Premessa:
l’idea di questa fic mi balenava in testa da molto tempo, ma solo leggendone
un’altra ha preso forma concreta. L’altra fic però anticipava uno spoiler del
6° libro che, vi avverto, non ho ancora letto. Indi nella presente storia c’è
uno spoiler ma il resto è tutta opera di fantasia. Inoltre vi avviso che ci
sono due personaggi Ooc, non sono principali ma hanno in ogni caso un ruolo
nella vicenda. Infine vorrei ringraziare Savannah perché inconsapevolmente mi
ha ispirato alcune immagini con la sua ‘The Ground Beneath Her Feet’ e
ovviamente Sunny con ‘Scacco Matto’ [la fic dello spoiler].
Questa storia è dedicata a Corinna perché è sempre stata la prima a leggere le mie fic e darmi il suo prezioso aiuto in proposito. Grazie! Ti voglio bene
Cambiamenti
Se c’era una cosa di cui
Harry era sicuro era l’amore di Hermione per i libri, la cultura e la sua
impareggiabile voglia e abilità nello studiare. La vedeva lì, in biblioteca, in
sala comune, sempre attenta, imperscrutabile, mentre studiava. Ci fossero stati
i cannoni ed Hermione non se ne sarebbe accorta. Ed ora quel mito su cui si era
sempre appoggiato gli stava crollando sotto gli occhi. Nessuno sembrava
accorgersene: Ginny, seduta vicino a lui, impegnata con quegli esercizi di
formule magiche che secondo lei non le sarebbero mai venuti, Ron, concentrato
sul suo lavoro e a non farsi distrarre da Lavanda, a cui non sembrava importare
un fico secco di quello che stavano studiando. Solo lui si era accorto di come
Hermione stesse leggendo la stessa pagina, forse la stessa riga o persino la
stessa parola da quasi dieci minuti. Nessuno si era accorto che non stava
svolgendo i compiti delle settimane avvenire ma quelli di soli due giorni dopo.
Hermione non riusciva a concentrarsi. Certo, non era facile con quel fracasso
che combinava quell’appiccicosa di Lavanda, ma la solita Hermione non ci
avrebbe fatto caso. Non staccava gli occhi dal libro, ma le sue orecchie erano
attente a quello che succedeva intorno a lei. Harry la guardava spesso di
sottecchi e poteva notare il suo sguardo spento, leggermente vacuo, come chi ha
la testa esattamente da un’altra parte. E la colpa era di una persona sola,
l’aveva capito persino lui, ma la persona in questione non sembrava
accorgersene minimamente. Ron si capiva che non apprezzava più le esasperanti
attenzioni di Lavanda, ma non faceva nulla in merito. Scemo. Anzi, scemi
entrambi. Harry guardò Ginny al suo fianco e il sorriso che gli rivolse gli
risollevò il morale per un momento. In fondo non erano affari suoi, non poteva
certo dare un parere. In fondo nessuno dei due dava evidenti segni in quel
senso. Ma Hermione non si era mai deconcentrata fino a quel punto. E Dio solo
sa, se mai avesse preso un brutto voto cosa sarebbe successo. Forse quello
zuccone di Ron si sarebbe accorto della strana apatia della sua migliore amica.
O forse Hermione si sarebbe allontanata dal gruppo. Harry si passò una mano a
scompigliare i capelli sempre fuori posto. Certo che Ron era proprio un
portento: non solo aveva messo in crisi Hermione ma aveva fatto perdere la
concentrazione anche a lui!
‘Ragazzi, devo cercare una
cosa in biblioteca. Ci vediamo dopo.’
Ecco, Hermione si era
alzata e ora si avviava verso la porta della Sala Comune. Con tutti i suoi
libri sottobraccio. Questo voleva dire una cosa sola: stava andando a studiare
da un’altra parte. Harry le rivolse uno strano sguardo, stranamente consapevole
e la bruna gli rivolse in cambio un sorriso stanco. Fantastico. Meglio di così
non poteva andare. Anche Ginny aveva alzato la testa per guardarla con aria
interrogativa, ma non disse nulla. Lavanda sembrava caduta dalle nuvole mentre
Ron era talmente impegnato ad evitare tutte le sue distrazioni esterne che
quasi non se ne accorse.
‘Non è che ci starà
evitando? Ormai vive lì!’
La voce leggermente acuta
di Lavanda fece destare il rosso dai suoi pensieri. Ron la guardò prima confuso
poi, conscio di quello che stava accadendo, lanciò uno sguardo apprensivo verso
la figura dell’amica andare via. Ma Hermione aveva già chiuso la porta, senza dimostrare
più il minimo interesse verso di loro.
E brava Lavanda. A volte in
quel cervello piccolo piccolo potevano anche uscire dei pensieri coerenti.
Hermione sospirò. Ma proprio perché l’aveva detto lei, nessuno le avrebbe fatto
caso. Sguardo impenetrabile, la bruna si stava dirigendo a passo rapido verso
la biblioteca. Lì almeno non l’avrebbero disturbata più di tanto. Si mise
lentamente una mano sulla faccia, come a cancellare tutti i pensieri, ma loro
volevano rientrare ad ogni costo. Non ci credeva neanche lei. Ore a rileggere
la stessa stupida frase. Così non poteva andare avanti, non poteva proprio. Non
era ammissibile per lei prepararsi per un compito di pozioni così importante
solo una settimana prima! Con altri temi di altre materie ancora da fare! Si
appoggiò un attimo ad una colonna lì vicino. Non si sarebbe mai perdonata un
calo del suo rendimento scolastico. Non per un motivo così stupido. La sua
concentrazione sarebbe tornata, anche a forza. Non poteva credere a quello che
le stava accadendo. Eppure non era cambiato niente, niente! Certo, i tempi
erano quelli che erano, ma poteva davvero credere a quella scusa? Hermione
quasi superò la porta della biblioteca, se Neville non ne fosse uscito proprio
in quell’istante. La bruna lo ringraziò mentalmente di quel piccolo gesto. Non
avrebbe sopportato un’altra distrazione. Entrò silenziosa nell’aula lettura,
per fortuna non c’era molta gente, così poté sedersi da sola ad un tavolo. Aprì
tutti i suoi libri e per un attimo niente le passò per la testa. Una sensazione
bellissima di abbandono allo studio la possedé improvvisamente. Le era mancata
da morire la quiete dello studio. Senza pensare ad altro prese in mano la
pergamena appena iniziata del tema di pozioni e si mise a scrivere. Neanche
l’arrivo di Luna riuscì a deconcentrarla, anzi, la sua presenza le servì
d’aiuto in certe occasioni. Sorrise. Forse non tutto era perduto.
Come ogni venerdì, Hermione
scompariva fino ad ora di cena. Non era in biblioteca, non era in sala comune,
non si riusciva a trovarla da nessuna parte. Ma se la interpellavi, lei era
sempre lì dove l’avevi cercata, esattamente un minuto dopo che te n’eri andato.
In bagno, in camera, lei era sempre andata a prendere qualcosa in quel momento.
Come quella volta.
‘Oh Ron, Dio santo, adesso
non posso neanche andare a prendere una penna in camera?’
‘Tutti i venerdì la stessa
storia! Nessuno ti trova e tu sei sempre in giro! Ma si può sapere dove vai?!’
Ron era leggermente
paonazzo ma niente in confronto alla faccia nera di Hermione. Mani sui fianchi,
piede nervoso, sembrava un toro pronto a caricare. E a colpire.
‘Ma si può sapere che te ne
frega?! Io mica ti chiedo dove vai con Lavanda, no? Posso essere dove mi pare,
con chi mi pare e quando mi pare anche senza il tuo permesso scritto, o no?!’
Affondo. Ron non sapeva
cosa rispondere. Il suo ragionamento non faceva una piega. Ma in realtà era
quel ‘con chi mi pare’ che l’aveva decisamente turbato. Soprattutto dopo il
paragone con Lavanda. Ma prima che il rosso potesse rispondere, Hermione si era
seduta a tavola vicino a Ginny. Non aveva voglia di sentirsi dire delle
prediche, non da lui. Lei poteva fare quello che le pareva. Quando lui
scompariva con Lavanda e Harry con Ginny perché nessuno le chiedeva dove andava
a finire?! Perché nessuno le domandava come avesse preso il fatto di essere
circondata da coppiette che scomparivano quando meno se lo aspettava? Hermione
scosse leggermente la testa nel guardare Ginny. Lei e Harry non c’entravano
nulla, scomparivano relativamente poco e rimanevano spesso con lei. Ma
soprattutto non la facevano mai sentire di troppo. Ron e Lavanda invece... Dio,
come le davano fastidio! Facevano di tutto davanti a tutta la scuola, figurarsi
se badavano alla sua presenza! Per questo lei preferiva defilarsi in quei
momenti in cui Ginny e Harry non c’erano e rimaneva sola con loro. Sì, Lavanda,
in questi casi hai ragione. Hermione li evitava intenzionalmente.
