..:: Grey clouds – Nuvole grigie ::..
Di Nagini
Il fuoco nel camino scoppiettava tranquillamente, mente il calore che
scaturiva dalle fiamme avvolgeva l’esile corpo dell’uomo che stava
accovacciato su una poltrona vicino ad esso.
La tenue luce rossa gli colorava leggermente il volto, accentuando in
un qualche modo lo sguardo concentrato e sofferente che risiedeva nei
suoi occhi.
I suoi capelli, un tempo di un brillante castano chiaro, sfoggiavano
alcune ciocche cineree, che si adattavano perfettamente al colorito
pallido del suo volto smunto.
Fuori stava piovendo, e la grigia luce che penetrava dai vetri sporchi
della finestra, combinata con l’ululato impetuoso del vento che vi
batteva contro, rendeva la stanza più desolata e tetramente
inquietante di quanto già non fosse.
E l’uomo stava lì, seduto sulla poltrona, il fuoco riflesso nelle iridi
color cioccolato; estraniato dal mondo, distrutto dal dolore profondo
che provava nell’anima.
Era dovuto tornare in quella casa solo ed esclusivamente per aspettare
lui…perché sapeva che sarebbe comunque tornato, prima di partire per il
suo viaggio. Doveva assolutamente vederlo… sapeva che lui era infine
andato a trovarli…
L’uomo si riscosse dai suoi pensieri, e materializzò davanti a sé due
bicchieri ed una bottiglia: i suoi sensi erano così affinati, a causa
della maledizione che divorava il suo essere nelle chiare notti di luna
piena, che grazie ad essi era riuscito a percepire il suo arrivo ancora
prima che il ragazzo avesse messo piede sullo zerbino situato davanti
alla porta della casa.
Udì la maniglia abbassarsi con un lieve cigolio, e la porta aprirsi,
per poi chiudersi; fu investito dall’odore di pioggia, strada e carne;
sentì dei passi in corridoio, accompagnati dal frusciare di stoffa sul
pavimento; un sospiro, e… la sua voce.
-Remus? –
Era stato pronunciato così flebilmente, il suo nome…
- Ti stavo aspettando, Harry. – rispose l’uomo, distendendo le sue
pallide labbra in un leggero sorriso.
Il ragazzo tentò di ricambiarlo, ma non ebbe successo: era ancora
troppo scosso dagli eventi di quella mattina per riuscire a
farlo.
Annuì, e così facendo lasciò cadere qualche goccia di pioggia dai
capelli sulla sua gelida e bagnata pelle, ma non se ne curò.
Invece, avanzò con una sicurezza che realmente non provava verso quella
poltrona accanto a Remus: si levò il mantello bagnato, e, quando si
sedette, lo appoggiò sulle ginocchia, inzuppandosi anche i
pantaloni.
Remus scosse la testa, sconsolato: era naturale che il ragazzo non
avesse cura di se stesso in quel momento. Si alzò dalla poltrona, tolse
dalle ginocchia di Harry quello zuppo mantello, e lo appoggiò su un
mobile accanto al camino. Harry non si ribellò, né proferì alcuna
parola di gratitudine: sembrava esser stato rapito dal fuoco che
scoppiava nel camino.
- Sapevo che saresti venuto qua. –Disse Remus, lasciandosi cadere
pesantemente sulla poltrona, ed innalzando nell’aria una piccola nuvola
di polvere, che subito si dissolse.
Harry incrociò il suo sguardo, sospirando.
- Ed io immaginavo che ti avrei trovato ad aspettarmi. – Sussurrò, per
poi riportare la sua attenzione verso le fiamme.
Il silenzio avvolse i due, lasciandoli immersi nei loro pensieri.
Contrariamente a quanto Remus si aspettava, fu proprio Harry a rompere
quel silenzio.
- Sai dove sono andato, vero? – domandò leggermente, giocherellando con
un filo che gli sbucava dalla manica.
Remus annuì, tentando di incrociare nuovamente il suo sguardo, ma si
rivelò una cosa impossibile: il ragazzo teneva gli occhi incatenati
alle fiamme. – Si- pronunciò quindi, ma Harry non si voltò verso di
lui.
