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Autore: Ice_DP    12/04/2011    3 recensioni
"L'amicizia fra maschi e femmine non esiste!"
"Ma stai zitto cervello bacato, che non capisci nulla! Io ho un migliore amico maschio dai tempi delle medie!"
"Stai zitto lo dici al tuo babbuino di fiducia! Io ho sempre ragione, cara la mia Caterina."
"Tzè, vedremo, vedremo."
[Si accettano scommesse]
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era solo una lezione di matematica...

"Basta, io non ci capisco nulla!" dissi, al limite dell'esasperazione, lanciando via la matita e la gomma e facendole rotolare sul pavimento.

Un lungo sospiro esasperato venne dal mio fianco. L'ultimo dei tanti.

Il mio migliore amico.

"E' ovvio che se continui a infervorarti come un gorilla in calore non ti verranno mai..." rispose con la pazienza che precede un brusco attacco di nervi che potrebbe lasciare il segno.

"E' inutile, non riesco! E' da due ore che ci proviamo!" protestai con vigore. Se fosse stato in un altro contesto, questa frase avrebbe di sicuro avuto un doppio senso incredibile. Ma ero troppo arrabbiata per pensare a certe cose, in quel momento.

"Venti minuti..." precisò Stefano.

Sbuffai. Odiavo quando era così pignolo. Era tremendamente odioso e irritante. Quasi quanto Justin Bieber.

"Un due c'è sempre di mezzo!".

La mia solita battuta idiota. Ci stava sempre, anche quando era fuori luogo. Tanto non riesco a stare zitta, le cose stupide trovano sempre fiato dalla mia bocca.

Stefano rise. Non capii se fosse per il nervosismo o per la mia innata stupidità, ma rise.

Almeno riuscivo a farlo divertire dopo averlo fatto impazzire con quei dannati algoritmi dai nomi impronunciabili.

A dire il vero non si possono nemmeno vedere. La loro inutilità è incredibilmente palese: quando mai mi servirà sapere che l'incognita x corrisponde a tre volte l'incognita y moltiplicata per z? Quando vado a fare la spesa a comprare i pomodori, a cosa mi serve?!

Fino a dieci so contare, e poi c'è la bilancia che pesa la merce! (Basta che si limiti a quello, perché spero di non salirci mai più su una di quelle).

Decisi di esporre la mia idea a Ste, il quale rispose semplicemente: "Inutile sarai tu. Almeno loro a qualcosa servono.".

Va bene che sei un ragazzo e quindi odioso, passi che adori la matematica, passiamo anche sopra al fatto che lo faccio impazzire tutte le volte che mi è possibile, che non capisca nulla in matematica e che sia una totale frana, ma questa volta ha superato il suo limite di odiosità!

E' insopportabile quando queste sue uscite spuntano come funghi in un boschetto umido.

"Questa me la paghi..." dissi, un po' urtata da quello che aveva appena detto, non riuscendo a nasconderlo. Ma anche se avessi voluto, con lui non ci sarei riuscita. E' l'unico che riesce a capirmi come se avesse la vista a raggi x, un po' come Superman. 

"Oh, smettila, che ti passa subito!"

Mi girai di scatto. "Questa volta no, mi hai stancata con tutte queste stupidaggini! Tutte le volte trovi il modo per insultarmi, mentre io devo sempre stare zitta!" sbottai, lasciandolo di sale.

Ogni tanto avevo questi scatti d'ira provocati dall'accumulo di troppe cose insieme. E, puntualmente, lui era la mia valvola di sfogo. L'unico che riuscisse a sopportarmi, facendomi irritare come non mai allo stesso tempo.

Ridacchiò di nuovo, stavolta sotto i baffi. 

Roteai gli occhi, girandomi dall'altra parte per non vedere la sua faccia dispiegarsi in uno dei suoi soliti sorrisi maligni.

Poco dopo sentii chiaramente la sua risata espandersi per tutta la camera, e questo mi fece ancora più arrabbiare. Proprio come un gorilla in calore.

Passarono alcuni secondi, dopo di che non ce la feci più.

"La vuoi finire?!?" sbottai, girandomi verso di lui.

Lui si fermò, alzò lo sguardo e mi fissò.

Strano, per una volta mi aveva dato retta.

Mi fissava negli occhi, finché ad un certo punto non ricominciò a ridere.