Quello che Ron e gli altri
non sapevano, era che Hermione si defilava anche il sabato notte, dopo l’orario
pattuito. In un’ala segreta del vasto castello di Hogwarts, fuori dai controlli
di Gazza, ogni sabato si facevano feste a non finire. Ma non tutti ne erano a
conoscenza. Solo i grandi del sesto/settimo anno e di loro neanche tutti. Due
figure ammantate stavano sostando davanti al ritratto della Signora Grassa che
stava dormendo profondamente. All’improvviso la porta si aprì e un’altra figura
ammantata ne uscì fuori sgattaiolando. La Signora Grassa sembrò non
accorgersene, ma Hermione sapeva che al suo ritorno non sarebbe stato facile
convincerla ad aprirle.
‘Won-Won, non hai idea di
quello che ho scoperto!’
Lavanda saltellava da un
piede all’altro come quando Ron le regalava di rado dei fiori, che tra l’altro
prendeva in prestito dal povero parco sottostante. Hermione era scomparsa di
nuovo ma Ron non era solo, c’erano anche Harry e Ginny. Ron, già scocciato
delle continue sparizioni di Hermione, non gradì quest’interruzione. Ma ormai
la frittata era fatta.
‘Cos’hai scoperto di così
importante?’
Ginny nonostante tutto non
riusciva ad essere così scostante dalle novità di Lavanda, come il fratello, e
non poté che chiedere quello che Lavanda non aspettava altro di sentire.
‘Ho scoperto da Calì, che
ha scoperto dalla sorella, che ha sentito dire dalla Abbot, che…’
‘Lavanda, dacci un taglio.’
Caustico e diretto, Ron
sembrava che non stesse aspettando altro che dire quello. Ma Lavanda era dura
da corrodere.
‘Oh, beh, sabato sera ci
sarà un’enorme festa nell’ala ovest, ancora più grande di quelle che fanno di
solito! Vi rendete conto? Tutti i sabati si facevano delle feste e noi non ne
sapevamo niente!’
Lavanda sembrava davvero
dispiaciuta di non essere mai stata invitata, ma agli altri quella notizia non
faceva né caldo né freddo. Semplicemente non ne avevano mai sentito l’esigenza,
erano sempre stati bene fino a quel momento, anche senza feste da sballo. E poi
Ron il ballo non lo reggeva proprio. Praticamente convinti di non andare,
Lavanda sembrava sul punto di piangere in cinese. Strepitava, pregava Ron,
faceva talmente tanto rumore che il rosso dovette accettare pur di farla
smettere. Felice come non mai, Lavanda se lo spupazzò un po’, con leggero
disappunto di Ginny e Harry che erano a un metro da loro. Appagata, la bionda
se ne andò trottando verso qualcuno a cui dare la notizia, lasciando un Ron
scombussolato e l’altra coppia annichilita. Le maniere di Lavanda non avrebbero smesso mai di stupirli.
‘Bene, ma voi verrete con
me, vero?’
La domanda di Ron non era
una vera e propria domanda, perché ammetteva una sola ed univoca risposta: sì.
Harry sapeva perfettamente che Ginny non approvava, ma l’idea di lasciare solo
il suo povero amico in mezzo a quel putiferio non l’allettava proprio. Per una
volta poteva anche fare uno sforzo.
‘Non conviene dirlo a
Hermione, già è uno sforzo per noi, figuriamoci per lei. Se poi vediamo che ne
vale la pena, glielo diremo. Tanto se non lo scopre adesso non lo scoprirà
neanche dopo.’
Harry sembrava prendere
particolarmente a cuore la condizione di Hermione, ma Ginny non era d’accordo.
La loro amica poteva anche divertirsi a quella festa. Tuttavia, con due voti
contrari e uno a favore, vinse il segreto ed a Hermione non fu detto nulla.
L’aspettarono tranquillamente in biblioteca e si misero a studiare come se nulla
fosse, sollevati solo dall’ingombrante presenza di Lavanda.
Convincere Hermione del
fatto che tutti volessero andare a dormire un po’ prima fu più facile del
previsto. Non aveva fatto domande, non aveva voluto risposte; niente, un ok
fuggevole e amici come prima. Sembrava anzi che lei stessa avesse fretta, ma
nessuno ci fece molto caso. Così, dopo una mezz’oretta, la Signora Grassa vide
a distanza di pochi minuti uscire prima una ragazza sola ammantata e poi un
gruppetto di quattro/cinque ragazzi per modo di dire coperti anche loro.
Decisamente quella sera avrebbe fatto gli straordinari, vista la massa di gente
uscita anche prima di loro.
Lavanda scoppiava di
felicità da ogni poro: si guardava in giro curiosa, attenta alla gente che
c’era, contenta di far finalmente parte di quelle occasioni mondane. Ma non era
certo quello che si era aspettata: lei, vestita come se fosse appena uscita da
una sfilata di Chanel o Armani, agghindata di quello che aveva di più caro e
prezioso, in mezzo ad un gruppo di scalmanati ballerini in jeans e maglietta.
Gli unici a riconoscersi erano alcuni Serpeverde, rigorosamente damerini in
ogni occasione. Ma anche loro avevano adottato quel sistema e spesso si
confondevano tra gli altri. Harry non si stupì affatto degli sguardi indagatori
e a volte sarcastici che quella gente rivolgeva a Lavanda. Ma a lei non
importava: l’importante era essere lì, in quel momento. Ron l’abbandonò quasi
subito a sognare ad occhi aperti e a parlare con tutti quelli che conosceva,
per avvicinarsi a Harry e a sua sorella, più spaesati di lui. Decisamente si
sentivano dei pesci fuor d’acqua. C’era aria festosa in giro, ma la maggior
parte dei presenti ballava. Ragazze con gonne cortissime giravano per la sala,
dei ragazzi provavano dei passi in un angolo, alcuni chiacchieravano del più e
del meno. Non sembrava una festa, sembrava più una sala prove. E poi, in fondo,
c’era un gruppo di una decina di persone che parlavano, ridevano e scherzavano
tra loro; in questo gruppo Harry riconobbe Pansy Parkinson. Se c’era la
Parkinson non molto lontano c’era anche Malfoy, poco ma sicuro. Con sguardo
diffidente seguì tutto il perimetro della sala ma non ne trovò traccia. Strano.
Anche Ron e Ginny avevano capito chi Harry stesse cercando, ma nessuno lo
trovò. Poi, all’improvviso, in quel marasma di volti, cocktail, musica e voci,
uno spiraglio verso una piccola pista ovale al fondo, vicino al gruppo di
Pansy. Le voci sembravano diminuire, l’attenzione era rivolta laggiù. I tre si
fecero più vicini, incuriositi da quell’attesa. Solo dopo si resero conto che
la musica era sparita. Harry e Ron si fissarono perplessi mentre Ginny cercava
di capire la situazione, carpendo informazioni di qua e di là.
‘Qualcuno sta per entrare
in scena.’
La voce della rossa si
sentiva per miracolo. E poi, ecco la musica iniziare. Delle figure, tra cui
Harry riconobbe di nuovo la Parkinson anche se vestita in modo diverso, erano
già presenti sulla pista, illuminate di colpo da dei faretti posti ai lati del
soffitto. Harry si rese ben presto conto che non erano tutti Serpeverde, ma
c’era di tutto in quel gruppo.
‘Ci sono anche dei
Grifondoro.’
Ron aveva avuto il suo
stesso pensiero e Harry annuì in risposta. Sembrava proprio strano. Intanto il
gruppo ballava e altre figure entravano in scena, in tutto erano circa una
decina. Erano molto bravi, si muovevano agilmente e in perfetta sincronia,
sembravano dei professionisti. Ma riconoscere delle persone ballare, da cui uno
non se lo aspetta proprio, era il vero divertimento. Persino Pansy sembrava
cavarsela alla grande. Alla fine uno scroscio di applausi per il gruppo
danzante li ricoprì in pieno.
‘Oh, ma andiamo, cosa ci
facciamo qui? Io direi di andarcene.’
Detto questo Ron volse le
spalle ai suoi amici e se ne sarebbe andato se una mano di Harry non lo avesse
preso per la manica della camicia. Ron si girò di scatto, convinto del loro
assenso, ma Harry stava di nuovo fissando la scena centrale. Per la barba di
Merlino, adesso a Harry piacevano gli stacchetti musicali? La scena nel
frattempo era nuovamente cambiata. Nel buio una ragazza stava seduta su una
sedia in un modo che si poteva definire provocante, schiena appoggiata allo
schienale, testa inclinata all’indietro, lunghi capelli ricci che ricadevano
dietro la schiena e sul davanti, una gamba allungata e una piegata. Anche nel
buio si distinguevano le forme morbide della ragazza. Ginny si era proiettata
in avanti, avanzando a spintoni tra la folla raccolta, trascinando con sé Harry
e quindi suo fratello. La musica era iniziata di nuovo, una specie di salsa o
qualcosa di simile questa volta, e un ragazzo si avvicinava dal fondo. E poi la
luce.
‘HERMIONE!!’
Truccata, succinta, c’era
proprio Hermione su quella sedia. I capelli sparsi, i tacchi alti, gonna corta
e corpetto, Hermione non sembrava lei. Ma il suo sguardo era quello che colpiva
di più: consapevole, allegro, in qualche modo sereno. Ed era sorridente. Si
muoveva come se fosse nata con quella musica nel sangue, le gambe si muovevano
agili su quei tacchi che sembravano non esistere, si fletteva e piegava con una
semplicità assurda. Ed era bella, radiosa. A Ron non sfuggirono gli
apprezzamenti volanti che arrivavano da quello strano pubblico. E poi, Malfoy.
