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Autore: Thilwen    29/01/2006    16 recensioni
“Tre colpi contro il legno della porta, nessuna insicurezza.
Lui era lì, ammantato della sua ignavia, lo sguardo affascinante di cattivo per sbaglio, il volto pallido dalla paura…”.
Genere: Romantico, Triste, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa | Coppie: Draco/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un re senza corona e senza scorta…

 

Disclaimer: I diritti di Harry Potter appartengono a JKRowling, alla Warner Bros, alla Wizard a non so quanta altra gente, e tutti questi ne traggono un certo ( o davvero notevole) guadagno. Io, piccola, insignificante mezza- scrittrice siciliana, non ne ricavo neanche un centesimo, il mio è puro e semplice esercizio di stile, puro e semplice divertimento, puro ed incomprensibile momento di sfogo. Ognuno ha le sue.

 

 La Canzone di Marinella, da me utilizzata per questo mio infimo lavoro, è uno dei capolavori del grande Fabrizio De Andrè.

 

Titolo: Un re senza corona e senza scorta…

 

Autrice: Thilwen

 

Beta-reader: mise_keith

 

Note: Questa fanfiction è stata, come ho detto, scritta basandomi sulla stupenda canzone di De Andrè “La Canzone di Marinella”, e, vista l’ispirazione, è stata riscritta in chiave poetica e molto metaforica. Sappiate quindi leggere fra le righe e mettere, almeno per soli cinque minuti, a tacere la ragione. Per certe cose (la poesia fra queste) è prettamente inutile.

Modificata il 13-03-2006

 

Ringraziamenti: A De Andrè per la sua genialità. A Chiara (mise_keith) per troppi motivi da elencare.

 

Dediche:

Agli amori caduti ed a quelli mai sbocciati.

Ed a quelli uccisi dallo stesso amore.

 

 

 

Un re senza corona e senza scorta…

Di Thilwen

 

 

Questa di Marinella è la storia vera

che scivolò nel fiume a primavera

ma il vento che la vide così bella

dal fiume la portò sopra una stella

 

Come se fossi un paroliere, un cantastorie, un poeta muto senza versi, vi racconterò una storia, una favola di fiori ed odori, di sapori sulla pelle, d’innocenza e consapevolezza, d’erba sporca di sangue, di terra bagnata di pianti.

Vi racconterò di una bambina adulta, del suo sorriso contro il cielo, della sua ingenuità, della sua voglia di vita, di corse, di vento, di sensazioni.

Di dolori contro l’anima.

Di risate contro il cuore.

Perché la sua voglia di crescere, che tutti si erano illusi di non notare, era vivida, nascosta fra gli stracci sempre un po’ troppo larghi dei suoi vestiti, di quelle cotte scambiate per amore, di quelle bugie senza riserve all’azzurro di uno sguardo.

Innalzerò un’elegia alla sua età rapita, all’amore dirompente che l’ha rubata alla vita.

Scriverò nella notte la sua storia, raccontandola alle stelle ed alla luna, testimone silenzioso della sua sciagura.

 

Sola senza il ricordo di un dolore

vivevi senza il sogno di un amore

ma un re senza corona e senza scorta

bussò tre volte un giorno alla tua porta

 

Eri felice, o forse lo sembravi soltanto.

La vita, il mondo, tutto, pareva scivolarti addosso, come una carezza accennata, priva d’importanza.

Dei tuoi stordimenti d’amore ne erano consapevoli le pagine del tuo diario, come il tuo cuore sapeva quanto di vago vi era. Solo rincorse di una ragazzina per acciuffare un sogno, solo sospiri troppo lunghi, troppo prolungati.

E quello che sembrava amore era nulla, polvere e cenere al respiro del vento. Facile da disperdersi laddove le farfalle muoiono al freddo della notte.

E quello che sembrava odio, incontrastato ed incontrastabile, forte come l’urlo della disperazione, era amore.