Io divenni paonazza dalla rabbia, incrociai le braccia e misi il broncio, girandomi nuovamente dalla parte opposta a lui, che intanto si faceva una grassa, grassissima risata.

"Io...te lo giuro...non riesco...a smettere...mi fai troppo....ridere....non...ce...la...faccio...." e rise ancora più forte e ancora più di gusto.

"Ah-ha ma che ridere!" risposi offesa, non girandomi e non degnandolo minimamente di uno sguardo.

Finché non si fece di nuovo silenzioso e tranquillo, come era sempre.

Lì per lì non ci feci caso, troppo impegnata a macchinare la mia vendetta. Il rumore delle mie rotelle arrugginite copriva qualsiasi suono: per una volta si erano messe in moto per funzionare. Se si osservava bene si poteva anche vedere il fumo che usciva dalla mia povera testa.

Passarono alcuni secondi prima che mi rendessi conto del silenzio che era calato. Mi girai per vedere cosa diavolo stesse facendo quel pirla di Ste.

Mistero risolto.

Nemmeno il tempo di girare completamente la testa che me lo ritrovai a due centimetri dal naso.

Incrociai gli occhi per metterlo a fuoco, e lo guardai con aria assassina.

Perché diavolo era lì?!?

"Che stai facendo?" dissi impettita, cercando di fargli capire che lì non ci doveva stare.

Lui non rispose.

Per qualche strano motivo non riuscivo a muovere la testa: era come bloccata da qualcosa di invisibile.

Sospirai.

"Allora?" ripetei.

Nessuna risposta. Si limitava a guardarmi dritto negli occhi, come se stesse cercando qualcosa di nascosto.

Sbuffai.

"Si può sapere che cosa hai intenzione di far...".

Non finii la frase perché le mie parole vennero stroncate dalle sue labbra.

Mi stava baciando...

COSA DIAVOLO STAVA FACENDO?!?

Stefano, il mio migliore amico da sempre, aveva le sue labbra appiccate alle mie.

Labbra morbide tra l'altro...assolutamente morbide...e irresistibili. Non me n'ero mai resa conto prima d'ora.

Forse avevo dato per scontate troppe cose.

No un secondo.

Io mi stavo facendo baciare dal mio migliore amico. Dal mio migliore amico!!

Quell'unica persona su cui potevo sempre contare, quel ragazzo che sapeva capirmi da uno sguardo e che riusciva sempre a captare i miei pensieri, anche quelli più profondi.

Lo Stefano che senza parlare mi diceva tante cose.

Lo Stefano che pretendeva le cose e quasi mai le ridava indietro con lo stesso affetto.

Lo Stefano che però quando poteva ti dava l'anima.

Lo Stefano che aveva i suoi momenti di affetto e i suoi momenti di irrefrenabile crisi.

Lo Stefano che tutti consideravano strano e contorto. Non lo conoscono come lo conosco io.

E' una persona meravigliosa, capace di cose stupende, che darebbe l'anima per un qualcosa in cui crede veramente.

Una persona che quando la osservi mentre sta pensando, ti suscita una pena incredibile, perché il suo sguardo è perso, triste, come se avesse subito qualcosa di veramente orribile.

Lo Stefano a cui voglio un bene indescrivibile con le parole, per cui mi batterei fino alla fine con le unghie e con i denti per difenderlo. 

Lo Stefano che difenderei davanti agli altri anche se avesse torto, ma che poi riempirei la testa di principi, forse inutili.

Perché le ramanzine a volte se le becca pure lui, anche se è molto migliore di me.

Lo Stefano che pensavo fosse innamorato di Chiara, e che invece aveva scelto me.

Me, fra tante persone.

Perché? Perché stava facendo questo?

E se fosse tremendamente sbagliato? Se nulla tornasse più come prima?

Ma forse, alla fine, è questo che ho sempre desiderato...

No, un momento.

Non me frega assolutamente nulla, io non lo voglio baciare!

Non lo voglio baciare perché...perché...caspita, è il mio migliore amico!

Per Dio!

E allora perché non riesco a staccarmi?

Mi sento un'idiota: qui a guardare le sue palpebre chiuse, con gli occhi sbarrati e le braccia a penzoloni, mentre lui sembra così tranquillo, così bello...

Per l'amor del cielo Caterina, smettila! Levati di lì!

Mi staccai, e fu come se una bolla d'aria si fosse messa tra me e lui. Fu una cosa stranissima.