Eccolo! Era ovvio che c’era anche lui. Ma…
‘Non ci sto credendo.’
Ron aveva la bocca
leggermente aperta. Okay, Hermione danzatrice si poteva ancora accettare, ma
con Malfoy no! Oh Dio, e si contorcevano in maniera impressionante! Lui la
prendeva, la faceva scivolare a destra, poi la sorreggeva, Hermione sembrava
abbandonata nelle sue mani. E questo non pareva dispiacerle affatto. Nessuno
fece caso al fatto che Draco era incredibilmente bravo nelle sue mosse o che
semplicemente stesse ballando, no, lui stava praticamente toccando Hermione! A
Ron uscì uno strano ghigno sulla faccia e un pugno nella mano destra. Hermione
non poteva averlo fatto, non poteva aver tradito la loro fiducia ballando con
quello lì, no, non poteva! Quello spettacolo lo stava facendo andare in bestia.
E a Harry non aveva pensato? Al male che gli stava procurando?! Ma Ron si
accorse che quello che se l’era presa di più era lui. Harry sembrava assorto
nei suoi pensieri mentre a Ginny quasi quasi lo spettacolino piaceva. Puah,
peggio che andar di notte.
‘Eh sì, all’inizio può fare
un certo effetto ma non è come sembra. I loro sguardi sono totalmente
indifferenti. Sennò a quest’ora non sarei qui a vederli, non credete?’
Vicino a Ron era spuntata
Pansy. Bicchiere in mano, sguardo fisso sulla scena, sembrava che non stesse
neanche parlando a loro. Poi, con non chalance, chiuse delicatamente la bocca
del rosso. Ron era furioso. E ora cosa voleva quella seccatrice? Come se
potesse importargliene qualcosa!
‘Ma sai cosa me ne importa
di quella lì!’
E detto questo, sotto lo
sguardo incredulo della sorella, confuso di Harry e abbastanza pietoso di
Pansy, Ron diede le spalle alla scena e si avviò a grandi passi verso l’uscita.
Lavanda era rimasta tranquillamente a folleggiare da qualche parte della sala.
‘Oh beh, contento lui.’
Pansy aveva bevuto un
goccio di liquido ambrato dal suo bicchiere e ora guardava il suo ragazzo
finire l’azione, sotto lo sguardo ammirato del resto della sala. Harry e Ginny
non sapevano cosa fare, guardavano da una parte all’altra, confusi e sconvolti,
mentre la gente lentamente si diradava e la serata riprendeva il suo solito
corso.
‘Nel corso della festa ci
saranno altri intermezzi, sempre se volete restare.’
Pansy si era rivolta per la
prima volta verso di loro.
‘Beh, au revoir.’
Harry e Ginny riuscirono a
vedere solo la silhouette della ragazza che si perdeva tra la folla, per
scomparire dietro un pannello al fondo.
‘Ha dell’incredibile quello
che abbiamo visto stasera.’
Harry ripensava a Hermione,
al suo ballo lento e sensuale, a Malfoy, a Pansy, alla faccia di Ron quando
aveva preso ed era uscito di colpo, a loro due, sconvolti e abbandonati. Non si
accorsero neanche della figura argentata che usciva da dietro quel pannello e
correva verso di loro.
‘Harry, Gin!’
I due si voltarono solo per
vedere un’Hermione accaldata e finalmente struccata. L’acconciatura era
sciolta, gli occhi stanchi, le scarpe basse, sembrava di nuovo la stessa
Hermione di sempre. Ma il rosso sulle guance, la matita sugli occhi che ancora
s’intravedeva, il completo argento che la fasciava come un guanto. C’era qualcosa
d’incredibilmente diverso nella ragazza che stava loro di fronte. Harry si rese
conto che non gli dava fastidio il fatto che lei gli avesse mentito sulle sue
attività notturne, che lei ballasse con Malfoy, come invece odiava Ron, ma che
lei stesse cambiando. Lontano da loro. Si stava allontanando, manteneva dei
segreti, era sfuggevole e spesso incupita. Su quella pista l’aveva vista
luminosa come non mai. E in un qualche modo spensierata. Invece lì, adesso, la
sua espressione si era rabbuiata, quasi spenta, intristita dai problemi e dalle
preoccupazioni. Cosa ti sta succedendo Hermione? Harry la sentiva scivolargli
dalle dita. Sentì la mano di Ginny stringergli la propria. Hermione non aveva
mai abbassato lo sguardo, responsabile delle sue azioni come sempre. Eppure
questa volta non aveva voglia di dare delle spiegazioni, i suoi occhi erano
preoccupati di quello che avrebbero dovuto dire.
‘Sei brava.’
Hermione non si aspettava
quella frase. Tutto, ma non quello.
‘Oh Harry, lo so che avrei
dovuto dirvelo, dev’ essere stato orribile scoprirlo così, ma…’
Harry non poteva vedere la
sua amica in quello stato. Perché era così felice prima e ora no? Era risaputo
che Hermione non sapeva esprimere molto bene i suoi sentimenti, in particolare
con Ron, ma con lui si era sempre confidata. Questo era un vero e proprio
smacco.
‘Io non voglio giudicarti
adesso, senza motivo. Sei felice qui, una ragione ci sarà. Spero che ce ne
parlerai comunque. Ora c’è Malfoy che sta venendo a prenderti, penso che tu
debba andare. A domani Hermione.’
Hermione stava per
scoppiare in lacrime. Dio santo, un solo giorno e avrebbe detto loro la verità,
anche a quell’insopportabile di Lavanda! Invece Ron era scappato via senza
neanche sentire le sue spiegazioni. Una doccia fredda come il marmo. Stupido,
stupido, stupido! Sempre ad agire senza pensare! Hermione rimase in mezzo alla
sala, lì, ferma, a guardare i suoi due amici andare via, Ginny si era voltata a
rivolgerle un tiepido sorriso prima di uscire, nel frattempo una mano calda si
era appropriata della sua.
‘Ho fatto un macello,
Draco. Un vero casino.’
Il biondo non disse nulla,
solo le passò un braccio dietro la vita e la portò via da lì. Hermione si
appoggiò a quella spalla divenuta amica. Non c’era più motivo di impegnarsi, le
sembrava di sprofondare in un baratro. Tuttavia se lo aspettava, prima o poi
sarebbe successo. Sentì la sua fiducia vacillare. Pregò soltanto di non cadere
in mezzo alla pista.
‘Non la voglio vedere!’
Ron era impazzito. Ginny
non l’aveva mai visto così nero. Stava persino litigando con Harry, che
difendeva Hermione, mentre lui l’accusava, in teoria per proteggere lui.
Assurdo. Harry non voleva giudicarla troppo facilmente, e di Draco non gli
importava come del fatto di stare per perderla. Ron invece inventava mille
storie, tradimenti, spie, complotti contro di lui, e che Draco la stava usando.
Era un affronto alla sua amicizia per Harry. All’interessato sembravano molto
le stesse storie che Ron aveva tirato fuori in occasione del Torneo Tre Maghi
con Krum, ma era meglio non farglielo notare in quel momento. Harry era rimasto
ferito, era vero, da quel comportamento, ma non da sputare sentenze a vanvera.
Hermione era stata ed era un’ottima amica, non poteva giudicarla così. Ron
invece era distrutto. Incazzato come pochi, mostrava una rabbia irragionevole,
ma qualcosa in lui si era spezzato. Qualcosa che non aveva ancora voluto
riconoscere. Quando la vide scendere le scale, le rivolse uno sguardo omicida.
‘Io non resisto qui un
minuto di più.’
La sua voce era
sufficientemente alta che Hermione poté sentirla. La bruna aveva uno sguardo di
ghiaccio, corazza del suo animo contorto. Si fissarono in astio per qualche
secondo eterno e poi Ron scomparve dietro il ritratto della Signora Grassa.
Riapparve solo nel tardo pomeriggio.
‘Won-Won e daiii, vieni!’
Lavanda lo stava tirando
per una manica ma Ron rimaneva imperterrito lì dov’era, non si muoveva di un
millimetro.
‘Lavanda non te lo voglio
ripetere.’
Dopo la quinta o sesta
volta anche Lavanda si arrendeva. Ron non voleva venire con lei a Hogsmeade a
comprare dei vestiti nuovi, diceva che poteva andarci con le sue amiche. E così
la bionda lo lasciò stare sotto la sua stupida pianta, lei non aveva altro
tempo da perdere, Calì attendeva.
‘Allora a dopo, Won-Won!’
