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Autore: Kurtofsky    06/04/2011    2 recensioni
Era iniziato tutto con una semplice chiamata anonima.
“ Tuo figlio è gay.”, quattro parole seguite da delle risate di scherno… poi il silenzio della comunicazione che veniva chiusa.
Inizialmente aveva catalogato tutto come uno scherzo di pessimo gusto: uno scherzo da ignorare senza neanche interpellare suo figlio.
Già. Solo uno scherzo.
Si ricordava di averlo pensato anche alle successive chiamate. Erano simili alla prima ma spesso venivano usati epiteti offensivi, come ‘frocio’ e ‘finocchio’, sempre rivolti al figlio.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Dave Karofsky
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Not a Bad Joke
Fandom: Glee
Personaggi: Dave Karofsky, Paul Karofsky
Genere: Introspettivo, Fluff
Rating: Verde
Avvertimenti: OneShot, What if? (E se…)
Conteggio Parole: 1163 (FiumiDiParole)
Note: 1. Dedicata al mio adorato orsacchiottone<3 perché a me questa fic fa schifo ma a lui è piaciuta ç///ç
2. Non conosco il carattere di Paul, ma questa è la mia visione di lui<3
3. Niente beta ç_ç


{ Not a Bad Joke ~



Era iniziato tutto con una semplice chiamata anonima.
“ Tuo figlio è gay.”, quattro parole seguite da delle risate di scherno… poi il silenzio della comunicazione che veniva chiusa.
Inizialmente aveva catalogato tutto come uno scherzo di pessimo gusto: uno scherzo da ignorare senza neanche interpellare suo figlio.
Già. Solo uno scherzo.
Si ricordava di averlo pensato anche alle successive chiamate. Erano simili alla prima ma spesso venivano usati epiteti offensivi, come ‘frocio’ e ‘finocchio’, sempre rivolti al figlio.
Uno scherzo.”, continuava a ripetersi quando riagganciava il telefono. Non voleva neanche prendere lontanamente in considerazione l’ipotesi che il suo unico figlio potesse essere gay ma, dentro di sé - senza che potesse anche solo rendersene conto o impedirlo - si era fatto avanti l’infimo tarlo del dubbio.
Paul Karofsky era sempre stato orgoglioso del suo David. Era sempre stato un ragazzo abbastanza intelligente – non un genio, certo, ma portava a casa voti più che sufficienti -, educato e bravo negli sport.
Crescendo però, suo figlio era cambiato. Era stato un cambiamento lento eppure radicale.
David si era fatto nervoso e violento – nonostante l’hockey e il football non era mai stato un ragazzo cattivo -, rispondeva male ed anche i suoi voti ne avevano risentito.
Ma Paul aveva cercato di essere cieco a tutto quello, e solo quando era stato convocato a scuola dalla nuova preside era stato costretto a guardare in faccia alla realtà ed accettare che suo figlio non era più lo stesso.
Sembrava arrabbiato con il mondo e soprattutto con quel povero ragazzo che aveva minacciato. Era riuscito a non farlo espellere, ma suo figlio non aveva accennato a dimostrare di essere pentito o, almeno, non lo dimostrava con i voti né a scuola.
Anche se avevano sempre avuto un ottimo rapporto, Paul non riusciva più a comprendere il ragazzo… ma aveva ugualmente tentato un approccio. Più volte gli aveva gentilmente chiesto spiegazioni, ma David se ne andava, rinchiudendosi in camera sbattendo forte la porta.
Aveva provato addirittura a punirlo, impedendogli di utilizzare la X-box e le altre console, ma il ragazzo non era aveva aperto bocca.
Non parlava più con lui, e anche se i voti a scuola erano tornati ad essere a malapena sufficienti, Paul sentiva che si era formata una spaccatura nel suo rapporto con il figlio.
Poteva solo restargli vicino e solo una volta riuscì a rivedere in David il ragazzo che aveva cresciuto, quando con un bellissimo sorriso genuino gli aveva raccontato della finale di campionato e di avesse ballato con il Glee Club dello show di metà tempo.
L’aveva visto davvero felice quel giorno ma non era cambiato niente.
David si ancora una volta rinchiuso in sé e Paul aveva iniziato a ricevere quelle chiamate.
Scherzi, solo stupidi scherzi. Ma che lo portavano a pensare.
Perché suo figlio non aveva mai avuto una ragazza – se ne avesse avuta una Paul, in quanto genitore, se ne sarebbe reso conto – e, anche se quella non era una vera e propria prova quel dubbio lo faceva sentire davvero colpevole.
Perché anche se quelle chiamate accusavano suo David di essere ‘un fottuto finocchio’, lui non poteva dubitare.
Non ne aveva alcun diritto e, anche se fosse stato vero… perché suo figlio non ne aveva parlato con lui?