Lo guardai esterrefatta, mentre lui aveva un'espressione tranquilla, come se nulla fosse successo.

Ma come diavolo faceva?!?

Aprii la bocca per parlare, ma le parole non mi uscivano dalla bocca. Sembravo un'ebete in quella posizione, più di quanto non lo sembrassi di solito.

Infatti Stefano rise.

"Adesso spiegami che diavolo hai da ride..." e di nuovo non riuscii a finire la frase che lui mi chiuse la bocca nel modo più dolce del mondo. Con un altro bacio.

Questa volta mi scostai, con uno sforzo immane e tremendo. Non so da dove mi fosse uscita tutta quella forza di volontà.

"Che c'è?" chiese Stefano, staccandosi da me ma rimanendo con la testa piegata, in attesa che io avessi finito di parlare. "Non voglio sentire altre cose stupide per le prossime ventiquattr'ore.". Aveva una voce suadente, che non avevo mai sentito prima. Era incredibilmente sensuale ed attraente, come una calamita. Stavo per rispondere di sì come un automa, incantata dalla sua voce, ma una parte del mio cervello era rimasta ancora lucida, per quanto io potessi esserlo.

"N...no...Ste no..." farfugliai, chiudendo gli occhi quando lui mi spostò una ciocca di capelli dietro le orecchie.

"Perché no?" chiese, come se fosse una domanda qualsiasi su un qualsiasi argomento.

In quel momento avrei preferito che mi chiedesse qualcosa su quei maledetti algoritmi.

Mi scostai, tenendo ancora per un secondo gli occhi chiusi.

"Non voglio rovinare tutto..." risposi, dicendo spudoratamente la verità. Non volevo che la nostra amicizia si rovinasse.

Lui ridacchiò, guardandomi negli occhi.

"Non cambierà nulla, te l'assicuro. E se cambierà, cambierà in meglio." fece una pausa. "Fidati di me, come hai sempre fatto.".

Colpita nel segno. E affondata. Due volte.

Diamine se mi fidavo. L'avevo sempre fatto, non vedo perché non dovrei farlo adesso.

Caterina, non fare idiozie! Potresti non tornare più indietro! Levati da questa situazione testa di legno!

Ma stai zitto cervello pensante! Non hai mai funzionato, perché devi rompere le scatole proprio adesso? Voglio farlo e lo farò!

[Caterina 1 - Cervello 0]

Non so cosa mi spinse a farlo, non so perché lo feci, ma sapevo che in quel momento era la cosa giusta da fare.

Che poi dopo non lo sarebbe stata, non me ne importava.

Dicono di vivere il presente no? E mannaggia, io lo voglio fare! Avevo deciso di dargli retta.

Mi avvicinai a Stefano, sfiorandogli le labbra con le mie e chiudendo gli occhi, restando ad ascoltare il suo respiro. 

Era lento ma inquieto. Era estremamente diverso da quello che ero abituata a sentire. Mi piaceva...era davvero bellissimo. Come lui.

"Sappi che era da tanto che lo volevo fare..." disse Stefano a bassa voce, e mi baciò di nuovo.

Ma questa volta non tenni né gli occhi sbarrati, né le braccia a penzoloni.

E né tanto meno non ricambiai il bacio.

Questa volta seguii il mio istinto, quasi da gorilla in calore, come diceva lui.

Gli circondai il collo con le braccia, stringendomi a lui e facendo aderire il più possibile la mia parte superiore del corpo con la sua.

Dal canto suo lui mise una mano tra i miei capelli, e sentii le sue lunghe dita che mi accarezzavano dolcemente la testa.

Improvvisamente si alzò dalla sedia, trascinandomi con lui e facendomi stare in piedi davanti alla scrivania.

In un attimo anche il resto del corpo aderì al suo, facendomi venire la pelle d'oca. L'altra sua mano mi cinse la vita, quasi come se non volesse farmi andare via. Ma forse non aveva capito che non era minimamente nelle mie intenzioni.

Essere così, in quella posizione, semi abbracciata a lui, mi sentivo bene, felice. Felice come non ero mai stata nella mia vita.

Era incredibile che una cosa così semplice ti potesse far stare così bene.

Ma se è la persona giusta, tutto può essere perfetto.

E con lui era tutto perfetto.

Anche quando chiese qualcosa di più dal nostro bacio, mettendoci più impeto e chiedendo timidamente di farlo entrare. Acconsentii, ovviamente. E fu una sensazione assolutamente stranissima, quasi afrodisiaca.