- Eppure, non ricordo di avertene parlato. – sussurrò Harry, più a se
stesso che a Remus.
L’uomo scosse la testa, e chiuse per un momento gli occhi. Li riaprì, e
si accorse che Harry ora lo stava fissando.
- L’ ho semplicemente sospettato, percepito…la mia maledizione, alle
volte, può tornare utile, a quanto pare. – Rispose semplicemente.
- La tua maledizione ha fatto sì che tu sapessi…- Harry lasciò la frase
in sospeso, corrugando la fronte.
Remus scosse la testa. – No, - rispose, - mi ha solo aiutato a
percepire più chiaramente il tuo dolore… sono stati i tuoi occhi,
quando ci siamo incrociati al matrimonio di Bill e Fleur, a dirmi che
l’avresti fatto.–
Un lampo di comprensione balenò negli occhi verdi di Harry.
-E’ da quel giorno che sei qui. – Non era una domanda, era
un’affermazione.
Remus non si sentì in obbligo di annuire. –Ti ho aspettato. - disse
semplicemente.
Harry studiò lo sguardo di Remus per un momento: sembrava così colmo di
tensione, preoccupazione e… c’era anche del dolore, oltre quelle scure
iridi.
- Sapevo che mi avresti aspettato, - spiegò il ragazzo, guardando
intensamente gli occhi di Remus socchiudersi, - solo, non pensavo qui.
-
- Davvero? – Disse semplicemente Remus, guardandolo con
interesse.
Harry annuì. – Pensavo che ti avrei trovato davanti alle lapidi dei
miei genitori. – sussurrò.
A Remus sembrò così fragile in quel momento…se solo ne avesse avuto la
forza, lo avrebbe sicuramente abbracciato. Ma la luna piena, così
tremendamente vicina, non glie lo permetteva.
- Non sarei mai venuto ad intromettermi in un momento così personale. –
gli spiegò, lasciando che un pallido sorriso affiorasse sulle sue
labbra. – Non ti saresti intromesso, – Disse Harry. – ne hai diritto
quanto me. -
Remus scosse la testa. – No, - spiegò, - questa è stata la prima volta
che tu sei andato a trovarli. –
Gli occhi di Harry si appannarono per un momento. – Come sai, che è
così? –
- Ho visto i tuoi zii. Sono sicuro che non ti abbiano mai portato da
loro. -
Harry non replicò: sembrò invece che si fosse accorto della bottiglia e
dei bicchieri sul tavolino.
- Che cos’è? – chiese, allungando una mano verso la bottiglia ed
annusandone il contenuto.
- Non sarà burrobirra, ma è l’unica cosa decente che sono riuscito a
procurarmi. – disse l’uomo, prendendo la bottiglia dalle mani di Harry
e versandone il contenuto nei bicchieri.
- Succo di zucca? – sussurrò il ragazzo, quando un liquido arancione
riempì il suo bicchiere. Remus annuì. – Perché…? – chiese Harry
leggermente. Non era un’occasione da festeggiare, quella… Remus sembrò
accorgersi dei suoi pensieri, e sorrise nuovamente. – E’ più rilassante
parlare con un bicchiere in mano. - spiegò semplicemente.
-Già…- sussurrò Harry. – In futuro non avremo molte possibilità di
scambiarci qualche parola, vero? –
Remus annuì. – So che partirai… ma non ho la più pallida idea di dove
andrai, cosa farai….no, non voglio forzarti a dirmelo, – si affrettò ad
aggiungere, quando vide Harry aprire la bocca per replicare. – solo… -
Remus lasciò la frase in sospeso. Avrebbe voluto dire molte cose,
completare con una frase del tipo “mi mancherai” o “stai attento”
oppure “buona fortuna”… ma dire una di queste tre cose significava
congedarlo da quella discussione appena incominciata. No, non voleva
che lui se ne andasse di già…era appena arrivato.
