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Autore: mewsana    26/01/2006    5 recensioni
Requiem per Anna Kyoyama, viva fra i morti, morta fra i vivi.
Breve escursione nella sua dimensione onirica.
In realtà, solo tanto fumo negli occhi.E' vietato inserire il doppio tag br nelle introduzioni.
Rosicrucian e Nami, assistenti amministratrici.
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anna Kyoyama
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo : L’ultimo Atto

Titolo :  L’ultimo Atto

Autrice :  Mewsana

Genere :  Death-fic, Dark, Introspettivo, Malinconico, Triste

Pairing :  Minuscolo accenno ad una malsana Yoh/Anna

Raiting : R

Tipo :  leggermente OCC, one-shot, considerabile come AU

Disclaimer :  I personaggi non mi appartengono, ma sono bensì una creazione di Hiroyuki Takei, che ne detiene i diritti; la fanfiction non è a scopo di lucro.

Breve introduzione :  Requiem per Anna Kyoyama, viva fra i morti, morta fra i vivi.

                                  Breve escursione nella sua dimensione onirica.

                                  Uno spettacolo mai iniziato e mai finito.

                                  Solo tanto fumo negli occhi.

 

 

 

 

L’ultimo Atto

 

Capitolo unico

 

 

 

 

 

 

La bella bocca si distese in un sorriso flautato, rossa come un lampone maturo, piena di parole da rovesciare così come di succo. Sporse in una leggera smorfia il labbro in avanti, in un’espressione assorta, lasciva, quasi volgare, che lasciava trasparire molto di più di quanto fosse concesso.

 

Gli occhi torbidi, neri come il buio, immersi nell’ombra di un viso pallido per propria volontà, si socchiusero per la troppa luce di una lampadina, segreta illusione di un sole che ella non vedrà mai più.

 

Ed i capelli lisci, biondi come seta filata da Aracne superba, raccolti in una coda di sobria eleganza.

 

Volgare, con quella sigaretta in bocca, eppure così pura, come una bambola di porcellana con l’anima spezzata dai mille piedi della follia.

 

Un riflesso di luce, proiettato sullo specchio, le ferì le iridi di fumo come lama sulla pelle, lasciandola lacrimante e furiosa; una spazzola d’osso, prezioso regalo da custodire con desiderio si infranse contro la superficie riflettente, incrinandola.

 

 

Anna Kyoyama, anche lei riflesso di quello che era stata, si concesse il lusso di un respiro profondo.

 

Poi il sipario si aprì, lasciandola in balia del buio in sala, che quasi si radunò attorno a lei, oscurandola. La platea zitta, quasi assente. Solo una voce di un bambino, prontamente spenta.

 

-Mamma, quando inizia lo spettacolo?-

 

La ragazza ombra, labile come un segno di matita, quasi ricordo di un tempo passato, si sedette nella zona di luce, sul bordo del palcoscenico, tirando una boccata di fumo grigio.

 

-Da quando sono nata fino agli undici anni- prese a parlare –ho sempre avuto l’impressione di essere irrilevante per la maggior parte della gente.- la sigaretta cadde sulle assi di legno, segno di bruciato fra i mille delle prove.

 

-Poi ho incontrato Yoh Asakura. Per i molti sono rimasta un nome su carta, o un’immagine che cammina in una via. Almeno, ho salvato il mondo.- le bocche degli spettatori si schiusero in un’espressione di sorpresa.

 

Applausi scaturirono da tutte le parti. Gli occhi di fumo mandarono lampi di una vita sfiorita.

 

-No, non fate gli ipocriti. Quando sono entrata non avete battuto le mani. Non fatelo adesso.-

 

Il silenzio scese come un velo pietoso, ad accogliere l’anima in pena. Ella lo rifiutò, come un miserabile, scegliendo ancora una volta il flusso impietoso delle sue parole come strada per l’espiazione.

 

-Quando ero piccola, mia madre e mio padre, mi picchiavano. Dicevano che ero inutile, sciocca, strana. A volte questa parola mi rimbomba nella mente, e rotola, rotola, come un suono fastidioso che non riesco a cancellare.

 Ad ogni modo, mi sono resa utile, io, quando ho pagato la loro stupida sepoltura. Avevo cinque anni. Non chiedetemi come ho fatto, perché non me lo ricordo. Ma a voi, frega qualcosa?- si chiese autoironica, a tratti quasi brillante, resti di una figura smagliante tenuta insieme da forza di volontà segreta.

