Sul letto di Josh
c’è un groviglio di braccia e
gambe che si muove convulsamente e, all’aprirsi della porta,
si ferma. Poi vedo
una chioma bionda che cerca disperatamente di nascondersi.
Da sotto le lenzuola spunta la testa di Josh:
“E-Emily! Perché sei tornata prima?”
Chiede
scocciato.
“Avevo una cosa da fare e, a quanto vedo, pure
tu. Ciao, Victoria.”
La figura rimasta “nascosta” fino ad ora si
alza, coprendosi con il lenzuolo fino al seno.
“Beh, vedo che sono di troppo e, evidentemente,
vi ho disturbato, quindi me ne vado. È stato bello,
Josh.”
Mi sorprendo della mia calma innaturale.
“Em! Ems! Aspetta!”
Sento Josh che grida mentre scendo le scale. Mi
raggiunge nell’ingresso e dice:
“Ems! Ti prego, ascoltami! Fammi spiegare!”
Faccio un cenno come a dire ‘sto ascoltando’.
“Ecco... è solo che... che io non ce la
faccio!”
“Non ce la fai?”
“No! Questo - accenna alla mia pancia - è
assurdo! È troppo! Cazzo, ho solo diciotto anni!”
“E io? Io ne ho sedici! SEDICI! Vado via meno di
una settimana, torno e ti trovo a scoparti quella troia!”
“MA IO VOLEVO! OK? VOLEVO E BASTA! A DICIOTTO
ANNI HO BISOGNO DI SCOPARE! Se solo l’avessimo fatto
più di una volta...”
“Quindi è questo il punto? Il sesso? Se avessimo
fatto sesso più di una volta, allora non mi avresti
tradito?! È questo che vuoi
dire?”
“No...” Ribatte debolmente.
“Credevo che fossimo più che solo
sesso.” Dico
con tono sconsolato e disgustato.
Faccio per andarmene, quando Josh mi afferra il
braccio:
“Ti prego...”
“NO! Farò tutto da sola come ho sempre
fatto!”
“Ems...”
“Terrò questo bambino e lo crescerò con
o senza
il tuo aiuto!”
Metto la mano sul pomello e sento un’ultima
supplica:
“Non andare...”
Faccio un respiro profondo e dico, lanciandogli
la foto dell’ecografia:
“E tieni. È un maschio!”
Sbatto la porta e mi avvio verso casa. Cammino
così velocemente e sbattendo i piedi così forte
che mi è venuto mal di testa.
Come ha potuto fare una cosa simile?
Non riesco a crederci.
Adesso che avevo deciso di tenere il bambino.
Ma non importa.
Farò lo stesso quello che mi pare.
Stronzo.
A casa non c’è ancora nessuno, quindi decido di
svuotare la valigia per tenere la mente occupata.
Effettivamente funziona perché sono così
concentrata su dove mettere i vestiti che quasi non sento il cellulare
che
suona.
“Pronto?”
“Hey! Come va
New Yorker?”
“A casa, Will.”
“Perché sei già tornata?”
“Non voglio parlarne al telefono.”
“Senti, io sono ancora a casa dei miei. Se
vuoi...”
“Per favore.”
“Sto arrivando.”
“Grazie.”
Metto le ultime tre magliette nell’armadio e mi
siedo sul letto con il telefono tra le mani. Will arriva dopo meno di
dieci
minuti. Non apro neanche la porta che mi stritola in un abbraccio. Non
oppongo
resistenza. La rabbia ha lasciato posto all’avvilimento.
Salgo al piano di sopra strusciando i piedi con
Will alle calcagna e vado dritta in camera. Mi accascio sul letto e lui
fa lo
stesso.
“Non avevo mai visto la tua camera.”
Non rispondo.
“Ems, mi parlerai prima o poi?”
Le lacrime prendono il controllo e, silenziose,
cominciano a rigarmi il viso. Will mi stringe e mi culla un
po’ tra le sue
enormi braccia. Le lacrime si trasformano in singhiozzi.
“Shhh! Andrà tutto bene...”
“No, non
è vero! Josh è uno stronzo. Io vado a New York
per quattro giorni, torno e lo
trovo a scopare con la prima zoccoletta che passa!”