Ecco, a dopo. Ron non ce la
faceva più a sopportare quel trambusto di ragazza. Non ne era stato mai
veramente preso, ma all’inizio era stato divertente, persino la sua esuberanza
gli piaceva. Ma ora non la reggeva più. E sempre più spesso si ritrovava a
pensare ad un’altra ragazza, bruna, boccolosa e incredibilmente sconvolgente
negli ultimi tempi. Se pensava a quello che aveva visto quel sabato sera gli
veniva male. E c’era pure Lavanda che continuava a dirgli quanto era brava,
quanto stava bene con ‘Draco’, e palle simili! Per non parlare di quel
diplomatico di Harry e della sua sorellina consenziente. Per la barba di
Merlino, come gli facevano rabbia! Come potevano sopportare di vederla con
Malfoy, Harry soprattutto! Gli venne spontaneo tirare un pugno a terra. Si era
anche fatto male ma non gli importava. Le parole di Hermione gli rintronavano
nella mente, lei poteva stare con chi le pareva. E invece no! Nell’amicizia
c’era un limite e lei l’aveva superato! Ron si mise le mani sulla testa. Ma a
chi voleva darla a bere? Vederla impotente tra le braccia di Malfoy era stato
uno shock. Sorridere, provocare, ballare con lui era stato un colpo allo
stomaco. Eppure, non voleva capirlo. Non voleva capire di esserne
incredibilmente geloso. Hermione era la sua migliore amica, e basta. Li aveva
traditi con quel gesto, non c’erano altre spiegazioni. Se solo quel
sentimentale di Harry non la volesse difendere ad ogni costo! A volte pensava
di essere l’unico sano di mente o l’unico pazzo lì dentro. Non solo non erano d’accordo
con lui, con la sua logica ferrea, ma gli davano pure contro, persino sua
sorella!
‘Sapevo di trovarti qui.’
No, lei no. Non la voleva
vedere, parlare, sentire!
‘Vai via. Non voglio
vederti.’
Hermione non poteva vederlo
in viso ma di sicuro aveva la solita smorfia contratta da perfetto adirato. Non
demorse, ma il suo viso era triste, anche se lui non poteva vederlo.
‘Va bene, non vedermi
allora. Ascolta e basta.’
‘No! Non voglio nessuno dei
due, capito? Non puoi arrivare qui trulla trulla come se niente fosse dopo
quello che ci hai fatto, che hai fatto a Harry!’
Ron si era girato di scatto
e le aveva afferrato una manica con violenza. Non voleva toccarla, ma mandarla
via sì. Lei lo sfidava con gli occhi. Rabbia, odio, rancore, rammarico, impotenza,
un turbinio di emozioni passavano dentro i loro sguardi. Hermione non si mosse,
non cedette alla sua provocazione. Stava lì, con la sua sola presenza che già
lo sfidava, a fissarlo.
‘Harry mi ha perdonato.’
Merda. Ron non sapeva che
dire. Harry era stato il suo cavallo di battaglia e lui l’aveva surclassato
così. Ora era ancora più arrabbiato.
‘Perché Harry è proprio
stupido, a volte! Come può perdonarti dopo la tua infatuazione per Malfoy, lo
stesso Malfoy che lo ha sempre deriso e umiliato, che ha ferito anche me e te
stessa! Come puoi anche solo pensare che…’
Hermione era passata da un
tono neutro ad una voce stridula e acuta. No, non poteva accusarla di quello.
Harry era stato comprensivo, aveva capito. Solo quello stupido geloso di Ron
non poteva comprendere! Busto in avanti, aveva la classica posa di cui vorrebbe
ma non può scagliarsi contro l’altro.
‘Io non sono innamorata di
Draco, stupido geloso che non sei altro! Ma non ti rendi conto che stai usando
le stesse scuse che avevi usato anche con Krum in quarta?! Dillo che ti da
fastidio che io mi diverta con qualcun altro, sia esso Malfoy o chicchessia!’
Hermione faceva sempre
centro, come al Ballo del Ceppo. Ma Ron non si arrendeva mai.
‘Ah, adesso è diventato
‘Draco’? Dio, Hermione, ma non te lo ricordi più quando ti umiliava con i suoi
‘mezzosangue’?! Da te non me lo sarei mai aspettato!’
‘Draco si è dimostrato
diverso da quello che pensavo, che pensavamo tutti noi! Solo tu non riesci a
capire! Non è Draco il problema, lui lascialo stare.’
Ron non ammetteva la sua
difesa di Malfoy, no, non poteva permetterglielo; lui e i suoi avevano sempre
umiliato la sua famiglia e lei che era sempre stata accolta come una figlia dai
suoi genitori si permetteva di dire quello! No, non era ammissibile, non lo era
proprio.
‘Ora lo difendi anche!
Hermione lo sai meglio di me di quello che ha detto e fatto e…’
‘LUI LASCIALO STARE!!’
Ron non l’aveva mai vista
così sconvolta: urlava, urlava come una pazza, la voce rotta dal pianto che i
suoi occhi avevano celato fino a quel momento, i capelli che si erano liberati
dal fermaglio e ora le ricadevano sul viso, i pugni lungo i fianchi. Lui era
arrabbiato, ma lei non aveva più freni.
‘Scemo! Come puoi
giudicarmi, tu, che hai preso e te ne sei andato con Lavanda, lasciandomi sola
come un cane! Non te n’è mai fregato niente di me, di noi, te ne andavi e
basta, quando sai benissimo che anche Harry e Ginny stanno insieme! Non vi
siete mai chiesti di come abbia potuto sentirmi io, accerchiata da coppiette,
di cosa facessi di quando vi appartavate entrambi?! No, non ci avete dato il
minimo pensiero! Se non avessi scoperto per caso il gruppo di danza, a
quest’ora sarei impazzita! Draco si è rivelato un ottimo confidente, al
contrario di voi altri! E non dire a me di non essere una buona amica, per
favore! Risparmiatelo!’
Hermione era crollata a
terra, mani sul volto, non parlava, i singhiozzi le uscivano da soli,
irrefrenabili, la sua disperazione che prorompeva come l’acqua di una diga
appena crollata. Ron era rimasto annichilito. Non sapeva cosa rispondere. Non
aveva mai pensato a quell’aspetto della faccenda, non aveva mai pensato a come
poteva sentirsi Hermione. Non aveva dato il minimo peso ai piccoli ma radicali
cambiamenti che compiva Hermione, che avevano turbato Harry. Harry… Se solo gli
avesse dato più ascolto, ora non si sarebbe trovato in quella situazione.
L’avrebbe capita, forse persino consolata, ma non sarebbe rimasto basito da
quel fiume di lacrime che l’animo di lei stava spurgando. Ron si ritrovò a pensare
che era stato davvero uno stronzo. Si sedette lentamente vicino a lei,
inconsapevolmente, non sapendo neanche lui cosa stesse facendo. Si fece spazio
tra i suoi capelli per abbracciarla a sé, quasi a proteggerla. Lei si ancorò a
lui, cosa che a Ron non dispiacque affatto, e i suoi singhiozzi parvero
diminuire. Restarono così, uniti, per degli interminabili minuti fino a quando
la voce di lei non si fece spazio in quel silenzio.
‘Ron, ma cosa siamo noi?’
Ron non aveva capito cosa
intendesse dire, ma il suo cuore prese un ritmo inaspettato. La guardò ancora
tra le sue braccia, lei aveva alzato il volto per guardarlo negli occhi. Era
così vicina, Ron sentì salire il calore sulle orecchie. Ma lei sciolse
l’abbraccio e si allontanò da lui. Il distacco fu incredibilmente duro per Ron.
Sguardo nel vuoto, la ragazza aveva ripreso la sua solita compostezza.
‘Non facciamo altro che
litigare Ron, di questo te ne sarai accorto anche tu. A volte mi domando se non
siamo amici solo per compiacere Harry, solo per stargli vicino adesso che ne ha
bisogno.’
Ron non poteva credere a
quello che la bruna aveva appena detto, lui sarebbe morto per lei, aveva
persino vomitato lumache per difenderla da Malfoy in seconda! Tuttavia
l’espressione di Hermione non lasciava dubbi. Lei ci aveva pensato davvero.
‘Non crederai davvero a
quello che hai detto.’
Era una domanda a risposta
scontata, questo Ron lo sapeva, ma voleva sentirlo da lei. Sentire cosa ne
pensava realmente.
‘Se l’ ho detto, Ron, vuol
dire che ci ho pensato. Vorrei non crederci, ma i fatti ci dimostrano il
contrario.’
Lui le aveva preso la mano.
‘Nessun buon amico non
litiga mai, non si può essere d’accordo su tutto. E’ solo che noi lo facciamo
più rumorosamente del solito.’
Hermione gli aveva
abbozzato un sorriso. Era bellissima quando sorrideva. Ron si accorse che la
stava fissando un po’ troppo a lungo e che un leggero colorito le si stava
spandendo sulle guance. Lei gli accarezzò una guancia, un gesto intimo che lo
fece sobbalzare.
‘Grazie Ron. So che non è
facile accettare questa situazione, anche per me è ancora strano, ma vedrai che
andrà meglio. Se mi prometti di fidarti di me.’
‘Oh, Malfoy, sì, certo. Io
mi fido di te.’
Ron si era completamente
dimenticato di Malfoy, Harry, il ballo, quello per cui avevano litigato.
C’erano lei, lui, la quercia e nient’altro che il prato su cui erano seduti. E
la mano di lei nella propria. Lei lo guardava spensierata, leggera, come se si
fosse tolta un peso dal cuore. E così era. Ormai erano due mesi che andava avanti
quella storia e lei non ce la faceva più a mantenere il segreto. Certo, far
accettare Draco agli altri non sarebbe stato facile, lei ci stava ancora
provando, ma ora si fidava di lui. E ballavano troppo bene insieme. Hermione
pensò che c’erano ancora tante cose da risolvere, di cui preoccuparsi,
scolastiche e non, ma il sostegno di Ron la faceva sentire bene, tranquilla.