 

-La parola morte mi è subito penetrata nelle ossa, colorandole di nero, rendendole più forti.- disse, una bottiglia di vino chiusa nella mano elegante, tiepida. –Mi ricordo di una padrona di una locanda dove alloggiavo, a cui chiesero se volesse comprare un posto per la sua tomba. Lei rise rise, rise… era giovane, sapete? Forse aveva pensato che la morte pietosa sarebbe giunta in un futuro lontano. È spirata la notte stessa.- una fredda corrente passò fra le poltrone. Gli spettatori rabbrividirono.

 

-Forse- continuò –Sono stata io ad ucciderla. Non me lo ricordo. Il suo corpo è finito scaricato dentro a un fiume. Ora è concime per le vigne.-

 

Lei, scheletrica, imponente nella sua fragilità. La morte, forte e vigorosa. Entrambe sullo stesso piano di celata disperazione, di rimpianti per una vita mai vissuta.

 

-Poi è arrivato Yoh Asakura.- pausa –Suppongo lo amassi, si… In ogni caso, non me lo ricordo.-

 

-Mamma, quando inizia lo spettacolo…?- nessuno si premurò di zittirlo.

 

-Siete una buona platea, lei vi risparmierà. Sapete, a volte pensavo di essere io, la morte. Ovunque ero, lei mi accompagnava, silenziosa. Ho vissuto sette anni della mia vita con Yoh, poi lui è morto. Idiota, proprio mentre stavo per vincere.-

 

Le mani affusolate, segno di nobile origine persa nel tempo, cominciarono a tormentarsi fra di loro, come due serpi aizzate l’una contro l’altra. Davanti ad Anna Kyoyama, solo un mare nero come il catrame e spento come il suo cuore da ragazza.

 

-STUPIDO, STUPIDO IDIOTA!! Non ha mai fatto nulla di utile nella sua vita, o magari si. Non me lo ricordo.-

 

La nebbia scese, insieme al silenzio. Gocce d’umido le scivolarono lungo la tempia, nell’incavo del collo, è giù fin sotto al vestito. Defluirono via, come la sua rabbia.

 

-Continuando…-

 

Non le si diede tempo di finire. Un muratore passò davanti a lei, un’asse del palco sottobraccio, un sorriso ironico dietro ad una faccia triste come la morte.

 

-Lo spettacolo è finito, bambola. Via di qui.-

 

-NO!! Il pubblico, il pubblico mi ascolta!!-

 

Nessuno rispose. Le poltrone vuote, piene di polvere, segno di un tempo che scorre inafferrabile.

 

Nessuno.

 

-Loro erano qui…!!- gridò impotente, frustrata, nervosa. I movimenti a scatti, le labbra secche, gli occhi pieni di fumo che evapora.

 

-No bambola, non ci sono mai stati.-

 

-Io non sono bambola!! Io mi chiamo… ad ogni modo, non me lo ricordo…-

 

La ragazza ombra fra le ombre si acquietò, tranquilla, in un bordo del palcoscenico. Gli operai le misero davanti uno specchio. Incrinato da una spazzola d’osso.

 

E vide, vide i capelli sfatti, e il rossetto di lampone sbavato, e gli occhi di fumo, volato via in un secondo.

 

Sentì la voce stridula come una radio rotta, realizzò dei proprio vestiti distrutti.

 

-Non sei mai stata la morte, bambina.- la voce dell’operaio la carezzò, tiepida. –Mai. Hai salvato il mondo, non sei capace di salvare te stessa.-

 

Davanti a lei, solo il mare di ombre che attento l’aveva ascoltata. Anna Kyoyama pianse lacrime nere, disperazione e peccato, frustrazione per non aver potuto fare di più.

 

-Senti bambola…- disse un altro. –Ce l’hai il posto per una tomba?-

 

La scena si chiuse, gli operai svanirono, il teatro scomparve.

 

Rimase solo lei, a mordersi le labbra, a tormentarsi i capelli, a interrogarsi di una vita non degna di essere vissuta.

 

 

E ancora.

 

-Mamma, quando inizia lo spettacolo…?-

 

FINE.

 

 

 

 

  
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