PROLOGO
“In un’epoca
come questa ci sono ben poche speranze che gente come noi riesca a vivere in
pace e in tranquillità con le persone comuni.”
“Per questo, prendendo in considerazione gli
spiacevoli avvenimenti degli ultimi tempi: i rapimenti, le uccisioni, le
razzie...”
“Questo decreto verrà esteso presto a tutto il
mondo...”
“Non ci sarà più libertà, non ci sarà più onore, non
ci sarà più nessun diritto per la gente come noi. Non saremo più considerati
umani, saremo i reietti della società e vivremo nell’ombra, assicurandoci che
nessuno di noi compirà più stragi.”
“Nasconderemo il nostro volto, tutti noi, in modo
che gli altri possano vivere tranquilli e dormire la notte.”
“Questo atto di sacrificio che chiamo tutti voi a compiere, dovrà essere
rispettato da tutti. Ogni trasgressione sarà punita.”
“Potete andare.”
Il
corridoio era lungo e stretto, soffocante. Soffocante come le parole del
presidente dell’Ordine delle creature magiche, e non solo perché aveva proibito
alla sua gente di vivere alla luce del sole, ma perché li aveva quasi accusati
di non essere umani. Nel momento in cui
Deida ricordava le parole del Maestro, tutto quello che vedeva attorno a sé era
l’oscurità. Chi era lei? Era malvagia?
Appoggiata
alla carta da parati marroncina, fissava nel buio il pavimento di parquet su
sui stava sbattendo la punta del piede destro nervosamente. La porta di legno
alla sua destra era sprangata e non si sognava di essere aperta dalla ragazza
che dormiva (forse) nella sua camera, proprio perché ella sapeva che fuori c’era
Deida, appoggiata al muro con le braccia incrociate sul petto.
Deida
Kunai, una presenza singolare in una normale casa di città, era una giovane
donna di diciannove anni piuttosto schiva e risevata, estremamente silenziosa,
con le sopracciglia lunghe e castane sempre corrugate. Aveva in volto un’aria
perennemente imbronciata e seria, le sue labbra sottili erano piegate continuamente
verso il basso e di rado qualcuno l’aveva vista sorridere. I suoi occhi color
nocciola sembravano sempre turbati da dissidi interiori che non avrebbe mai
potuto risolvere, e la sua stessa espressione, nel complesso, appariva sempre
corrucciata e pensierosa. In effetti, Deida aveva delle ottime ragioni per non
sorridere: era una strega. O meglio, una donna appartenente alla comunità
magica, un insieme di persone con caratteristiche speciali: maghi, streghe,
vampiri, elfi e altre creature.
Fino
a tre anni prima, la gente magica non aveva avuto problemi a girare per la
città. Quasi tutti avevano un lavoro, una famiglia. Tanti maghi avevano
addirittura sposato creature non magiche, e non c’erano mai stati problemi di
sorta. Almeno finchè non erano impovvisamente avvenuti alcuni delitti che avevano
scosso tutto il mondo. Fortunatamente, la gente comune non sapeva dell’esistenza
delle altre creature, e si era potuti correre ai ripari prima che la scoperta
potesse turbare gli animi e dare vita una caccia ai mostri. Frequenti assassinii,
rapimenti e furti erano stati perpetrati con una precisione incredibile e un’abiltà
fuori dal comune, troppo fuori dal comune, tanto che il presidente dell’ordine
delle creature magiche aveva dato lo stop a qualsiasi relazione tra magici e
uomini comuni.
Deida
non ricordava con precisione le parole che aveva detto il presidente, Maestro
di tutte le creature magiche, ma alcune sue frasi si erano impresse a fuoco nel
suo cervello ed era rimasta una cicatrice indelebile. Si era sempre considerata
un’umana, nonostante sapesse fare cose molto particolari, e non aveva mai
dubitato della sua umanità... Almeno finchè non aveva sentito quel discorso. Allora
le era crollato il mondo addosso ed era stato come morire. Perché non era
umana? Cosa voleva dire essere umani? E se non era umana, cos’era?
Un
lieve gemito uscì dalla sua bocca e strinse le mani attorno alle braccia fino a
che non sopportò il dolore delle unghie nella carne. Le era rimasto il segno, e
la situazione non era diversa da com’era messo il suo cuore. C’erano ancora i
segni del dolore, e ci sarebbero sempre stati, almeno finchè non avrebbe
chiarito la sua identità. Non avrebbe potuto rinunciare a ciò che la rendeva
viva: la magia, ma neanche alla sua umanità.