Amore nel pomeriggio che volge a notte, quando sola in casa attendevi il ritorno di qualcuno. Tre colpi contro il legno della porta, nessuna insicurezza.

Lui era lì, ammantato della sua ignavia, lo sguardo affascinante del cattivo per sbaglio, il volto pallido dalla paura.

Cosa successe dopo è rimasto nel tuo cuore, un segreto taciuto al tuo animo, un colpo troppo devastante alla tua piccola vita.

Lui era lì, Malfoy figlio di Malfoy, privo del suo nome e della sua identità, solo contro la tua debole voglia di vita, travestito da principe azzurro delle favole, incatenato alla sua paura di essere ciò che non era.

Lì, senza il regno che aveva sognato e temuto.

Bussò a quella porta ed in un fiato il destino tirò contro la parete del tuo cuore i dadi della tua vita.

*

Egli era fuggito accecato da qualcosa che ti avrebbe condannato. L’argento della sua maschera giaceva dimenticato nelle sue mani ed il suo sguardo chiaro era limpido come una notte d’agosto. Il rosso del tramonto bagnava il suo mantello, mentre flautava fra le labbra poche parole, poche frasi.

Ti scostasti dall’uscio. Lo accompagnasti nella tua casa, senza aggiungere altro.

Lo accompagnasti dentro la tua anima.

O semplicemente t’abbandonasti a lui, senza motivo, senza ragione, senza bisogno d’altro.

O forse ci sono segreti taciuti anche alle pagine piante dei tuoi diari, racconti lontani di sofferenze e sospiri silenziosi.

Quando tua madre tornò, non trovò nessuno.

Poche righe, senza spiegazioni.

Fuggisti via, inseguendo un sogno, un amore, una notte.

Non c’era motivo alla tua follia.

Ma non ci sarebbe stata ragione a non permetterti di compierla.

*

Il sole rubò il sapore del vostro bacio disperato contro la porta di casa. Osservò le lacrime sulla pelle, la pelle sulle lacrime, la decisione attraversare i tuoi occhi al suo tocco contro i capelli.

Sentì poche parole, una speranza, un’illusione, una chimera indomabile da cavalcare.

Un sorriso sul volto di lui. Il disperato bisogno d’amore che spinge la gente a cercarsi e nascondersi, gli uni negli altri.

Con i suoi ultimi raggi il sole spinse la tua corsa al nulla, il tuo abbraccio alla rovina, la mano stretta al fuoco. Le ombre degli alberi contro le ombre della vita.

La luna t’osservò piena del suo plenilunio, t’accompagnò con il suo argento in un angolo di mondo dove lasciar raccontare al tuo corpo ciò che le parole non poterono dire.

Egli ti nascose lì e ti raccontò di paesi e tesori lontani, t’ammaliò nella tua fanciullesca stupidità, raccolse mille fiori da intrecciarti fra i capelli.

Poi fu solo certezza, nel sapore del miele sulla lingua, nell’audace necessità degli esseri umani, nella ricerca di un posto dove sentirsi vivi.

Un tocco senza parole.

Un volersi possedere a vicenda, voler sconfinare l’io e cadere nell’atto di egoismo e generosità più grande al mondo.

L’amore.

 

Furono baci e furono sorrisi

poi furono soltanto i fiordalisi

che videro con gli occhi delle stelle

fremere al vento e ai baci la tua pelle

 

La notte e la luna malvagia ed infingarda, spiarono da una fessura di buio le carezze della vostra pelle, le lunghe scie di baci sopra i baci, i tocchi intimi degli amanti contro al fremito della vita.

Tocchi di anime e di respiri, lingue di fiamme contro lingue di gelo, occhi a scrutare occhi, dita a scrivere dentro l’anima le impronunciabili promesse d’amore, le mani fra le mani e contro al cuore.

Fianchi a scivolare sui fianchi, peso a bloccare peso, spinte contro il vuoto, vuoto contro il tutto, sussurri in grida al cielo trapunto di mille luci, luci ad accecare di buio fra gli ansimi smorzati, nel desiderio annebbiante e freddo.