Ho il mascara scolato che mi fa sembrare un
panda, il naso rosso come un clown e la faccia color porpora
perché non faccio
altro che sfregarla per asciugare le lacrime, normalmente mi
vergognerei da
morire di tutto questo, ma con non ci riesco. Non riesco a fare niente
se non
piangere, io non piango mai.
Poi, improvvisamente, riesco a riconoscere
chiaramente un calcio.
Le lacrime si bloccano istantaneamente.
Will, che aveva una mano sulla mia pancia,
strabuzza gli occhi. Ci guardiamo come per controllare se entrambi
abbiamo
sentito bene. Evidentemente sì.
Il mio amico mi passa un dito sulla guancia e
dice:
“Visto? Il bimbo non vuole che la sua mamma sia
triste, anche se il papà l’ha fatta
soffrire.”
Annuisco e, in quel momento, altre lacrime, ma
di natura completamente diversa, cominciano a bagnarmi la faccia.
“Will io lo tengo. Io tengo il bambino.” Dico
mentre tiro su con il naso.
Un’espressione di gioia si dipinge sulla faccia
del mio interlocutore.
“Ems, ma è fantastico!” Esclama,
stritolandomi
in un altro abbraccio.
Quando mi lascia andare, poggio la testa sulla
sua spalla e, quando mi sono calmata, mi chiede:
“Perché sei tornata prima?”
“Perché sono dovuta andare dalla ginecologa... ah,
è un maschio.”
Will si sposta.
“Scusa, è un maschio e non mi hai detto
niente?!”
“No.” Rispondo con naturalezza.
Scuote la testa e mi abbraccia di nuovo.
*
Will è rimasto con me tutta la serata ed è
rimasto con me mentre dicevo ai miei che volevo tenere il bambino e che
Josh mi
aveva tradito, quindi sarei stata una mamma single, ma che non mi
importa e
bla, bla, bla...
Non l’hanno presa molto bene.
Chelsea mi ha chiamato per sapere com’era andata
dalla ginecologa e le ho detto tutto, dato che aveva capito dal tono
della mia
voce che qualcosa che non andava.
Da quando l’ha saputo, Jen non parla più con
Josh.
Però sono molto contente che tenga il bambino.
Victoria mi guarda con un’aria di soddisfazione
che mi fa venire davvero i nervi. Se non avessi una pancia troppo
grande per
fare qualsiasi cosa le strapperei le ciglia una ad una.
Le ciglia.
Non le sopracciglia.
Le ciglia.
Stronza.
E si permette pure di fare la spiritosa
scrivendomi su Twitter cose come:
“Bacon is bacon
Eggs are eggs
Don’t let a guy between your legs
He says you’re cute
He says you’re fine
Nine months later he says: ‘It’s not
mine!’”*
Maledetta.
Josh, dal canto suo, è diventato praticamente
uno stalker. Passa le sue giornate a tormentarmi con messaggi,
telefonate,
e-mail e mi ha mandato qualcosa come sette mazzi di girasoli e cinque
di rose.
La follia, davvero.
Jack era fuori di sé dall’entusiasmo per la
notizia che sarebbe diventato zio.
Ormai passa tutti i weekend a Castine per starmi
vicino. Che bravo fratello che ho!
Mi sta aiutando più di chiunque altro ad
eccezione di Will, forse.
Oggi, che è sabato, mi accompagnerà a comprare
le cose basilari che servono per tenere a casa un bambino.
Sono davvero emozionata. Anche se è una cosa un
po’ stupida emozionarmi per delle compere del genere e per le
compere in
generale. Mi sento davvero stupida.
In macchina, parliamo del più e del meno e
ridiamo come due idioti. Mi racconta che le lezioni e gli esami vanno
abbastanza bene e che con Amy ha costruito una bellissima relazione.
Poi, come
mi aspettavo, ha cominciato l’argomento
‘Josh’:
“ Continua a tormentarti, vero?”
“Sì, ma riesco a sopportarlo abbastanza
bene.”
“Cosa intendi fare?”
“Non lo so.”
“Ho una sorella davvero coraggiosa.” Dice
compiaciuto.
