WE ARE VONGOLA!
Quando
Irie ha detto che il Boss è già uscito dall’hangar, mi sono improvvisamente
sentito col cuore in gola.
Saluto
frettolosamente gli Arcobaleno e i miei compagni e mi precipito fuori, al più
vicino passaggio che porta in superficie; corro nei corridoi deserti come se
avessi mia sorella alle calcagna e mi arrampico su per la prima scala che
trovo.
L’aria
fresca del giorno e la luce del Sole che splende nel cielo azzurro mi colpiscono
come uno schiaffo, accidenti! non ero più abituato a tutto
questo!
Rotolo
nell’erba, rialzandomi improvvisamente di scatto e, senza neppure scuotermi i
vestiti dal terriccio e dall’erba, comincio a correre nel bosco, facendomi
strada tra gli alberi che sembrano essere più intricati che mai; o forse è solo
la mia immaginazione che li rende tali.
Non
lo so.
So
solo che se non lo trovo, divento pazzo.
E
mentre corro spasmodicamente, nelle mie orecchie continuano a risuonare gli
spari di quel giorno maledetto.
Scuoto
violentemente la testa, cercando di non pensarci! È stato un mio errore quel
giorno, ma è un errore che non ripeterò più, anche a costo della mia vita: avrei
dovuto insistere e andare io al suo posto, ma quella testaccia dura del Decimo
non ha voluto sentire ragioni.
E
quel giorno, siamo morti tutti con lui.
Ma
adesso… adesso che abbiamo scoperto che in realtà non è mai accaduto nulla di
quello che temevamo, sento come se un peso mi si sia tolto dal cuore, assieme
anche a una certa rabbia: so perché l’ha fatto, ma non posso fare a meno di
sentire un gran dolore mischiarsi al mio sangue e mozzarmi il
respiro.
Maledette
fottute lacrime!
Premo
le dita agli angoli degli occhi per reprimerle, accidenti! Da quando sono
diventato così sentimentale?
Se
mi vedessero ora gli altri, sicuramente scoppierebbero a ridere, soprattutto
quel pazzoide maniaco del baseball e testa di prato, anche se ormai sono passati
anni da quando ci siamo conosciuti e ci siamo appioppati a vicenda questi
stupidi soprannomi.
Forse
il fatto stesso di essere entrato in una Famiglia con cui ho instaurato dei
rapporti così saldi mi ha cambiato senza che me ne sia
accorto…
“Gokudera-kun,
guarda che piangere non è una vergogna.”
La
voce che ho tanto cercato mi risuona gentile nelle orecchie, quasi divertita, e
il mio cuore ha l’ennesimo sobbalzo mentre alzo di scatto la
testa.
“Juudaime…”
sussurro, mentre le lacrime ormai non hanno più freni: davanti a me, fulgido per
il Sole che splende alle sue spalle, vedo la familiare sagoma del
Decimo.
Mi
sorride, poggiato mollemente al tronco dell’albero più vicino, col mantello del
Primo drappeggiato sulle spalle che svolazza al vento fresco di primavera:
stupido Boss!
Lo
grido, lo urlo, ma non posso fare a meno di corrergli incontro e stringergli con
forza le spalle, come ho fatto con il piccolo Tsuna del
passato.
“Sei
uno stupido, Decimo!” urlo con voce stranamente arrochita: “Ti rendi conto di
quello che abbiamo passato?!” lo sbatacchio trattenendo a stento l’impulso di
abbracciarlo, devo scaricare la tensione in qualche
modo.
Lui
mi lascia sfogare, poi, quando entrambi cadiamo a terra, in ginocchio, mi
sorride, con quel suo sguardo gentile che non ha mai perso dopo tutto questo
tempo, ma che ancora ha qualcosa del dame-Tsuna che conobbi ormai dieci anni fa;
alza una mano e me la poggia sulla spalla, allontanando in un istante ogni mia
preoccupazione e ansietà.
“Sono
qui, e non me ne andrò di nuovo.”.
Dice
solo questo ma è più che sufficiente.
Lui
è il nostro Boss, Sawada Tsunayoshi, Vongola Decimo, e va bene
così.
È
tornato e non c’è più nessun pericolo.
Lo
abbraccio, questa volta non mi trattengo più, e lui ricambia la stretta: buffo,
sembriamo due ragazzini, forse lo siamo sempre stati, tutti quanti, cresciuti in
fretta in un mondo che lo pretendeva, eppure in questo momento non mi importa di
nulla.
Mi
basta avere il Decimo ancora vivo con me.
Con
noi.
“Torniamo
dentro, anche il resto della Famiglia vorrà rivederti!” esclamo, tirandolo su
per le braccia e soffermandomi a guardarlo bene, il piccolo Sawada ne ha ancora
di strada da fare!
Ridacchio
e gli cingo le spalle col braccio mentre l’ampio mantello del Primo scivola
sulla mia schiena, ormai è diventato quasi più alto di me: “Rientriamo allora.”
ridacchia, mentre camminiamo lentamente verso l’accesso, “Abbiamo una riunione
di famiglia a cui partecipare.”.
Due
pazzi scatenati per lo sport.
Un
maniaco della disciplina a tutti i livelli.
La
stupida mucca.
La
piccola cinesina.
Mia
sorella.
Haru.
Kyoko.
Chrome.
Certo
che la nostra non è proprio la più tranquilla delle
famiglie.
Ma va bene così: è la mia e ne sono fiero più che mai.
“Siamo i Vongola,” gli sussurro all’orecchio: “Ed è bello riaverti con noi, Decimo.”.