Fuoco contro ghiaccio.

Rosso nell’oro, fiumi di sangue su fiumi di latte, bruma nei colori dell’alba.

Poi solo il silenzio ad ascoltare il silenzio, sorrisi labbra su labbra, respiri di respiri.

Placida e serena calma.

Il dolce sapore dell’illusione ottenebrava il tuo primo sonno d’amore, impastava la tua bocca piena di baci, il tuo ventre gravido di frasi d’amore.

Ma la verità ti attendeva lì, la falce alla spalla, il sorriso della vittoria ad incavare la sua maschera di nulla.

 

Dicono poi che mentre ritornavi

nel fiume chissà come scivolavi

e lui che non ti volle creder morta

bussò cent'anni ancora alla tua porta

 

Il resto è sfuggito in mille racconti, in mille sospiri, urla disconnesse di dolore, incredulità, incapacità.

Qualcuno irruppe nel tuo sogno, nella tua coraggiosa scelta.

Qualcuno seguì i tuoi passi al sole, la tua svagata scia d’amore contro il mattino.

Costeggiavi il fiume della felicità, senza aver paura di scivolarvi dentro, ingenua nel tuo amore acerbo.

Troppi nemici aveva lui e la sua fuga incerta li condusse da te, nel tuo nido d’amore e promesse, fra i fiori dei tuoi racconti, nel tuo sorriso vermiglio nascosto all’ombra di una sciarpa.

Un attimo, forse di meno.

 La consapevolezza non ti raggiunse, mentre fra le acque della tua gioia turbinavano mille correnti di sangue, mille colori a stuprare la bicromia di un disegno a due mani.

Egli, da lontano, in un lampo ed un urlo, ti vide scivolare in quel fiume senza foce, senza forza, mentre il mattino si chiudeva di nuvole ed il sole, addolorato, scostava i suoi raggi dal mondo.

E se potessi descrivere con le parole il dolore di chi vede il proprio amore distrutto dall’amore, allora mi riterrei poeta fra i poeti, capace di elevare il canto della sofferenza umana oltre il cielo.

Ma tacerò su questo, chiudendomi nella mia inesperienza.

Sappiate che, incapace d’accettare, divorato alla vista del fiume rosso sul tuo rosso, egli corse via a ricercarti nei mille angoli del mondo dove potevi esserti nascosta, bussando contro ogni porta che poteva dividerti da lui, finché il sangue non bagnava a fiotti le sue dita e le schegge non lo rendevano incapace di riaprire il pugno.

Infine si distrusse, in una lenta e struggente agonia, bestemmiando la vita ed invocando la pietà del cielo, urlando alle stelle il tuo nome, l’unica preghiera capace d’elevare.

 

Questa è la tua canzone Marinella

che sei volata in cielo su una stella

e come tutte le più belle cose

vivesti solo un giorno, come le rose.

(La Canzone di Marinella- Fabrizio De Andrè)

 

Quel giorno il vento s’innalzò richiamando il mondo sullo scempio del tuo corpo di bambina, appena donna, la tua bellezza resa perenne dalla morte, poiché al tempo era stato negato il diritto di sciuparla.

Concludo qui il mio canto, la mia elegia sussurrata alla notte, ora che gli anni sono passati e la vita ha rincorso anche i miei tempi.

Io, nel mio dolore disperato di fratello, il minore fra i tuoi fratelli, ho racchiuso in un inno sconvolto la tua storia, deciso a darti il tributo che la rabbia e la sofferenza non mi hanno mai permesso di sillabare al cuore.

Tu ricorresti il tuo amore ed inciampasti nella vita.

Egli morì nella solitudine dei pazzi ai quali non è concessa la grazia.

Ed a me non resta altro che ricordarti, in questa notte dove l’argento e l’oro sfidano il buio.

 

 

……Un re senza corona e senza scorta … …Thilwen……

 

  
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