Tre
anni prima c’erano state molte polemiche sulla decisione del presidente: alcuni
avevano accettato la nuova situazione di buon grado, ma altri no. C’erano state
due differenti reazioni nella fazione dei ribelli: un primo gruppo aveva deciso
di continuare a coltivare le arti magiche per il bene della comunità, un altro
si era allontanato e nessuno sapeva dove fosse o cosa stesse facendo. Comunque,
entrambi erano ricercati dalla polizia magica, quindi non faceva una grossa
differenza appartenere all’una o all’altra fazione.
Deida
si era unita ai primi, partecipando ad un’organizzazione segreta che si era
chiamata “Antimateria”, che aveva il compito di proteggere gli uomini normali
dagli attacchi dei magici che volevano prendere il sopravvento. Costoro, la cui
identità era pressochè sconosciuta, erano gli stessi che aveavno causato l’esilio
della gente magica, e contro cui quasi tutti volevano vendetta. Si nascondevano
molto bene, e molto probabilmente, secondo alcune spie, si erano uniti alla
seconda fazione di ribelli, sotto il nome di “Tramontana”.
A
causa di questo problema strisciante, alcuni membri dell’Antimateria si erano
distribuiti nelle varie case e, alcuni di nascosto, altri in modo palese, si
stavano occupando della protezione degli umani.
La
casa che stava sorvegliando Deida era stata data precedentemente in custodia ad
un’altra ragazza, una giovane di ventitrè anni, la più abile maga nera di tutta
l’Antimateria: Vent. Due settimane prima, tuttavia, Vent era dovuta intervenire
a difendere Rita, la più giovane dei due figli di quella casa, da un’attacco di
due Vampiri, rimanendo però ferita. Così, il capo dell’organizzazione aveva
spedito Deida, la rivale di Vent, a sostituirla durante il periodo di
riabilitazione.
Vent
era gentile e sorridente, sempre piena di energie e votata alle arti magiche, e
Deida era piuttosto gelosa del successo che aveva ottenuto all’interno dell’Antimateria.
Non si riteneva meno forte della rivale, tuttavia non riusciva mai a superarla.
E per Deida, avere l’affetto di qualcuno era diventato più importante dell’aria
che respirava. Provare affetto e riceverne era l’unico modo per sentirsi
davvero umana, viva. E Vent la metteva sempre in penombra, accecando gli altri
con la bellezza dei suoi occhi azzurri e dei suoi splendenti capelli biondi. Era
troppo bella e troppo perfetta. E aveva tutto.
Deida
smise di sbattere il piede improvvisamente e guardò alla sua sinistra. Le sue
sopracciglia si avvicinarono ancora di più:-Chi è là?-
Una
contorno scuro si avvicinò a lei fino a diventare una persona ben definita, una
ragazzo sui diciotto anni piuttosto goffo, con l’aria simpatica e un sorriso
impacciato sulle labbra:-Avevo sete.- Si giustificò, alzando le mani.
Curter
era il fratello di Rita, un giovanotto molto alto e di costituzione robusta, né
bello né brutto, con uno sguardo sincero e gentile, forse anche troppo ignenuo,
ma a Deida stava simpatico. Anche se lei si ostinava a tenere un comportamento
glaciale con chiunque, alcune persone le preferiva ad altre.
-Non
avresti potuto aspettare fino a domani mattina?- domandò Deida.
-Ho
sete adesso.- Osservò lui, sorridendo con imbarazzo:-Puoi farmi passare?-
-Vai
pure- acconsentì la ragazza, rilassandosi.
Curter
le passò davanti e le rivolse uno sguardo di sfuggita, poi si fermò e le
chiese:-Ma voi non dormite mai?-
Deida
sobbalzò e lo fissò con aria omicida. Il senso di quel “voi”, la faceva sentire
di appartenere ad un genere lontano da quello umano, come Curter. Storse il
naso e rispose tagliente:-Mi occupo della vostra sicurezza.-
-Ah,
beh...- farfugliò Curter.-Ti ringrazio.- E se ne andò in cucina.
Deida
lo guardò scomparire nell’ombra e tirò un sospiro sconsolato. Possibile che la
sua identità fosse tanto diversa da quella di Curter? Eppure aveva due braccia,
due gambe, due mani, due occhi... Esattamente come qualsiasi altra persona. Provava
dolore esattamente come gli altri, si innamorava, gioiva – anche se ciò non
accadeva da tanto tempo –, poteva essere ferita. Cosa c’era di così diverso tra
lei e quella gente? E perchè Vent non soffriva per quel divario?
Dopo
una decina di minuti Curter percorse a ritroso il corridoio: Deida era ancora
appoggiata al muro e guardava il pavimento, ma stavolta si arricciava i capelli
castani che le incorniciavano il volto. Sembrava che tremasse, e sebbene fosse
buio, Curter intravide l’espressione accigliata che aveva in volto. Era sempre
arrabbiata quella ragazza, pensò.