L’uomo strinse gli occhi, cercando di trovare un qualcosa di più adatto
da dire. Ma Harry lo precedette.
– Capisco…-sussurrò, prendendo dalla tavola il bicchiere e dando una
breve sorsata al liquido.
Remus annuì, cercando di riprendere il controllo dei propri pensieri:
lanciò un’altra breve occhiata a Harry, e s’accorse di come sembrasse
così più uomo, inondato dalla luce del fuoco. La sua infanzia era
finita da tempo, e lui lo sapeva, ma… vederlo così, i capelli arruffati
e bagnati, più dimagrito e senza un’ombra di sorriso sul volto… gli
faceva uno strano effetto. Harry si accorse che l’uomo lo stava
guardando, quindi annuì di nuovo, senza apparente motivo. Ma Remus capì
che doveva essere così che Harry aveva deciso di sostituire il sorriso
che non riusciva a nascergli sulle labbra.
- Senti, Harry… lasciamo da parte il… la tua partenza. E pensiamo
invece ad altro, che ne dici? – chiese gentilmente Remus.
- Vorrei parlare con te di tante cose, Remus. – sussurrò Harry,
scotendo la testa.
Remus percepì che il ragazzo era sincero…ma le parole sembravano non
volergli uscire dalla bocca.
Era troppo, troppo scosso da ciò che aveva visto quella mattina…Remus
lo sapeva, l’intuiva…e…oh, era di quello che forse dovevano
parlare?
- Allora… c’erano Hermione e Ron, con te? – sussurrò flebilmente, con
un lieve tremolio nella voce. Sapeva che rischiava di irritarlo, di
farlo andare via… ma, contrariamente da quanto temeva, gli occhi di
Harry si posarono su di lui con uno sguardo rassegnato e stanco.
Harry sospirò. – No. non sono venuti. Mi aspettano alla tana. Credo…-
Harry deglutì, - credo che anche loro immaginassero che poi sarei
voluto venire a rivedere anche questa casa. –
Il volto di Harry fu illuminato da una luce azzurrina, e pochi secondi
dopo un forte tuono rimbombò nell’aria. Remus annuì, e si sporse verso
di Harry, lasciando scivolare una mano su quella del ragazzo.
- Avresti voluto che fossero con te, Harry? – chiese. Harry scosse la
testa, ma i suoi occhi si posarono nuovamente sul fuoco. – No, non
loro. Però… ecco, quando… quando li ho visti, ho sentito il bisogno
d’avere qualcun altro accanto a me, qualcuno che mi sorreggesse… - Gli
occhi di Harry si chiusero. – Avrei voluto qualcuno che potesse capire
il mio dolore… solo questo, ecco…-
-Tu… avresti voluto qualcuno accanto? – chiese Remus, pronunciando
lentamente ogni parola. Possibile che si stesse riferendo a lui?
-Si…è una cosa così stupida, da bambini ma…- gli occhi di Harry si
incatenarono al fuoco. Sembravano così lucidi… la fiamma riflessa in
quelle profonde iridi verdi era così inquietante…
-…non mi sarebbe dispiaciuto, averti con me. – terminò Harry,
pronunciando quelle parole così a bassa voce che Remus pensò che una
persona normale forse non sarebbe riuscita a percepirle.
- Non è una cosa stupida. – lo rassicurò l’uomo, dopo un attimo di
silenzio: non aveva immaginato, questo non l’aveva percepito…-Se solo
me ne avessi parlato…-
- Non lo sapevo. Non sapevo che avrei sentito un bisogno così…fisico…di
qualcuno. – Disse il ragazzo, con un tale trasporto che tradì la sua
sincerità.
- Mi dispiace. – Disse Remus, scotendo la testa.