Senza pensarci si appoggiò con la schiena sul suo petto, abbandonando la testa
sulla sua spalla. Si sentiva incredibilmente bene. Ron non aveva detto nulla,
sentiva il suo respiro regolare sulla spalla e un rossore perenne sulle guance
e sulle orecchie. Andava a fuoco ma stava bene come non mai. Nessuno l’avrebbe
potuto disturbare in quel momento di pace.
‘Won-Won ma sei ancora lì!
Dai, ti devo far vedere quello che ho preso, me l’avevi promesso!’
Le urla di Lavanda non
potevano non sentirsi, anche a distanza. Hermione sobbalzò e si staccò subito
da lui, rossa in volto, forse accorgendosi della posa equivoca in cui erano
rimasti. Anche Ron fremette al sentire quella voce, che mai gli risultò più
odiosa.
‘Ci vediamo dopo, Won-Won.’
Hermione aveva sorriso,
mettendo più accento sul nomignolo che gli aveva dato la sua pseudo-ragazza.
Ron sbuffò in risposta, ma le sorrise allegro. Mentre sentiva la furia
avvicinarsi non staccò mai lo sguardo dalla figura della bruna che si
allontanava nel parco. Anche quando Lavanda si ancorò al suo braccio, lui la
vide entrare nel portone. E mai si era sentito più leggero.
Hermione scalciava come un
mulo impazzito nel cercare di mettersi i pantaloni da danza. Le scarpe poi
sarebbero state un problema. Non si era minimamente accorta del ritardo che
aveva accumulato con Ron, non credeva di starci così tanto tempo. In realtà
pensava ad una rapida e rumorosa litigata come al solito, non una tempesta
ormonale e poi la pace dei sensi. La ragazza sorrise nel vuoto nel pensare
all’espressione smarrita ed incredibilmente tenera di Ron alla sua domanda.
Erano stati bene insieme. Poi, scotendo la testa dai suoi pensieri, guardò
nuovamente l’orologio e rabbrividì. Avrebbe dovuto dare una spiegazione a
quella coppia di Serpeverde, in tutti i sensi. Quando finalmente prese la borsa
per uscire per poco la porta non le arrivò in faccia.
‘Ma che diavolo…?’
Quello che vide non le
piacque affatto. Lavanda, sì, quel groviglio di capelli biondi arruffati
davanti alla faccia non poteva che essere lei, si era letteralmente
scaraventata sulla porta aprendola con una violenza inaudita, seguita da
un’addolorata quanto mai confusa Calì. Hermione non poté non vedere che la
ragazza era sconvolta, e nonostante tutto, provò pietà per lei. Le doveva
essere successo qualcosa di brutto. Lavanda intanto non si era neanche resa
conto dell’altra presenza nella stanza e se la bruna non le fosse stata
praticamente in mezzo ai piedi, non se ne sarebbe accorta, passandole accanto
come nulla fosse. Invece l’imprecazione di Hermione e la sua figura davanti a
lei fecero alzare lo sguardo a Lavanda. Hermione non l’aveva mai vista tanto
sconvolta. I suoi grandi occhi erano pieni di lacrime che a più non posso
scendevano sulle guance solcate da una quantità infinita d’acqua salata. Una
mano cercava di coprire il dolore scoperto sul volto, l’altra stringeva con
forza la camicia della divisa. Hermione non riuscì a dire niente che la ragazza
le si buttò tra le braccia.
‘Scusami Hermione, non l’ho
fatto apposta, è che… è che…, non ti sei fatta male, vero? Dimmi, ti ho fatto
male? Giuro che non l’ho fatto apposta, stavo correndo e…’
Lavanda stava decisamente
straparlando, si scusava in continuazione, aveva le labbra tremanti, Hermione
poteva sentire il suo corpo sotto le mani come un fascio di nervi.
Non l’aveva mai vista così
insicura. Lanciò uno sguardo disperato a Calì, ma anche lei non sapeva che
dire. Evidentemente non le aveva ancora detto niente, probabilmente le si era
buttata tra le braccia piangente come con lei, aspettando la tranquillità della
camera per sfogarsi. Hermione cercò di consolare quella bambina un po’ troppo
cresciuta, trasmettendole un po’ della sua felicità. Intanto Lavanda aveva
aumentato il ritmo dei singhiozzi. Evidentemente era giornata di pianti,
quella.
‘Calmati Lavanda, cos’è
successo? Siediti qui tranquilla e dicci tutto. Vedi? C’è anche Calì che non
aspetta altro che poterti aiutare.’
A Lavanda non era mai
dispiaciuto stare al centro dell’attenzione, per questo si sedette molto
lentamente, come a creare una certa suspance. Hermione non aveva mai avuto un
grande feeling con la ragazza, però non c’era dubbio che stava facendo anche un
po’ di scena. Comunque stava davvero a pezzi.
‘Io non so cosa gli abbia
fatto, davvero, non è neanche venuto con noi a fare shopping come mi aveva
promesso, vero Calì?, gli ho solo chiesto quello che mi aveva promesso, non si
è neanche arrabbiato come al solito, era tranquillo, sereno, con uno stupido
sorriso da ebete in faccia! Non mi guardava neanche, capite?, non mi ha neanche
guardata un secondo, aveva lo sguardo perso nel vuoto, da un’altra parte, e
poi, senza una parola, mi ha finalmente guardata, solito grugno e, indovinate
un po’?, mi ha detto ‘dobbiamo parlare’. Dobbiamo parlare, capite?! Di cosa si
deve parlare in una coppia?? Di quello, solo di quello!’
Hermione non aveva capito
una cippa di quel fiume di parole una dietro l ‘altra, Lavanda le aveva sparate
così, a raffica, a mala pena si riusciva a distinguerle, figuriamoci a capirle!
Vide Calì prenderle una mano.
‘Lavanda, non è che
potresti spiegarci me-’
‘RON MI HA LASCIATA! Lì,
sotto quello stupido albero dove è rimasto tutto il santo pomeriggio! Ed era
così, così, stramaledettamente sereno! Non ha fatto una piega, sembrava che non
gliene importasse un cavolo, neanche quando ha visto le mie lacrime si è
commosso, niente, niente, e non andava bene questo, non andava bene quello, non
andava bene niente secondo lui! E io che già mi immaginavo un nostro futuro
insieme, eravamo così felici!’
Lavanda non la smetteva più
di tormentarsi i vestiti, i capelli, le mani, la faccia, quello che poteva
stropicciarsi lo stropicciava senza indugio. Persino le mani di Calì che
soffriva in silenzio. Hermione sentì una stretta al cuore: era dispiaciuta per
Lavanda, davvero, ma allo stesso tempo non riusciva a reprimere quella
leggerezza che partiva dal cuore e si diramava in tutto il corpo, sentir
svanire quella pesantezza che la faceva star male da troppo tempo. Avrebbe
voluto gridare, saltare, ballare, dare la bella novella al mondo, ma al
contempo darsi un sacco di mazzate perché con quella ragazza in quelle
condizioni davanti agli occhi non c’era niente da esultare. E poi, perché
esultare? Perché Ron le avrebbe di nuovo dato le attenzioni di una volta? Ma
Hermione sapeva benissimo perché e il ricordo del calore del suo abbraccio di
poche ore prima riconfermò la sua tesi. Un momento, ballare? La bruna guardò
apprensiva l’orologio. Cacchio, era tardissimo! Hermione lanciò uno sguardo
allarmato a Calì, non sapendo come fare a liberarsi da quell’imbarazzante
situazione in cui si era ritrovata, e Lavanda non sembrava smettere più, si era
inceppata sulla stessa nota. Calì per fortuna comprese al volo la situazione e
con uno stratagemma riuscì a farla uscire. Hermione si sentiva un po’ in colpa
per aver abbandonato Lavanda in quello stato, ma non ce la faceva più a stare
là dentro. E poi non erano neanche delle vere amiche in fin dei conti. La bruna
lanciò un ultimo sguardo alle ragazze sedute e si fiondò fuori dalla porta. Non
riusciva a credere al silenzio della Sala Comune.
Hermione stava
letteralmente correndo per i corridoi e sperando in Dio o chiunque la stesse
ascoltando in quel momento di non farla imbattere in Gazza perché, uno, le
avrebbe fatto una ramanzina poco piacevole e chissà cos’altro, e, due, le
avrebbe fatto perdere altro tempo inutilmente! Comunque, mentre correva e
sperava, i suoi occhi notarono l’apparizione di strani volantini sulle bacheche
che incontrava nei vari corridoi. Avrebbe voluto veramente lasciarli perdere
per leggerli dopo la lezione, ma la sua curiosità ebbe la meglio e verso
l’ultima bacheca si fermò. C’erano un sacco di fiocchi di neve che cadevano dal
cielo blu del volantino e parecchi abeti innevati sullo sfondo. Le stelle
sembravano vere, con la loro luce intensa. E poi figurine che ballavano in una
grossa sala rettangolare che Hermione non riconobbe subito come la Sala Principale.
Se ci si faceva attenzione si poteva sentire una musichetta di sottofondo.
Hermione sorrise alle figurine e ripose il volantino al suo posto.