Quando
le passò di nuovo davanti, Deida alzò la testa e disse:-Ci hai messo tanto.-
-Ho
perso tempo!- ridacchiò il ragazzo, di nuovo timoroso.
Deida
annuì:-Adesso basta, vai in camera.- Poi tornò a guardare per terra e non parlò
più, tanto che Curter ci rimase male e se ne andò sconsolato. Quando c’era Vent
si poteva sempre fare due chiacchiere... Ma Deida era diversa. Lei non si
apriva con nessuno.
(...)
Verso
le sette, come tutti i giorni, Rita si svegliava senza l’aiuto della sveglia ed
usciva dalla sua camera aprendo la porta.
Rita
era una ragazzina di quindici anni, allegra, di costituzione esile e dai
riccioli neri. Era stata adottata dalla famiglia tre anni prima, dopo la morte dei suoi genitori in un
incidente. Non ricordava proprio niente del suo passato, ma teneva con sé un
ciondolo d’oro che avevano trovato al collo della sua vera madre, e nonostante
non avesse più alcun ricordo, sentiva di aver voluto un gran bene a quelle
persone che l’avevano cresciuta per dodici anni. Forse era una fortuna non
ricordare nulla; aveva potuto farsi una nuova vita, nuovi amici e aveva potuto
essere felice in quella nuova casa, con dei nuovi genitori che l’amavano esattamente
come amavano Curter.
Quando
aprì la porta, pimpante come sempre, individuò Deida alla sua sinistra ed
esclamò:-Ma tu non dormi mai?-
La
ragazza era in piedi, appoggiata al muro aveva il mento appoggiato sul petto. I capelli
le erano scivolati davanti al viso e a chiunque sarebbe apparsa una vera dura. In
realtà non riusciva a stare in piedi e la veglia l’aveva spossata, tanto che
non riusciva a reggersi in piedi, né a tenere gli occhi aperti. L’ultima ora si
era perfino addormentata, con suo grande rammarico, e per fortuna nessuno l’aveva
vista, altrimenti la sua reputazione sarebbe andata in frantumi.
Deida
alzò lo sguardo e lentamente rispose:-Vai a cambiarti. Devi andare a scuola.-
Rita
le fece la linguaccia e corse verso il bagno, borbottando:-Che antipatica! Crede
di potermi dare ordini... Vent era mille volte meglio!-
La
giovane maga si stiracchiò e cercò di sistemarsi la veste verde oliva che,
durante la notte, si era sgualcita. Aveva due grosse occhiaie e una grossa
voglia di tornare all’organizzazione per sdraiarsi e dormire. Due settimane di
veglia l’avevano messa al tappeto, e non riusiva a capire come Vent riuscisse a
non dormire...
Sospirò
e rinnovò l’incantesimo di invisibilità, perché nessuno al di fuori dei due
ragazzi avrebbero dovuto vederla. Una luce bianca partì dalla sua testa e scese
fino al pavimento compiendo una spirale attorno al suo corpo, cancellandolo
alla vista finchè non rimase visibile solo la parete dietro le spalle della
ragazza.
Curter
arrivò vestito di tutto punto, ma non la vide. Le passò di fronte
tranquillamente, con la borsa in mano, pronto per andare a scuola.
Deida
lo seguì con lo sguardo, poi gli andò dietro senza far rumore, silenziosa come
un gatto.
***
Angolo dell’autrice***
È davvero passato tanto tempo dall’ultima volta che ho
pubblicato… Così tanto che non mi ricordo neanche come si faceva ahahah…
Scherzi a parte… Se qualcuno vorrà leggere questo prologo sarà grasso che cola…
Ahahah… *si vergogna di se stessa*
Ad ogni modo... Questa fiction per adesso ha un titolo
provvisorio, perciò provvederò a cambiarlo non appena ne avrò uno migliore.
Oltre alla storia principale, che si snoda attraverso i diversi personaggi (anche i vampiri, novità per me XD),
il secondo livello di lettura è quello che riguarda l’aspetto umano di essi, i
rapporti con gli altri, la libertà, l’uguaglianza e la diversità. Vorrei
parlare della para per il diverso senza attaccarmi né alla sensibilità né al
cinismo estremi, ma soltanto alla psicologia dei miei personaggi. Non mancheranno
l’amore, l’amicizia, la rivalità e quali sono i loro significati, come si
evolvono i rapporti. Insomma, vorrei creare un ambiente magico in cui però si
rispecchiano i sentimenti comuni. È nu espediente e spero di riuscirci, per
adesso però è tutto in costruzione, soprattutto per il poco tempo che ho a
disposizione... Speriamo bene! XD