-E’ stato così…- cominciò Harry, tentando di trovare le parole per
descrivere le sue sensazioni in quel momento fatidico, - …strano. Ecco,
quando ho visto le loro lapidi è stato come… come se avessi appena
scoperto che…insomma, loro non ci saranno in futuro per me. Sapevo che
erano morti, lo sapevo e basta. Ma così è stato…più reale. Dannatamente
reale, aggiungerei. –
- Senti Harry…- sussurrò gentilmente Remus, stringendo quella mano
fredda nella sua, - credo…credo che sia perfettamente normale, sentirsi
così… non li hai mai visti, non li hai mai…mai salutati… ed oggi
finalmente l’ hai fatto. E questo è il primo passo per accettare
completamente la loro scomparsa. -
Il silenzio avvolse la stanza, mentre i due continuavano a fissarsi
intensamente. Fu Harry nuovamente, a spezzarlo.
- Ho parlato a loro di me. - Dichiarò, con una falsa sicurezza nella
voce…- Di ciò che farò, e di ciò che ho già fatto…di quello che ho
passato. Ho raccontato a loro tutto ciò che è accaduto da quando mi
hanno lasciato... anche se in fondo sapevo, che in realtà stavo
parlando solo con delle foto attaccate ad un paio di lapidi. - le
ultime parole furono sussurrate flebilmente. Lentamente, quella
sicurezza era andata scemando.
-No, - lo rassicurò Remus, -no, tu hai parlato ai tuoi genitori. Loro
ti hanno ascoltato. - - Come fai a dirlo? – lo interruppe Harry,
posando stancamente il suo sguardo su quello di Remus, lasciandosi
catturare da quegli occhi così gentili e sicuri.
- Sei stato a Hogwarts. Hai visto i fantasmi che vi girano. – replicò
Remus. – Ma loro non sono fantasmi…loro sono…sono semplicemente morti.
– ribadì tristemente Harry. - Ti sbagli. – lo corresse gentilmente
Remus. - Loro non saranno fantasmi, ma sono comunque spiriti. Io…io
credo che loro ti abbiano ascoltato. -
C’era così tanta sicurezza e sincerità in quelle parole, che Harry non
poté non annuire. – Lo pensavo anch’io, fino a ieri. Ma ora… nel vedere
quel che resta di loro…ecco, se penso che dei bellissimi capelli rossi
di mia madre non vi è rimasto che pochi fili opachi attaccati ad un
cranio ingrigito… se penso che il volto sorridente di mio padre è
andato perduto sotto due metri di terra…-
- Non devi pensare a questo. – lo redarguì tristemente Remus, scotendo
la testa. – non devi pensare ai loro…ai loro corpi. Devi invece tentare
di tenere a mente i volti sorridenti sulle foto, Harry… altrimenti,
rischieresti di impazzire. -
Harry annuì tristemente, lasciando andare la tensione in un sospiro
profondo e prolungato.
- E’ solo che… so così poco di loro. – sussurrò.
- Se vuoi, posso raccontarti qualcosa io. – si offrì gentilmente Remus.
Curiosamente, si accorse che la mano che stringeva nella sua stava
lentamente riacquistando calore.
Harry sorrise tristemente. Finalmente le sue labbra si distesero un
poco. Remus fu felice di questo piccolo e significativo
cambiamento.
- Credo che potresti farlo. Ma non adesso. Se io riuscirò…- Harry si
interruppe, e sorseggiò leggermente il succo di zucca, tentando di
trovare le parole più adatte a dar vita ai suoi pensieri, - volevo
dire, quando…quando tornerò, penso che mi piacerà sentirti parlare di
loro… di voi. Ma non ora. -
Remus annuì, e comprese perfettamente: Harry aveva bisogno di sperare
di riuscire a tornare dal suo viaggio, e di credere che lui, Remus,
riuscisse a superare indenne la guerra.
- Spero che per quel giorno io sia riuscito a procurarmi qualcosa di
più decente, di un succo di zucca. – Disse Remus, sfoggiando una
sicurezza che realmente non provava.
Harry incrociò il suo sguardo.
- Io credo che non sia male, il succo di zucca .- sussurrò, sfoggiando
un altro piccolo sorriso.
- Si, ma non è adatto a festeggiare una cosa così importante come la
fine della guerra. – Replicò Remus.
Harry annuì, chiudendo gli occhi un momento per non farne uscire le
lacrime che combattevano tenacemente contro il suo autocontrollo.
