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Autore: Violet Lestrange    29/01/2006    0 recensioni
E se chiedessi perdono per i miei peccati? E se diventassi universalmente diverso? Tragicamente me stesso? Se decidessi finalmente qual è il mio destino?
( Prima fanfiction, qui. Era da tanto che non ne mettevo su una ma la voglia, dopo aver letto HP6 è stata tanta.. così, ci riprovo! :) )
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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« Come fai a raccogliere le fila di una vecchia vita? Come fai ad andare avanti quando nel tuo cuore cominci a capire che non si può tornare indietro? Ci sono cose che il tempo non può accomodare, ferite talmente profonde che lasciano un segno. »

»

 

Giaceva lì a petto nudo, illuminato solamente dai raggi pallidi di una Luna ormai stanca. L’alba, aveva sperato di non rivederla quella sera, come se niente potesse risollevarlo dal sapere di aver sbagliato. Capelli stropicciati, occhi rigidi dal freddo invernale e parole abbandonate sulle labbra per tentare di inventare scuse. Dormiva, in quella strana posizione fetale che si assume quando si sognano cose che escono dall’ordinario, che ci aiutano a vivere.

Draco Malfoy si rigirò sul prato di erba gelata, il petto nudo libero a sopportare l’azione del vento gelido mentre nello sfondo un’Hogwarts oramai spezzata pareva difendere le proprie mura con stelle filanti verdi e rosse.

« Draco, svegliati. » una voce, alle sue spalle l’aveva fatto rabbrividire ed aprire gli occhi grigi. Tutto ma non quello, non adesso lo scontro finale. Non ora decidere come doveva andare a finire quella storia « Alzati. » autoritaria, la voce, si fece sentire di nuovo, Draco si rigirò sulla schiena guardando ora verso dove prima mostrava le spalle forti e ben scolpite di uomo, una sagoma sottile stava in penombra su una porta semiaperta. In silenzio. Non c’era più Hogwarts, davanti a lui, con le sue pareti calde. « Dove sono? » domandò, voltando gli occhi versi il cielo: grigio, sembrava mandare bagliori in lontananza, lì aveva visto la sua Scuola combattere ancora per sopravvivere, la stessa scuola che lui aveva aiutato a distruggere.

« A Londra, Draco. » la voce si raddolcì, l’autorevolezza caduta dalle braccia che vedeva ora pendere sui fianchi della figura: la immaginava donna, con fianchi stretti e lunghe gambe di seta. Oh, com’era bella. Malfoy sospirò, lasciando che le proprie guance si gonfiassero, che l’odore dell’erba prendesse il sopravvento: quello non cambia mai, da nessuna parte. L’erba è sempre la stessa, sempre con il suo profumo confortevole e dolce, sempre con le sue mille mani pronte a toccarti. « A dire il vero a circa cinquanta chilometri da Londra, ma non penso che a te interessi, vero? »

Era stato proprio quello a renderlo consapevole di chi si trovasse davanti, il piglio ironico e forse cinico, le labbra dolci ma taglienti come i coltelli più affilati. Così, solo a quel punto, fece forza sulle braccia per sollevarsi in piedi. Oh, sì era Bella. La sua mente ripeteva quel commento con una velocità impressionante, ripetendolo in svariate maniere e confondendolo con i pensieri che gli  premevano le tempie e stringevano lo stomaco. Calò il silenzio, mentre finalmente prendeva a muoversi verso la porta, i muscoli irrigiditi dal freddo che facevano risaltare ancora di più la forma snella eppure virile, i pantaloni neri incollati a gambe sottili ed agili. Nella destra ancora stretta la bacchetta magica che vibrava delicatamente sotto la presa fredda.

« Skèpsis? » Ora era lui a concederle la propria voce roca dal freddo e stranamente incolore; quel soprannome provocò una strana reazione in lei: la vide irrigidire la schiena e sollevare il mento, in quella penombra dalla quale si apprestava ad uscire raggiungendo la soglia della porta ora totalmente, quasi lo attendesse. La immaginò abbassare lo sguardo per controllare i battiti del cuore ed invece no: la donna sollevò la bacchetta puntandogliela contro.