Avevano sempre parlato di tutto – Paul gli aveva fatto anche ‘quel discorso’ una volta –, forse quella spaccatura che si era creata nel loro rapporto padre-figlio era davvero diventata troppo grande…
Che David avesse paura?
Che fosse scaturita da quello la sua violenza, rivolta soprattutto su quel ragazzo omosessuale che frequentava la sua scuola?
Non poteva saperlo, ma all’ennesima chiamata – ricevuta per la prima volta in presenza di suo figlio – non poté fare a meno di guardarlo, e riferirgli quanto gli era stato detto.
“ David. Devo parlarti.”, aveva cercato di tenere la voce calma, non era arrabbiato ma solo preoccupato – e forse deluso.
Con un cenno, invitò il ragazzo a sedersi al tavolo della cucina. Lo osservò rivolgere gli occhi al cielo, ma ubbidire a quell’invito.
“ La chiamata che ho appena ricevuto ti riguardava.”
Non sono stato io.”, tagliò corto David, come a volersi difendere.
“ La persona che mi ha chiamato…”, esordì con voce ferma, decidendo che sarebbe stato diretto come sempre. “ Mi ha detto che sei gay.
Quel giorno avevano usato un altro epiteto poco gentile, ma era sempre quello il significato.
Lo osservò sbiancare ed abbassare per qualche istante lo sguardo.
Conosceva quell’atteggiamento – era suo figlio in fondo – e quella fu solo la conferma dei suoi dubbi. Quando David rialzò gli occhi su di lui, però, sembrava arrabbiato – cercava ancora una volta di difendersi.
“ Stronzate! Chi è stato?”
“ Era una chiamata anonima, ma David…”
“ Deve essere stato quel bastardo di Scott!”, sbottò il ragazzo, alzandosi e stringendo i pugni.
“ Siediti.”, ordinò Paul con voce calma.
Lo ammazzo!
David! Siediti!”, esclamò con tono più deciso, riuscendo ad attirare almeno su di sé l’attenzione del figlio. “ Non era la prima. Va avanti da un po’ di tempo.”
Quell’affermazione stupì il ragazzo.
“ C-come?”
“ Ho ricevuto altre chiamate come quella.”
“ E non…”
“ Non ho detto niente.”, completò Paul, ritrovando la calma. “ Ma non sono l’unico a non aver parlato, o sbaglio?”, lo guardò serio e, ancora una volta, David cercò di fuggire al suo sguardo.
Non sono un finocchio!”, borbottò.
“ David, sono tuo padre.”
“ Che vuoi che ti dica? Che sono un fottuto frocio?”, esclamò il ragazzo, sbattendo le mani sul tavolo, ma Paul non si scompose, restando seduto senza distogliere lo sguardo dal volto del figlio.
Quell’atteggiamento per lui era solo una conferma ai suoi dubbi.
È una parola offensiva.
“ Ma… non lo sono!”, sibilò David, guardandolo negli occhi, mordendosi poi le labbra ed abbassando istintivamente lo sguardo.
“ Vuoi convincere me o te stesso?”, domandò comprensivo Paul, alzandosi per avvicinarsi al figlio.
Questo restò in silenzio e, quando la mano del padre si posò sulla sua spalla, si costrinse a guardarlo.
“ Non sei… incazzato?
Lo sguardo che gli rivolse era preoccupato e spaventato e lì Paul comprese quanto suo figlio avesse sofferto per quella situazione.
Deluso.”, svelò. “ Perché non pensavo che tu fossi in grado di nascondermi una cosa simile.”
David strinse le labbra.
“ Pensavo di venire buttato fuori di casa.”, mormorò.
“ Forse sarebbe accaduto qualche mese fa.”, ammise Paul. “ Ma ho pensato molto… e sei mio figlio.”
Non poteva dire di essere felice, ma David era pur sempre sul figlio.
Quello che aveva cresciuto e che, con i voti a scuola, con l’educazione e i risultati nello sport, l’aveva sempre reso orgoglioso.
Era suo figlio e non l’avrebbe mai potuto odiare.
Era vero che forse, qualche mese prima, l’avrebbe cacciato di casa ma era altrettanto convinto che, dopo aver pensato e ragionato – come aveva fatto – l’avrebbe riaccolto a braccia aperte.
In quel momento gli importava solo eliminare quella frattura che si era creata nel suo rapporto con David, e se accettare la sua omosessualità era il modo giusto per farlo non avrebbe avuto esitazioni.
La sua risposta lasciò senza parole suo figlio poi, cercando un abbraccio – che rifiutava da mesi ormai – si lasciò andare ad un sospiro sollevato.
Grazie papà.




Note Finali
Allora, le chiamate nella fic, Paul le riceve dai tipi della squadra di hockey (Scott, quello nominato da Dave). E è ambientata dopo la finale.
Nella mia testa erano incazzati per non aver potuto prendere per il culo il Club di Football davanti ad una sconfitta e se la sono presi con Dave XD lo so: sono folle!
   
 
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