- Si… non è adatto, per la fine della guerra. – ripetè con un filo di
voce.
Ancora una volta, il silenzio scese inesorabile tra i due. Solo il
leggero scoppiettare del fuoco era l’unico rumore udibile nella
stanza.
La pioggia doveva essere cessata.
- Harry…-sussurrò Remus, non sapendo bene neppure lui cosa dire.
Il ragazzo abbassò la testa, sperando che lui non si fosse accorto
delle lacrime che scivolavano dai suoi occhi.
-È solo che… che ho paura. – sussurrò leggermente,- …sono un tale
stupido… -
Remus scosse la testa. – No, - replicò. Si alzò dalla poltrona e si
inginocchiò davanti ad Harry. Gli sollevò il volto, in modo da guardare
quegli occhi così tristi e lucidi, e strinse le mani del ragazzo tra le
sue. – Saresti stupido solo se non ne avessi. -
- Tu… starai lontano dalla guerra, vero? – Domandò inaspettatamente
Harry, guardando intensamente gli occhi dell’uomo. Remus scosse la
testa. – Faccio parte dell’ordine Harry… e anche se Silente non è più
presente, noi continueremo a combattere. – rispose.
Harry scosse la testa, le lacrime ora uscivano più copiosamente dai
suoi occhi. – No, non farlo…- sussurrò, con la voce colma di panico e
terrore.
Remus corrugò la fronte. – È l’unico modo che abbiamo…che ho, per
aiutarti. – replicò, accarezzando leggermente con entrambe le mani le
guance bagnate e arrossate dal pianto di Harry.
-Io non ho bisogno di altre persone che mi aiutino… non ho bisogno che
qualcun altro rischi la vita per me… Remus… io ho bisogno di qualcuno
che mi aspetti, dopo la guerra… da chi tornerò, altrimenti? Non posso…
non posso partire sapendo che tu forse non sarai più qui, quando
tornerò .-
Era così supplicante la sua voce…
-Harry… vuoi che io ti menta? – sussurrò Remus.
Il ragazzo spalancò gli occhi terrorizzati, e scosse la testa.
-Io non posso prometterti che starò qui, a guardare gli altri
combattere senza dare il mio contributo. Però, - si affrettò ad
aggiungere, - posso prometterti che cercherò di non lasciarti. –
Harry chiuse gli occhi, e si morse un labbro, frustrato. – Beh… -
mormorò poi, asciugandosi rudemente gli occhi con il palmo della mano,
- credo che dovrò accontentarmi, vero? –
- Vero. – disse Remus con un sorriso.
Harry abbracciò il suo ex professore, lasciando che le sue lacrime si
posassero nell’incavo del collo dell’uomo. Remus, dopo un momento di
stupore, ricambiò l’abbraccio, stringendo quell’esile corpo a se.
Fu Harry ad allontanarsi per primo. Si alzò dalla poltrona, e riprese
il suo mantello.
- Ora… ora devo andare, - sussurrò. Remus si alzò da terra, e lo
accompagnò sino alla porta.
Harry la aprì, poi si voltò verso Remus.
L’uomo sorrise incoraggiante, tentando di mascherare l’apprensione e la
voglia di trattenerlo che gli attanagliavano il cuore.
Cosa poteva dire, in un momento del genere? Ancora quelle tre frasi gli
ronzarono in testa: “Mi mancherai”, “Stai attento” e “Buona
fortuna”.
Ma anche adesso, non gli sembravano per nulla adatte.
- Allora, a presto. – disse semplicemente, accarezzandogli una guancia
ancora arrossata.
Harry annuì. – Si… a presto. – sussurrò, incamminandosi verso la
strada.
Remus uscì dalla porta, seguendo con gli occhi quel ragazzo così esile
percorrere quella lunga via. Quando Harry scomparve dalla sua vista,
Remus alzò lo sguardo verso il cielo: la pioggia sembrava essersi
definitivamente calmata, ma, all’orizzonte, si intravedeva ancora un
nutrito blocco di nuvole grigie.
Fine.