« No, Panta Rei caro mio. Panta Rei. » un colpo fermo e delicato, non la vide accennare nessun gesto ma anzi, rivoltare il volto verso l’interno. Draco si ritrovò a sollevare automaticamente la bacchetta puntandola verso di Lei che ora sembrava più che il nemico che non qualcuno di cui fidarsi. « Non scorre niente, Skèpsis, nemmeno tu. » sorrise, stringendo la lingua fra i denti, la osservò abbassare la bacchetta ormai tanto vicini da potersi guardare negli occhi.

Bella, come sei bella, bambolina. Un altro pensiero sotto pelle a scuoterlo per un momento. Occhi grandi e dorati lo stavano a guardare con violenza spudorata, quasi on vedessero quel viso da anni o forse da più tempo, lunghi capelli rossi e ricci che ricadevano su spalle ossute strette da un dolcevita verde smeraldo: ed il resto non lo stava nemmeno a guardare, gli bastava osservarne gli occhi per capire.

« Tua madre ti ha detto tutto, vero? »

Lei annuì con veemenza, stritolando la bacchetta ora bassa « Mi manda gufi molto spesso, sai com’è crede che io possa tornare. » scosse la testa con un sospiro che si congelò non appena fuori dalla portata delle labbra « E’ incredibilmente sciocca. »

Erano vicini, troppo vicini, così tanto che lei si scostò dandogli le spalle e rientrando in casa con il passo leggero di chi cerca di non svegliare nessuno, in una casa vuota.

« No, è folle ma spaventosamente forte e soprattutto non ha paura di niente. » la seguì all’interno, pronunciando quelle parole con calma mentre riponeva la bacchetta nella tasca laterale dei pantaloni. La sentì ridere con delicatezza, non più la risata bambina che conosceva ma qualcosa di estremamente adulto a cui doveva solamente abituarsi.

Una volta arrivati all’interno sentì il ghiaccio sul petto sciogliersi per lasciare spazio al tepore del camino che divampava a qualche metro da loro. Non si voltò a guardarla ma si diresse direttamente verso il fuoco. Lei, invece, sembrava dirigersi verso la cucina che si apriva proprio nella stanza affianco a quella. La sentì lavorare fra pentolini e canticchiare sottovoce « I wish I had an angel for one moment of love I wish I had your angel, your Virgin ma.. » per un momento sentì un tremito sulla pelle fredda. La voce di lei si spense congelandosi. « Mia madre è una persona estremamente intelligente. » sbucava ora dalla porta con in mano due tazze fumanti. Cioccolata, ne poteva sentire il profumo tiepido anche da lì, a qualche metro da lei. « ..ma si è lasciata plagiare, ha bruciato la propria vita ad Azkaban rinchiudendo me in una prigione ancor peggiore. Non mi ha vista crescere, e non mi vedrà ora. »

Afferrando la cioccolata, probabilmente erano state quelle parole a gettarlo nello sconforto. Quelle parole a ricordargli cosa lo aspettava. Ho ucciso. Ho ucciso. Sono un.. « no, non sei un assassino. » l’aveva preceduto con una chiarezza incomprensibile. Sollevò gli occhi a guardarla in silenzio. Lei scoppiò in una risata osservando i suoi occhi diventati rossi e la carnagione grigiastra quasi avesse faticato troppo in quell’ultimo periodo o non avesse visto abbastanza il sole. O forse scoppiò a ridere vedendo una lacrima nell’angolo delle sue labbra, irrigidita dal gelo esterno. « Non penso che tu sia un assassino, Draco. Hai solamente fatto ciò che hai ritenuto più giusto, nonostante sia estremamente sbagliato. »

« ..perché? Io avrei potuto scegliere, lui era lì ad implorarmi di andare con Lui. Ed io.. »

La ragazza pose una mano sulla sua tazza di cioccolata intrappolando il fumo dentro la porcellana colorata. Gonfiò le guance assumendo un’espressione estremamente seria mentre s’accomodava al suo fianco, quasi volesse tranquillizzarlo.