‘Ah, è solo il ballo
d’inverno…’
Il ballo d’inverno?!
Hermione, rudemente, riprese di nuovo in mano il volantino, ma non c’erano
dubbi. A grandi lettere argentate c’era proprio scritto Ballo D’Inverno. Bello
schifo. Ecco un altro problema a cui pensare. Grugnendo qualcosa Hermione
scappò via e maledisse la sua curiosità che non l’aveva fatta lasciare in pace
ancora per due ore. Arrivò trafelata con venti minuti di ritardo, e non aveva
la minima idea di cosa le avrebbe detto la signorina Reel al suo arrivo,
siccome era la prima volta.
‘Lo sai vero che al Ballo
d’Inverno ci dovremo esibire, Hermione? Ti conviene prepararti all’idea, perché
avremo un sacco di lavoro da fare. E togliti quel sorriso ebete dalla faccia.’
Perfetto. Non ci mancava
altro. Un’esibizione davanti a tutti era proprio quello che Hermione stava
aspettando.
Ovviamente era stato un
pomeriggio duro, ma non riusciva a credere di doversi esibire davanti a tutti,
agli alunni, ai professori! Con Draco giocavano a fare i ballerini, ma non ci
si poteva aspettare da loro tutta quella professionalità! Eppure la signorina
Reel non aveva ammesso repliche. E lei, con Draco, non potevano che fare la
coppia portante, vista la loro complicità. Doveva anche fare la quadriglia
d’apertura, ma Draco l’aveva promessa a Pansy. Perfetto, si doveva anche
trovare un altro con cui ballare. Hermione pensò seriamente ad un furto al
laboratorio di Piton, tanto l’aveva già fatto, per provocarsi un
bell’avvelenamento al momento giusto. Mentre pensava quasi non si accorse della
presenza al lato sinistro della porta.
‘Ce ne hai messo di tempo.’
‘Oh, lasciamo stare, è stata
una faticaccia assurda, e poi sta’ storia del ballo che…Un momento, ma tu che
ci fai qui?’
Hermione era talmente
stravolta che non si era minimamente posta il problema della presenza di Ron
lì, ma in realtà era la prima volta che la veniva a prendere, per così dire, a
lezione. E lei non gli aveva mai detto dove fosse l’aula. Hermione lo guardò a
lungo, appoggiato con la schiena alla parete, come per carpire il segreto della
sua visita, ma quello che vide fu solo il suo splendido sorriso.
‘Passavo di qui e allora ho
deciso di venirti a trovare, cos’è, vietato?’
See, per caso, esattamente
dall’altra parte del campo da Quiddich e della sala comune di Grifondoro,
ovvero la vita di Ron. Hermione sorrise sotto i baffi, sapendo perfettamente
che sotto sotto c’era qualcosa. Si accinse a prendere la borsa ma Ron se l’era
già messa in spalla. Decisamente troppo sospetto.
‘Lavanda è entrata in
lacrime in camera nostra meno di tre ora fa.’
Ron si era girato a fissare
l’amica che gli aveva rivolto solo un’occhiata di sottecchi.
‘La motivazione è nota, è
il momento che non mi sovviene.’
Hermione ora lo stava
fissando con sguardo tra l’interrogativo e il ridicolo, non sapendo neanche lei
cosa fare. Ron, al contrario, sapeva bene cosa fare, ma non sapeva come. Così
sospirò, continuando a tirare dritto.
‘Lo sai che ero stufo e
arcistufo. Quello mi sembrava il momento adatto. Punto.’
Ron si era messo le mani
dietro la testa, mancava solo che fischiettasse e poi era a posto. Entrambi
sapevano il motivo per cui Ron aveva scelto proprio quel momento per lasciare
Lavanda, o almeno ci speravano, ma non l’avrebbero ammesso mai. Hermione si
rese conto che in fondo non era cambiato niente di niente da prima, ma per un
cambiamento così grosso ci voleva un coraggio maggiore del suo, persino di un
Grifondoro. E Ron, a parte la stupida gelosia, non dava segni in quel senso. Si
accorse troppo tardi di sospirare.
‘Ron, l’hai lasciata prima
del Ballo, per una come lei è un affronto dei peggiori.’
Ron la squadrò un attimo:
Hermione comprese all’istante che non ci aveva nemmeno pensato. Ma la faccia
che fece era troppo buffa per non riderci sopra.
‘Già, hai ragione, ma non
lo sapevamo ancora, no?’
‘Questo non toglie che me
la toccherò sorbire io per le notti seguenti.’
Ron rise di gusto, quella
risata piena che faceva impazzire la bruna. Erano lì, che ridevano, come se non
fosse successo niente a sconvolgerli, Lavanda, Draco, erano i soliti due amici
che litigavano per un nonnulla, per gli elfi domestici o il compito di pozioni,
senza incomprensioni e malintesi. Scherzavano per i corridoi come se nulla
fosse, ed era bello godersi quel piccolo pezzo di paradiso. E in men che non si
dica erano davanti alla porta della sala comune. Ron lasciò andare giù la borsa
fino a prenderla in mano, per porgerla alla ragazza in attesa. Per un attimo le
loro mani si incrociarono, giusto per rendere l’oggetto al suo padrone.
Hermione stava per entrare quando Ron le fermò la mano. Lei si girò a guardarlo
negli occhi.
‘Hermione, ecco, …
vuoivenirealBalloconme?’
Hermione non aveva capito.
Ron aveva parlato così in fretta e piano che neanche lei, che era a un passo,
l’aveva sentito. Ma la sua titubanza, gli occhi altrove, le orecchie che si
tingevano di rosso e l’unica parola sopravvissuta, Ballo, non le promettevano
niente di buono. E il suo cuore cominciò a uscire dalla normalità.
‘Ron, cosa hai detto? Non
ti ho capito.’
Ron la guardò negli occhi
questa volta. Era bellissima. Capelli arruffati, guance accaldate, occhi vivi e
attenti, lo facevano impazzire. Quel pomeriggio insieme gli aveva dato il via
per lasciare Lavanda. Ron non riusciva ancora a capire come aveva fatto a
lasciarsi abbindolare da lei, certo era bella, bionda, alta, ma non era ciò che
voleva. Quello era lì, davanti a lui, che aspettava una risposta.
‘Vuoi venire al Ballo con
me? Lo so che sarai impegnata con lo spettacolo, l’ho letto sul volantino, però
mi farebbe comunque piacere. E poi sai che non sono un gran ballerino, quindi
se tu sarai via la maggior parte del tempo non può che andar bene anche a me,
no?’
TONF. Hermione ringraziò il
cielo di non avere cose fragili nella borsa. Il suo ragionamento non faceva una
grinza, eppure c’era comunque il problema Lavanda di mezzo, Ron l’aveva appena
lasciata, e lei dormiva nella sua stessa camera, oltre ad essere nella stessa
classe. Di fisso Ron aveva pensato che lei non ci poteva andare con Draco
perché già impegnato e che con un’amica anche lui non avrebbe dato nell’occhio.
Sì, non poteva che essere così.
‘Se la metti così,
d’accordo allora. E poi con un’amica non darai troppo scandalo.’
Hermione gli aveva fatto
l’occhiolino e si era dileguata in sala comune, raccattando nel frattempo la
borsa. Ron non riusciva a crederci di quanto fosse stato facile invitarla al
Ballo con lui! E gli aveva anche detto sì, cosa quasi scontata ma era la
domanda la parte difficile. Eppure in quell’occhiolino c’era un velo di
tristezza. Ron era al settimo cielo ma sapeva che nelle parole di Hermione
c’era qualcosa che non quadrava. E quel qualcosa era la sua propensione per i
ragionamenti logici.
Erano passate due settimane
da quel giorno ed Hermione si allenava come non mai. Aveva un sacco di balli da
provare, in coppia con Draco, in gruppo con gli altri, da sola, dal Latino
Americano alla New Age, tutti stavano dando l’anima a quel progetto. I sabati
sera al club non esistevano più. Inoltre lei continuava a provare la quadriglia
iniziale con Draco, quando sapeva benissimo che lei non l’avrebbe fatta, visto
che ballerini disponibili non ce n’erano più. Ma la signorina Reel diceva che
era un ottimo esercizio in ogni caso, e così lei si stancava anche nei balli
non suoi. A parte quello c’erano le serate con Ginny a sparlare su come
combinarsi per il Ballo, oltre alle solite faccende, i compiti e gli scherzi
con Ron e Harry, l’agognato silenzio causato dall’assenza di Lavanda,
l’irrinunciabile intraprendenza della stessa per quanto riguardava cercare di
riconquistare, a modo suo, Ron. Dell’invito di Ron al Ballo ne sapevano solo
pochi intimi, e a quanto pareva la voce non si era ancora sparsa, perché
avevano deciso di farla passare come una cosa improvvisa, anche perché Hermione
non aveva nessuna voglia di attentare alla sua vita con quella pazza nella sua
stessa camera.
E anche quella sera si
erano fatte le sei, aveva giusto il tempo per cambiarsi e poi giù di nuovo a
mensa. Hermione aveva uno stress addosso inimmaginabile. Uscendo lanciò uno
sguardo ai due angoli vicino alle porte, come se da un momento all’altro
ricomparisse Ron. Ormai da quel giorno guardava sempre, dandosi sempre della
sciocca, ma non poteva farci niente, era una specie di riflesso incondizionato.
