sapere che quelli che vedo sono solamente gli artigli delle mie frottole, come le chiamavi tu, che sfumano nella fine.

Sono passati anni da quel giorno e ancora le mie dita fremono nel sentire la fresca pelle del terreno. È scivoloso, lì gli altri promessi Cavalieri non scendono. Il vacuo pavimento fradicio di nevischio inganna le mie speranze.

Poi incontro una mano. Mi basta sfiorarla per tirare un tiepido e sofferente sorriso. Non apro gli occhi nemmeno quando sento il tuo respiro sulla mia pelle. Ti sei chinato e mi guardi.

- Camus - mi sussurri, - ricordi quella promessa? Sono qui per salvare le tue frottole... le mie... Sono qui per salvarti la vita.

Sento che sorridi. Non voglio guardarti perché non saprei piangere quando invece lo vorrei con tutto il cuore. Il tuo piccolo bacio profuma ancora di salsedine. Non sei cambiato. Sono le tue labbra a rubarmi l’ultimo respiro.

Hai salvato le mie speranze, Milo.

 

 

Com’è bello tornare a guardare il sole da sotto le fronde dell'ulivo.

Insieme.

DEW_

 

 


   
 
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