« Il nostro grande problema è che noi siamo chiusi dentro questa storia fin dalla nascita, fin dal nostro primo respiro. Draco, noi non abbiamo la possibilità di scegliere è la nostra unica ed eterna costrizione » sospirò, lasciando andare la mano e liberando il fumo che s’intensificò straordinariamente. « Noi ancor più di Harry Potter. »

Draco sembrò sciogliersi, andando a posare la testa contro il muretto del camino. Inspirò il fumo caldo ed il sapore della cioccolata prima di prenderne una sorsata che ne riscaldò il palato e le labbra, eppure a quelle parole di lei aveva commentato con una smorfia.

« Vedi, se i suoi genitori non fossero morti lui sarebbe stato un ragazzino come tutti gli altri. Noi no, noi comunque avremmo ripercorso le orme dei nostri genitori. Noi comunque saremmo costretti a diventare come loro. »

Artigliate lungo la schiena, era quello che sembravano le sue parole e bruciavano il cuore.

Quindi sarebbe stato sempre così? Sarebbe diventato un assassino senza via d’uscita?

La cosa che gli premeva più di tutto era questo.

La vide alzarsi con movimenti coordinati e delicati, d’una dolcezza infinita, fra le mani la tazza completamente vuota.

« Mi lasci Skèpsis? » il respiro era diventato gravido d’agitazione vedendola sollevarsi e guardandola ora lì, davanti a sé, pronta a sparire lungo le scale.

« E’ ora che tu dorma. » rispose semplicemente, prendendo dalle sue mani la tazza per andare a posarla – insieme all’altra – sul tavolo della sala. « Vieni. »

Un ordine semplice ed efficace. Draco s’alzò portandosi in piedi al suo fianco per seguirla ora ch’aveva preso a camminare in direzione del corridoio; elegante ed attenta sembrava voltare di tanto in tanto il capo indietro per controllare che la stesse seguendo o, forse, controllava che non toccasse niente normalmente gelosa di tutto ciò che le apparteneva. Sospirò, prendendo le scale che s’aprivano a destra ed avvertendo il respiro caldo di lui dietro le spalle: cercava di affiancarla per poter vedere, per non sentirsi solo anche in quella circostanza. Ad un tratto si fermò, andando ad aprire la porta di una stanza sulla sinistra.

La porta si aprì su una camera da letto ordinaria, un letto matrimoniale nel centro ben fatto quasi non fosse mai stato utilizzato ed un armadio in un angolo, di quercia scura splendido nella penombra di una candela ch’ora lei faceva accendere usando la bacchetta quasi fosse un accendino ed indicandogli il letto con leggerezza.

« Quello è per te. »

« Per me? »

Annuì sfacciatamente tranquilla con le borse di sonno che solo una giornata senza dormire poteva portare su quel viso giovane e fresco.

La seguì allontanarsi verso la porta e poi girarsi nuovamente con un’espressione fredda ed insistente, stancante quasi. « Non cercarmi, Draco. Non voglio nemmeno che tu possa pensare di venire a cercarmi. »

Aveva buttato lì quella frase, prima di chiudere la porta con la voce che ancora impattava contro il legno duro senza dare tregua ai pensieri che nuovamente assalivano quel ragazzo adagiato sulla coperta alla ricerca di calore.

Draco chiuse gli occhi, mormorando qualcosa a denti stretti: cosa direbbe Rodolphus, se lo sapesse?

 

Nella stanza di fianco, la donna si cambiava in silenzio, le labbra strette fra i denti fermando il dolore del maglio che grattava contro la schiena sfilandolo. Un’espressione criptica quando guardava nello specchio che aveva davanti, sigillando i pensieri dentro la testa quasi temesse che il ragazzo nella camera accanto riuscisse a leggerli come un libro aperto. Si voltò dando le spalle allo specchio ma voltando il capo l’espressione cambiò mostrando la rabbia e la violenza inaudita che in quella schiena brillava trasversale: sangue rappreso vi sostava sopra, disegnato volgarmente; avete mai visto un corpo segnato dal tempo? Avete mai visto cicatrici così profonde da non poter sparire mai?

Avete mai visto una bambina frustata dall’uomo cattivo?

 

  
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