Ma lui non compariva quasi mai. La bruna si avviò allora verso il corridoio
quando da una angolo poco distante riconobbe la figura del rosso. Sorridendo a
se stessa come una beota, si avvicinò più rapidamente, solo per scoprire Ron
appiccicato di nuovo a quella cozza di Lavanda! Hermione scoprì di non esserci
più assuefatta, e quello che erano le sue aspettative, i suoi sogni, i suoi
desideri più inconsci, stava andando in mille pezzi, allo stesso modo della
prima volta che li aveva visti insieme. La borsa le cadde rumorosamente per
terra, il nodo alla gola diventava sempre più stretto e per non scoppiare lì,
davanti a quell’idiota, raccattò in fretta la sua roba e si affrettò a
raggiungere l’uscita di quel vicolo cieco. Alcune lacrime le uscirono comunque
dagli occhi ma la mano libera riuscì a ripulire il danno. Hermione si sentiva
presa in giro, ridicolizzata da chi credeva più fidato; Ron le aveva ridato
speranze impossibili, speranze che tra l’altro lei non aveva chiesto, che lei
non aveva voluto! E questo la faceva andare ancora più in bestia. Sentì dei
passi nel corridoio che la seguivano, più veloci e pesanti, voci che non
dicevano nulla per le sue orecchie, lei voleva solo andare via, via!, farsi una
doccia, riposarsi, non pensare più a nulla, nulla. Non voleva più soffrire a
quel modo per uno stupido, la sua mente così razionale non gliel’avrebbe più
permesso. Si sentì prendere per una spalla e finalmente le sue orecchie vollero
recepire il suo nome. Ron era senza fiato. Una mano appoggiata sulla spalla di
Hermione, come a bloccarla in qualche modo, e l’altra sul petto, quasi ad
aiutare il fiato a riprendersi. La bruna tentò di divincolarsi ma il rosso, che
era anche più alto e robusto di lei, la spinse dolcemente in una stanza
attigua, vuota, dove, evidentemente, non dare spettacolo.
‘Ma si può sapere cosa vuoi
dalla mia vita, Ron Weasley?!?’
Ron poté vedere l’amarezza
in quegli stupendi occhi marroni, dietro la rabbia apparente che le accendeva
la voce e lo sguardo. Sulle sue guance c’erano tracce fresche di lacrime subito
asciugate. Forse per la prima volta Ron poteva sentire il cuore spezzato della
ragazza, e non osò immaginare quanto male le aveva in quel modo già causato.
‘Perché non mi lasci in
pace una buona volta?! Perché mi hai invitata al Ballo, perché hai lasciato
Lavanda se poi in realtà non volevi farlo, eh? Spiegami, dai, sono curiosa di
sentire come vi siete divertiti a prendermi in giro, avanti! Sono tutta
orecchi.’
Mentre Ron ragionava,
Hermione non aveva perso tempo e gli gridava contro la sua frustrazione, la sua
delusione, la sua amarezza, trasformata in facile e subito comprensibile
rabbia, che le usciva da tutti i pori.
‘Oh, Hermione, andiamo, lo
sai anche tu com’è fatta Lavanda, mi si è buttata letteralmente addosso! Ha
approfittato del fatto che ti stessi aspettando da solo e che nel corridoio non
ci fosse nessuno per tentare la sua ultima mossa! A me non importa più un fico
secco di Lavanda, come te lo devo dire?! Lo sai anche tu che non me ne è mai
importato niente, come puoi credere che-‘
‘Io credo all’evidenza Ron,
e l’evidenza è che tu non riesci a resisterle, tutto qua. Non c’è nient’altro
da dire.’
Hermione aveva abbassato la
voce, la solita gelida compostezza che l’aveva fatta andare avanti fino a quel
momento si era fatta spazio nuovamente in mezzo alla rabbia, superandola e
sovrastandola. Tranquilla, serafica, deduceva le sue conclusioni, anche se
dentro urlava. Ron, al contrario, urlava sia fuori che dentro. Cercava di farle
capire l’intrinseca verità delle sue parole, quello che stava sotto, ovvero che
lui era da sempre interessato a lei e che per nessuna ragione ora se la voleva
far scappare ancora. Ma cercare di dire e allo stesso tempo negare la verità
non era un lavoro semplice. Dal di fuori poteva sembrare una scena di gelosia
tra un amante fedigrafo e uno tradito, e forse in realtà era così, anche se
sotto mentite spoglie.
‘Ah, credi all’evidenza,
eh? Allora credi a questo!’
Ron non ce la faceva più,
la sua frustrazione non sapeva più come reprimerla, voleva, doveva far qualcosa
prima di perdere tutto. Lui non era mai stato un forte nel pensare ma
soprattutto nell’agire, e così fece l’unica cosa che gli balenava in testa di
un minimo logico. Si avvicinò in due lunghi passi alla ragazza imbronciata,
chiuse gli occhi e la baciò. Hermione era semplicemente basita. Ferma come uno
stoccafisso, sentiva le braccia di lui stringerla titubante a sé, le sue labbra
fresche e sottili massaggiarle la bocca. Un’improvvisa sensazione di caldo e
benessere la impossessò da cima a fondo mentre le sue braccia lentamente
andavano a stringersi al suo corpo in fremito. Sentì i suoi occhi chiudersi e i
suoi sensi godersi appieno quell’emozione forte, fortissima, destabilizzante.
Quando Ron la lasciò per prendere fiato, lei rimase così, con gli occhi chiusi,
le labbra socchiuse, cercando di prolungare quel momento. Ma Ron ci stava
mettendo troppo, così Hermione riaprì gli occhi. Ron era ad un palmo di naso,
gli occhi bluastri incredibilmente accesi ma allo stesso tempo incerti, le sue
braccia ancora intorno alla sua vita, anche se ancora per poco. Hermione si
rese conto che lui si stava allontanando. Con un campanello d’allarme allora la
ragazza si accorse di non aver dato il minimo cenno per contraccambiare quel
bacio, e lo sguardo allarmato di Ron le dava la conferma. Era rimasta così
stupefatta che non si era minimamente mossa. Nel silenzio tombale di quella
stanza i suoi occhi cercavano le labbra di lui, le voleva ancora, ne aveva un
bisogno impellente. E così, mentre le braccia del rosso si allontanavano, lei
si buttò su di lui, braccia gettate al collo e labbra di nuovo sulle sue.
Questa volta nella stretta del ragazzo non c’era più la minima incertezza.
L’aveva stretta a sé, con foga, come a non permetterle di scappare in nessun
modo. Ma Hermione non ne aveva nessunissima intenzione. Gli accarezzava le
guance, i capelli, il collo, con un bisogno sempre crescente di lui, del suo
profumo, del suo sapore. Poteva sentire in che modo i gesti di lui non erano
più tanto impacciati come una volta, sapeva come prendere una ragazza. La bruna
non volle ricordare il motivo della sua maggiore destrezza, quello che
importava è che adesso la faceva sentire incredibilmente bene. Poteva sentire
le sue mani sfiorarle la schiena, la sensazione di calore che lasciavano.
Ron non riusciva a credere
a quello che aveva fatto, a quello che stava succedendo. La ragazza dei suoi
sogni era lì tra le sue braccia, e lo stava baciando con una passione
imprevista. All’inizio, vista la non-reazione della bruna, Ron si era parecchio
spaventato. Istintivo come al solito, credeva di aver combinato davvero un gran
pasticcio, a cui difficilmente avrebbe potuto rimediare. Al contrario poi
Hermione si era come svegliata e gli era letteralmente saltata addosso. Ora
sentiva le sue dita affusolate tracciargli strie invisibili ma indelebili sul
viso e sul collo, le sue labbra piene giocare con le sue. Sapeva benissimo che
non era carino, ma volle lo stesso aprire gli occhi un attimo, giusto per
vederla abbandonata tra le sue braccia. Era una sensazione meravigliosa.
Nonostante tutti i suoi aspetti negativi, doveva ringraziare Lavanda per averlo
liberato di quei suoi modi maldestri e insensibili. Eppure si sentiva come la
prima volta, emozionantissimo e goffo. Hermione intanto continuava ad esplorare
le sue labbra e il ragazzo volle provare qualcosa di più. La ragazza sentì la
sua lingua premere leggermente sulle sue labbra e le socchiuse per farla
passare. Forse era la sua immaginazione, ma poteva sentire il sorriso che
questo suo premesso aveva provocato. Con un passo avanti, continuarono ad
esplorarsi, senza essere mai completamente appagati l’uno dell’altra, fino a
che le necessità vitali non ripresero il sopravvento. A fatica la ragazza si
staccò dal fiato, evidentemente più allenato, dell’altro. Si fissarono appena
appena inebetiti per un attimo, prima che lei gli appoggiasse la guancia sul
suo petto. Lui continuava imperterrito a stringerla a sé. Improvvisamente, in
un silenzio irreale, rotto solo dai loro respiri profondi, Ron sentì il riso
soffocato della ragazza. Lei lo guardò con occhi ridenti.
‘Ora ho finalmente capito
cosa siamo noi due, Ron.’
