Ci sono cose che succedono e basta, senza un perché, senza una spiegazione valida, sono così e non puoi farci nulla, in quel modo in cui la prof. di matematica ti segnerebbe sbagliata ogni dimostrazione: dev’esserci sempre una motivazione, per loro.
Beatrice l’aveva cercata tante volte, una risposta, ogni volta senza successo.
Perché si sa, questo si che è matematico, nessun ragazzo di vent’anni meriterebbe di morire così, per una coincidenza. Erano queste le parole che le facevano più male: per una coincidenza. 
Matt a quell’ora doveva essere ancora al lavoro, come ogni sabato mattina, non doveva uscire prima. Non doveva prendere la moto alle 10.45 invece che alle 11.
Non doveva e basta, non c’era un perché, nessuno che lei avesse trovato almeno.
Beatrice chiuse gli occhi, lasciò che i ricordi le riempissero ogni spazio disponibile della sua testa e rimase lì ferma per dei minuti, ore forse.
Li riassaporò uno per uno, come faceva ogni volta che provava troppo dolore per riuscire a credere che quella risata non l’avrebbe sentita mai più, cercò di non pensare a tutte le cose che ancora avrebbe voluto dirgli. Quello no, non poteva permetterselo. Lei era forte, lei era Beatrix – Colei che rende felici, o comunque così diceva il suo nome.
Si rialzò, prese la fotografia che teneva sotto il cuscino e la abbracciò quasi fosse un cimelio di inestimabile valore, cosa che per lei era.
Ritraeva tre ragazzi, gli amici di una vita, quel trio alla Harry, Ron e Hermione che chiunque desidererebbe avere.
Matt, il più alto, dai capelli neri e ricci che lei tanto amava e gli occhi verdi; Beatrice, lei, che si era ritrovata tra quei due ragazzi così perfetti, lei che credeva di non meritarselo per niente e infine Andrea, che le faceva battere il cuore ogni volta.
Sembrava tutto così perfetto, troppo per durare. 
Doveva immaginarlo, eppure si era lasciata andare con quei due come mai le era successo prima.
Il trio ridotto a un duo, un lui e una lei troppo distrutti per vivere da soli, ma ancora insieme a combatter contro quella vita che di vita ne aveva tolta loro un pezzo.
Beatrice scese di corsa le scale, non si truccò, non si pettinò, non le importava di cosa pensava la gente, correva e basta.
Oltrepassò il cancello e continuò a correre, quella strada ormai la conosceva fin troppo bene.
Matt era alla fine, niente tombe sfarzose, solo una croce e tanti fiori sopra l’erba che piano piano ricominciava a crescere.
Non era la prima, ci avrebbe scommesso.
Non parlò, non ce n’era bisogno, si sedette accanto ad Andrea e si abbracciarono con quel calore che era l’unico rimedio ad un dolore così grande.
- Perché lui? Perché Bea, dimmelo.
- Non lo so Andrea, credimi, non lo so.. ma noi combatteremo, vero? Combatteremo per lui, contro la vita. Combatteremo insieme e lui ci starà accanto.
Andrea annuì, gli occhi ancora arrossati dal pianto che ormai neanche cercava di nascondere, non a lei. Il sole disegnava ombre strane sul prato della morte e lentamente scese oltre gli alberi.
Si guardarono, le loro mani automaticamente si incrociarono e strinsero, loro c’erano. Erano lì. Combattevano per loro e per Matt, che da solo non poteva più farlo.
Combattevano contro la vita una partita persa in partenza, ma ci son sconfitte che sono sinonimo di vittorie e Beatrice e Andrea le avrebbero rincorse.