Per la carità, avevo già baciato altri ragazzi, però non mi era mai successa una cosa del genere. Solo lui riusciva a farmi sentire così...così strana.

Ci scostammo l'uno dall'altra per un attimo, giusto il tempo di riprendere fiato.

"Io..." provai a dire a mia discolpa.

"Shhh...ti conosco troppo bene. Non c'è bisogno di parlare".

Sorrisi. Era vero. Diamine se lo era.

Alzai la testa e lo guardai negli occhi: erano color nocciola, colore banale. Ma il suo aveva qualcosa di nascosto, di profondo: un misto di dolore e di qualcos'altro, che li faceva risplendere.

Mi avvicinai per baciarlo di nuovo, ma lui si scostò per appoggiare le labbra su mio collo.

Un brivido mi salì lungo la schiena.

Uno schiocco.

Un altro brivido.

Un altro schiocco, stavolta più forte.

Un altro brivido, stavolta più forte.

E poi...

*Toc toc*

E poi bussarono alla porta.

"Caterina, tesoro, posso entrare?". Mia madre.

No che non puoi entrare guasta feste!

Fu un secondo. Ci guardammo per un istante negli occhi e capimmo subito che avevamo avuto la stessa idea.

Ci dividemmo di scatto, arrossendo un poco, ma cercando di evitare di pensare a quello che era appena successo.

Mi passai una mano sulla maglia per lisciarla.

"Sì mamma, entra entra." risposi con il tono più controllato che potevo avere in quel momento. Almeno mia madre aveva avuto la decenza di bussare
Ero indecisa se ringraziarla o strozzarla fino a provocarle un grave soffocamento. Era più probabile la seconda opzione.

"Oh scusate, ho interrotto qualcosa?" chiese mia madre con aria interrogativa.

Ok, la ammazzo.

"No, stia tranquilla, le stavo solo urlando dietro perché non capiva niente." le rispose Stefano al posto mio, precedendomi e prevedendo un mio scatto d'ira.

"La solita." mia madre sorrise e mi guardò divertita.

Strozzati!!

Inutile dire che gli sarei voluta saltare addosso. Nel senso cattivo ovviamente.

"Comunque volevo dirvi che esco e non torno per cena, quindi tesoro devi prepararti qualcosa da sola, anche se nel frigo c'è l'avanzo del polpettone di ieri sera."

Ma chi se ne frega del polpettone di ieri sera! Io ho un altro polpettone che mi aspetta, e sinceramente mi piace anche di più l'idea.

"Ok, va bene. Ciao mamma." dissi in tono catatonico, sperando che levasse le tende il più presto possibile.

Odiavo mia madre. Cioè, non è che la odiassi, ma da quando aveva lasciato papà non era più la stessa.

"Scusami, tolgo il disturbo." mi schernì. "Ciao Stefano." lo salutò sorridendo.

"Arrivederci." le rispose lui, sorridendo a sua volta. Dopo anni non riusciva ancora a darle del tu.

Mia madre fece un mezzo sorrisetto divertito, si girò e uscì dalla porta, chiudendola.

Io tirai un sospiro di sollievo. Che si trasformò in felicità quando sentii la porta d'ingresso chiudersi definitivamente.

Ci fu un attimo di silenzio, dove non avevo il coraggio di guardare Stefano nemmeno con la coda dell'occhio.

Un lungo silenzio imbarazzante.

"Allora, dove eravamo rimasti?" chiese lui, rompendolo, e abbracciandomi da dietro.

E meno male che doveva solo essere una lezione di matematica...

Se sono tutte così, allora ci sto alla grande!

E forse è la volta buona che mi faccio piacere questa dannata materia!







Oh beh, finalmente ce l'ho fatta a tornare. Questa volta la cosa è un po' più seria e sensata, visto che ci ho messo veramente il cuore in questa storia. E, stranamente, mi piace pure. E' da tanto che ci pensavo, ed ero entusiasta all'idea di condividerla con qualcuno. Pensate che scema. Sono anche abbastanza soddisfatta devo dire.
Non so ancora se fare una long oppure lasciarla così com'è.
Chiedo anche consiglio a voi o amati lettori.
Spero che sia stata di vostro gradimento e che quel gorilla di protagonista vi abbia divertiti.
:D

Au revoir! <3


ICE

   
 
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