Il ragazzo non sapeva cosa
rispondere e la guardava sorridere da sola, a volte fissando i suoi occhi, a
volte la sua stessa mano che lo accarezzava.
‘Siamo proprio due
stupidi.’
E, detto questo, si
riappropriò delle sue labbra, già ansiose.
I due ragazzi decisero che
forse era meglio aspettare per dare la bella notizia al mondo, vista la strana
ansia di Hermione nel ritrovarsi sorpresa nel sonno con una bacchetta magica
puntata alla gola, ma questo non includeva Harry e Ginny ovviamente. Loro non
erano il mondo, loro erano i migliori confidenti e sopportatori di ansie e
depressioni inutili che i due ragazzi avrebbero mai potuto desiderare. E in
quel momento Ginny stava letteralmente soffocando Hermione con il suo abbraccio
nella sua camera vuota, ridendo come una matta. Di certo Ron stava facendo lo
stesso con Harry dall’altra parte del corridoio. Se ci si metteva d’impegno
poteva anche sentirli. E così i giorni passarono tra fatica, studio, timore,
attentati alla sua vita, e allegre chiacchierate tra ragazze, le famigerate
sparlate dei ragazzi e degli abiti del ballo. Il quale arrivò per la bruna
anche fin troppo presto.
Ron era alquanto nervoso.
Il vestito gli andava a pennello, a parte l’aspetto pinguinesco, ma l’emozione
lo sopraffaceva comunque. Era la prima volta che lui ed Hermione uscivano
insieme come coppia, e probabilmente sarebbe stata anche la serata della grande
rivelazione. Harry era incredibilmente contagioso con la sua strana allegria e
a parte Ron, gli altri ragazzi che aspettavano avevano un sorriso ebete sul
viso. Harry poteva vedere lo sguardo illuminato dell’amico, il suo riassettarsi
ogni particolare per essere perfetto, il suo guardare a intervalli regolari
l’orologio, il leggero rossore sulle orecchie. Il bruno non poteva che
sorridere sotto i baffi e rallegrarsi per quello che il destino aveva loro
progettato. In fondo ora lui poteva godersi un po’ di più la sua relazione con
Ginny, senza l’apprensiva ansia del fratello, che ora era decisamente più
distratto di prima. Harry vedeva le ragazze Grifondoro sfilare dalla scala a
chiocciola del loro dormitorio, alcune uscivano sole e al di là del ritratto
della Signora Grassa si intravedevano figure maschili in attesa. Di certo al
quarto anno non aveva potuto capire al meglio, ma ora l’idea del ballo gli sembrava
carina. Non geniale, comunque. Ginny uscì per prima dalla porta, accompagnata
da una radiosa Hermione. Harry ovviamente osservò per prima la sua ragazza, ma
il sorriso dell’amica era davvero abbagliante. E pensare che era tutto merito
di Ron, inaudito. Ron intanto si stava sciogliendo come neve al sole, non
sapeva cosa fare mentre rimaneva abbagliato dallo splendore della sua tanto
agognata ragazza. Forse quella era la volta buona di poter fare tutto alla luce
del sole. Hermione lo guardava sorridente e avanzava senza indugio, anche se a
volte abbassava timidamente lo sguardo. Ma guardateli, sembravano due bambini
alle prime armi. Ginny comparve affianco a Harry e Hermione si accomodò vicino
al suo alquanto tremante cavaliere. Eppure non poteva che essere più contenta,
nonostante la sua stessa ansia per lo spettacolo che avrebbe avuto luogo a
breve.
La Sala era gremita di
gente in ghingheri, ricordava molto il Ballo del Ceppo di due anni prima. Ma
Harry non era così contento ed Hermione così agitata. Certo, in quel momento
stava aspettando di ballare davanti a tutti con Krum, ma quella situazione era
ben più imbarazzante. Far finta di non stare insieme quando tutta la scuola
sapeva benissimo i loro sentimenti reciproci era alquanto arduo. Far finta di essere
quello che erano prima, impacciati, imbarazzanti e fintamente inconsapevoli,
nascondere quello che sapevano tutti e che loro da poco avevano dichiarato.
Eppure, guardando il ragazzo al suo fianco, Hermione non poteva che sorridere.
E le luci delle mille candele le illuminavano il viso. Ma forse non erano le
candele che illuminavano i sorrisi maliziosi dei loro compagni al loro
passaggio. Dean e Seamus si fecero scappare qualche battuta, ma nel complesso
se la stavano cavando alla grande. La bruna sentì un attimo Ron irrigidirsi e
poco più avanti comparve Lavanda accompagnata da un Grifondoro più grande.
Hermione si sentì gelare il sangue ma la sua abilità a mascherare le sue
emozioni la salvò anche questa volta. Peccato che Ron non era bravo quanto lei e
se qualcuno li stava guardando in quel momento poteva leggere sulla sua
espressione quello che stavano cercando di nascondere da un po’ di giorni. Per
fortuna non successe niente di strano, semplicemente fecero finta di ignorarsi.
Ma ad Hermione non sfuggì la sfrecciatina della bionda. Finalmente sistemati
Hermione si staccò dal gruppo per raggiungere la coppia di Serpeverde che
intravedeva dall’altra parte della Sala. Prima di farlo però chiese il consenso
al rosso con lo sguardo. E lui non glielo negò. Radiosa, la bruna poteva
sentirsi felice. Finalmente stava col ragazzo che aspettava da un pezzo, e
forse l’avrebbero mostrato al mondo quella sera, e poteva finalmente salutare i
compagni di ballo anche alla luce del sole. Meglio di così. Ad un certo punto
le luci si abbassarono e la ragazza capì che era il turno dei ballerini della
quadriglia. Aveva visto le prove milioni di volte ma la prima era sempre
emozionante. Anche per chi, come lei in questo caso, stava in disparte ad
assistere allo spettacolo. Ancora non capiva perché Draco avesse provato con
lei e non con Pansy, che stava accompagnando al centro della sala. Li vide
sistemarsi in riga insieme agli altri che si avvicinavano da ogni parte della
stanza. E sentì i suoi piedi muoversi, come per osmosi. No, non erano i suoi
piedi che avevano preso vita senza di lei ma era Ron che la stava trascinando.
Hermione gli lanciò uno sguardo interrogativo ma lui non le diede attenzione
fino a che non la mise in riga insieme alle altre. E dalla sua riga le sorrise
radioso. Pansy al suo fianco gli sorrise complice e si girò verso di lei.
‘Certo che è proprio negato
per la danza.’
Pansy sorrise
all’espressione imbambolata della compagna e la lasciò ai suoi dubbi. Hermione
si girò a fissare Ron. Non era possibile. Semplicemente, no. A lui non piaceva
ballare, anzi, lo detestava. Eppure era lì, in fila, che aspettava che le otto
battute iniziali finissero per cominciare a muoversi. Tutto per lei. Si rese
conto allora che Draco aveva ballato con lei perché Ron ballava con Pansy, di
nascosto. Hermione non poteva pensare allo sforzo che il rosso aveva dovuto
fare, uno, per imparare a ballare, due, per accettare lezioni da Pansy. Doveva
essere stato veramente arduo. Ma lui sorrideva impacciato, sapendo che lei
stava pensando quelle cose. Hermione guardò per una frazione di secondo Harry e
Ginny in fondo alla sala. Dall’espressione del bruno capì che era la sola a non
saperne niente. Guardò finalmente complice Ron e gli sorrise apertamente. Da
quel gesto ormai si poteva capire benissimo la loro reale situazione. E quando
la musica infine iniziò e sentì le braccia di lui stringerle la vita, non capì
più niente. Non si rese nemmeno conto di come ballavano bene insieme, senza
aver provato neanche una volta. Lui la faceva volteggiare senza problemi, a
parte il sorriso beota che non gli andava più via dalla faccia. Probabilmente
il giorno dopo sulla Gazzetta del Profeta si sarebbe letto di uno scandaloso
omicidio in una delle stanze del dormitorio femminile di Grifondoro ad Hogwarts,
ma non le importava. Basta fingere. Basta sotterfugi. Basta con la non
chiarezza. Per i loro dubbi avevano già sprecato un sacco di tempo con delle
stupide angosce, al posto delle coccole e dei momenti spensierati. La sua mano
calda nella sua era l’unica cosa che la teneva ancorata al mondo reale. Ron
intanto si sentiva un idiota vestito da pinguino. Prendere lezioni da Pansy era
stato traumatico, ma mai quanto chiederglielo. Ballare era veramente terribile,
ma il sorriso di Hermione valeva tutta quella pena. Lo guardava trasognata e
ancora incredula, nonostante i suoi piedi ballassero senza un collegamento
nervoso alla testa, e le sue braccia sulle spalle. Adorava tutto di lei, forse
l’idea di quella sorpresa era stata l’unica cosa davvero riuscita della sua
vita. Persino sua sorella non si era fatta sfuggire niente. Ecco, quelle erano
le ultime note della canzone. Il sogno stava finendo. E a breve ci sarebbe
stato il suo saggio. Hermione pensò che tutto sarebbe tornato come prima dopo
quello strano interludio. No, non proprio tutto. Lui le si era fermato davanti
per l’inchino. E lei, veloce e silenziosa, le si era buttata al collo,
baciandolo davanti a tutti.
Fine