Sorrido.
“È vero! Hai sedici anni e stai per diventare
mamma.”
“Non sono così coraggiosa.”
“Invece sì. Ho deciso così e non si
discute.”
“Come vuoi.”
Intanto abbiamo parcheggiato e Jack ha fatto il
giro della macchina per aiutarmi ad alzarmi.
Devo comprare anche una gru.
Il negozio è enorme. Ci sono una miriade di modelli
di culle, cassettoni e passeggini; subito dietro, ci sono scaffali
pieni di
vestiti in miniatura e ai lati biberon, pannolini e ciucci di tutti i
tipi.
Ogni cosa ha un colore pastello così chiaro.
Mi è venuto mal di testa.
Mentre io rimango imbambolata a guardare il
negozio, Jack si è diretto verso una commessa con i capelli
neri che sembra non
sembra molto più grande di me.
“Ciao, possiamo chiedere a te?” Chiede sicuro
mio fratello.
“Certo! Come posso aiutarvi?” Risponde gioiosa.
“Ecco ci serve... praticamente tutto!”
La commessa sposta lo sguardo su di me. Sorride
e dice:
“Anche tu ci sei cascata, eh?”
“S-scusa?”
“Aspetta qui un secondo.” Dice andandosene.
Io e mio fratello ci scambiamo uno sguardo
confuso. La ragazza torna dopo due minuti con in braccio un fagottino.
Si ferma davanti a
noi, mi tende la mano e si
presenta:
“Ciao, io sono Erin e questa è Brooke, mia
figlia. Brooke saluta...”
“...Emily.” Dico, stringendole la mano.
“Quindi anche tu ci sei cascata.”
“Sì.”
“A che punto stai?”
“Ho quasi finito il sesto mese.”
“Quindi sai già se è maschio o
femmina...?”
“È un maschio.”
C’è un momento di silenzio imbarazzante, poi,
riprendo:
“E lei quando ha?”
“Brooke ha nove mesi. Se non sono indiscreta, tu
quanti anni hai?”
“Sedici, tu?”
“Diciotto appena fatti.” Risponde con una punta
d’orgoglio nella voce.
Jack si schiarisce la voce.
“Ehm... giusto, andiamo a cercare qualcosa per
il piccolo.”
*
Usciamo dal negozio due ore dopo,
io con cinque
buste enormi e Jack con tre scatole giganti.
Io ed Erin abbiamo parlato tantissimo e mi ha
dato il suo numero, dicendomi di chiamarla per qualsiasi cosa.
Trovare una persona che capisce davvero tutto
quello che sto passando è incredibile.
*"Il
bacon è bacon,
le uova sono uova,
Non lasciar arrivare un ragazzo tra le gambe.
Ti dice che sei carina,
ti dice che vai bene,
nove mesi dopo dice: "Non è mio!"
Eccomi
dopo un bel po'!
Scusate, ma ho avuto qualche problema con la linea! Ora è
tutto ok. =)
Grazie per la pazienza! Aggiornerò prima possibile^^
P.S.: D'ora
in poi risponderò alle recensioni alla fine di ogni
capitolo! Quindi recensite,
recensite, recensiteeee! =D
@Jora
Sana: Sìììì!
Evviva le decisioni sagge xD!
@sTar___:
Sì, non ti preoccupare, ci saranno risvolti
interessanti^^!
@Ivola: Eh
sì, Will è proprio bravo! Sono contenta che ti
piaccia!
@Scoutina:
Già, povera! A presto=)
@Asya89: Grazie
sia per i complimenti che per le critiche costruttive^^!
@margii_pazzoide_chan:
Certo che puoi chiamarmi Gevie^^!
Sono contenta che ti piaccia =)
@binca:
Grazieeee! =)
@erikuzzola:
Hey! Sono contenta che abbia trovato la storia
e che ti piaccia^^!
Grazie
alle 37
seguite, 12
preferite e 5
ricordate.
Grazie anche ai 4
che mi hanno messo tra gli autori preferiti!
Un grazie molto speciale a:
Diana e Giulia le mie più assidue lettrici =)
Mi state spingendo a continuare a scrivere :D
Vi voglio bene.
Geneviève ♥